Donna che cuce di Francesco Bernardelli
Donna che cuce Donna che cuce Era «n tema della pittura digenere dell Ottocento. Donnache cuce:: leggiadro profilo trac-" ™ " j: „"C.!.i ""^ *|nertraadorna di mussole lievi. La te-stina, soffusa di chiarore, un po'curva, le mani sollevate a regge- re la tela, 1 occhio intento di chisegue il lavoro paziente, e acca- rezza un pensiero lontano e va-go di dolcezza. Tra gli oggetti, ben disegnati e rilevati, legni dal colore rossastro e caldo, stoviglie iridate, il lume del giorno (mattino arioso, tramonto imminente) splendeva immobile; pareva di coglierne la pace lunga, il silenzio. La donna che cuce non c'è più. Non ci avevamo mai pensato, non ci avevamo fatto caso, ma al centro della casa borghese, tranquilla, modesta, la donna, la mamma che cuce, c aspetta, non c'e (quasi) più. Si rientrava, ricordo, e la mamma era là, in poltrona, minuscola poltrona, che cuciva, ricamava, faceva il crochet. Alzava il capo sorridendo, posava l'uncinetto, e poi diceva: volete la merenda? Era la festa piccola e breve d'ogni giorno. Le mamme d'allora cucivano, e creavano. con il gesto ripetuto, umile e casto, grandi plaghe o riserve di pace; ci si sentiva cosi bene lì attorno, così riparati, così calmi. Le mamme cucivano e pensavano; riposatamente, senza fretta, pensavano ai figli, pensavano all'avvenire, al misterioso avvenire. Gente provinciale, si sa; tutta la vita era tanto provinciale. Oggi la donna che cuce non c'è più. Così scompaiono gli aspetti terrestri, i quadretti famigliari. E voi, distratti, non ne avvertite la scomparsa, e il lutto; all'improvviso dite: già, è vero, quella figurina comune, banale, • così nostra, si è spenta. E' naturale, diremmo che è giusto; k vita è tutt'altra, mutata capovolta sovvertita; e chi rimpiangerà le figurine? Ma un'immagine si è perduta. Così opera il tempo nel suo fatale andare. A vostra insaputa vi sottrae qualcosa di voi; approfitta della vostra occupatissima, indifferenza, del fatto che vi tocca sgobbare t godere, soffrire e cerca e piaceri, difendervi e conquistare, ? ^profitta della vostra fretta e <mt^di subii^o^lstanchezza, vi guardate intorno: com'è cambiato il mondo. Ben lo sapevate che questo è il tempo dei motori, tuttavia con sorpresa v'accorgete che di cavalli in giro non ce n'è. Finiti. C'erano, magnifici, snelli e opulenti; e passavano con nitriti armoniosi e leggeri, fulvo o bruno il pelo, fitto, un po' umido, balenante al sole.. Passavano scalpitando, graziosamente, sul selciato, e non passano più. Morti tutti. Una razza intera di creature affascinanti, defunta cosi, nascostamente. Ed anche sapevate che il terreno è prezioso e costoso, che i cortili alberati, i bei giardini sono un lusso assurdo, oggi. Ragazzi, a maggio, a giugno, quando già saliva e scendeva, tra terra e cielo l'aria vasta e raggiante delle vacanze, guardavate entro i cancelli, camminavate lungo i muri alti di quei parchi cittadini, con i ciuffi degli alberi stormenti e cinguettanti nell'azzurro, e in fondo il palazzo antico, e ne aspiravate i sentori d'erbe, di fiori, di terra bagnata. Delizia, incanto, preludio alla felicità agreste. Ed ora vi fermate di botto; ma si, proprio a questo punto si internava tra le case, alto e ramoso, quel folto di platani, e là erano quei tigli che odoravano forte. Ora c'è un ridicolo mezzo grattacielo, il cinema presuntuoso, il garage rosso e giallo. Ne sentite un orrore fuggitivo; e il paesaggio d'una volta rinasce