Un francese in Italia

Un francese in Italia VIAGGIO OI I AO SCRITTORE SBARAZZINO Un francese in Italia Pittoresco itinerario dal Vesuvio all'Etna di Roger Peyrefitte - Il miracolo di San Gennaro e la giornata dei Vanderbilt a Castelmola - " Questo è l'ultimo Paese in cui sia dato di gustare la felicità di vivere „ Si direbbe che la prima condizione perchè uno scrittore francese giudichi rettamente delle cose nostre sia di giudicare senza riguardi delle proprie; di essere in patria un po' sbarazzino. Roger Peyrefitte s'è fatto conoscere con un libroscandalo: queir Ambassades, che subito tradotto e divulgato anche in Italia, gli ha fruttato l'ostracismo della diplomazia parigina di cui s'era divertito a scoprire gli altarini. Ma già nei suoi precedenti romanzi, L'oracle e Les amitièa particulières (quest'ultimo tanto piaciuto a Gide), aveva dato prova di un ingegno agile e mordente, nutrito di succhi settecenteschi. Ora questo suo viaggio in Italia (Du Vésuve à l'Etna, Flammarion), per l'impeto, il colorito e l'affettuosa disposizione a capirci, lo avvicina a II il 111 II 111 II 11 ■ ll(f I 11 I III I 11 11 I II I 11 ■ 11 tll II i Itllll II 111 II Stendhal; in quella parte del nostro Paese più gravata dal pittoresco e perciò più di altre soggetta alle facilonerie straniere, il Peyrefitte vede, osserva e nota con lucido trasporto, sposando la freschezza della scoperta col sodo della prepa razione. Se gli avviene di citare parole di nostra lingua, lo fa senza sbagliarle e a proposito; se di avviare un sempre pericoloso discorso generale (come sin dalle prime linee della prefazione: < L'Italia è l'ultimo Paese in cui sia dato di gustare la felicità di vivere; alla quale ci forza a credere anche quando essa non ci crede... »), non ci sentiamo sulle spine. Raro uccello, il Peyrefitte "A trova perchè ci conosce, perchè è della nostra partita. Più che un trascorrere, il suo viaggiare è un fermarsi via via in luoghi diversi, un I 111 111 111111111 II I II I II 11 11 111111 ■ 11 II 11111111 II 111 III! imbeversi di congeniali Impressioni e reminiscenze. Con questo anche di settecentesco: che egli non segue un itinerario preconcetto, ma va dove gli pare e per quel che gli pare; in modo che gli capita, come ha lamentato il Cecchl, di perdere alcune grandi occasioni (l'antro della Sibilla cumana), mentre troppe più altre fa nascere dal niente. Viaggio e libro cominciano da Napoli, 81 cui il Peyrefitte coglie precipuamente l'aspetto religioso, Il meno trito. Non sappiamo se Benedetto Croce, che l'autore menziona con devota familiarità, abbia fatto a temro a leggere queste pagine; certo gli sarebbero piaciute per la loro ben dosata mistura di colore e d'erudizione. Il miracolo di San Gennaro, osservato con intelligente stupore, ci introduce nel gran mondo chiesastico partenopeo, che il Peyrefitte ricerca paratamente, Indugiando in gustose classificazioni, per umore, di monaci, di curati, di sagrestani, di pinzochere, di ciceroni; e come accade, mentre egli fa il ritratto agli altri, noi vediamo inter Uneas anche il suo, di vispo viaggiatore. Pure in una scucita serie di appunti stradali sfavilla l'inedito: scugnizzi, ambulanti, ciarlatani, pazzarlelll, vi appaiono quasi tutti di prima mano. Eccone uno, grammaticale: < Questo popolo entusiasta e In fondo cosi scettico. Impiego abusivo di condizionale. Non dice: che strada è, che chiesa è, che ora è: ma, sarebbe. Ho domandato a una buona donna se certa bambina lì accanto fosse sua. Sarebbe mia, lia risposto». E quest'altro, plastico: < Il napoletano gesticola anche quando legge 11 giornale ». E la pennellata circolare: < In tutti gli sguardi, aria di curiosità intelligente ». Cosi classicamente educato e modernamente ricettivo l'Autore si fa trovare In tutto il corso del suo viaggio, dai Campi Flegrei all'Isola del fuoco. Si batte altrettanto bene con I miti e le grandi ombre antiche, quanto con la più spicciola e umile gente. Interroga pescatori e vetturini con la simpatia del romanziere, e spesso ne trae più luce di civiltà che dalla visita di un monumento illustre. Da Castelmola stacca, senza parere, una saporita novella che si potrebbe intitolare «La giornata del Vanderbilt ». L'autista di quei miliardari americani in viaggio per la Sicilia aveva detto a un asinaio che I suoi signori sarebbero stati la sera, por la calata del sole, dal signor Blandano, ''oste di Castelmola. DI asinaio in asinaio la voce passa, arriva al Blandano che ne impazzisce, schizza a radersi, a rivestirsi, a mettere in ordine ogni cosa. Il meno che il brav'uomo s'aspetta da quella visita è l'ordinazione d'un banchetto coi flocchi; ma pensa anscsdmdptmpldsfrdcmdlgtofcptnddtcMrflnlsdnzdsuflhfdmdd1mHdpqesfLd : 1 11 i 111:114 m 111111 ! 1l 1311111m111111111 ■ 1 i i11( 1111 ■ anche che i Vanderbilt saranno per < dare l'acqua » a Castelmola. Intanto si fa gente, compare oscillando il sindaco seguito dalla Giunta, e la banda accorda e prova gli strumenti. In breve, molto prima dell'ora tanto attesa, tutto un popolo si stringe palpitando intorno alla locanda. E finalmente, in un silenzio di morte, poi lacerato dalla Marcia dell'Aida, si sente venire la Rolls dei sospirati Vanderbilt. Ne scendono quattro mummie, si fanno accompagnare sulla terrazza, sbirciano il tramonto, dicono: Hooo!, girano sui tacchi e vìa. Senza aver < consumato », in quattro, un bicchier d'acqua, Non meno della Campania, la Sicilia del Peyrefitte è viaggiata e descritta senza pedanteria, conforme all'estro e alla occasione; vivamente incisa a fuoco di simpatia, prende anch'essa l'aspetto d'un paese piuttosto ritrovato che scoperto. Luoghi e costumi siculi sono riportati con tutto il peso della loro storia e" la vaghezza dei loro colori: l'uomo di lèttere dirige il viaggiatore; la cultura aguzza l'osservazione. Ma tali doti di fondo del Peyrefitte stanno veramente in fondo; niente nel suo libro ha l'aria d'Insegnare e tanto meno di sentenziare. Fra troppi libri di stranieri sull'Italia, lasciati burbanzosamente cadere dall'alto d'una cattedra, eccone uno scritto di getto in mezzo a noi, sul ciglio delle strade, sulle pietre dei monumenti, sul rovescio d'un Virgilio o di un Teocrito; caldo, spiritoso, fraterno. Leo Pestelli