In una grigia mattina Fonniggini si ammanò

In una grigia mattina Fonniggini si ammanò LA TRAGICA PROTESTA DI UN EDITORE GAIO In una grigia mattina Fonniggini si ammanò le ultime ore del creatore dei "Classici del ridere,, - A precipizio dalla Ghirlandina - Egli volle dimostrare così l'assurdità malvagia della persecuzione - Il grido estremo: "Italia, Italia, Italia,, - Anche Mussolini ne fu turbato '(Dal nostro Inviato speciale) Modena, febbraio. Qualche tempo prima di darei la morte, A. P. Formiggini, editore In Roma ma modenese di sette cotte, come amava chiamarsi, venne in questa minuscola piazzetta che si apre fra la torre della Secchia e la statua del Tassoni, la misurò con gli occhi, e disse sorridendo: <Chl sa, forse un giorno la chiamerete al tvaiòl ed Furmajìn >. H tovagliolo di Formaggino, Furmajìn da Mòdna, che fu negli anni della giovinezza 11 buo pseudonimo di poeta e umorista dialettale, ed era ancora 11 nome con cui lo salutavano nelle rimpatriate 1 vecchi amici. Pagina inedita Formiggini non era tipo da pretendere tutta per sè la piazzetta della Ghirlanda, questo concentrato di storia e di gloria modenese; ma è certo che una lapide sua qui ci starebbe benissimo, sarebbe forse la più utile fra quante ne sono state murate In Italia dalla Liberazione in poi. Poche parole, senza retorica, che sottolineassero un fatto significativo, e cioè che la protesta più tra. gica contro la campagna antisemita parti proprio da uno degli uomini più allegri d'Italia («uno dei meno noiosi del suo tempo >, egli avrebbe corretto), dall'editore del Glassici del ridere. In verità, è dal '47 che 1 modenesi pensano a questa lapide. Se ne Interessò un comitato con a capo il sindaco, poi sopravvennero certi scrupoli religiosi, ma presto la proposta sarà ripresa dal Consiglio comunale e Furmajìn avrà il suo piccolo tovagliolo di pietra. Formiggini mori il 29 novembre 1938, ma polche la stampa fascista tacque per ovvie ragioni, e molti seguitano a dar credito alle voci che furono diffuse allora, si può dire che quella morte è un fatto da raccontare ex novo, una pagina tuttora inedita della nostra storia di ieri. La campagna antisemita aveva sconvolto Formiggini che, dopo trentanni di lavoro a Modena, a Genova e a Roma, si vedeva escludere giorno per giorno dalla vita del suo Paese, dagli amici, dalla cultura, dalle sue stesse attività editoriali. Quando gli avevano portato via la « fondazione Leonardo >, egli aveva replicato con un amaro e ameno libello contro Glovan ni Gentile e l'attualismo — la Ficozza filosofica del fascismo, stampata nei Classivi del ridere col numero «00>. Ma adesso un ebreo non poteva più ridere a cuor leggero Il basco tirato sulla fronte, la barba arruffata, il più bohémien e il più burlone del no stri editori, cosi simile anche nel fisico a Olindo Guerrinl, passava tristemente per le vie di Roma temendo di incontra re qualche amico che fingesse di non vederlo. Dopo il « Leo nardo >, gli tolsero pure l'I in Ha che scrive, la rassegna bibliografica a cui era affeziona tissimo, gli creavano sempre nuove difficoltà e ostacoli. In una cartolina del 7 novem bre '38 al dottor Manlio Formiggini di Modena, suo parente e amico fraterno, egli seri ve: <Lui, proprio lui in perso na mi ha dato la smazzolata definitiva proibendomi di metter fuori lì Chi è. Non ne pos so più >. Fu il suo ultimo colloquio con Mussolini. Il 28 Formiggini arrivò a Modena, prese una camera in un albergo di piazza Garibaldi poi uscì a passeggio con gli amici e finì la serata al teatro Storchl dove la compagnia Be sozzi, Ferrati e Carini dava una novità, /I cavaliere solo di Nohain e Berger. Furmajìn si mostrò allegro e spigliato co me ogni volta che tornava nel la sua città e ritrovava coloro che gli ricordavano l'Università, l'< Accademia del Fiasco >, le gaie avventure d'un tempo. L'indomani mattina telefonò al dottor Manlio Formiggini già citato, che aveva un gabinetto medico in piazza Mazzini: «Manlio, ho bisogno della tua assistenza >. < Vieni subito, adesso è un momento buono — rispose l'amico. — Intanto avverto a casa che aggiungano il tuo posto a tavola >. « No. oggi non posso. Devo andare a mangiare in un posto molto alto, dove però si mangia male > aggiunse l'altro ridendo. Manlio pensò a un invito noioso in casa di qualche pezzo grosso: < Se 'si mangia male, è inutile che tu ci vada >. « No, no, devo andarci, non posso farne a meno. Grazie di tutto. E detto l'ultimo calembour, Formiggini uscì dall'albergo e si avviò verso la Ghirlandina, rispondendo con brio al saluti di quanti incontrava, Entrò nella torre, comprò due biglietti, disse con naturalezza al custode: <Cè un mio amico che sta prendendo il caffè Appena arriva, lascialo passare >. Per prevenire 1 suicidi, la polizia aveva infatti vietato di far salire sulla Ghirlan dina visitatori isolati. Un « basco » sul selciato Era una mattina