Caro Gabriele...

Caro Gabriele... PEPITI DI VOLTAIRE Caro Gabriele... Cominciamo l'anno letterario con Voltaire. Il vecchio diavolo, che tanti politicanti e filosofanti di corta vista ci avevano dato per morto e sepolto, è sempre vivo e vispo: i suoi scherzi, le sue fantasie, le sue ironie, costituiscono davvero il Preservati) di cui abbiamo bisogno contro ogni forma di fanatismo. Dopo le lettere ai Tronchin, gli archivi di Ginevra ci rivelano oggi le Lettres inèdite; à son hnprimeur Gabriel Cramer (Librairie Droz ed.) curate e annotate da Bernard Gagnebin; il Musée Voltaire sta procedendo a una stampa integrale dei suoi Notebook!. E' una festa per chi ama curiosare in un mondo dove l'intelligenza era onorata sopra ogni cosa, la ragione posta sugli altari; s'incontrano la più frizzante prosa che sia mai stata scritta, i versi più agili e disinvolti. Che riposo dalle malvacee e plumbee elucubrazioni di troppi dei nostri contemporanei! E del resto, la lotta per difendere o conquistare la libertà di pensiero e di espressione che durò per quasi tutto il secolo decimottavo, contìnua e riprende in questo povero e sciagurato Novecento, i cui regimi totalitari hanno avuto ed hanno ben poco da invidiare a quelli di Federico di Prussia o di Caterina di Russia, di Luigi XV e dell'intolleranza religiosa che li ispirava o sosteneva. Il grande emancipatore, è dunque d'attualità. Nella corrispondenza di Voltaire con Cramer, la lingua italiana è chiamata ad accelerare i tempi, a imprimere un ritmo vertiginoso all'attività dell'autore e dell'editore, il caro Gabriele (anzi, a un certo punto, Cramer non è più nemmeno « Gabriele », è « Caro » per antono masia). «Presto presto, subito subito, vite vite...» diventa un ritornello costante. «Presto, pre sto, l'esprit a soufflé hier. soir et l'on a déjà commencé aujourd'hui... ». Bozze, correzioni, aggiunte, emendamenti, nuovi ma noscritti da comporre a spron battuto, tutto deve filare fulmi neamente. Si leghino — magari in satin — i fogli di quella co quine della Pucelle, si finisca la ristampa commentata del tea tro di Corneille, si riordinino le opere storiche, si mettan fuori le tragedie è le commedie che vanno in scena a Ferney, e che la signora Cramer dovrà recitare con gli altri ospiti. Solleciti, rimbrotti amichevoli, suppliche, preghiere, lasciti testamentari ironici, tutte le armi, le furberie, le malizie di un autor prepotente, sono messe in uso. Una rilettura dell'Antologia palatina impiegata anch'essa a questo scopo, e ne esce un epigramma che Meleagro non avrebbe sdegnato : « Vous m'aviez promis. Caro, livres, feuilles, errata. Vous ne m'avez rien donne. Je vous avais promis un médàUlon; je vous l'envoie ». Una volta di più, la potenza di lavoro, la fertilità dello spirito di Voltaire, rifulgono. Politi ca, controversie teologiche, af fari, teatro, poesia, storia, inter venti giudiziari, filantropia, racconti e facezie; tutto egli conduce di fronte, gemendo per la fragile salute, anticipandosi morto, ma non perdendo un minuto. In una lettera si paragona a una scimmia; poi cancella, e pre ferisce il gatto, di cui aveva la vitalità, il genio sornione, la crudele astuzia, l'arte di difendersi Giacché l'assaltavano da ogni parte, gli sequestravano, ardeva no i libri, lo braccavano ne' suoi rifugi, e guai l'avesser preso. Di qui, la necessità di rinnegare la paternità degli scritti in perico Io,, di adottare e cambiare pseu donimi (ne hanno contato ben duecentotredici! ), di tener buoni ministri e alti personaggi, di farsi dei complici dovunque. Nientemeno che il segretario generale delle pubblicazioni e censor poliziesco, giunse a favorire Voltaire chiudendo gli occhi sui pacchi di libri di contrabbando ch'entravano in Francia da tutte le parti; e ciò per vendicarsi di esser stato mandato alla Bastiglia per 24 ore, reo di non aver espunto, da una tragedia di Do rat, quattro versi giudicati pericolosi Le antenne volterriane giungevano, è noto, sino alla Pompjdour; allorché riabilite ranno la memoria di Calas, seri vera a Cramer: «Tuttavia, l'han no arrotato, e che risarcimento ne avrà la famiglia? Se la marchesa fosse viva, alla vedova < ai figli del giustiziato, non sa rebbe mancata una pensione » Frase che fa onore a tutti e due; alla favorita, e al suo ammira tor;. Queste astuzie di guerra, < precauzioni di cospiratore, sono state rimproverate a Voltaire, insultandolo adulatore, mostrandocelo pauroso ed opportunista La risposta è in ciascuna delle lettere indirizzate a Cramer, per esempio: «E' assai crudele. Caro, che si voglia governare degli esseri pensanti come si governano asini e cavalli, e che in certi Paesi appena usciti calla barbarie, si osi interdir alfanima il suo nutrimento, e far ciò che mai fecero Greci e Romani. E' più difficile far entrare oggi