Si lanciò nel vuoto coi bimbi perchè sconvolta dalle malattie

Si lanciò nel vuoto coi bimbi perchè sconvolta dalle malattie LA CONCLUSIONE DELLA TRAGEDIA DI P0SILL1P0 Si lanciò nel vuoto coi bimbi perchè sconvolta dalle malattie La sentenza istruttoria esclude che il marito e il suocero abbiano provocato l'orribile suicidio di Gianna Additinolo Quaranta - Due gravissimi mali ne minavano il corpo e lo spirito - Causa determinante: il timore di un distacco dai figli M111111 II { 1T11 ! I II II 11 II 11111 II 11 li 11111 1 (Nostro servizio speciale) Napoli, 2 aprile. Il mattino del 9 giugno 1951 il pescatore Silvio Bastieri, recatosi alla spiaggia solitaria di Trentareml, una delle tante insenature di Posillipo, si trovò innanzi a uno spettacolo orrendo: sulla sabbia i primi raggi del sole illuminavano 11 groviglio di tre corpi, una donna che teneva ancora serrati fra le braccia, uno ad ogni fianco, due bimbi. Per quanto 1 cadaveri apparissero maciullati, non v'era più sangue: 11 mare aveva lavato ogni macchia. Le salme furono identificate per quelle della signora Gianna Addivinolo, moglie del notaio Vittorio Quaranta, e dei loro bambini Mario Rosario (Gegè) di sei anni, e Giuseppe (Beppy) di tre. La ricostruzione fatta dalla polizia accertò che la signora Gianna Addivinolo la sera prima, giunta in tassi al Parco della Rimembranza Insieme ai due figli, poco dopo, afferrati i bambini, s'era lanciata con essi dall'alto della collina di Posillipo, con un salto a picco di 200 metri. Il dramma ebbe un'eco vivissima nell'opinione pubblica e sulla stampa in un primo tempo si vide in esso una dolorosa vicenda familiare che conducendo la donna all'estremo limite della disperazione, l'avrebbe spinta ad un così spaventoso gesto. Accuse veementi Della vicenda si è occupata a lungo l'autorità giudiziaria, e stamane sul dramma di Trentaremi è stata depositata la sentenza, le cui conclusioni erano già state comunicate martedì. Il testo Integrale dell'importante decisione era atteso con vivo interesse, perchè solo in esso appaiono tutti i motivi che hanno indotto la Magistratura a respingere in pieno la tesi della polizia. E' stata invece accolta integralmente quella della difesa, rappresentata dagli avvocati Ettore e Vittorio Botti, con l'esclusione quindi di ogni responsabilità dei notai Vittorio Qua ranta (marito della suicida, Gianna Addivinolo) e di suo padre, Giuseppe, per la spaventosa tragedia. Gianna Addivinolo, stabilitasi da Ferrara a Napoli con la madre e due sorelle, s'era im piegata come indossatrice in una elegante casa di mode. Nel 1942 conobbe Vittorio Quaranta allora in servizio militare, come ufficiale d'Aeronautica La relazione, interrotta nel 1943-44, allorché la giovane si trasferì con i suol a Rimini, riprese dopo 11 ritorno a Napoli dove, nel '45, la coppia ebbe il primo bambino. In quel tempo Vittorio Quaranta s'avviava nella professione, vincendo il concorso di notaio in un paesello d'Abruzzo e ottenendo poi il trasferimento in Campania, ad Agerola. Intanto essendo Gianna incinta una secónda volta, 11 23 dicembre del '48 1 due sì sposarono. Po co dopo (il 20 gennaio del '49) nacque il secondo bambino. Ma la nuova vita a Napoli sembrò segnasse la fine d'ogni o felicità. Crisi di lacrime, scenate violente si alternavano a fugaci parentesi di sereno. Poi, verso la fine del '49, una malattia costrinse Gianna a lasciare bimbi e marito, chiedendo all'aria salubre dei Camaldoli e alle cure del sanatorio la guarigione. La diagnosi precisava che il suo fisico era particolarmente minato perchè l'attacco del bacillo di Kock avveniva in un organismo già tarato da una infezione luetica. Nel '50 essa lasciava l'ospedale < non guarita ma clinicamente stabilizzata ». Sembrò, per un certo tempo, che le cose migliorassero nella famiglia Quaranta. Invece 11 male fisico della giovane progrediva lentamente manifestandosi con crescenti turbe psichiche e conseguenti nuove tempeste