Anche per la giustizia Pisciolla volgare traditore

Anche per la giustizia Pisciolla volgare traditore LA SENTENZA Di VITERBO Anche per la giustizia Pisciolla volgare traditore Uex-luogotenente di Galiano soddisfatto solo di sentirsi definito "il grande fra i grandi,, della banda Viterbo, 6 gennaio. Gaspare Pisciotta non ha gradito molto il dono che la Magistratura gli ha riservato per l'Epifania. S'è letto le cento e oltre pagine della sentenza, e quelle òhe lo riguardano personalmente, ha dato una scorsa sommaria alle altre 700 in cui il presidente della Corte d'Assise, il dott. D'Agostino ha motivato la sentenza, poi ha scosso il capo. Non ha fatto nessun commento: s'è limitalo solo ad abbozzare un sorriso di cui non era difficile indovinare una punta di contrarietà. I suoi giudici non lo hanno certo trattato come egli molto ingenuamente s'illudeva. Un solo particolare lo ha soddisfatto: il sentirsi definito nella sentenza come < il grande fra i grandi » nel gruppo dei banditi. Ognuno ha i suoi gu sti. Per dimostrare questa definizione il dott. D'Agostino ha dovuto inquadrare la figura di Pisciotta nella banda e nel processo che — ha spiegato il magistrato — a torto è stato chiamato come quello di Giuliano. < Esso avrebbe dovuto chiamarsi il processo Pisciotta tanto è pieno dell'attività di quest'ultimo. Gaspare Pisciotta — ha aggiunto il magistrato — nella banda ha sempre avuto una parte preminente. Egli era subordinato solo a Giuliano. Era il suo luogotenente, il suo uomo di fiducia; assisteva ai colloqui che Giuliano aveva con estranei, sia che questi fossero Gusumano, Marchesano o Alliata (stabilire se quanto ha detto in proposito Pisciotta fosse vero non interessa la Corte); partecipò al convegno che Giuliano ebbe con l'ispettore di P. S. Ciro Verdiani nella casa di Giuseppe Marotta; firmò col sangue, come disse la madre di Giuliano, un vpleurufsfMdtsPfcb«dtsppscclctsdacddTsspdqnaL- spatto che lo univa per la vlta'de ner la morte con il suo cano» lce per ia mone con n suo capo». Tutto questo per concludere fche non e assolutamente possi- gbile pensare che Giuliano abbia fatto a meno di un uomo cosi importante quale Pisciotta in u/azlone talmente rischiosa *FOrtellalscome quella svolta a della Ginestra. Ma Pisciotta ha esibito un alibi. Ha sostenuto che la mattina del 1° maggio 1917 egli non poteva essere a Portella1 della Ginestra perchè era a Monreale nello studio di un medico, il dott. Grado per sottoporsi ad un esame radiologico. Ebbene il magistrato ha pensato anche a questo. In che modo? Innanzi tutto ha ricordato quanto il giornalista Jacopo Rizza — quel giornalista che insieme al fotografo Meldolesi riusci tranquillamente ad avvicinare Giuliano — sepne dal c Re di Montelepre >: e cioè che era stato preparato un alibi per salvare Pisciotta. < Ma indipendentemente da queste dichiarazioni vi sono — continua la sentenza — le contraddizioni dello stesso Pisciotta e i contrasti fra quanto egli ha detto e le affermazioni del dott. Grado per poter stabilire con una certa sicurezza che l'ex-luogotenente di Giuliano la mattina del 1° maggio 1947 non venne visitato da alcun medico e non si sottopose a nessun esame radiologico. Ergo: l'alibi di Pisciotta non ha basi salde. Ergo: Pisciotta fu a Portella. Ma v'è di più per non credere che Pisciotta quella mattina fu nello studio del dottor Grado come è stato da costu sostanzialmente affermato. E' atato esibito il registro in cui vennero annotati gli esami radiologici fatti sotto il falso nome di Giuseppe Paraci. Ebbene: quella che si riferisce al 1° maggio è scritta con un inchiostro molto più chiaro di quella relativa alla visita fatta il 3 maggio. Ed ancora: Quando s'è voluta vedere la negativa della lastra è stato risposto che la madre di Pisciotta l'aveva bruciata >. « Guarda caso — commenta il magistrato — ogni qual volta si sarebbe potuto controllare de visti un documento che potesse confermare una affermazione di Pisciotta è interve sssnuta l'azione purificatrice delle fiamme: bruciato fu l'ultimo!memoriale di Giuliano brucia¬ ta fu la lastra radiografica di!Pisciotta >. Poi il magistrato s'è occupato della figura di Gaspare Pisciotta. Una piccola vendetta sia pur rimanendo nel campo della più serena obiettività, c II suo difensore — ha spiegato il dott. D'Agostino — av- vocato Crisafulli ha cercato di porre Pisciotta in più spirabile aere e arrivò con più che evidente esagerazione, per non usare altra espressione crie sa rebbe più adatta a metterlo su un piano eroico perchè a lui fu dovuta la fine del banditismo in Sicilia, facendo così riferimento alla fine di Giuliano. Ma il suo difensore ha fatto del suo difeso una figura del tutto artificiosa. Una ben triste luce proietta su Gaspare Pisciotta l'aver egli stesso af fermato che vi fu un tempo in cui egli concordò con l'altro bandito Salvatore Ferreri per « far fuori » il capo della banda qualora questi fosse passa to al partito comunista e l'essersi offerto all'ispettore di P.S. per uccidere Giuliano, che fu poi da lui ucciso, come egli stesso affermò quando disse che avrebbe fatto rivelazioni che avrebbero interessato l'Italia e il mondo. Eppure dall'accordo con Ferreri sino alla notte di Castelvetrano egli si mostrò sempre amico del capo della banda condividendone le ansie e i disagi della latitanza, come condivise il pane quotidiano, come usufruì del tetto della casa del dott. De Maria. Tutt'altro quindi che « un personaggio eroico >. Come dire in sostanza che Pisciotta. anche per la Giustizia, s'ha da considerare un volgare traditore. E questo più delle altre definizioni non deve aver fatto piacere all'éx-luogotenente di Giuliano. V. V.