in Francia un buon libro, che possedervi un esercito e una flotta ». Più oltre, annunciando a Cramer lo imbastiglinmento di un tipografo, dirà: «E' duro esser chiuso fra quattro mura per aver esercitato un'arte senza la quale saremmo ancora dei barbari. Ammettete ch'è piacevole esser nati in un Paese libero (la Svizze¬ rmcGCspcqbdmnmbEsrittmtButgtos ra). Quanto a me, se tornoXal mondo, voglio rinascer repubblicano ». Per il bibliomane, le Lettres à Gabriel Cramer sono preziose. Come ogni scrittore che si rispetti, Voltaire s'intendeva di tipografia, discuteva e consigliava caratteri, interlinee, margini, riquadrature, tipi di carta, distribuiva lodi e biasimi: «L'arte della tipografia vuole che un uomo vi si dedichi interamente; non si possono stampar libri come si specula su un vascello. Un buon stampatore è un letterato». E la sua scrupolosa attenzione si estendeva al commercio librario: «Non fate ribassi: screditate l'opera, date motivo di proteste ai sottoscrittori, compromettete i vostri interessi ». Si noti che Voltaire, secondo afferma Bernard Gagnebin, non ritraeva utili dalle vendite. I suoi contratti erano basati sulla cessione gratuita del manoscritto all'editore, e sul diritto dell'autore di ottenerne gratuitamente quante copie volesse. Non esisteva d'altronde, date le difficoltà della diffusione, il monopolio editoriale di determinate opere; e le contraffazioni pullulavano. Il medesimo libro usciva contemporaneamente, consenziente l'autore, a Ginevra, in Olanda, a Parigi, per opera di stampatori diversi, soventissimo, senza nome, di editore o tipografo, ed anzi con false indicazioni. L'edizione originale dei Contes de Guillaume Vadé (Guillaume Vadé e la sorella Caterina, firmataria della prefazione, sono uno dei tanti prestanome di Voltaire; il volume, miscellaneo di versi e prose, è tra i più capricciosi e arguti) da me posseduta, uscita dai torchi dei Cramer nel 1764, non reca infatti né menzione di editore, né luogo. E poiché le tirature, anche, per prudenza, eran di poche centinaia o migliaia di copie, si verificava una specie di moto perpetuo. Ristampe frequenti, incontentabilità dell'autore, varianti intese a placare la censura, abitudine volterriana di riutilizzare diversamente saggi e fogli volanti (chi ha studiato le metamorfosi del Dictionnaire philosophique e l'ordinamento delle Questions sur FEncyclopédie, si è più volte messe le mani tra i capelli) hanno fatto si che bisogni tuttora accontentarsi di edizioni critiche di alcuni testi fondamentali, e si attenda sempre un'edizione veramente definitiva delle opere veramente complete. Cramer fu il primo editore di Candide, già tradotto ih italiano nel 1759, e della Pucelle, magnificamente volta poi in ottave ariostesche da Vincenzo Monti, quasi a ripagar Voltaire della sua costante ammirazione per l'Orlando. La nuova corrispondenza conferma i reciproci interessi: Torino, Milano, Napoli contavano ricercatori assidui delle opere; Voltaire chiedeva ai Cramer di procurargli libri italiani. Risulta, dalle Lettres i Cramer, ribadito l'odio contro Rousseau; Ignazio di Loyola Francesco Saverio apostolo nelle Indie, toccano la stessa sorte. E ancora resta documentato con quanta cura Voltaire spogliasse materiale ecclesiastico, e facesse bottino di tutto: « Il y a un grand art au monde, c'est celui de profiter des mauvais livres». Il pregio degli epistolari di questo genere consiste appunto nel permetterci di considerar da vicino, senza schermi e schemi critici, la personalità di un autore, colto nella naturalezza della sua esi stenza quotidiana. Com'è curio iiHiiiiiiniiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii so sorprender Voltaire, stanco e noiato della lunga fatica di chiosatore di Corneille onde costituir la dote a una discendente del vecchio tragico, esplodere in: « Que j'aime Racine! Que j'aime Racine! »; oppure vederlo morder il freno contro i ginevrini, lodati in prosa e canzonati in versi, a cominciar da Cramer, effigiato nella Guerre civile de Genève: bello, galante, beone! O infine scorbacchiar i nemici, facendo, il tonto col chiedere al «Caro Gabriele» (lo stampatore! ) : « Cos'è un opuscolo intitolato Candide, che si spaccia scandalosamente, e dicesi venga da Lione? » e non sazio, dichiarargli: «Son riuscito finalmente, a legger Candide, piacevolezza di un gusto singolare, ma punto adatta al Paese in cui viviamo...'». Scherzava davvero col fuoco. Per . un'ode sulla morte della Margravia di Bareith, anch'essa fonte di guai, dirà: «Occorre forse impiegar del miele in alcuni passi... Temo d'aver messo troppo aceto nell'insalata ». Ma è proprio per quest'aspro condimento sparso nelle sue pagine, che Voltaire si legge ancora, e si leggerà sempre. Arrigo Cajumi■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiitiiii