Ricchi di Danària

Ricchi di Danària Ricchi di Danària La provincia di Danària è molto ricca. Vi abitano uomini industriosi, donne faccendiere, e perfino i ragazzi vi si danno ai piccoli commerci. Dei più facoltosi, una parte sta in città a trafficare, a dirigere grosse aziende, banche, compagnie di assicurazione, grandi magazzini, cantieri e officine; e l'altra, in campagna, si dedica a imprese altrettanto redditizie che, in pittoresca promiscuità, vanno dalle acciaierie ai caseifici, dalla seta e dal cotone ai dolciumi, dalle ceramiche ai concimi chimici e all'energia elettrica. Tutta questa ricchezza viene manipolata da poche centinaia di persone preminenti, alle quali fanno corona forse centomila tra piccoli proprietari, negozianti, funzionari, fittavoli, tecnici e sensali che, alla loro volta, si tiran dietro circa due milioni di impiegati, operai e, in misura meno ragguardevole, contadini e braccianti. Tutti questi piccoli hanno un grande ideale, possedere una motocicletta; e purtroppo vi riescono; mentre i medi tendono con tutte le forze a rasentare il fasto di quei due o trecento grandi con l'acquisto di un'automobile di lusso. Quanto ai grandi, essi si dividono in due ben distinte categorie: una, la minore per numero, composta di persone colte, preparate, forse'un po' rigide, poco amene, ma altamente stimate dai danariani, i quali anzi le vantano come geni tutelari della città; e la maggiore di uomini che in due generazioni, e talvolta in una sola, sono riusciti a passare dallo stato di paria a quello di nababbi, circondati, se non dal rispetto, almeno dall'invidia di tutta Danària. Gli appartenenti a questa seconda categoria finiscono con l'assomigliarsi un po' tutti: corporatura robusta, voce stentorea, modi sbrigativi e, secondo una metafora cara ai danariani, una buona dose di « pelo, sullo stomaco », cioè un'accentuata facilità nel mettere da parte gli scrupoli. Le loro donne si distinguono per le guance ben colorite, il seno e i fianchi doviziosi, la sonante inintcrrompibile loquela, e infine per la sconfinata soddisfazione del loro stato. Tutti amano la vita e ne godono con entusiasmo e gratitudine i piaceri che soltanto ai ricchi essa concede: cibi prelibati, grandi alberghi, ville, ma'chine, gioielli, pellicce, appartamenti sfarzosi, servitù numerosa. Gli uomini si mostrano particolarmente inclini alle facili e rapide avventure amorose, le donne coltivano con abnegazione i sentimenti elevati, frequentando concerti, conferenze, istituti di beneficenza e, nei dì di festa, le funzioni religiose. Mandano i loro figli nei collegi stranieri, poi li costringono tutti a prendersi una laurea, imitati in questo dai medi c da buona parte dei piccoli; sicché la città rigurgita di dottori, migliaia dei quali si possono incontrare ogni domenica fra i più frenetici appassionati alle partite di calcio. Questi figlioli erano la speranza, la poesia dei nuovi ricchi che, nei loro primi anni, avevano sognato di trascorrere l'estrema età fra la venerazione dei discendenti, come gli antichi patriarchi; e ora soffrono segretamente di sentirsi chiamare « il genitore », l'« antenato » o «la vecchia », e non soltanto da quei floridi dottori, ma anche dalle dottoresse: per lo più graziose, seducenti e sfrontate; e soltanto si consolano di veder riscattate, in quei cari perdigiorno, le loro origini di infaticabili sgobboni. Perchè hanno dovuto farne del lavoro, prima di giungere ai massimi fastigi! E già più che sessantenni ancora urlano, imprecano, telefonano, irrompono come tori negli uffici dei sottoposti, strapazzano le dattilografe, inveiscono contro i segretari, sono sempre sul punto di partire in automobile, in treno, in aeroplano; e alla fine costituiscono uno strano tipo fisiologico di nevrastenici obesi: obesi, soprattutto, perchè considererebbero un disonore far due passi a piedi, e anche perchè, oltre ai