dal vostro cuore. Poi, com'è affiorato, svanisce. Nè serve che cerchiate di rievocarlo: era venuto da sè, con quel colore, quella luce ferma, immobile nei secoli, con quel profumo. E' rientrato nell'ombra. Ritornerà, a capriccio, chissà quando. Oueste visioni r-DÌde e eadu- queste visioni npide e caau che sono le vere, la sole resa- monianze di una vita che arca- namente dura. Anacronismi, pae- :saggi antichi, intempestivi e sto-|u ' • 1nati, che penetrano, non sai co-1me, tra le maglie strette della 'vita nuova, dell'immaginazione |cile si crea, o si finge, i suoi pae- saggi nuovi. L'uomo non vive in Iun tempo solo, in una sola di-,mensione. I tempi più varii coincidono, si compenetrano nell'esistenza profonda, nella realtà enig- matica dell'anima; l'uomo è un essere a molte dimensioni, pron-to ad accogliere tempi e spazi diversi e divergenti; perciò l'uomo è perenne. Vi è chi coltiva questa facoltà; vi sono i dilettanti della memoria Che cos'è il dilettantismo? E' un piacere, quasi un vizio E' un modo di ritrovarsi e di perdersi, ad ogni istante, nella sensazione, nell'occasione furtiva, in una voluttà fortuita e quasi vietata. Molto bene lo ha descritto un critico di grande talento, e dimenticato: Emilio Montégut. Disegnando il ritratto n poetico » di Thcophile Gautier, egli scrive che il dilettantismo confina con il peccato, ed ha qualcosa della profanazione e del libertinaggio: è come la sensualità nei confronti dell'amore, come la pratica devota nei confronti della religione, è il culto di un sentimento così dol-, , r ce ed estremo, cosi sfumato e variati, e incostante che si strug gc non tanto nella contemplazio ne delle cose, quanto nel coni- piacimento di sè. Ed ha una suapoesia, assai simile a quella che nasce dalla galanteria. Un joli wisage apparati, et sondati une\iorme légère tempore de P hnt„ ÌQuel aimable tourment tessent|«/"» *« Poète qui chercbe à *!•«-vanno al crepuscolo per le vec chie strade della città (le più pittoresche e le più diseredate, le più illustri e crollanti) a caccia di sensazioni, di brividi misteriosi; sono i cercatori del ricordo indistinto, dell'ignoto che giace in noi. Oh se davvero nel vano di una vecchia finestra riapparisse la figurina della donna che cuce! Se ritornasse sul vento della sera il profumo delle magnolie d'allora! Tendono, essi, le loro 'rfw/Ve son émotion! Il dilettante ideila memoria si tormenta, an ch'egli, non per tradurre in lin'guaggio le sue «emozioni», ma \ per provocarle; non a raccontaIre e descrivere il passato, ma a I resuscitarlo. Sono quei tali che miiiwMiiuiiiiiMmiimiiiuiiiiiiiiiimiiiimiiii \te± Ma il tempo non si lascia irretire. Ritorna, quando vuole, i* confonderci/a mescolare, inIrrigante e bizzarro, quello che fu a quello che siamo e che saremo 11 tempo umano non corre per una sola china. A volte la risale; o si scompiglia e si palesa a contrasto. Spesso raccoglie in una sola stretta l'immagine di cent'anni fa, e quella del presente fugace. A tratti, ci par di rivivere qualcosa che già vivemmo; e viviamo, oggi, strane ore colme del sentimento di ieri. Ma se tentiamo di snidare il miracolo, noi, con le nostre forze umane, di provocare e far prigioniero il tempo, non ci riusciamo. Il tempo ci sopraffa, sempre, o che disperda le nostre ceneri, o che le richiami dall'infinito, per un attimo ancora. Francesco Bernardelli imwmiMMm
Persone citate: Emilio Montégut, Gautier, Ragazzi
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