ili Tribù tifile di Wemezim approtoudito esame delValibi dei giovane imputata

ili Tribù tifile di Wemezim approtoudito esame delValibi dei giovane imputata ili Tribù tifile di Wemezim approtoudito esame delValibi dei giovane imputata Il prof. Filipo ed altri testimoni giurano d'aver visto Piccioni a letto il 9-10 aprile In quei due giorni Wilma Montesi moriva in mare!, non vista da alcuno - Il presunto colpevole si trovava, secondo i testi, febbricitante nella sua casa - Lo specialista che lo curò presenta ricette e schede cliniche a conferma delle dichiarazioni - Interrogato anche un cameriere d'un albergo di Amalfi - Domani sarà svelato il mistero dì "Gianna la rossa,, (Val nostro inviato speciale) Venezia, 14 marzo. Se il prof. Domenico Filipo avesse una scrittura da contabile, e non da medico quale egli è, probabilmente questo processo non si sarebbe fatto. Abbiamo detto probabilmente, e con ragione. Infatti, anche se la ricetta rilasciata a Piero Piccioni con la data « 9-1-1953 » fosse stata scritta con la esatta compunzione di un calligrafo, il processo si sarebbe fatto ugualmente perché il dottor Sepe, presidente della Sezione istruttoria che rinviò a. giudizio Piero Piccioni, dimostra apertamente, come riferiremo più avanti, di non annettere alcun valore all'alibi dell'imputato traendo la sua convinzione che Piccioni sia colpevole da alcune definite logiche. La prova più logica e convincente sarebbe che almeno una persona, si dice una, potesse affermare che Piero Piccioni trascorse il pomeriggio del 9 e tutto il 10 aprile 1953 in compagnia di Wilma Montesi, non importa dove, a Roma o ad Ostia. Questa persona non esiste, mentre ne esistono altre, almeno una ventina, che affermano di averlo veduto a letto, febbricitante e dolorante per una tonsillite acuta. Le ragioni per cui il dottor Sepe non crede all'alibi di Piccioni sono numerose, ma due in particolare gli consentono di affermare che l'alibi è falso. Prima: la ricetta del prof. Fi' lipo la cui data, alla perizia cai ligraflca, risultò alterata. Seconda: il certificato di esame delle orine sarebbe apocrifo, costruito a posteriori per necessità defensionale. In sostanza tre medici, tra cui un noto docente universitario, oltre a una discreta schiera di amici e familiari di Piccioni, avrebbero detto il falso, sia pure in buona fede. La ricetta controversa La motivazione per questa convinzione, il giudice istruttore la trae da alcune risultanze. Per esempio, quando si recò dall'ex-capo della polizia Pavone per protestare contro le voci calunniose, Piccioni non parlò del suo mal di gola per dimostrare che era estraneo alla morte di Wilma Montesi, è nemmeno ne parlò à Clara d'Inzillo, la giornalista che per prima gH riferì sulle voci che circolavano sul suo conto. Piero Piccioni avrebbe parlato del mal di gola sofferto nei giorni in cui Wilma Montesi era scomparsa, soltanto ai primi di giugno del 1953, quando doveva presentarsi in tribunale per la querela data al giornalista Marco Cesarini Sforza che lo aveva attaccato sulla comunista « Vie Nuove >. La stessa noncuranza per una prova tanto decisiva avrebbe dimostrato il dott. Zingale, direttore della segreteria dell'on. Piccioni, che aveva fissato telefonicamente l'appuntamento con il prof. Filipo L'elemento fondamentale per affermare che l'alibi di Piccioni è falso, rimane tuttavia la ricetta rilasciata dal prof. Filipo per curare l'ascesso peritonsillare di cui Piccioni soffrì in quei giorni. Come abbiamo detto, la ricetta reca la data « 9-4-1953 > ma è talmente cincischiata che il perito calligrafo crede si tratti di una correzione, un « 7-1-1953 > sarebbe stato trasformato con opportuni accorgimenti in modo da farlo diventare « 9-4-1953 > cioè il giorno in cui Wilma scomparve da casa. Il giudice istruttore non- accettò la tesi del perito, che accuserebbe di falso il prof. Filipo, ma si convinse che l'illustre docente universitario su richiesta di Piccioni, abbia scritto quella data con mano incerta, ricostruendola non in base ad un ricordo sicuro, ma con approssimazione, come se cincischiasse con la matita, mentre si sforzava per ricordare il giorno in cui visitò Piccioni il quale, sempre secondo il giudice istruttore, si sarebbe ammalato di tonsillite, ma in data posteriore alla morte di Wilma Montesi, forse l'il. forse il 14 aprile. Essendo stato richiesto di stendere la ricetta per ragioni defensionali nella querela contro Cesarini Sforza, il prof. Filipo ricordò di aver visitato Piccioni in aprile, ma la data gli riuscì con grafia incerta dovuta a perplessità