fredda grigia, pioveva da molte ore, ma chi si trovava nella piazzetta e levò gli occhi alla torre, vide, cinquanta o sessanta metri più In alto, sulla terrazza, un uomo che guardava giù e si asciugava la faccia come ee avesse caldo. Poi l'uomo si gettò gridando, e tutti udirono distintamente quel grido: «Italia, Italia, Italia>. Un'eco carducciana anche In quel disperato morire. Piazza Mazzini è vicina, dal le finestre dell'ambulatorio del dottor Manlio al vedeva la Ghirlandina. Appena corsero a dirgli che uno s'era buttato giù dalla torre, e accanto al morto giaceva sul selciato un iberretto basco, il dottore noniebbe dubbi. Capì la telefonata di mezz'ora prima, e all'improvviso si ricordò puro di una cosa che Formiggini gli aveva chiesto a Roma due mesi avanti, una domanda buttata là per caso, con fare distaccato: se cioè uno, precipitando dalla Ghirlandina, potesse perdere 1 sensi oppure no. Il cadavere era stato portato subito all'Istituto di medicina legale, ma molti lo avevano già riconosciuto, a Modena non si parlava d'altro. In questura stavano nervosi assai. Il suicida aveva in tasca cinque lettere: una'per Mussolini, due per Solmi e per Bottai (i gerarchi coi quali egli aveva avuto più dimestichezza), una quarta per la moglie, una quinta per Manlio Formiggini, ma i poliziotti consegnarono al dottore soltanto le ultime due lettere dopo un lungo, minuzioso interrogatorio. 11 prefetto Passerini ordinò che i funerali si facessero di notte, alla chetichella, il dottor Manlio protestò, s'interpose il vicequestore Buongiorno, un funzionario meridionale di cuore più tenero, e due giorni dopo, alle 8 del mattino, 11 povero Furmajìn, seguito da pochi amici e da un nugolo di questurini, venne trasportato al cimitero e fu cremato .secondo la sua volontà. Sull'urna di legno che contiene le ceneri fu applicata una targa d'ottone, lo stesso marchio, con l'« A.F.F. > e il motto « Amor labor vitast » delle sue edizioni, ormai anch'esse disperse Il 1° dicembre il quotidiano di Modena gli dedicò due righe in corpo sei nella rubrica di cronaca Decessi: «Formiggini prof. comm. Angelo Fortunato fu Pellegrino, anni 60, coniugato con Santamaria Emilia, editore >.' Nonostante 11 silenzio della stampa, la notizia corse per l'Italia e destò grande impressione. Anche Mussolini ne fu turbato. « Ricordatemi festoso » Ho sott'occhio la lettera a Manlio Formiggini e la voglio brevemente riassumere per 1 razzisti Vecchi e nuovi. Sulla busta, di fianco all'indirizzo, ci sono due annotazioni: «Urgente > ed < E' qui a due passi chiamatelo subito >. Nella lettera (fu incominciata il 3 set tembre ma fu ripresa e finita 11 28 e il 29 novembre, come si vede da due postille datate da Roma e da Modena) Formiggini si scusa con l'amico per aver mancato a una festa familiare, poi passa bruscamente ad altro argomento: « Troppo ho tardato, troppo. Se avessi agito un mese e mezzo fa, forse tante sventure sarebbero state evitate: ritardare ancora non è possibile. Perdo naml. Ma 11 vostro tu'hamen to sia lieve che vi assicuro che lo sono'contento della mia fine che spero possa essere utile al llllllllllllllllllllllllllllllllItlllMllllIflIIIIItllllll ila mia Patria. Precipito io neli l'abisso per salvare lei dall'a- bisso. E' la mia grande speranza: la speranza che mi ha fatto passare gli ultimi due mesi nel modo più sereno non privo di fierezza. Su dunque: non compiangetemi ma ricordatemi festoso e sorridente come sono sempre stato >. Poi il morituro — ed è davvero l'ultimo scherzoso bisticcio — prega « vivamente (pet ora) » che la sua salma sia cremata « d'urgenza e clandestinamente >, dice dove sono < tutti i soldi occorrenti e oltre > e acclude il testo di un telegramma da spedire subito alla moglie, a Roma; un foglio vergato con sicurezza, già firmato Manlio, con la pietose bugia già pronta: «Nino colpito lieve paralisi...). L'idea di una slmile protesta gli si era fissa in mente da mesi. «Un esempio, una testimonianza possono ancora Valere qualche cosa... Non posse rinunciare a ciò che considero mio preciso dovere: io debbo dimostrare l'assurdità malvagia del provvedimenti razzisti, inopinatamente straripati nella mia Patria >, scrìsse in altri fogli trovati dopo la morte. Proprio in quei giorni d'autunno ricorreva un anniversario per lui significativo. Il 27 novembre 1901 a Modena l'indiavolato Furmajìn (aveva 23 anni ed era notissimo in goliardia) prese la sua prima laurea, in legge. Fra la mera¬ viglia dei compagni e dei professori, egli si presentò vestito di blu e con molta serietà e dottrina discusse una tesi di diritto comparato, « un contributo storico-giuridico ad un riawlclnamento fra la razza ariana e la semita >. < Quelle mie prime indagini sarebbero oggi non prive di efficacia} diceva negli ultimi tempi, mentre chiacchierava con- gli amici di allora, ai piedi della Ghirlandina. Giorgio Vecchietti