La tesi sostenuta da Sepe

La tesi sostenuta da Sepe La tesi sostenuta da Sepe Oggi ci raccontava un collega che durante l'istruttoria, quando la polemica sulle ricette alterate divampava a Roma, un giornalista andò dal prof. Filipo per una visita. La data sulla ricetta che ottenne, risultò mal scritta quanto quella rilasciata a Piccioni. Oltre che dalla convinzione che le ricette siano false, il giudice istruttore afferma che l'alibi di Piccioni è Inattendibile perché u certificato dell'esame delle urine sarebbe stato scritto molto tempo dopo la presunta malattia df Piccioni. Di portare 11 campione per l'esame all'Istituto Aurelia, si incaricò il 10 aprile 11 dott. Nicola Bernardini, direttore dell'istituto stesso e amico di Piero Piccioni. Ma 11 dottor Salvatorelli, normalmente incaricato - di tali operazonl, non ricorda: di essersi occupato di Piero Piccioni il 10 aprile, e il dott. Carucci non ha riconosciuto per propria la sigla posta in calce al certificato. Chi dunque può aver steso quel certificato di esame? Forse il dott. Bernardini, che però afferma di no. Come si vede, il sospetto di falsità plana già con ali nere su due medici, pronto a investire una rispettabile schiera di persone che sono un altro medico, il dottor Zingale, un paio di amici di Piccioni, un modesto maresciallo di P.S. trasformatosi in infermiere ed altri. Costoro, univocamente, affermano che Piero Piccioni era a letto malato nel tardo pomeriggio del 9 aprile e vi rimase il 10 e l'il, cioè nei giorni cruciali in cui si compiva la tragedia di Tor Vaianica. ..Dicono tutti il falso? Il giudice istruttore risponde affermativamente basandosi sulle accuse formulate in tre lettere anonime siglate « Un'amica », < La solita amica », « La solita infelice amica». In queste lettere, scritte certamente da una donna, la delatrice afferma che se fosse disposta a giocare il tutto per il tutto, le rivelazioni che potrebbe fare sono tali da trasformare in zuccherini quelle di Anna Maria Caglio. Tali rivelazioni non sono mai state fatte, ma in compenso, la delatrice afferma che un difensore di Piccioni ha creato documenti falsi (ricette) e subornato i testimoni riempiendogli il cranio di false informazioni. In seguito a pazienti indagini, si credette di identificare nella anonima delatrice la moglie di un difensore di Piccioni, dal quale vive separata; la donna ha negato, ma non è servito a nulla, le accuse contenute nelle lettere anonime sono state considerate valide. Così l'alibi di Piero Piccioni è stato messo in un angolo, come indegno di un'attenzione anche superficiale. Oggi, in questa 31" udienza, non si è parlato d'a'.tro, la gola di Piero Piccioni, i suoi ricorrenti ascessi tonsillari, gli aghi di siringa che lo hanno trafitto per più giorni, le fiale di penicillina e di solvente che gli hanno iniettato in corpo hanno fornito l'argomento principale del dibattimento odierno, sottolineato dall'acre odore dei disinfettanti. L'udienza è stata questa, persin monotona e lo scarso pubblico si annoiava al vedere che tutti i tasselli del mosaico si incastravano con esatta perfezione l'uno nell'altro fino a formare un quadro di indiscu.tibilè precisione geometrica, Quando in un processo tutto fila sui binari della logica, il meno che ci sì possa attendere dal pubblico è il disinteresse. L'unica nota un po' accesa l'ha portata un giornalista, inviato del quotidiano monarchico di Napoli, il Roma, che è uscito in una ironica e fragorosa manifestazione di sorpresa perché a suo parere, l'alibi era perfetto al punto che taluni personaggi forse fastidiosi ai difensori, sono morti nel frattempo. La sfilata dei testimoni è staIta iniziata dal prof. Domenico Filipo, ordinario di otorinolaringoiatria all'Università di Perugia. Con una borsa rigonfia sotto il braccio, il prof. Filipo si è seduto davanti ai giudici' pronto alla battaglia. Come già in sede istruttoria, egli si è assunta la piena responsabilità delle date scritte sulle ricette. Sono scritte male, è vero, ma non esiste una legge, come egli ha osservato, che imponga al medico di vergare le ricette in bella scrittura. Non esiste nemmeno una legge, osserviamo noi, che imponga al testi di parlare fluente ed eloquente, cosa in cui 11 prof. Filipo non eccelle, come nella calligrafia. Il testimone ha dichiarato che nel pomeriggio del 9 aprile 1953 gli telefonò il dott. Zingale, segretario dell'on. Piccioni, per fissare un appuntamento per Piero che aveva mal di gola, Lo -visitò tardi, perché quel giorno aveva già numerosi ap puntamenti/ certo dopo le 19, e gli prescrisse iniezioni di penicillina. Presente alla visita, oltre al dott. Zingale, c'era la sua segretaria e infermiera, signorina Clementina Castelli. Presidente — Lei sapeva che Piccioni aveva già sofferto di tonsillite ad Amalfi nei giorni precedenti? Filipo — L'ho desunto dalla cartella cllnica. Presidente — Lei ha portato l'agenda su cui registra i nomi dei clienti al dottor Sepe? Filipo — Il dott. Sepe mi aveva chiesto soltanto le cartelle cliniche di tutto il mese di aprile, l'agenda la portai io, spontaneamente. Presidente — Perché il nome di Piccioni è segnato avanti a tutti i clienti e non nell'ordine In cui fu visitato? Filipo — Perché il dott. Zingale mi telefonò quando la pagina dell'agenda era già completa