«Non fare la stupida» disse mentre D'Annunzio spirava di Enrico Emanuelli

«Non fare la stupida» disse mentre D'Annunzio spirava VENTISETTE ANNI NELL'INTIMITÀ' DEL POETA «Non fare la stupida» disse mentre D'Annunzio spirava "/Von sapete che io sono un dio?,, - Passaggio di donne - Alla Casetta Rossa: compare Luisa Baccarà - La caduta dalla finestra; qualcuno lo spìnse per farlo cadere? - Il poeta si confida e poi smentisce ciò che ha detto - La piccola corte di Gardone; atmosfera pesante, nervosismo e gelo sie - La marchesa V., una delusione; la cantante spagnola, un'impressione di follìa - Come presidente dell'Accademia dice di essere un serpente a sonagli - Si approssima la fine: "Aelis fammi il segno della croce sulla fronte,, - La morte squallida nel racconto.della fida e strana cameriera Dalle carte inedite della cameriera, di D'Annunzio, Emilia Aelis Mazoyer, che contengono molte Indiscrezioni sulla vita intima e segreta del poeta, Enrico Emanuela ha tratto altri episodi curiosi, che si aggiungono a quelli da noi pubbllcat.l domenica scorsa. (Dal nostro inviato speciale) Gardone, 25 marzo. Ho era le mani < quaderni ed t fogli sparai che costituiscono il diario di Emilia Aelis Mazoyer, la cameriera francese che per ventisette anni visse vicino a Gabriele D'Annunzio. E' un lungo periodo, che comincia nel 1911 quando ella, pochi g\orm dopo aver preso serllltltlillllllllllllltlltltllllllllitlf vizio nella villa di Arcachon, diventa intima del Poeta, il quale una sera le ha detto: < Non sapete che io sono un dio e che tutti mi debbono ubbidiret Non obbligatemi a venirvi a cercare », e che si conchiude con la morte del suo eccezionale padrone, il 1' marzo 1938. Come facilmente si può immaginare non sono sempre stati anni facili e non sempre è stata una vita piacevole. Nel cuore della cameriera, prima ragazza diciannovenne ingenua, poi donna persin troppo compiacente, compare la gelosia, i risentimenti spesse volte si fanno vivi e poi si addormentano, le prove dolorose si alternano a quelle che hanno l'ombra della felicità. Quando di questo diario sarà possibile una pubblicazione integrale, sottoponendola naturalmente ad un esame critico, il lettore potrà trovare un quadro della vita burrascosa di D'Annunzio, per ora sconosciuta od affidata soltanto al ricordo pettegolo di pochi. A me tocca, per ragioni di discrezione, dimenticare periodi pieni di grovigli sentimentali e psicologici, come quelli che vedo ricordati durante gli anni di Arcachon e di Parigi, nei tre appartamenti in diverse occasioni occupati dal Poeta: prima in un palazzotto di via Geoffroy-Lasnier, poi in via Bussano ed infine nell'avenue Kléber. Da Parigi nel maggio del 1915 sì passa a Roma all'albergo Regina, poi a Venezia all'albergo Danieli e quindi nella famosa Casetta Rossa. La Mazoyer a quest'epoca annota: < Restammo poco tempo al Danieli. Egli voleva avere una piccola casa per ogni .suo ritorno dal fronte. Quella di un principe austriaco, che era sotto sequestro, detta la Casetta Rossa, gli fu affittata. Era molto graziosa e mi piaceva moltissimo. Essendo egli sempre al fronte nella casa a quel tempo appariva solo qualche amico di passaggio. Una mattina, essendo partito per il fronte, lo vidi rientrare poche ore dopo profondamente triste perché non ci vedeva quasi più essendosi staccata la retina di un occhio ». E' di questo periodo la comparsa di un'altra donna, che avrà gran parte nella vita di D'Annunzio: la pianista Luisa Baccarà. Sin dal primo momento la perspicacia della Mazoyer è crudele. Infatti trovo scritto: <Non era per nulla elegante e, dimenticando la sua arte, aurei potuto dire di lei quel che poi tei disse di me: — E' contro ogni tentazione —. Dimenticavo che egli sapeva trasformare tutte le cose»; e basterebbero queste ultimo parole per capire come siano pervase da questioni femminili le pagine che ho sott'occhio. Infine c'è l'impresa di Fiume: « Ho visto partire il Comandante — scrive la Mazoyer — senza troppe preoccupazioni perché ciò voleva dire la rinuncia al progettato volo a Tokyo di cui avevo tanta paura. Entrambe, 10 e la sua amica, speravamo che questa faccenda di Fiume sarebbe stata di breve durata. Io mi occupavo voco di questioni patriottiche e tutto si riassumeva per me nel desiderare 11 suo prossimo ritorno per ricominciare la nostra vita dei tempi felici». Ma era una delle tante sue illusioni perché poco dopo ha inizio il periodo in cui D'Annunzio si rinchiude nella piccola villa di Gardone, che diventerà più tardi il Vittoriale. La Mazoyer, offesa dalla presenza dell'avversaria, rimane lontano in un piccolo appartamento del Palazzo Barbarigo a Veneeia, facendo visite saltuarie al Poeta. Un suo ritorno, perché chiamata come l'unica donna che conosca il dono « della pietà senza peso », risale alla fino di agosto del 19SS. Ed è così ricordato: « Avvenne un certo tempo dopo la sua caduta dalla finestra. Su tale vicenda pur essendo stata poi vicino a lui, non ho mai potuto sapere l'esatta verità. Egli smentiva ciò che prima aveva detto in un momento di confidenza o di rancore (mia nota: che cioè qualcuno l'avesse spinto» per farlo cadere). Neppure coi dottori che lo curarono per i dodici giorni di coma egli non volle confidarsi. Gli stessi che avevano complottato contro l'amica (Luisa Baccarà) sperando di poterla cacciare, furono pregati di lasciare immediatamente il Vittoriale ». Già cosi si intravede uno squarcio della misteriosa e complicata esistenza che conduceva la piccola corte a poco a poco creatasi intorno al Poeta. Come in tutte le corti dominavano le gelosie reciproche, le invidie ed anche le oscure preoccupazioni. La Mazoyer, ad ogni modo, soltanto nel 1929, torna, per cosi dire, in pianta stabile al Vittoriale e vi rimarrà fino alla morte di D'Annunzio. Sincera o no, ella dimostra una specie di indipendenza, non sì allea a nessun clan interno e giudica crudamente quel che vede, come mi pare di capire da questa breve e sibillina nota: c Commedia ridicola della malattia (si riferisce ancora alla caduta dalla finestra) tra Emy (una cameriera). Maroni (architetto ufficiale del Vittoriale), il dottore e la signorina Baccarà ». Più esplicitamente in un altro punto scrive: < Maroni fa dire alla Baccarà di non annunciare al Comandante la morte di Marconi perché lo farà lui stesso. Gelosia umana: ricomincia l'antagonismo tra questi due usurpatori»; e naturalmente lascio la responsabilità di simili affermazioni ad Emilia Aelis Mazoyer, che ancora vive in un piccolo paese vicino a Lione. Costretti fra quelle mura ad una convivenza sospettosa tutti aspettavano dai celebre padrone di casa qualche segno che dicesse la sua preferenza o qualche parola che li contraddistinguesse dagli altri. Lo spiavano, lo adulavano, pronti ad ogni suo cenno od ordine ed anche ad ogni suo capriccio. L'atmosfera doveva essere pesante, sempre soffusa di ^nervosismo; e questa scenetta, che porta la data del 15 agosto 1931, può far capire molte cose: c II Comandante passò la giornata vicino a noi in una enorme inquietudine, chiedendo ad ogni momento a che ora poteva essere di ritorno l'auto mandata a Castiglione per prendere la marchesa V. Andò infinite volte dalla sua camera allo studio spargendo profumi ed altre cose. Verso le sei eravamo tutti nel salotto della Baccarà quando sentimmo l'auto. La Baccarà andò incontro alla marchesa, conducendola subito presso di sé dove il Comandante aspettava. Lo guardavo attentamente per giudicare la sua yprima impressione, che mi parve delusa. Lei aveva un cagnolino tra le braccia >. Ad interrompere la monotonia di questi giorni e di periodi in cui D'Annunzio si rendeva invisibile a tutti, anche alle persone intime, comunicando soltanto con biglietti recapitati spesse volte nel cuore della notte, c'erano le visite di qualche personaggio. Un