coniugali, finché si giunse al fatale 8 giugno. Le veementi accuse della madre di Gianna, la signora Maria Sempreini, e delle sue due sorelle, Rita e Luisa; le testimonianze di una domestica, Rosa Vitaliti (licenziata dopo breve tempo dal notaio); e una certa speculazione imbastita sul caso, accreditarono nella gente e nella polizia la convinzione che la giovane fosse stata vittima di una persecuzione. Sembrò delinearsi, fra le ombre del dramma, il conflitto fra i Quaranta, una famiglia della borghesia ancorata al prestigio del censo « al dogmi di una severa morale tradizionale, e la leggiadra indossatrice cui 1 familiari del marito, mal adattatisi al matrimonio di Vittorio, rimproveravano tante cose: la colpa iniziale, 11 mestiere praticato e per essi insolito, e tutta una mentalità diversa, che proiettava fra le mura di un ambiente notarile il riflesso della scapigliata vie de bohème. Da ciò sarebbe nata verso la giovane modella tutta un'ostilità fatta di limitazioni economiche, di umiliazioni e, infine, del tentativo di relegarla in un sanatorio, privandola per sempre dei figli. In questo modo nacque l'accusa al marito di maltrattamenti, percosse, ingiurie, ingiustificata indigenza, € fatti tutti — diceva l'imputazione — dai quali derivava la morte dell'Addi-.-.nolo per suicidio ». Il vecchio notaio, poi, era accusato di aver percosso la nuora, causandole lesioni guaribili in dieci giorni. Senonchè l'istruttoria (che per la delicatezza e il clamore del caso 11 Procuratore Generale aveva affidato alla sezione della Corte di Appello) svoltasi quando s'era alquanto placata l'atmosfera rovente delle passioni, ha demolito interamente la tesi accusa tri ce. Nessun maltrattamento E' risultato infatti, da tutti gli elementi, che nonostante l'agitato e irregolare inizio della vita coniugale, i Quaranta fecero di tutto per accogliere nel miglior modo la giovane. Appena nacque il primo bambino, 11 padre, Vittorio, lo riconobbe accettando quindi tutti i suoi doveri, finché riparò con il regolare matrimonio che fu voluto, fra l'altro, proprio dalla madre di lui. Fu lei, profondamente religiosa, che in punto di morte si fece promettere dal figlio che avrebbe sposato la giovane, vincendo ogni esitazione. E successivamente il vecchio notaio cercò e'1 aiutare in tutti i modi la coppia, anche con l'offrire ad essa un appartamento in corso Vittorio Emanuele, uno dei più ridenti punti di Napoli. Priva di ogni fondamento è poi risultata (dalle testimonianze di tutte le altre domestiche, di amici e coinquilini) la voce dei maltrattamenti. E tutta una schiera di autorevoli sanitari, che ebbero in cura la donna, ha attestato che continuo furono le premure del marito. Così è apparso anche falso che la tubercolosi e la lue fossero venute dopo il matrimonio. « Padre morto all'età di 42 i nni per t.b.c. polmonare » dice un documento nella cartella di Gianna al sanatorio < Principe di Piemonte ». E un altro clinico, il prof. Luigi Izzo, ha documentato che l'infezione sifilitica < aveva origini prematrimoniali ». La sentenza, dopo aver citato i pareri di illustri clinici sulle funeste conseguenze mentali che spesso producono le due malattie di cui soffriva la protagonista del dramma, documenta questo alterato stato d'animo attraverso tutto un impressionante, doloroso epistolario in cui appare com'essa fosse ossessionata da una gelosia furente per il possesso dei figliuoli, pensando nel suo delirante amore materno "he glieli volessero togliere per sempre, mentre la separazione per il suo ricovero nel sanatorio era solo stata una misura indispensabile per evitare il contagio. E' caduta così con questa sentenza, la falsa impostazione che vedeva nella suicida una « Traviata » novella, una seconda Margherita Gauthier. E' stato solo un triste male a sconvolgere l'animo di Gianna Quaranta, portando il deserto nella vita di un padre e arrossando di sangue la spiaggia di Posillipo. C- g ' Gianna Addlvlnolo-Quaranta