Parla Tito di Ferdinando Vegas

Parla Tito Ou% SERATA COX STALIN Parla Tito I giudizi del generalissimo sui leader* comunisti: Togliatti, Thorez e Pieck-Strano duetto con Molotov - «Ve ancora della forza in mei» Un dittatore comunista che nel pieri esercizio delle sue funzioni, venga ad offrire al pubblico degli < infedeli > occidentali la propria autobiografia, e In essa per giunta metta allo scoperto i retroscena più gelosamente segreti del mondo comunista, è indubbiamente un ca o eccezionale; unico addirittura, se non andiamo errati. Ad infrangere in maniera co=l indelicata, a dir poco, le regole del giuoco non poteva essere che l'unico eretico comunista oggi al potere, il maresciallo Tito; il quale ha affidato a. Vladimir Dedijer, suo antico compagno di lotta clandestina e di guerra partigiana, ora eminente diplomatico, il compito di curare per lo Stampe 11 Tifo speaks testé eùlto da Weidenfeld and Nicolson (Londra 1953). Tito parla, dunque; in parte in prima persona, In parte lasciando raccontare al suo portavoce. E ne ha da dire, delle cose, moltissimo interessanti per il lettore, pochissimo piacevoli, è facile supporlo, per parecchi capi comunisti e per 1 loro seguaci. Facciamo pure la debita tara, perchè indubbiamente si tratta d'un libro di parte, d'una parte che non ha certo nóppur essa le carte pienamente in regola; qualcosa di vero però ci deve pur essere nelle piccanti rivelazioni di Tito. Tanto per cominciare, chi ha definito Togliatti «un teorico, un professore che può scrivere un buon articolo, ma non sa come raccogliere gli uomini e condurli verso una mèta>? Stalin medesimo, una sera della primavera del '46, mentre teneva circolo, nella sua villa privata alla periferia di Mosca, con una delegazione jugoslava guidata da Tito ed alcuni altissimi gerarchi russi. Era in vena, quella sera, Stalin; a modo suo, naturalmente, sempre portato cioè a far fare agli altri le spese della sua insolita socievolezza. Ecco Thorez, buon compagno sì, ma con un grave difetto: « Anche un cane, che non morda, mostra almeno i denti quando vuole spaventare qualcuno. Thorez non sa fare neppure questo». E Pieck, che era tanto invecchiato da esser divenuto 11 < nonno >, buono solo a dare le sculacciate, ma del tutto ignorante, al pari di Togliatti, dell'arte di guidare gli uomini verso una mèta definita. Avanzandosi la notte (queste riunioni russe durano come niente sino alle cinque di mattina), gli animi si sciolgono, una vodka dopo l'altra, sinché si arriva a questa scenetta tra familiare e cortigianesca che vai proprio la pena di raccontare. Stalin si alza • comincia a mettere sul grammofono dei dischi, in gran parte di musica popolare russa, al cui suono prende a canticchiare e poi addirittura a ballare. Molotov e altri russi son pronti a gridargli: < Compagno Giuseppe Vlssarionovlc, come siete forte! >; ma egli si schermisce, dicendo che ormai ne ha per poco; al che quelli ribattono con scongiuranti « no, no >, ripetendo lo, strano duetto più d'una volta. Infine si iniziano i brindisi solenni della < fraternità» e Stalin scambia il rituale abbraccio con Tito; e poi, iraprovvisamente, esclamando <Vè ancora della for za in me! >, lo prende con tutt'e due le mani sotto le braccia e lo solleva tre volte da terra, al ritmo della melodia russa che veniva dal grammofono. Stalin finalmente a misura di semplice uomo comune? SI e no; perchè, se in questo suo comportamento v'era innegabilmente una buona dose di spontaneità, una non minore ve n'era pure di voluta messinscena. In queir occasione aveva deciso, per calcolo politico, di recitare, sia negli incontri ufficiali sia in quelli privati, la parte del bonario e paterno amico. Ma altre volte la musica era ben diversa, come quando, per fare un esempio, Stalin chiamò al redde rationem jugoslavi e bulgari che si erano permessi di ventilare il progetto d'una federazione. Allora frasi secche e gelide e in terruzioni furiose furono rovesciate alternativamente sulle teste degli ospiti; Dimitrov fu tacciato, al tavolo della conferenza, di comportarsi come un ragazzino e una donnlcciuola di