I doni della sera
I doni della sera I doni della sera La t turpe » vecchiezza, la t repugnante » vecchiezza. Dicono che sia difficile, tremendamente difficile invecchiare. Il vecchio non avverte la mutazione, il distacco che lo fa via via così diverso e lontano; il suo cuore è pur sempre quello, e quello il bisogno di tenerezza e d'amore: il'ri'est un autre que pour les autres. Questo scrisse Mauriac a suo tempo, dopo la proiezione di Limelight. Il vecchio clown del film è amato, egli osservò, da una ragazza incantevole: ma tal specie d'amore non sazierà la sua fame, non spegnerà la sua sete, perchè questo amore è tutto, gratitudine pietà ammirazione rispetto, fuorché amore vero. Miserabile il clown di Chaplin, fallito; ma fosse egli pure vittorioso e glorioso non potrebbe ormai sperare nulla di più. Nulla se non esistesse Qualcuno che al di là di quel volto devastato, di quella carne corrotta e guasta, sa scoprire la fiamma che' si accesa, incorruttibile, in un giorno misterioso e remoto: quando la creatura nasceva... E' proprio di illustri scrittori cattolici del nostro tempo testimoniare la fede non tanto per trasporto di dolcezza e umiltà, quanto per furore; non la confessano, costoro, vi si aggrappano, con violenza e disperazione. Il trionfo del male è in agguato: la tristezza li insidia; il peccato urge, o divampa. Il cristianesimo è di per sè drammatico, viviamo sugli abissi; Pascal ben 10 sapeva che sentì vacillare il mondo. E una vena pascaliana, di orrore e tremore, ha avvelenato il senso stesso della vita cristiana; l'arte cattolica del Novecento, ammalata, angosciata, vi ha trovato là sua formula atroce. L'uomo tentato e colpevole si butta alla salvezza della Croce, non nell'amore e nella carità, ma inseguito da un demone. Satana, e non Cristo, sospinge l'uomo che si è giocato tutto, che ha perduto tutto, a riconoscere un'incerta figura del Signore. Ma la pace cristiana è tutt'altra cosa, e s'incontra e si con fonde con la calma dei saggi, là ove il mare dell'essere si fa alto e pieno, alle soglie dell'eterno. Li vecchiezza apparirà, allora, solenne, casta, serena. Il volto devastato, la carne corrotta, il disfacimento sonq immagini del terrore; riassumono l'esistenza di chi ha colto, di minuto in minuto, il precipizio del tempo, ed ha spiato i segni della dissoluzione, e alle altre creature ha chiesto un'ebbrezza proibita, senza fondo, senza termine, qua si stolta; ha chiesto non la gioia, ma l'angoscia del piacere. Ma quegli che ha accettato il limite umano non s'impaccia o s'im paurisce troppo nè di sè, nè della vecchiezza infame. Maturata nell'indulgente dolore, nella chiara rassegnazione, la vecchiezza è. per l'uomo savio, caritatevole e pensosa. Con quale austero amore si volgerà egli ai giovani, per comprenderli da quella sua solitudine estrema. I giovani che assistono inquieti, smarriti, allo spettacolo del vecchio che si dibatte ancora, ne sazio nè placato. Perchè alle porte della vecchiezza tutta la vita accorre, si infittisce, reca la sua testimonianza. E chi visse della propria ragione, a sè bastando, libero, coraggioso, si ritroverà coraggioso e libero anche ora, sul punto di morire. E sarà questo 11 dono ultimo, il dono della sera. Il dramma dell'età nostra è che mai forse si videro tanti cristiani rifiutare la paziente, umiliata ed eroica serenità del Cristo, e mai si videro tanti atei alla ricerca di una fede impossibile. Gente dubitosa, ansiosa, ambigua. Ma un credente antico, un francescano autentico. Jacopone da Todi, diceva che rimanere, saper rimanere senza Dio, è grandissimo, soavissimo, beatissimo stato. E perchè mai? Perchè in quelle ore di prova la fede si esercita senza testimoni, e la speranza si accresce senza attesa di compenso, e la carità dilaga senza segn; <i affetto divino. La fede, Jacopone, era, nel rigore della coscienza, qualcosa cui si accede una volta per tutte. Forse, dopo tante ricerche di psicologia fluida, intermittente, gratuita, dal vecchio Montaigne interpretato come maestro di dispersioni a Proust, da Dostoiewski a Gide, è venuta a mancare all'uomo moderno proprio questa unica virtù che dà consistenza all'esser vivi: il carattere. L'esistenza sfugge tra le dita, precipitano gli eventi, hai appena aperto gli occhi al sorriso dell'adolescenza che già senti l'amaro della donna che ti tradisce, hai appena intuito l'avvenire ch'esso già è trascorso; le guerre, le stragi rapidamente cancellano città, paesaggi, popoli, si parla di far saltare, esplodere la terra, addirittura, con sacrileghi ordigni; poi l'uomo, lo scienziato volge lo sguardo compiaciuto al cielo, e anche lì scopre che i mondi si urtano, scoppiano, bruciano, si dissolvono, e che l'infinito stesso si trasfigura, perennemente fuggendo. E cosi si giunge alla vec¬ chiezza, in un baleno, con il cuore pieno di cenere, e tremando. Gli uomini, credenti o atei, cristiani o no, si sono accordati tutti in un punto: lo sgomento sull'orlo del tempo, nella caducità del pensiero, nella vacuità del tutto. Eppure basterebbe ritràrci un poco, riserbarci al nostro destino, semplice e circoscritto, basterebbe questa dignità attiva, operosa e fiera, questa scelta, questo « carattere » umano, per giungere di fronte al volto di Charlot, bagnato dalle ultime luci della ribalta, senza sussultare. Quant'era più schietta, e aspra e forte, la costanza a patire a operare a morire di certi nostri antichi. Ecco qui. Ur. letterato settecentesco, un « poeta » qualunque, Carlo Tanzi, è ridotto ormai ai mali passi, in fin di vita; e Giuseppe Baretti, il feroce Aristarco, gli scrive: «Tanzi mio, mi duole moltissimo... Pure tu non sei un bambino », e lo esorta bruscamente a pensare « senza abbattimenti di cuore » all'ai di là, e invoca che Dio possa dare forza all'amico, e che di buon animo costui si <t spoppi » di questo mondaccioj « il quale mi parrà molto buio — soggiunge subito con passione repressa — se egli lo priva del mio Tri 'i ». Il Carducci, che a sua volta eia un -(uomo» davvero, commentò: •c Così fatti erano que' buoni compagni: dall'allegria chiassosa, dalla sboccata poesia catulliana e bernesca, passavano scrii serii e con gli occhi assorti nell'alto alla poesia del Requiem aeternam ». E così non siamo più fatti noi; sempre in bilico, con un che di femmineo, sul i..argine sottile dello smarrimento e della follìa. Francesco Bernardeilì aillMllllllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllll
Persone citate: Aristarco, Carducci, Carlo Tanzi, Chaplin, Gide, Giuseppe Baretti, Mauriac, Proust, Tanzi
Luoghi citati: Todi
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