perché non ricordava con esattezza il giorno, e scrisse 9 aprile perché glie lo suggerirono i Piccioni. La tesi del giudice istruttore è stata respinta dal prof. Filipo il quale, assumendosi intera la responsabilità di quella ricetta, dimostrò di aver visi. tato Piero Piccioni il 9 aprile perché il nome risultava segnato anche sull'agenda da tavolo e sulla cartella clinica. H giudice istruttore notò che sulla agenda, il nome di Piccioni era segnato prima di tutti gli altri clienti, mentre fu visitato per ultimo, e con scrittura diversa e che, ad esempio, sulla cartella cllnica il nome di Piccioni non risultava segnato 111 ed il 14 aprile, giorni in cui si sarebbe ancora fatto visitare dal prof. Filipo. Per dimostrare che la data 'sulla ricetta era originale, e non alterata, il prof. Filipo si fece consegnare da amici e clienti altre ricette da lui rilasciate, e tutte risultano scritte con la stessa grafia, incerta e pasticciata. Il medico dott. Rizzi, tino de del testimoni di lori, In compagn gnia dt Piccioni (Telefoto) le mani adatte ad altre imprese che non a maneggiare fragili siringhe, ha dichiarato di aver fatto sei iniezioni di penicillina a Piero Piccioni. La prima glie la praticò la sera del 9 aprile, verso le 21, due glie le praticò il 10, due l'il, una il 13 aprile. Il solido maresciallo, cne era a quel tempo addetto alla vigilanza del Viminale, ha controllato perfettamente l'alibi di Piero Piccioni. Mentre Wilma andava verso la sua morte, che sta diventando sempre più misteriosa, il suo presunto uccisore era tra le mani dell'aitante maresciallo. Egli ricorda bene la data perché sua figlia, impiegata ai telefoni, aveva ottenuto una licenza per il 13 aprile ed in casa erano già tutti impegnati nei preparativi della partenti, per la Sicilia. Il dott. Giuseppe Maria Rizzi, fu incaricato dal dott. Bernardini di occuparsi di Piero Piccioni ammalato. Al dottor Sepe non potè dire con esattezza la data in cui lo visitò. Ma stabilì che fosse il 9 aprile perché Piccioni gli aveva detto che 11 giorno precedente era stato visitato dal prof. Filipo. Egli non vide l'esame delle urine, ma ne conobbe il risultato la mattina dell'll aprile. P. M. — Perché non ha dichiarato questa circostanza in istruttoria? Rizzi — Il dott. Sepe non ritenne opportuno chiedermelo. Per esempio, io visitai Piero Piccioni anche l'il aprile, ma il dott. Sepe non me lo chiese. Ricordo che lo trovai in salotto, seduto su un divano. Si era alzato da letto per qualche minuto. Ricordo che in quel giorni anche il padre, l'on. Piccioni, stava poco bene e lo visitai io stesso prescrivendogli qualche medicinale che gli abbassasse l'attacco febbrile e gli consentisse di partecipare alle riunioni della Commissione elettorale per la circoscrizione del I.azio. Incertezze e contrasti Il dott. Rizzi non è amico di casa Piccioni, fu invitato dal dott. Bernardini a recarsi al letto dell'ammalato. Perché dovrebbe mentire? Nella'sua deposizione, come in quella. del dott. Bernardini, vi sono alcune discrepanze e incertezze. Uno non ricòrda se fece lui un paio di iniezioni, oltre quelle fatte dal maresciallo Todaro, a Piccioni, e l'altro non ricorda chi stese il certificato di analisi delle urine eseguite nel proprio Istituto. Possono questi elementi essere considerati decisivi per dimostrare che l'alibi di Piccioni è falso, o non sono piuttosto una prova della sua verità? Chi fabbrica un documento falso ceica, almeno, di dargli la maggior verosimiglianza possibile, soprattutto se pensa che tale documento è destinato al giudice come argomento di prova. Il dott. Nicola Bernardini visitò Piero Piccioni la sera stessa del 9 aprile, da lui seppe che nei giorni precedenti, ad Amalfi, già aveva avuto un attacco di tonsillite e che nel pomeriggio era stato visitato dal prof. Filipo. La mattina dopo prelevò un campione per gli esami richiesti dal prof. Filipo e lo fece analizzare nel proprio Istituto dal dott. Carucci. Accadeva sovente che, per amici suoi, chiedesse ai propri 1 collaboratori soltanto una relazione verbale, ma per Piccioni volle un documento scritto perché sapeva che era destinato al prof. Filipo. Chi scrisse a macchina quel certificato di analisi? Il dott. Bernardini afferma che fu 11 dott. Carucci il quale è citato per domani. Da lui, forse, sentiremo una parola definitiva anche a questo proposito. Mentre Pubblico Ministero e avvocati discutevano sui certificati, ricette, iniezioni praticate a Piero Piccioni dal maresciallo Todaro, dal dott. Rizzi e dal Jott. Bernardini, l'aw. Augentl Jisse che, forse, una parola