strada; Kardelj, allora ministro jugoslavo degli Esteri, fu smentito con dei recisi < no », anche quando non faceva altro che sostenere l'appartenenza dell'Olanda al Benelux: c Quando dico "no" — ribattè Stalin infurlatissl mo _ significa " no " ». E peg già per la realtà di fatto, vlen voglia di concludere. Questo era in generale 11 modo come i padroni russi usavano trattare 1 «compagni» capi e dirigenti dei Paesi satelliti: lo schiocco della frusta e il fischio del padrone. Hitler faceva svegliare in piena notte Mussolini per comunicargli le sue decisioni; non altrimenti agiva l'ambasciatore sovietico a Bucarest, il quale alle due di notte chiamava al telefono la Pauker e le ordinava di por tarsi subito da lui con tutto il Politburo. A slmili sistemi da despoti asiatici solo l'astuzia di altri asiatici era in grado di dare adeguata risposta; come appunto fecero 1 cinesi, che a Mosca acconsentir-no all'invito russo di mettersi n'accordo con Ciang Kal-scek e poi, tornati in patria, fecero a modo loro, col risultato finale che tutti conoscono. E con un altro risultato, strabiliante: che Stalin confessò pubblicamente (nella detta riunione coi bulgari e jugoslavi) di aver avuto torto. I comunisti jugoslavi, che non erano esperti delle finezze asiatiche, ebbero invece l'ingenuità di credere di poter realmente trattare da pari a pari col compagni russi, 1 quali, Inutile dirlo, la pensavano in tutt'altro modo. A star a sentire la versione jugoslava, per quel che essa può valere nel silenzio della parte avversa, le varie missioni sovietiche, economiche, militari, culturali, installatesi a Belgrado nell'immediato dopoguerra, come pure l'ambasciata russa, si comportavano con la massima disinvoltura; esse infatti pretendevano semplicemente di intervenire direttamente nelle faccende interne jugoslave: avere accesso libero negli uffici, compulsare a piacimento pratiche e documenti, chiamare a rapporto 1 funzionari jugoslavi, scavalcando, come entità del tutto trascurabili, 1 loro superiori, ministri e Tito stesso compresi. Non contenti di ciò, 1 sovietici si erano dati col massimo zelo ad arruolare quanti più jugoslavi potevano nelle file della propria polizia segreta. E che dire poi di quella raffinata invenzione che erano le società miste jugo-sovletiche? Strane davvero dovevano essere, se Stalin medesimo riconosceva che erano più adatte allo sfruttamento di Paesi satelliti che non allo stabilimento di rapporti economici paritetici con un Paese amico! Non tardò molto che 1 jugoslavi si accorsero di essere trattati proprio come dei satelliti, al che 11 loro suscettibilissimo orgoglio si ribellò. Quando si accorse che la Jugoslavia le stava sfuggendo di mano, Mosca ricorse ad un espediente che voleva. essere abilissimo per imbrigliare la ribelle: la creazione del Cominform. Come risulta chiaramente dal libro in questione, lo scopo fondamentale della nuova Internazionale era appunto quello di tenere la Jugoslavia sotto il più stretto controllo; altro che lo scambio di informazioni tra i partiti comunisti, che ne é lo scopo dichiarato sulla facciata! Il rimedio però fu peggiore del male paventato; anzi, non fece altro che precipitarlo. Si ebbe cosi il 28 giugno del '18 la famosa scomunica, fulminata dal sinedrio cominformista contro il partito comunista jugoslavo; causa della rottura, non fumose dispute ideologiche, ma un contrasto politico ben concreto: il dissidio tra l'invadenza russa e la resistenza jugoslava. E' noto dove questa resistenza abbia condotto la Jugoslavia, nel campo delle Potenze occidentali. Che è un bel risultato, bisogna convenirne, per un Paese che si ostina a proclamarsi comunista. Comunque, l'essere passata la Jugoslavia da una dittatura comunista staliniana a una comunista titina, per gli occidentali non comunisti, non dovrebbe comportare una grande differenza: sempre dittatura comunista essa rimane. Col che, per noi, è detto tutto. Ferdinando Vegas zsigviiitiiiiiiiiiHiiiiiiiuiiiiiiniiiiiiiiiiiinuiiiuiiiiiu Il generale Alberto Pace oggetto di gravi accuse da parte del deputato missino Roberti, a Montecitorio. (Telefoto)