con gli altri appuntamenti, ed io segnai il nome di Piccioni senza un riferimento all'ora di visita. Presidente — Lei ha visitato ancora Piero Piccioni nel giorni successivi? Filipo — Lo visitai a casa sua il 10 e l'il aprile. Il 14 venne nel mio studio per una visita di controllo e gli consigliai di farai tagliare le tonsille. Presidente — H 9 aprile, quando lo visitò per la prima volta, gli consigliò l'esame delle urine? Filipo — E' prassi comune quando si manifestano ascessi in gola Presidente — Vide il risultato di quell'esame? Filipo — Mi fu mostrato quando visitai Piero Piccioni a casa sua. Una grafia impossibile Presidente — Può dirci quale data reca la ricetta rilasciata a Piccioni? Filipo — Ho già detto al dott. Sepe che la data esatta è il 9 aprile 1953. Quel 9 non è affatto un sette corretto, e il 4 è scritto in quel modo, forse in due tempi, perché io scrivo così. Per esemplo, guardi il 5, sembra un 1. Di questo passo io avrei visitato Piero Piccioni nel 1913 e non nel 1953. Presidente — Lei conosce il dott. Ognibene? Filipo — E' mio cliente da molti anni. Quando ci fu quel clamore, tanto lui come altri clienti mi portarono ricette che io avevo rilasciato anni prima, tutte scritte a quel modo. Non c'è una legge che mi obblighi a scrivere in un determinato modo piuttosto che in un altro. Io ho mandato tutte le ricetta al dott. Sepe. Per accertare se la data « 9-4-1953 » può esser stata ricavata correggendo un «7-1i953 » il Pubblico Ministero ha domandato al prof. Filipo se nella borsa che'aveva con sé teneva anche cartelle cliniche del 7 gennaio. I! prof. Filipo non le aveva, ma ha promesso che le manderà. L'aw. Dentala gli ha domandato se aveva con sé ricette di altri clien¬ ti, e il prof. Filipo le ha esibite ai giudici. Osservandole, il Pubblico Ministero ha esclamato: «Non avrebbe bei voti in calligrafia, professore », ma dopo la scherzevole frase subito è tornato a più serie contestazioni. 4, P. M. — Esclude di aver potuto, basandosi sul ricordo, affermare successivamente di aver visitato Piccioni il 9 apri le anziché il 7 gennaio? Filipo — Tre elementi possono dare la certezza che ho scritto quella ricetta il 9 aprile. Il nome di Piccioni è stato scritto sull'agenda, a quella data, dalla signorina Castelli. Poi c'è la mia ricetta ed infine c'è la mia memoria. Un mese dopo quella visita, fui interessato da Piero Piccióni il quale voleva sapere se ero disposto dichiarare- in Tribunale, contro un giornalista che lo aveva diffamato, ohe il 9 aprile era ammalato ed io lo avevo visitato. La memoria, allora, era fresca, ed io risposi senza esitazione che avrei testimoniato. Di fronte ad una deposizione così sicura, perfetta, responsabile i giudizi dovrebbero essere univoci, ma non è così. Chi è convinto che Piero Piccioni fosse a Capocotta con Wilma Montesi, e non a letto con mal di gola, non lascia incriminare la propria convinzione da nessuna prova ed arriva anche a pensare che un professore di università, nemmeno amico dei Piccioni, possa dire il falso per coprire chissà quale mistero, mettendo a repentaglio la sua serietà professionale, la stima di cui è circondato nel proprio ambiente per salvare un cliente occasionale, quale fu appunto per lui Piero Piccioni, che mai prima di allora aveva visitato. Ma .-iono le stranezze che affiorano di continuo in questo processo dove, tutto sommato, è posta in dubbio non tanto l'innocenza, o la colpevolezza di Piccioni, quanto quella di Ugo Montagna. Siamo sempre al solito tema, si vorrebbe che Piccioni risultasse • colpevole per potergli agganciare il marchese di San Bartolomeo e, perché no, anche l'ex questore Saverio Polito. Ma provare la colpevolezza di Piccioni, se si astrae dalle accuse di Anna Maria Caglio, fondate su sospetti e supposizioni, non è facile. Per quanto si tenti di sottoporlo ad una critica corrosiva, il suo alibi resiste perché non è pensabile che proprio tutti, a cominciare dal prof. Filipo, depongano il falso. Il notaio Francesco Ognibene, ad esempio ha mandato al dott. Sepe alcune ricette rilasciategli dal prof. Filipo, scritte in un modo da lacerare i visceri ad un calligrafo. Non fu interrogato. Oggi, il notaio siciliano è venuto in aula, ha esibito gli originali di quelle ricette che dimostrano senza equivoco la buona fede del prof. Filipo quando afferma di avere una scrittura impossibile. I numeri delle date, non sono meno tormentati di quelli segnati sulla ricetta rilasciata a Piero Pie cioni. Né si potrebbe mettere In dubbio la buona fede delle due infermiere-segretarie del prof, Filipo. Clementina Castelli fu con il noto docente fino al 12 aprile. Ricorda che Piccioni entrò nello studio per farsi visitare un giorno o due prima che lei lasciasse 11 servizio presso il prof. Filipo, ma non ricorda il giorno della visita. Ha però riconosciuto di aver scritto lei il nome di Piccioni sul foglio dell'agenda del 9 aprile Più sicura, la segretariainfermiera che la sostituì, Lucia Lopresti, ricorda che Piccioni tornò a farsi visitare il 14 aprile. Era il suo primo giorno di servizio e il nome del figlio di una personalità politica come il vice-presidente del Consiglio le impressero il ricordo. Il maresciallo Domenico Todaro, un massiccio agente del¬ rlrmcinqilevcfpC

Luoghi citati: Amalfi, Napoli, Roma