Coi vestiti usati degli americani un torinese ha conquistato il Giappone

Coi vestiti usati degli americani un torinese ha conquistato il Giappone F © G Wj I E T TI BEL GIRO DE L M © X U O Coi vestiti usati degli americani un torinese ha conquistato il Giappone Strane storie di italiani in terra d'Oriente - Un napoletano "santo,, buddista e la fine di un eroe del Salgari - Le "tentazioni,, d Don Marcellino : da Alba a Tokio senza soldi * Le imprese d'un sacerdote (Dal nostro inviato speciale) Tokio Un giorno o l'altro racconterò ai lettori la storia di Lokanàta. E' una delle molte storie apprese da me nel mio giro attorno al mondo. E' naturale che in un viaggio simile di fatti strani inconsueti, meravigliosi, sapendo guardarsi attorno, sia facile mettere insieme una piccola collezione. Ma se questa collezione si limita alla raccolta di fatti strani di strani italiani, allora non è difficile la scelta. In India, dunque, mi sono imbattuto nella storia di Lokanàta che è il capo dei buddisti dell'Isola di Ccylon, uno degli nomini più venerati e < santi », ed anche più ricchi di beni di questo mondo, ereditati traverso complicate avventure, da un ricco signore cinese; questo uomo santo, ricco, venerato e discusso è un napoletano. Il suo vero nome suona Salvatore Oioffi.. Ma prima di mettere piede a Delhi, avevo conosciuto ed ero stato ricevuto nella sua meravigliosa villa di Beirut da donna Maria Sursock, una dama dell'aristocrazia di Napoli diventata la first lady della Repubbìica del Libano: adorata e famosa per le virtù e la trascorsa bellezza nell'alta società araba dal Cairo a Da- masco. Così a Manila, nelle Filippine (ne ho già fatto fugace cenno in alcuni articoli trascorsi) ho appresa la singolare e trugica storia di quell'industriale romano Antonio Pirovano, stabilito da anni nell'Isola di Luzon, ricco fortunato, rispettato, che all'atto della proclamazione del nostro armistizio nel '43 e della dichiarazione di guerra dell'Italia al Giappone partecipò alla lotta clandestina degli huks e dei guerriglieri filoamericani. Fu catturato dai giapponesi, processato e decapitato. A Kobè in Giappone, non ho trascorso le più strane e delicate ore del mio viaggio ascoltando da doti Gennaro lAguori, il più notevole commerciante di perle coltivate dell'Estremo Oriente (gli è emulo e concorrente un i.ltro italiano, Onorato) il racconto delle traversie che condussero suo padre, nel 1900, alle isole nipponiche, in traccia di una particolare qualità di corallp « rosa » richiesto dall'artigianato di Torre Annunziata per la fabbrica dei cammei, dei monili e delle collane, di cui una volta quel paesino vesuviano andava famosot E a Hong Kong, non ho appreso dalla viva voce di un testimone la fine di quel Mario Villa milanese, fucilato dai comunisti cinesi; che spezzarono, così, — spezzando la vita di un autentico eroe salgariano — una specie di Yanes bilanciato sull'alterna fortuna di inestricabili vicende f Queste ed altre avventurose vite e casi, un giorno o l'altro dovrò scrivere; ma qui, subito, lasciatemi raccontare la storia di Maruse Toshitaka, cittadino giapponese, figliuolo di un operaio della Fiat. « Tornate indietro » Malgrado che lo mandasse ogni mattina a comprare Z'Avanti! e pretendesse di dargli in lettura gli articoli di Giacinto Menotti Serrati e di Filippo Turati, l'aggiustatore meccanico torinese Giovanni Marcellino, addetto ad uno d'i reparti della vecchia Fiat di via Nizza, non riusci a fare del suo figliuolo Paolo, di H anni, un buon socialista. Paolo Marcellino inclinava fortemente alla lettura di ogni specie di libri, ma sovrattutto alla composizione tipografica. Invece di indirizzarsi verso i motori, il giovinetto Paolo mostrava quella specie d'amore per la carta e gli inchiostri, per gli odori della stampa fresca, delle bozze umide, dell'antimonio dei caratteri, dei rulli e delle < casse », che si annida come un granello di fuoco nel cuore di chiunque, scrittore o tipografo, abbia dedicato la propria vita alla più nobile delle arti. Così troviamo Paolo Marcellino ad d Iba, col teologo Giacomo Alberione, e due aiutanti a redigere la Gazzetta di Alba e a stamparla. Paolo, effettivamente è don Paolo perchè, com'è frequente il caso, da un acceso rivoluzionario e mangiapreti è venuto fuori, poi, un ottimo sacerdote. Don Paolo e don Alberione sono, sì, degli eccellenti uomini di chiesa, ma i loro sogni e le loro « tentazioni > assumono aspetti singolarissimi. Essi pensano e parlano costantemente di rotative, di linotypes, di macchine per la stampa a colori, di off-set e di rotocalco. Nel 1927 diventano dei pilastri della Società San Paolo per l'apostolato della stampa e nel 1934, avendo in tasca la somma di 165 yen in due (meno di 1)00 lire) sbarcano a Tokyo. Si recarono dall'arcivescovo, mons. Chambon. Furono accolti così: « Ritornate indietro ». Risposero: < Non possediamo il danaro per il viaggio •. Don Marcellino ritornò in Italia, non allora, ma nel 1946. La Società San Paolo era fiorita, intanto, e anche in Giappone per merito suo. Tuttavia il Hgltu ilo del vecchio operaio della Fiat voleva fare qualche :;osq di nuovo. Non sapeva bene che cosa. Il suggerimento gli doveva venire dall'inconscio gesto di un ladro. A M'issa Termini, a Roma, ritornando