La Svizzera e la neutralità di Filippo Sacchi

La Svizzera e la neutralità ACCUSATA DI CONTRABBANDO OLTRE CORTINA La Svizzera e la neutralità E' stata la rivista "Life,, a immaginare una specie di "sesta colonna,, elvetica, favoreggiatrice della Russia - Energiche reazioni - La libertà della Confederazione e le nazioni confinanti (Dal nostro inviato speciale) Zurigo, 13 febbraio. Il villano articolo di Life contro la Francia, avendo sollevato tanta tempesta di recriminazioni e di polemiche, fece che passasse inosservato un altro articolo altrettanto villano contro la Svizzera, apparso per combinazione nel numero successivo della stessa rivista. La Svizzera non vi veniva rappresentata nell'atto d'infilarsi chèques di dollari nella giarrettiera, forse anche perchè i redattori di Life penseranno che, da robusta forosetta di montagna, porti le mutande di lana, ma come favoreggiatrice di contrabbando oltre cortina. Vi si affermava che se, in dispregio alla proibizione del Battle dress act, tanta copia di materiale buono per uso bellico continua a passare in Russia e nei Paesi satelliti, è per opera d'una vastissima ramificazione, una vera e propria « sesta colonna » le cui branche principali si annidano a Vienna, a Zurigo e nella Ruhr, ma con Zurigo dominante, perch" qui sarebbe il centro di tutti I trucchi finanziari relativi. Vi si davano addirittura nominativi e indirizzi di ditte e di banche, con fotografia delle loro sedi e delle targhe in primo piano. L'articolo si intitolava: < Memorandum Illustrato per Dulles, StasBen e Conant», che era come dire: «Adesso intervenite voi! ». La reazione della Svizzera fu energica. Il Consiglio federale qualificò Immediatamente l'articolo come diffamatorio e of- fensivo. Portavoce bernesi ricordarono che, la Svizzera non essendo firmataria del Fatto Atlantico, quelle proibizioni non la riguardavano, e che ha il diritto di commerciare liberamente con chi crede. Che, comunque, essa stessa ha posto spontaneamente dei limiti a questo diritto, emanando fin dal 1951 disposizioni che limitano fortemente e tengono sotto controllo il commercio con i Paesi orientali, e sfida di provare che le autorità federali non hanno scrupolosamente applicate queste limitazioni. Questo il punto di vista ufficioso. Naturalmente le reazioni dei privati sono molto più divertenti. Attaccandosi all'argomentazione evangelica della pagliuzza e della trave, essi vi citano sulle dita decine di ditte della Germania occidentale, favorite da appoggi e con interessenza americana, le quali notoriamente e con frutto esercitano traffici con i Paesi oltre cortina. Perchè, dicono, 1 Catoni atlantici di Life non si accorgono anche di queste? Sono le naturali doglie dell'esser neutrale che, aggravandosi, la guerra fredda acutizza. Si ripete quello che per la Svizzera avviene regolarmente ad ogni fase di tensione internazionale: la marcia sulla corda tesa. All'atto pratico la Svizzera non è mai psicologicamente neutrale: essa è sempre d'istinto contro il bellige rante, o futuro belligerante, che rappresentando una mi naccia di egemonia sul continente, rappresenta una minac eia anche per la sua indipendenza. E se nella prima guerra mondiale una- certa simpatia alemannica parve tenerla un momento esitante, nella se conda non ci fu dubbio: la massa della popolazione, anche quella dei Cantoni tede schi, temette subito nazismo e fascismo, e perciò li avversò E poiché stavolta fu la Russia che, anche per l'estrema debolezza militare dell'Europa, cominciò a presentare nel dopoguerra una faccia egemonica, la Svizzera si senti subito le gata, per istinto di difesa, all'altra parte: doppia difesa sta. volta, aggiungendosi la repugnànza ideologica che questo Paese, dove anche 11 proletariato è borghese, sente per la dottrina comunista. Al fautori a fondo d'un dinamismo atlantico, pare inammissibile che la Svizzera non tiri le conseguenze logiche di questa sua posizione, e che non aderisca più attivamente al rafforzamento dell'Occidente. La verità è che ad essi, come del resto ai non svizzeri in genere, è difficilissimo capire che la neutralità è per gli svizzeri qualcosa di anteriore a tutto, persino alle loro simpatie e alle loro opinioni politiche. La idea, radicata in quattro seco¬ llgrntsclaaabufGtWancvtSflacltgcgdsdscnlzsclrzdtamldbt 11 mm 11 m 1111 u n ( 111111111111111111111 i rtr 11111 m 111111 il 111 e , ¬ li di neutralità, che il dovere e l'onore militare coincidono vigorosamente con 1 confini territoriali, e che nessun Governo svizzero può chiedere ai cittadini di sparare e di morire se non quando siano certi che cadendo toccheranno terra della patria, è oramai per loro un assioma passato nel sangue. SI veda l'emozione quando, alcuni mesi fa, la United Press accennò all'esistenza di possibilità che, in caso di guerra, unità svizzere siano impiegate fuori del territorio svizzero. Il Governo federale fece addirittura un passo diplomatico a Washington per chiedere se alla base di quelle informazioni ci fosse stata qualche dichiarazione di fonte governativa americana, il che fu smentito. Anche questa volta la Svizzera si arma. Nel segreti formicai del Ridotto, stoclcs colos'sall di viveri, di benzina, di armi, di cartucce si ammucchiano. Nei magazzini di mobilitazione, che qui-sono dislocati anche nei più remoti villaggi, schiere di piantoni lustrano coscienziosamente ogni giorno giberne e mostrine. E ogni soldato svizzero continua a custodire a casa nell'armadio della camera matrimoniale il suo fucile, e nella stalla il suo cavallo. E forse non sapete che nei corpi motorizzati le ultime leve si portano a casa in dotazione anche le jeeps. E adesso i genieri si porteranno a casa gli autocarri! Si arma dunque ma si arma da sola. Sola - combatterò, prooomberd sol io. Resterebbe l'argomento che, la guerra di domani non risparmiando nessuno, la Svizzera ha l'interesse d'intendersi ed armonizzare i suoi sforzi fin da oggi con quelli che potrebbero essere i suoi naturali alleati. Anche questo è problematico. Tutti allo scoppio della prima guerra mondiale predissero che la Svizzera sarebbe stata invasa, ma nessuno la toccò. Ancor più miracolosamente essa uscì incolume dalla seconda, ossia dalle grinfie di Hitler. Se per due volte gli àuguri delle cancellerie hanno sbagliato, perchè non dovrebbero sbagliare la terza? Quale è il Governo che si addosserebbe la terribile responsabilità di escluderlo? Di compromettere a priori la possibilità, fosse anche una su centomila, ches 11 proprio Paese scampi agli" orrori della guerra? Senza contare che c'è sempre, sottinteso, il convincimento d'una superiore funzione umana e mediatrice: <La libertà svizzera è una istituzione che può proteggere le Nazioni confinanti dagli effetti dei loro propri errori e dei loro momentanei furori ». Chi ha scritto queste parole non è uno svizzero, è Carlo Cattaneo. Diavolo d'uomo: capiva tutto. Filippo Sacchi 1111 e 11 ( n n 11 r 11111 n 111 f 1 e 111 fi 11111 ■ 1111 nniiiiiia

Persone citate: Battle, Carlo Cattaneo, Conant, Dulles, Hitler