La terra è avvolta da secolare barbarie di Giovanni Artieri

La terra è avvolta da secolare barbarie NOMALE DEL GIRO DEL MONDO La terra è avvolta da secolare barbarie Siam, India, Cina: si scopre quanto la vita sociale sia arretrata - V'è chi crede che nelle mosche e nei pidocchi si nasconda l'anima di nostra madre - E v'è una Begum persuasa di poter uccidere gli schiavi - Freccie con punta di silice al tempo dell'atomica • "Sepolti vivi,, come prima dell'età del ferro - Par di sfiorare col gomito i contemporanei del mammouth vantotto per cento degli abitanti pratica la idolatria: venera serpenti, alberi, pietre. E non sto a ripetere qui le strane storie delle rivolte rurali indiane contro le commissioni sanitarie inviate dagli Stati Uniti a divulgare l'uso del D.D.T.: «il liquido maledetto che serve a uccidere le mosche e i pidocchi, animali nei quali può nascondersi l'anima di nostra madre ». Rivolte e impiccagioni Qualcuno dei miei lettori ricorderà le storie atroci e sanguinose dei massacri tra mussulmani e indù, al momento della separazione in due tronchi dell'India imperiale britannica. Il mio viaggio non si iniziò, forse, alla fine di gennaio 1952 con l'incendio del Cairo f In quei giorni e in quelle notti della rivoluzione egiziana mi parve di circolare entro le spire di una furia religiosa d'altri tempi. I < Fratelli Mussulmani» di questo secolo XX non perpetuano forse il ricordo dei soldati del Califfo Omar al tempo dell'incendio di Alessandria t Arrivai a Karachi che non s'era ancora disperso lo schiocco delle revolverate di un assassinio politico. Anche qui, per oscure ragioni di fanatismo religioso, il Primo Ministro Aliqquat Ali Kan, era stato ucciso mentre pronunciava un discorso elettorale. In quei giorni tutti i giornali del Pakistan — eccellenti giornali — erano pieni di un'altra specie di delitto. Una piccola di tredici anni, chiamata Banu, cameriera della Begum Minnawar Jehan, prima moglie del Nababbo di Srinagar, era stata ammazzata mediante fustigazione per ordine della padrona e gittata, poi, in un cimitero della periferia. I fratelli della Banu ricercarono il povero 'orpo, denunciarono la principessa che venne arrestata e chiusa (in fastose camere decorate di preziosi tappeti e cuscini) nel carcere di Karachi. Andai a parlare con la Begum. « Nella mia capitale posseggo mille schiavi maschi e cinquecento femmine. Posso ucciderli a mio piacere. Ho fatto punire quella ragazza ma non me ne ricordo bene il perchè. E' assurdo tenermi reclusa per aver esercitato un mio diritto sovrano... ». Più avanti, nei miei lenti balzi attorno alla rotondità del globo non trovai, persino nel sorridente Siam, all'ombra di quelle cuspidi di porcellana e di cristallo, nell'onda di profumo delle orchidee e dei fiori di mango, sul fiume Menan e nei « Klongs », i canali, di Bangkok — /io.t (rovii ancora atroci storie di delitti, di massacri di coperte tirannidi? E in Cina? E nelle Filippine t Persecuzioni ai sacerdoti cattolici, lotta degli < huks » nelle foreste di Luzon. Tutto quel settore dell'Asia meridionale vibrava come un disco di bronzo percosso da un'onda sonora delle fast alterne della battaglia in Indocina, seguiva con occhi attoniti le rivolte e congiure e processi e impiccagioni e assassini tra la Malesia, il Borneo, sino alle coste della Cina, sino alla Corea. Viaggio all'indietio Dal Cairo a Manila gli aeroplani sui quali viaggiavo mi fingevano quelle macchine di H. G. WjUs che poteva percorrere il tempo a ritroso. In un buon quarto d"l mondo le condizioni della vita apparivano un tragico miscuglio di detriti e rottami di secoli trascorsi, di età semistoriche e preistoriche. In una isolettu del torrido golfo di Bombay celebre per Giovanni Artieri, dopo averci descritto 11 suo avventuroso giro del' mondo, ne ha tratto la morale. E non è allegra. Gran parte della