Il processo per bancarotta dell' «ACLI» concluso con sei condonne e un'assoluzione

Il processo per bancarotta dell' «ACLI» concluso con sei condonne e un'assoluzione Il processo per bancarotta dell' «ACLI» concluso con sei condonne e un'assoluzione Al dott. Pistoi 8 mesi di reclusione per ricettazione fallimentare • Pene varianti da 5 anni e 10 mesi a 4 anni di reclusione a Marchino, Mascherìni, Vinardi, Rovani e Righetti - Assolto con formula piena il rag. Piovano Il processo per la bancarotta della società commerciale «ACLI» è terminato ieri pomeriggio. Alle ore 17 il Tribunale (Pres. Carron Ceva. giudici Romano e Rovelli, cane. Ronda) è entrato in nula e ha reso pubblica sentenza con cui tutti gli imputati — tranne 11 ragionier Piovano — sono stati riconosciuti colpevoli e condannati a pene varianti da 5 anni e 10 mesi a 8 mesi di reclusione. A Mario Marchino è stata inflitta la pena di 5 anni e 10 mesi di reclusione (di cui 3 anni condonati); a Luciano Mascherìni 5 anni di reclusione (di cui 3 anni condonati) ; a Giovanni Vinardi 5 anni (3 condonati); a Iler Ravanì 4 anni e 2 mesi di reclusione (2 agEcoe tozbfacdsplepfaa—illtllllllllIlItllllllllItllllllitllllllllllIlilllItllllllIIIII anni condonati); a Francesco Righetti 4 anni (2 condonati); a Ennio Pistoi 8 meai di reclusione con il beneficio della condizionale e della non iscrizione. Egli è stato ritenuto colpevole di ricettazione fallimentare in cui è assorbito il reato di concorso in truffa. Per Mascherìni, Righetti, Marchino e Vinardi è stata inoltre dichiarata la inabilitazione all'esercizio dell'attività commerciale per un periodo di 10 anni. Il rag. Ernesto Piovano il quale — per avere avuto in merce poche migliaia di lire dalla ditta fallita e per avere cancellato una annotazione sui registri contabili — era stato rinviato a giudizio in stato d'arresto, è stato assolto IIIIIIIllIIIIIIIIIIIIIIIttlIIIItlIIIIllllllIIIIIIIIIIlllIt con la formula ampia «perchè il P j i i fatto non costituisce reato », Il Tribunale depositerà la sentenza fra una quindicina di giorni. I difensori ricorreranno in appello e non è improbabile che il nuovo processo abbia luogo entro il prossimo mese di maggio. Alla lettura del verdetto erano presenti soltanto 11 rag. Piovano ed il dott. Ennio Pistoi; Il Vinardi è rimasto in carcere perchè ammalato; gli altri imputati sono, come è noto, latitanti. Il dott. Pistoi quando ha udito pronunciare la sua condanna è impallidito e, tremante per l'emozione, si è aggrappato convulsamente alla panca. Ma è stato un attimo: ha ripreso subito il con,t rollo di se stesso. In mattinata, Invece, non aveva potuto frenare le lagrime quando il suo difensore, avv. Barosio, si era domandato, nel corso della sua appassionata arringa, se poteva mai essere credibile che un uomo coni» Pistoi si fosse giocato, per poche decine di biglietti da mille, un avvenire brillante e l'onore proprio e dei suoi figli. L'avv. Barosio ha premesso che avrebbe confutato una per una le argomentazioni del P. M. Giustiniani ed ha quindi iniziato la sua calorosa e brillante difesa esaminando con grande acutezza gli elementi su cui il magistrato aveva fondato l'imputazione di truffa in concorso con i soci della « ACLI ». Egli ha affermato che il dott. Pistoi non diede «sistematicamente» informazioni sul conto della ditta: «Vi sono 9 referenze certe e 3 probabili fornite dal dott. Pistoi, e non 18 come sostenne l'Accusa, diluite nello spazio di 6 mesi. Come si può allora parlare di un flusso continuo di persone che andavano dal mio cliente a domandare notizie sul conto della «ACLI»? Inoltre — ha continuato l'avvocato Barosio — egli parlava soltanto delle qualità morali dei soci, si limitava a dire che erano bravi ragazzi e che avevano voglia di lavorare: con questa frase egli non andò oltre i limiti del mandato ricevuto dall'on. Geuna. « Vi sono però due lettere — ha detto il difensore — In cui Pistoi ageiitnse anche buone informazioni di carattere economico; il P. M. sostiene che l'imputato quando le scrisse era al corrente dello stato di dissesto in cui versava la ditta. Ma Pistoi — ha esclamato l'avv. Barosio — non andò mai nè nel magazzino nè nei negozio della «ACIJy. non fu mai informato dai soci che eli affari della ditta andavano male, non ricevette mai lamentele da alcun creditore della « ACLI ». All'asserzione del P. M. che Pisloì avesse fornito buone rgIAdddbcrcreferenze ancora pochi giorni prima che la ditta fallisse, Il difensore ha opposto la precisazione che nel mese di ottobre 1949 si trovavano soltanto fatture di creditori: prova che le referenze e le relative ordinazioni risalgono almeno al mese precedente. Il punto più scottante della causa era quello della ricettazione fallimentare. «Aveva preso denari, Pistoi, per dare le referenze? No — ha detto l'avv. Barosio — e la dimostrazione che questa acrusa è falsa la danno eli stessi altri im potati. Il Righetti e il Vinardi af fermano che il Mascherìni faceva indebiti prelevamenti (370 mila lire in tutto) a favore de] dott Pistoi; ma è chiaro che il Masche- rinl adduceva questa scusa per giustificare prelievi che andavano Invece ad esclusivo suo beneficio. A chi si deve credere: ai pregiudicati che riferiscono « voci » o al dott. Pistoi?». Avviandosi alla conclusione il difensore ha affermato che indubbiamente il suo cliente aveva peccato di leggerezza; ma non si era reso colpevole di truffa: «Ve lo immaginate — ha domandato — un Pistoi che protocolla quelle lettere di referenze per costituire con le proprie mani un'accusa contro se stesso?». «Per quella scritta citata ieri dal P. M. « La legge è uguale per tutti » — ha concluso l'avv. Barosio — io, che non sono uomo di parte, ma solo uomo di legge, vi chiedo, o giudici, che trattiate Pistoi alla stregua di qualsiasi altro imputato e lo assolviate con la formula che il fatto non costituisce reato ». dqddiiiMiiiiiiiiMiiiiMiiiiHiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin