Il "Collegium musicum,, al Conservatorio

Il "Collegium musicum,, al Conservatorio Il "Collegium musicum,, al Conservatorio Lp,Irma Bozzi Lucca, e d'un flau- mtista, Silvio Clerici, consentiva- sno all'Orchestra da camera di- retta dal maestro Massimo Bruni l'offerta d'un'insolita udizione, la cui varietà di nomi e di opere era scusata dall'interesse culturale. Cominciando col V/ Concerto di Durante (rev. Lualdi), e terminando con una Sonata da chiesa di Corelli (rev. Bruni), il concerto indugiava su opere di Pergolesi, di Beethoven e di Schubert, certo ignote alla maggior parte degli astanti. Pergolesi era rievocato con la cantata Orfeo e col Concerto per,flauto, composizioni che, per essere camerali, restano prive di quelle notizie che accompagnano la fortuna, quale che sia, delle teatrali. Ma egli visse brevemente, e perciò la mancanza della cronologia meno rincresce. La stesura di entrambe le opere convince senza dubbi che l'artista può ec cellere ed essere a lungo onorato, seppur non abbia prò posto, né attuato, innovazioni tecniche e formali, e usato invece gli schemi divulgati; è necessario soprattutto che egli abbia forte personalità e senta intensamente. Cantate e Concerti così redatti ne sfornavano a migliaia i dilettanti e i professionisti nel primo Settecento. Quanti pezzi spiccano, ed entrano nel pantheon della Storia? Pochi, si vede. Pergolesi è ricordato non per la maestrìa, che anzi era semplicetto, e cascava nelle pagine un poco elaborate, ma per l'accento affettuoso, commosso, che in lui vibrava, e che commosse, è proprio così, tutta l'Europa. In quell'accento toccante c'era poi un che di assolutamente suo. Dall'osservazione stilistica si deduce che non inventò quel modo di commuovere, poiché quell'eloquio melodico, ritmico, armonistico, quel giro delle frasi, una certo soavità e una certa arguzia, erano pur diffusi, quando cominciò ad operare. Era pro- nqfzpgfaplcrpdb«bccvzdprio la sua individuale emo-zìone, che nuovamente risuo- nava e affascinava. Riferiamo pure questa Cali-tata e questo Concerto alle consuetudini dei generi, allora, e, ldelIe seguenti arie; prima, la eimalincon'a' 'a tristezza, la pe- prescritte e ricalcate. Non scemerà perciò il quid pergolesiano, insito nel sentimentale divario dei due recitativi e m a a a i . l a i i a na di Orfeo per la perdita della Sposa; poi la decisione per la salvezza di lei; e parimenti insito nei tre tempi del Concerto, dove il flauto è protagonista evidente e non .ioverchiante, poiché il solista, se emergeva sulla elementarità orchestrale, e ciò il Quantz notò in tutte le composizioni italiane, peraltro trovava nella stessa parte orchestrale le più rispondenti voci, in un « accompagnamento » quanto mai eletto e consono. All'impeccabile vocalità e corretta dizione della soprano, al virtuosismo e alla maestria del flautista si congiunsero la concertazione duttile, varia, colorita dell'orchestra, e l'interpretazione penetrante e proba del maestro Bruni. Applausi per tutti e calorosi. Astrazioni pittoriche di Mario Becchis Mario Becchis è alla sua quarta mostra torinese («U Bussola»), oltre quelle di Parigi, Melano, oltre le partecipazioni alle maggiori rassegne nazionali. Lo ricordiamo nell'anteguerra, uscito dall'insegnamento del Montezemolo, osservatore acuto del < vero » naturale, traduttore preciso di forme reali. Poi segui ffl mutamento del gusto: immagini quasi da vetrate gotiche, con figure che assumevano quel ritmo musicale, quella cadenza lineare musiva che gradatamente può condurre all'astrazione pura. Cosi difatti per lui avvenne: con impegno spirituale profondo, certissimo della propria autenticità poetica, con serietà indiscutibile, con un lavoro accanito, degno di rispetto. Comunque si possa pensare della pittura di Becchis, certa è la sua coerenza, certo il suo incessante riflettere e studiare le ragioni culturali e morali del nuovo mondo pittorico che da or mai olnquant'anmi s'è cotntrappo sto al vecchio, Qui, ta questi umdici quadri di notevoli dimensioni, ciascuno dei quali è costato all'autore mesi di fatica, ci par di scorgere essenzialmente due intenti: quello più propriamente stilistico, di « linguaggio », e quello creativo di fantastiche forme, ili più possibile aderenti ad piropri contenuti. Il primo è risolto attraverso modulazioni finissime di colore-tono, di colore-luce, d'impasti, velature, ritomi «ultissimi su parti già dipinte, al fine di ottenere splendore di fraseggio, nitore di vocaboli, accentuazione di sillabe. « Linguaggio », come s'è detto; e bei Unguaìggio, prezioso, bene accordato, disertano su una giimma clie predilige intensità di rossi, verdi, turchini, bruni, e si rinforza a volte, per interrompere i fondi piatti e.inerti, di qualche gru¬ mo di materia, di rilievi granulosi, al modo stesso usato, ma per diversi fini, sia da un Monticelli ohe da un Mancini. Il secondo stai t ta una tematica di sagome ampie, aeree, levitanti, che possono rammentare le variopinte ali di grandi farfalle. Una tematica perciò che rifiuta ogni durezza geometrica e tende a suggerire un'impressione di cose volanti, lievissime e gentHi. SI tratta dunque di una « realtà » tutta interiore e come sognate, con quella vaghezza indecisa propria di certi sogni affascinanti. Ma è tuttavia una realtà che nella sua indeterminatezza colpisce e conquista rosservatore attento e lo persuade 'immediatamente d'un fatto: ch'egli si trova davanti a della buona pittura dove nulla è casuale o provvisorio, una pittura sincera e colta, suscettibile di intelligenti sviluppi. m»r. ber.

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