terra è rimasta a forme di civiltà primitive, a credenze, costumi, crudeltà e dissennatezze che, viste da vicino, sbalordiscono. Centinaia di milioni di uomini sono analfabeti; la miseria fa strage. Chi immagina che i vari popoli del globo abbiano raggiunto uno stato omogeneo d'umanità e di coscienza morale, sbaglia. Viaggiando ci si sposta non soltanto nello spazio, ma da un'epoca all'altra: l'epoca del trionfo della scienza e quella. della freccia. Ma proprio qui si delinea il grande compito delle genti civili: con uno sforzo immenso correre al soccorso di quelli che ancora si atti rrlano, come dice Artieri attorno ai bivacchi preistorici. A riassumerlo, poi, questo viaggio attorno alla terra r1 vedendo le tappe e i luog. dell'immenso itinerario — più di cinquantunmila chilometri per aria: una distanza angosciosa — salta subito alla vista il carattere di scarsa civiltà di gran parte del mondo cont"mporanéo. Di taluni popoli, s, te in Asia, nulla o pochissimo è mutato da qvando Marco Polo li vide per la prima volta. Ancora oggi nel Siam, in India, in Cina questo casato italiano rappresenta l'antonomasia dell'uomo occidentale, del bianco, del viaggiatore; un passante del giorno prima, non di sei secoli e mezzo fa. Il contadino indiano e cinese che ha coltivato l'insalata e il riso per i miei pasti di Nuova Delhi o di Hong Kong è lo stesso che riforni le carovane occidentali del XIII secolo e di prima. Settecento milioni di indiani e cinesi sono analfabeti; duecento milioni di arabi arano coi loro piedi nudi le sabbie dei deserti, come al tempo del Profeta. Nei seicentomila villaggi che formano lo sterminato dominio politico del Signor Pandhit Nehru, il no- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiii le caverne di Elephanta, sbalzate in grandiosi altorilievi di granito con storie della vita privata"di Sivah, trovai piccoli artigiani indigeni il cui mestiere consisteva nel fabbricare punte di silice per frecce. Nei crematorii di Delhi e di Benares, lungo lo Jumma e lungo il Gange, cento volte ho assistito al commiato del marito dalla moglie morta, prima di affidarla alle fiamme del rogo: « Tieni — egli dice al cadavere — fi serva per vincere la fame e la sete nel gran caldo che adesso avrai », e le pone un chicco di riso sulla lingua e una noce di cocco sul petto. E' un rito di diecimila anni fa. Questa specie di corsa nella preistoria del mondo, nelle età selvagge del primo aggregarsi degli uomini, questo strano senso di « viaggiare all'itidietro » nel lungo, grigio indiscriminato e monotono rosario delle epoche, divenne una quasi insostenibile evidenza all'isola di Koje, la grande gabbia dei prigionieri nord-coreani, nel mar del Giappone. Oh, quei giorni grigi, in quei campi chiusi dalla triplice staccionata di spine zincate: enormi stie per polli-uomo, per belve-uomo, per animali-uomo; esseri gialli addensati ora qua ora là lungo i reticolati, le mani aggrappate ai fili a guardare di fuori, con occhi monotoni e, di tanto in tanto, rari gesti di incomprensibile eloquenza, gesti sprofondati in una prospettiva senza suono, come di un film muto, e apparivano davvero come il lento rameggio delle erbe lunghe nel fondo del mare. Uomini mutati in flosce alghe, vite estenuate sino alla fallace, illusoria inconsistenza di lèmuri. In taluni campi come quello n. 73 dove si svilupparono le ribellioni alle truppe americane e inglesi di guardia, la illusione raggiungeva limiti insopportabili. Entro i recinti attorno a fornaci ardenti scavate nella terra, uomini seminudi gittavano montagne di rottami metallici, in massima parte scatole di conserva vuote, rotoli di ferro arrugginito, frammenti di motori e di strutture meccaniche irriconoscibili. Il grande soccorso Quei fuochi erano disseminati qua e là e mandavano sulla mota grigia, sulla fangosa consistenza delle basse casette