dall'aver incassato 500 dollari dalla banca, su un autobus gli rubarono il portafogli. I 500 dollari servii:ano per il viaggio sino in Giappone. Ricorse a un prestito. Ebbe il danaro per raggiungere New York. Da New York a Tokyo è un viaggio maledettamente lungo: tutta l'America quanfè larga tra costa e costa e tutto il Pacifico. Don Paolo deci-te di affidarsi alla carità di amici e conoscenti. A New Jersey conobbe una vecchietta, una antica emigrante di Isernia; si chiamava Concettino: quasi ottuagenaria. Costei gli rugalo qualche dollaro per far dire delle Messe di suffragio per il marito defunto nel 1898. « Non altro posseggo, padrino mio — disse la vecchietta al prete — salvo una certa quantità di stracci, di vestiti usati, di scarpe smosse, scampoli di stoffe ». Don Paolo scese in un sotterraneo e lo trovò colmo di quelle anticaglie. Costituivano il patrimonio e le economie della vecchia, che gliene faceva dono. Riunì quella massa in tanti pacchi e se li tirò dietro sino a Tokyo. A Tokyo, nel 1946, era miseria nera, penuria d'ogni cosa e specialmente di vestiti, di scarpe, di tessuti. Don Paolo vendette subito vantaggiosamente. Chiese alle autorità di occupazione il permesso di importare, stavolta, cinquanta tonnellate di quei rags, quegli stracci, che poi erano vestiti per uomo e donna in buone condizioni: scarpe, camicie, soprabiti e tutto quanto negli Stati Uniti, Paese dove lo spreco è obbligatorio, si butta via che ancora è utilizzabile altrove per lungo tempo. Gli americani di Tokyo misero quattro mesi a dargli il permesso di importazione: alla fine del '47 col ricavato del commercio degli stracci e degli abiti usati don Paolo Marcellino costruì il Seminario Paolino di Tokyo, che nella città devastata dai bombardamenti fu la prima casa di cemento armato. Nell'ottobre di quello stesso anno il generale Mac Arthur iniziò la liberalizzazione della vita pubblica giappponese. Autorizzò, tra l'altro, la concessione di licenze per radio - trasmittenti private. Don Paolo trovò che negli scopi dell'apostolato paolino oltre all'arte della stampa era anche quello dell'adozione dei < più rapidi mezzi di trasmissione del pensiero >; cioè la radio. Ma la liberalità del generale Mac Arthur, a proposito di onde radio non andava al di là di due sole lunghezze disponibili. Per quelle due onde gareggiavano ventisette concorrenti. Don Paolo e il Seminario paolino non potevano aspirare ad una delle concessioni, di fronte a istituzioni locali di grande im¬ portanza, giornali potenti, case di pubblicità ricchissime. Occorrevano cento milioni, intanto. Don Paolo non ne possedeva neppure la metà. Cominciò col costruire il palazzo, non solo come sede della radio ma di tutte le opere paolinc. Alla fine del 1950 il presidente della Banca del Giappone signor Ichimada gli offrì un finanziamento. Don Paolo rifiutò e gli disse: c Non ho soldi, ma Dio è persona facoltosa. Si tratta di prendere il danaro dalle casseforti della Provvidenza ». Il stgnor Ichimada s'inchinò profondamente e ritirò la domanda per la concessione di una delle due onde che aveva inoltrata. Dal gesto di un ladro Il ventun aprile del 1951 don Marcellino ottenne una concessione provvisoria e, allora, associò alla sua impresa i tre giornali giapponesi Asahi, Mainichi, Yomiuri, possenti quotidiani con una tiratura media di sei milioni di copie ciascuno. Comprò i delicati macchinari e cominciò a educare trenta suore cattoliche giapponesi come « tecnichesse » del suono, registe radiofoniche, istruttrici di cori, sceneggiatrici, dicitrici, annunziatici, e via dicendo. Il 30 di marzo del 1952 la « Nippon Cultural Broadcasting » iniziò le trasmissioni o, come dico7io gli americani, <andò in aria* con la sigla JOQR, sul 1310 chilocicli e 10 chilowatt. Dagli stracci della vecchietta di New Jersey, e ancora prima, dal gesto dell'ignoto ladro di portafogli di un autobus romano, era nata la più importante e potente stazione radiotrasmittente privata del Giappone. Essa cominciò a chiamarsi Saint Paul Broadcasting e, in primo momento, trasmetteva tra un programma e un altro brevi notizie religiose, ma presto col ritorno del Giappone alla piena sovranità anche la radio di don Marcellino dovette piegarsi alle leggi del Paese. In Giappone per antica tradizione, e per legge dello Stato, non è permessa la propaganda religiosa. E' il limite estremo della tolleranza, secondo la saggezza orientale. Gli orientali sanno quanto aspre e irreconciliabili siano le rivalità religiose e perciò non le acutizzano, mettendole m gara. Per quanto il cristianesimo cattolico in particolare sia nell'impero giapponese assai diffuso e bene accetto (vi sono città cristiane e cattoliche in massima parte come Nagasaki, Hiroshima), i giapponesi non possono non considerarlo alla stregua di una religione « straniera ». Il permesso di propaganda alla radio di don Marcellino avrebbe richiamato irresistibilmente altre concessioni, sette, eresie, specialmente buddistiche e scintoistiche (e quindi aventi maggior diritto di cittadinanza) a sollecitare dallo Stato un trattamento di parità. Dio solo sa quante nuove religioni e scissioni sono comparse in Giappone dopo la sconfitta, sollecitate e sostenute più o meno occultamente da forze politiche.