loro affari, non pensano a nulla. Libri non ne leggono, anche se da un po' di tempo a questa parte hanno preso l'abitudine di acquistarne a dozzine, a centinaia per volta, purché siano costosi e ben rilegati, da far bella figura negli scaffaletti sovrastati da quadri di noti pittori viventi, che essi intimamente detestano ma che hanno comprato confidando in un buon impiego di capitale. Al teatro d'opera della città occupano i palchi migliori, e nelle serate di gala si vedono assisi fra i rosei paralumi con una compunzione da minotauri in marsina, accanto alle mogli cariche di perle, ori, diamanti, nude le braccia da lottatrici, nudo il petto generoso, fissi gli occhi trionfanti sui pochi gioielli e i sobri vestiti delle nobili concittadine; mentre dietro di loro le deliziose figliole frascheggiano con gli ultimi rampolli di quella sfiduciata e depauperata aristocrazia che, insieme col popolo salace, rese un tempo famosa Danària in tutta Europa. I nuovi ricchi frequentano anche le bische, lasciando credere volontieri di aver perduto, senza batter ciglio, due o tre milioni in una sola serata. Dan no grosse mance ai baristi, ai maggiordomi, ai primi camerieri, che considerano come i loro migliori amici, ma lesinano : più piccoli aumenti ai lorp sottoposti e ritengono anche troppo ben rimunerato il lavoro « di concetto ». Dubitano molto dell'esistenza di Dio, ma hanno un segreto terrore dell'inferno, sovente soffrono d'insonnia per tal ragione, e la mattina dopo fanno qualche opera di carità nel quartiere. Non nutrono eccessivo trasporto per la democrazia, si lamentano senza posa delle tasse, e con diabolica astuzia riescono a pagarne meno di un professore di scuola media. Esercitano il loro pesante sarcasmo sulla libertà, sulla giustizia, cercano di non compromettersi con i partiti estremi, e praticano una politica che si potrebbe chiamare del « Non si sa mai ». Odiano la capitale — sentina, dicono, di tutti i vizi e di tutte le corruzioni — ma si danno da fare per ottenere onorificenze da un regime che profondamente li delude. Quando muoiono, sul giornale che avevano letto fedelmente ogni mattina, le trenta o quaranta società di cui erano presidenti o consiglieri delegati stampano altrettanti necrologi, e dopo qualche giorno nominano altri presidenti, altri consiglieri. •iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiil dimenticando per sempre i trapassati. Ai loro funerali la gente fi il computo dei milioni che hanno lasciato, trasferendo la propria invidia agli eredi; i quali fanno seppellire gli estinti in tombe colossali, a piramide, a mausoleo, a tempio, o, più modernamente, a cubo, con grandi Pietà che piangono nude e angeli mesti ad ali ripiegate. Poi gli eredi si riuniscono dal notaio a dividersi le spoglie, e tutto quel" danaro con tanta fatica, astuzia, soperchieria, e anche ingegno, accumulato, seminerà inestinguibile odio fra i congiunti, e susciterà i furori e le cupidige di nuore, generi e cognati, questi strenui combattenti di ogni disposizione testamentaria. Dopo qualche settimana nessuno parlerà più di quei morti; e soltanto le Pietà e gli angeli rimarranno a piangere e a desolarsi sulle loro tombe, fin quando le intemperie, a Danària particolarmente crudeli, non anneriranno quei soavissimi volti e ne cancelleranno ogni traccia di dolore. G. B. Angioletti liiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiilliltili COMPOSIZIONE IN BIANCO E NERO ti Milli il^l il I II III MI 111 11 tU I 111 11 MIIIM1I III III II llllll LIII IMIlt 11 111 II I MI I III t 11111 ■ 11 ■ 111 ■ 11 11 111 ■ 11111 i 11 r 11 ■ M ■ 111111111111111 ! 111 ( IIMIIIIIIIIII IlluNel felice contrasto, del drappeggi, spicca la grazia di Julia Adams giovane attrice americana Interprete, con James Stewart, del « western » « Là dove scende 11 fiume ».

Persone citate: James Stewart, Julia Adams, Milli

Luoghi citati: Europa