costruite dai prigionieri ribelli, bagliori a loro volta sporchi e ripugnanti. Si fondevano i metalli per formare armi, in quel campo 73, sotto gli occhi delle sentinelle, alcune delle quali quelle armi avrebbero uccise. Tutto attorno ai campi si levavano le torrette dei mitraglieri ed io salii lassù per guardare meglio quello spettacolo dell'età del ferro: uno spettacolo remotissimo e presente, visto attraverso le canne delle mitragliatrici. Ad un mondo disperato di essere nato, ad una umanità vomitata allora allora dalle tenebre e dal caos, appartenevano quei campi di prigionieri che si consideravano in lotta con gli uomini all'esterno dei reticolati, presso a poco come i contemporanei del mammouth si consideravano in lotta con le grandi belve dell'epoca glaciale. Al ritorno dalla visita ai recinti (poiché ero li per assistere a qualche ribellione e, quindi, ancora a qualche più atroce spettacolo di barbarie di morte e di sangue) rientravo nei comodi accampamenti, nelle sale lucide e allegre dei comandi militari americani. Tutti, non io solo, tutti ci si guardava in faccia, battendo un poco le ciglia come chi esce dal buio di un cinematografo o dal bagliore di una meraviglia. Il giorno che trovarono, nel campo 73, i corpi < seppelliti vivi» di alquanti prigionieri giudicati ed esecutati dai loro compagni, un ufficiale, ch'era studente di antropologia a Harvard, mi disse: « Prima dell'età del ferro, era questo il modo di esercitare la giustizia ». JEd io: < Ma esisteva l'idea della giustizia? ». E lui: € Forse nacque col primo assassinio ». E si mise a fotografare le frotte di pesci volanti che saltavano, simili ad unorete scossa per lavarla nell'acqua, dal mare attorno a noi: un dolce mare pallido, quasi una stoffa stinta. Uscire, entrare, riuscire, rientrare in tempi ed epoche diverse: questo il mio viaggio. Si ha idea, dicendo secolo XX, civiltà moderna, e via di seguito di indicare uno stato < omogeneo» della umanità, una specie di «standard» minimo di aggiornamento alle forme e ai beni non solo materiali, ma morali, del progresso. Si ha idea che il contadino pakistano o indiano o cinese o filippino o africano o siamese o coreano o siberiano abbia raggiunto, o vi si sia accostato, la media vita, morale e materiale, degli europei, degli americani. A un giornalista che l'intervistava trent'anni fa, Vittorio Emanuele III, parlando della Russia, chiese se per le strade di Mosca si vedessero « mugik » vestiti e calzati di pelli di animali. Ancora adesso in alcune città russe i pastori turkestani arrivano vestiti di pelli di animali. Questo non vuol dire che la rivoluzione, in .Russia, non abbia cercato di dare a tutti la possi bilità di vestire in maniera meno rudimentale. Ma non vi è ancora riuscita. Ed è cosi in quasi tutte le altre nazioni del mondo dove l'uomo moderno sfiora con il gomito il contemporaneo del mammouth. Chi passa dalla California al Messico, e qui s'addentra nel paese visitando i villaggi degli Stati meno progrediti pud vedere quanto, anche a due passi dagli Stati Uniti, le epoche si confondano e si trovino milioni di miserabili < peones » vestiti assai peggio dei < mugick » di cui chiedeva il re Vittorio. E perchè non si dica che io ho descritto la barbarle degli altri dimenticando le nostre ricorderò che anche da noi in Italia, in Basilicata, taluni villaggi mancano del cimitero e il giorno dei morti si espongono cibi al davanzale, perchè le anime possano sfamarsi. Tutto questo grossolanamente indica quale immenso lavoro spetti alle nazioni progredite per organizzare il <mondial relief », il soccorso al mondo ancora attardato attorno ai fuochi dei suoi bivacchi preistorici. E come tutto ciò non sia possibile senza una rivoluzione apocalittica o la pace. Ecco i termini estremi della febbre del mondo, come l'ho misurata nel mio lungo viaggio. Giovanni Artieri