giorno viene Guglielmo Marconi: < IJ Comandante — scrive la Mazoyer^ — l'aspettava sulla soglia del Vittoriale. Mentre si abbracciavano fraternamente essi mi sembrarono un brillio di gloria. Dissi al Comandante, facendolo ridere, che mi era parso di vedere un incontro tra San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio. Il Comandante mi disse che la moglie di Marconi era molto bella ». Così subito si divaga su un altro argomento e la Mazoyer bravamente scrive: « Gli facevo notare che in fondo egli non si era mai lasciato legare da nessuna donna. Mi disse: — Le due che per poco hanno mancato di legarmi por sempre sono la contessa M. e quella del Trionfo della morte —. Tuttavia egli se ne era liberato». Per rimanere alle scene de¬ gli arrivi e delle partenze, trovo nel diario altri esempi e due basteranno per far capire non soltanto gli umori di D'Annunzio, ma anche quelli della sua curiosa cameriera. Il 19 gennaio 1938 ella scrive: < Serata al cinema, si proietta la Grande Caterina di Russia. Durante un intervallo, mentre nessuno se l'aspettava, il Comandante disse a Bruers: — Cancelliere Bruers, non firmerò —. Costui gli aveva portato un regolamento da firmare come presidente dell'Accademia, la Baccarà aveva consigliato di metterglielo sotto agli occhi un attimo e di aspettare che lo firmasse, senza che potesse prenderne conoscenza sapendo che era contrario alle meschinerie burocratiche. Il Comandante disse dunque davanti a tutti: — Avete creduto, voi dell'Accademia, d'aver riscaldato nel vostro seno una biscia, ma io non sono una biscia, sono peggio, non mi conoscete, sono un serpente a sonagli. Potete dirlo ai vostri amici accademici». Ed altre volte (ma questa è una annotazione molto anteriore, che risale al 1933), la scena risulta più gustosa ancora. Si aspetta l'arrivo di una cantante che io, dalla sua nazionalità, chiamerò soltanto la spagnola. Doveva essere poco gradita a quelli che formavano la corte del Poeta e la Mazoyer se ne fa interprete con poche parole convulse: < Arrivo della spagnola. Vado a riceverla. Il Comandante era ancora a letto. Poi mancianò insieme. Quel che mi dice la spagnola, deve cioè avere avuto l'impressione della follia. Poi ci rimandò per prepararsi. Andai nella sala della musica per vederlo arrivare con la parrucca ed il bastone. Intesi il grido che la spagnola lanciò, nel vederlo conciato in quella maniera». Così molti anni passano in un'atmosfera inverosimile, ora assurda ora angosciata, mentre U giorno della fine si avvicina. Sono le pagine più scabre, e toccano una solennità sincera perché incosciente. Nel diario, alla data SI febbraio 1938, è scritto: < Anniversario del volo di Pota. Il Comandante mt parla a tavola dicendo che ■ nessuno se ne ricordava... Trovandomi sola un momento dopo, la Baccarà essendo andata da basso per prendergli qualche cosa, mi disse: " Aelis fammi il segno della croce sulla fronte ". Io lo guardai un momenip e feci come egli mi aveva chiesto ed il Comandante non disse altre parole. Giornata molto depressa. Giuro che questa è la verità ». Otto giorni dopo sopraggiunge improvvisa la morte. Tutti sanno che D'Annunzio si sentì male mentre stava lavorando; che lo adagiarono svelto sul letto e la Mazoyer annota crudamente, e lascio come vedo scritto senzo punteggiatura: < Quando Giuditta (tra la cuoca), che teneva il braccio del Comandante per sentirne il polso gridò ad Emy (una cameriera) presto presto il dottore Emy le rispose non fare la stupida il Comandante spirava ». Non ho nessun desiderio di rileggere le cronache del tempo per vedere come la scomparsa del nostro poeta lirico vi sia retoricamente narrata. E' troppo facile capire che, almeno in questa occasione, la Mazoyer non lavora di fantasia e d'altronde anche ad un grand'uomo può capitare di chiudere per sempre gli occhi su una frase come quella pronunciata dalla sbrigativa e decisa Emy. Enrico Emanuelli