I periti industriali rivendicano il diritto di studiare al Politecnico
I periti industriali rivendicano il diritto di studiare al Politecnico JVelItt prospettiva di una radicale riforma deità scuoia I periti industriali rivendicano il diritto di studiare al Politecnico A Torino sono 5 mila, ogni anno 300 nuovi diplomati - Un corso di studi faticoso senza la possibilità, per i migliori, di giungere ad una laurea che corrisponda alla loro preparazione tecnica - Una concessione incomprensibile: sono ammessi alla facoltà di Economia In Italia lavorano circa 60 mila periti industriali. Cinquemila vivono a Torino, che con Milano e le altre principali città del nord assorbe la quasi totalità di questi professionisti. Quasi tutti settentrionali sono, del resto, i giovani eh» intraprendono la carriera del perito. Nel Meridione, le famiglie sono restie a scegliere una via di mezzo per i loro figli: si limitano ad impartirgli l'istruzione obbligatoria, oppure puntano decisamente alla laurea. Ogni anno, i quattro istituti torinesi diplomano 300 nuovi periti. I due terzi provengono dall'* Amedeo Avogadro > (frequentato da 2000 allievi dei corsi normali e da 800 di quello serale) i rimanenti dall'Istituto chimico-conciario (550 allievi), da quello tessile e da quello di arti grafiche e fotografi che (300 allievi ciascuno). I periti industriali apparten gono quasi tutti alle classi meno abbienti: operai, impiegati, modesti artigiani. A famiglie, cioè, che desiderano dare al figlio una sistemazione decorosa, ma non possono mantenerlo agli studi fino all'Università. Per la laurea meno < difficile » bisogna studiare, in media, fino a 22-23 anni: il diploma di perito si ottiene a 18-19 anni e, ciò che più conta, offre un lavoro immediato e sicuro. Il giovane entra in una azienda come impiegato di terza categoria (a meno -che non venga assunto come «operaio qualificato ») dopo un paio di anni passa alla 2' categoria. A seconda della specializzazione può diventare capo-reparto in un'officina, progettista di « particolari >, analista di laboratorio, sperimentatore o collaudatore. Fino al 1924, prima della riforma Gentile, il diploma di perito consentiva di iscriversi al Politecnico (uguale facilitazione avevano i geometri). Da allora, il perito e stato tagliato fuori da qualsiasi possibilità di accedere alla Facoltà più confacentesi alla sua pre parazione tecnica. Gli hanno lasciato uno spiraglio, se vuole a tutti 1 costi una laurea: può iscriversi a Economia e Commercio. Un ripiego che non soddisfa 1 periti, e che scontenta i ragionieri e gli stessi dottori in scienze economiche. I primi spendono quattrini e fatiche per una laurea inutile ai Ani della loro specifica attività. I secondi, si vedono intralciare 11 cammino da questi concorrenti sia pure Involontari. I dottori commercialisti, infine, pongono un logico dilemma: se. la nostra laurea conta come le altre, non è giusto che il perito sia soggetto a questa limitazione; se invece la concedono al periti perché vale poco, abbiamo il diritto di protestare contro questa svalutazione del nostro titolo di studio. I periti industriali, com'è noto, non hanno mai rinunciato alla lotta per l'ammissione al Politecnico. *8i tratta, più che altro, di una questione di principio — dichiara il signor Giovanni Perone, ^residente della sezione torinet Jell'Associazione nazionale periti —• Non siamo mossi dal desiderio di fregiarci. di un titolo accademico, o di mettere i bastoni tra le ruote degli amici universitari. l>a nostra campagna tende unicamente a valorizzare il diploma di perito, che si otdirie ti.ocIs(scocalinotlaalnizadufrlacimalmlalabgoleoficoseLsascpepmsnravstmdttntflvmdrcsrrèdtgmN i i a à o : e e e i a ottiene dopo un periodo di studi lungo come quello necessario per entrare al Politecnico, e non meno faticoso ».. Non è facile, diventare periti. Dopo i tre anni di medie, occorre superare 1 cinque di Istituto tecnico industriale (scegliendo, alla fine del terzo corso, la specializzazione: meccanica, chimica, conciaria, edilizia, elettrotecnica, radiotecnica, arte tessile, arte grafica, ottica o fotografia). A Torino, la preferenza degli allievi va alla meccanica e all'elettrotecnica: perché sono le specializzazioni più richieste dalle Industrie. Buone possibilità offre il Blellese ai periti tessili, la Lombardia al chimici e conciari. Solo 1110 per cento, forse meno, del periti si iscrivono alla Facoltà di scienze economiche: ai tratta di giovani che lavorano in aziende in cui la laurea è condizione indispensabile per il passaggio di cate gorla. I corsi dell'Istituto industriale sono gravosi anche per gli orari: 8 ore settimanali di officina (ridotte a 6 nell'ultimo corso), 8 di laboratorio, 4 di disegno e 22 di materie teoriche. La severità degli studi è dimostrata dall'altissimo numero di allievi che abbandonano i corsi prima del diploma: i rinunciatari toccano in media il 6° per cento. Talvolta, il giovane e costretto a lasciare l'Istituto per ragioni economiche: vittime di simili drammi sono quasi sempre ragazzi che emergono per intelligenza e volonterosità. All'* Avogadro », due allievi del terzo corso si trovano in queste condizioni: sono i primi della classe, potrebbero diventare degli ottimi periti. Ma neppure la borsa di studio e l'esenzione dalle tasse permettono, al loro genitori, di aspettare il diploma. Dal prossimo anno, a Torino spariranno i corsi per periti edili. Sono diventati superflui, poiché quel ramo di attività e ormai dominio dei geo-I metri. I quali sono autorizzati dalla legge non solo ad eseguire estimi rurali (loro specifico campo), ma anche ad occuparsi di costruzioni. Mentre i periti edili non possono effettuare estimi rurali: anche questa è una ragione di malcontento della categoria, che viene a trovarsi fra l'incudine degli ingegneri e il martello dei geometri. • ^ nvs1ppsgtgds1 isllpnsasmctatsccmaidcdm
Persone citate: Amedeo Avogadro, Avogadro, Giovanni Perone
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