Università e industria di Guido Piovene

Università e industria Università e industria Tutti i segni indicanti una tendenza ad accostarsi di due settori della vita troppo disgiunti fino ad oggi presso di noi, la produzione industriale da un lato, dall'altro quella che chiamiamo cultura, sono importanti lentodplordperchè questo è il problema .ddel nostro futuro immedia to. Anche persone, come me, che non sono nè competenti nè dilettanti di organizzazione aziendale, sono attratte perciò dall'Istituto di Alti Studi per l'organizzazione aziendale, da poco operante in Torino per sessanta allievi, giovani laureati, studenti anziani, dipendenti d'industrie, sotto gli auspici dell'Unione Industriale della città. I corsi, come si organizza la produzione, come la distribuzione, come si amministra un'azienda, sulle « relazioni umane », e su altre materie, sono oggi condotti da professori americani; ma li sostituiranno, non appena la loro preparazione sarà Completa, professori italiani ch'essi vanno istruendo, Oltre il compito tecnico di dare ai giovani allievi un'idea precisa di come si organizza e dirige un'azienda e di rinsanguare la classe dirigente industriale, l'Istituto propone un problema di civiltà. Anzitutto nel senso stretto di educazione ad una civiltà industriale, le cui caratteristiche si diffondano poi in tutti i campi della vita. Il corso « relazioni umane » tra l'altro educa, alla luce dell'utilità aziendale, a favorire una più dignitosa distribuzione delle responsabilità e del comando, a richiedere ed ascoltare il parere dei subordinati, a vagliare con serietà le proposte di miglioramenti anche se giungono dal basso, retribuendole quando hanno successo, e insomma a rispettare in modo concreto la personalità degli altri, In tutte le Università americane hanno grande importanza i corsi come quelli condotti dall'Istituto a Torino, isolatamente, da poco e per un numero limitato di allievi. Viaggiando negli Stati Uniti ho trovato dovunque ai posti direttivi delle grandi industrie ex-al lievi di questi corsi, a cominciare dalle grandi corporazioni presso le coste atlantiche, fino alle industrie Kaiser presso le coste del Pacifico. La loro presenza ha notevoli conseguenze so ciali, perchè contribuisce a sostituire al capitano d'in dustria di stampo antico quasi una élite professione le della direzione industriale, adattabile a tutte le trasformazioni politiche, e in cui la stessa idea di proprie tà tende a confondersi con quella di amministrazione. Ma, giacché siamo a un prò blema di civiltà, vi è un aspetto di esso che ci rate ressa anche di più, e su cui vorremmo fermarci. Parlo delle relazioni, della compenetrazione tra industrie e studi, industrie e università, caratteristica della civiltà americana, senza la quale gli studi di qualsiasi genere so no oggi condannati a una quasi estinzione. L'Istituto di cui ci occupiamo è impor tante. Sarebbe ancora più importante che, da quel centro, questo tipo di studi riuscisse ad irradiarsi e a stabilirsi nelle Università italiane, formando nuovi vincoli e modificando la stessa composizione della nostra cultura. Le grandi industrie americane stanziano enormi somme, venti, trenta, fino a sessanta milioni di dollari ognuna, per i laboratori di ricerca scientifica. Questi laboratori, sorti a servizio del l'industria che li alimenta rivelano una duplice inclinazione: quella di obbedire al loro compito pratico specifico, e quella di svincolarsene in parte, gettando rami in ogni sènso, penetrando in campi lontani da quello ori ginario, convertendosi insomma in centri di ricerca pura. Si studiano in una fabbrica gli oli per ungere le macchine da scrivere e calcolatrici, e si giunge per quella via a studi sugli oli medicinali. I famosi macelli bacel'ilginepadvriluavselssdecdvczUvsasavlpenccbsassaredlgfStltpcltiasdblmricssazsdi Chicago, auesto sangui- nolente pezzo di colore d'cb-bligo di tutti i giornalisti del mondo, alimentano con la materia prima fornita centri di studi farmaceutici che sorgono al loro fianco. L'organizzazione troppo pesantemente industriale di Hollywood ne soffoca certamente la libertà artistica, e registi ed attori vengono qualche volta a cercarla nei- le più semplici organizzazioni europee. Ma vi è un aspetto incidentale di Hollywood, dovuto ai suoi difetti: essa provoca studi che hanno valore per se stessi, come le ricerche archeologiche. Si direbbe che tutte le industrie di qualche importanza ab- a a o n n . n i o e , à i a o ù a a i a ri i l e n n a e r li li Lldbiano almeno una specula aperta in direzione della ri cerca disinteressata; l'aula e il capannone industriale, l'Istituto di studi medici ed il macello, sono parte integrale dello stesso sistema e in continuo rapido scambio; e se l'indagine alimenta la produzione, la produzione alimenta l'indagine. Le industrie consegnano alle Università i risultati delle loro ricerche perchè possano svilupparli; ma le Università anch'esse ricorrono senza vergogna ai grandi complessi industriali ner applicare e sviluppare i risultati delle loro, o creano nuove industrie direttamente anche a scopo di lucro. Con la tendenza delle industrie a espandersi da ogni parte, a congiungersi in una specie di -pool delle ricerche, a divenire centri d'irradiazione culturale oltreché di produzione, a gravitare verso le Università le quali a loro volta ne sono attratte, non si può più parlare di cultura accademica in America, bensì d'una cultura industrialeaccademica; e questo è diventato tanto più vero con l'aprirsi dell'era atomica. Ho potuto osservare che non esiste grande industria che non getti almeno un tentacolo verso la ricerca atomica e non vi porti un contributo. Lasciando da parte le scienze, non saprei vedere altra causa delle solide basi su cui negli ultimi decenni sono stati posti in America anche gli studi letterari, storici, filosofici. Essi fruiscono egualmente della floridità degli Istituti di cultura, delle biblioteche immense, dei gabinetti fotografici, della facilità di documentarsi. Senza contare le Foundations, come la Rockefeller, la Carnegie, e moltissime altre, ùltima in ordine di tempo la Ford il cui capitale si calcola intorno al mezzo miliardo di dollari, che sono tutte filiazioni di complessi industriali. Questi sostegni appaiono tanto più indispensabili oggi che il cumulo di dati in ogni campo dello scibile, le possibilità e quindi la necessità di essere documentati in maniera esauriente, rendono sempre più complessi e costosi anche gli studi che chiamiamo umanistici, e per esempio difficile a uno studioso lavorare senza aiutanti. La nuova classe dirigente industriale dovrebbe essere strumento di penetrazione del mondo e degli interessi che rappresenta nell'idea stessa di cultura. Senza la vicinanza di questi nuovi principati la cultura, che è poi la stessa vita del Paese, non regge. Un dirigente industriale moderno deve essere consapevole anche di questa sua responsabilità. Fornire anche presso di noi agli studi le basi su cui possano prosperare, anziché lasciarli languire in un altezzoso squallore, sarebbe a mio parere più meritorio che ripetere ad ogni passo le tri viali lagnanze sulla macchi na che ucciderebbe lo spirito, sull'era meccanica e bu rocratica che abolirebbe la poesia, sull'umanesimo, sulla personalità umana che sarebbe distrutta dai metodi di produzione. Un preteso liberalismo che volesse far leva su un certo umanesimo provinciale, contro il vero umanesimo moderno, magari associandosi e facendo proprie, quasi testimonianze a proprio vantaggio, le voci stanche e scoraggiate che giungono anche da oltre Oceano, avrebbe ben poco da dire agli uomini. Un liueralismo creativo può sorgere soltanto accogliendo il biso gno di maggiore astrazione di maggiore distacco, quasi il sogno d'una raccolta e di una somma delle tecniche delle intelligenze e delle chiese; questo potente so gno che portano nel cuore MtCrieabmttednnEsgClrPmrtpdsdvdmuigosddtfdspataqpdhgfcmlCdi- te civiltà definite meccanib-|Che. Ma qui ci allontaniamo ti n a ci o. edi a e o i- dal nostro scopo, che era quello di rallegrarci di vedere in Italia i sintomi di una accresciuta simpatia tra le industrie e gli studi. Questo può dispiacere solo a quegli esseri cosi detti poetici, che sono in realtà i più sprovvisti d'immaginazione crea trice. Guido Piovene

Persone citate: Carnegie, Kaiser, Rockefeller

Luoghi citati: America, Chicago, Hollywood, Italia, Stati Uniti, Torino