La causa del lanificio Faldella con nove società assicuratrici

La causa del lanificio Faldella con nove società assicuratrici La causa del lanificio Faldella con nove società assicuratrici L'incendio nel '43 - Gli assicuratori, pagato un indennizzo di 22 milioni, avevano ottenuto giudizialmente un rimborso "rivalutato,, di 320 - L'on. Moranino smentisce una sua dichiarazione su cui si sono basati i precedenti giudizi • Il nuovo processo (Dal nostro inrfato speciale) Biella, 27 febbraio. (f.) I fratelli Virginio, Francesco, Eugenio e Luigi Faudella, titolari dell'omonimo lanificio di Pavignano, proBBO Biella, hanno presentato, come -è noto, alla Procura della Eepubblica di Milano una denuncia penale contro nove Società d'assicurazione. I denuncianti affermano che le società hanno prodotto prove e testimonianze false In due giudizi civili nei quali essi sono stati condannati a pagare la somma di 320 milioni. Infirmando il comportamento delle Società assicuratrici, la denuncia penale tende appunto a ottenere l'annullamento dei precedenti giudizi civili. La vertenza ha avuto origine dieci anni fa. La notte del 6 dicembre 1943 alcuni sconosciuti penetrarono in un reparto del lanificio Faudella e lo incendiarono, distruggendo lo stabile, il macchinario e un forte quantitativo di stoffa per un totale di 50 milioni. I proprietari chiasero alla Società d'assicurazione il risarcimento del danno, che dopo lunghe trattative fu liquidato, nel 1844, nella somma di ventidue milioni. Dopo la Liberazione i fratelli Faudella si videro citati da nove Società d'assicurazione (come è noto, tali istituti dividono il rischio con altre consorelle) le quali chiedevano la restituzione della somma versata quale indennizzo, sostenendo d'essere state costrette a pagare per le pressioni delle autorità tedesche. Affermavano inoltre che l'indennizzo non era dovuto perchè l'incendio, essendo stato appiccato dai partigiani, era da considerare un evento bellico, e quindi non risarcibile A sostegno della loro tesi produssero una dichiarazione del l'on. Franco Moranino il quale affermava di essere stato lui a ordinare l'incendio per stroncare l'attività dei Faudella che lavoravano per i tedeschi; e una dichiarazione del capo partigiano Quinto Antoniettj che affermava di aver diretto l'operazione. Il Tribunale civile diede ragione alle Società assicuratrici, condannando I Faudella a rimborsare i ventidue milioni maggiorati dieci volte per rivalutazione, più spese di causa e interessi. Il giudizio del Tribunale fu confermato dalla Corte d'Appello, è recentemente la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla parte soccombente. Nel frattempo quei 22 milioni del 1943, tra rivalutazioni, spese e interessi, sono diventati 320 milioni. «Rivalutazione? — dicono i fratelli Faudella. — Nessuno sa che cosa significhi. Soprai tutto lo ignorano quelle Società d'asBicurazione che per una polizza di centomila liro stipulata vent'anni fa, oggi li quidano esattamente centomi la lire, senza rivalutazione. Viceversa, quando son loro a esigere, la rivalutazione c'è *. Ma nella vicenda s'è inseri IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIII to un fatto nuovo, e chiamiamolo pure colpo di scena. Da civile, la vertenza entra in sede penale; da denunzienti, le società d'assicurazione diventano denunziate. I fratelli Faudella affermano, nella denunzia presentata alla Procura della Repubblica dì Milano, che la documentazione presentata dalle società assicuratrici, e che è valsa a ottenere un giudizio a loro favorevole, è falsa. Essi sostengono che non hanno mai lavorato per i tedeschi, dal quali avevano anche ricevuto una minacciosa diffida. Sostengono che nessuna pressione fu esercitata dalle autorità occupanti nel confronti delle società assicuratrici; e non jie avevano interesse dato che queste a loro volta si erano riassicurate presso due società tedesche, che le rimborsarono della loro quota d'indennizzo. Sostengono infine che ai primi di dicembre '48 non esisteva alcuna attività partigiana nel biellese. Pertanto l'incendio non può essere stato appiccato da partigiani (esso fu opera di delinquenti comuni); e quindi non può esser considerato dovuto a cause belliche. A prova di quanto asserisco- ntiIamrdiifn1rtleccMfcdNstltCgTln< I ■ ! I ! M111 : MI I ! 11111111 ! 141111M1 f 111111111TIM1111 r no, i fratelli Faudella presentano un atto notarile stipulato il 3 dicembre '52 a Budapest. In esso l'on. Franco Moranino afferma: < Certifico che non ho mai rilasciato nessuna dichiarazione in merito all'incendio del lanificio Faudella avvenuto il 6 dicembre 1053. Certifico inoltre che ho ignorato tale fatto fino a Liberazione avvenuta, e cioè dopo il 25 aprile 1945 >. Altro documento presentano, rilasciato da Quinto Antonietta In esso egli ammette che la precedente deposizione gli era stata estorta facendogli credere che era suo dovere confermare la dichiarazione di Moranino. Aggiunge: c Della faccendo dell'incendio sono completamente estraneo >. Falsa sarebbe pure la firma del maresciallo dei carabinieri Nicola (ora defunto) apposta sulla copia fotografica prodotta nei precedenti giudizi. Questo è quanto risulta dalla denunzia presentata dai fratelli Faudella, assistiti dal prof. Carnelutti e dagli avvocati Augenti di Roma e Colonna di Torino. La denunzia è ora eil'esame della Procura milanese. qrzdcnplmztzrodCemtSocdbndssppclzpC < F111111 ! 11 [ 11M [ 1111 [ ITI i 1 ! 1111 111 [ 11 i 1 ! 11M11111111

Luoghi citati: Biella, Budapest, Milano, Roma, Torino