definitiva avrebbe potuto dirla il cameriere di casa Piccioni, che faceva bollire le siringhe, ma il cameriere Gazzola è morto. Si è udita una fragorosa esclamazione di ironica sorpresa e gli avvocati hanno creduto che fosse il pubblico a rumoreggiare. Questa volta, 11 pubblico veneziano era innocente. La esclamazione, partita da un banco della stampa, era stata emessa da un giornalista napoletano. Per saggiare la memoria del dott. Bernardini e stabilire se egli ricorda effettivamente di aver visitato Piero Piccioni il 9 aprile, è stata chiamata la signora Ines Marchetti Cancellieri, singolare figura di testimone. La signora, interrogata dal dott. Sepe, disse che il dott. Bernardini, parlando con lei, aveva dichiarato di non ricordare con precisione il giorno in cui aveva visitato Piero Piccioni. La signora Cancellieri Marchetti, moglie di un medico molto amico del dott. Bernardini, è al centro di uno strano movimento. Prima che dal dott. Sepe, fu interrogata dal col. Zinza, venuto a conoscere in maniera imprecisata questa circostanza. Tanto lei che l'avvocato Aleardi, altro amico, avrebbero insistito presso il dott. Bernardini perché non si mischiasse nell'affare Montesi. Bernardini rispose: « Impicciatevi dei fatti vostri ». La signora Cancellieri Mar¬ sctndvgptoa chetti ha cercato di minimizzare la dichiarazione resa al dott. Sepe affermando che il dott. Bernardini non le ha mai detto dì aver visitato Piccioni il 9 aprile, questo è vero, ma forse perché non voleva parlare delle sue faccende. La signora e il medico sono stati messi a confronto e la signora Cancellieri Marchetti sembrava -piuttosto a disagio. Il dott. Bernardini confermò di esser sempre stato certo della data in cui visitò il dott. Piccioni, perché anch'egli, come 11 prof. Filipo, fu richiesto dai Piccioni di deporre come testimone nella causa per diffamazione intentata "nel maggio 1953, un mese dopo le visite, contro Marco Cesarini Sforza. Avv. Augenti — La testimone può dirci se ha chiamato appositamente il dott. Bernardini per farsi dire che non ricordava la data? Teste — Escludo di averlo chiamato con questo scopo. Ne abbiamo parlato in tono di conversazione accadt-mica. Presidente — Avvocato Augenti, lei pretende troppo. La signora Marchetti Cancellieri non le dirà mai tanto. Licenziata la signora, è apparso per una deposizione lampo Andrea Camera, cameriere all'Hotel Luna di Amalfi. Ricorda che il 6 aprile 1953, Alida Valli si recò ad una festa in albergo ospite dei coniugi Rossellini. Non ricorda se c'era anche Piccioni, che egli non conosce. Gli hanno fatto fare quasi duemila chilometri da Amalfi a Venezia e ritorno per sentire questa sua rapida deposizione. Ma era necessario, si doveva stabilire se il 6 aprile, con un bel mal di gola riconosciuto e dichiarato dal dott. Gambardella di Amalfi, Piero Piccioni era in grado di assistere a quel ricevimento. Se sì, anche con mal di gola e febbre, egli potrebbe essere andato a Capocotta, all'appuntamento con Wilma Montesi. Questo si potrebbe sostenere se tanta gente non lo avesse curato, assistito, veduto a letto in tutte le ore di quei giorni cruciali. Chi continua a credere Piccioni colpevole, osserva che per un modesto mal di gola si sono mossi intorno al paziente, per quanto illustre, troppi professori, medici, infermieri. Incurante di queste opinioni, il Presidente ha. rinviato l'udienza a domani. Si parlerà ancora delle tonsille di Piero Piccioni in attesa che la conturbante figura di « Gianna la Rossa », attraverso la parola di don Onnis, citato per sabato, arrivi a darci il brivido del romanzo giallo. Francesco Rosso La Camera discute sulla legge comunale Roma, 14 marzo. Alla Camera è proseguito il dibattito sulle modifiche alla legge comunale e provinciale per una maggiore autonomia degli enti locali. Il d.c. on. Amatucci ha esaminato a fondo il progetto governativo dal punto di vista tecnico e giuridico muovendo ad esso parecchie critiche. Egli ha auspicato, fra l'altro, che la riforma si estenda anche alla Giunta provinciale amministrativa in sede contenziosa. Ha concluso affermando che, in attesa del nuovo testo uni- co della legge comunale e proaiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiii L'incredibile distraz vinciale, il progetto all'esame rappresenta indubbiamente un passo notevole sulla strada delle autonomie locali. Il monarchico on. Caramia ha dichiarato in linea generale che egli e la sua parte non sono contrari all'istituto prefettizio, ma ritengono che tale istituto debba essere disciplinato in modo da operare nei limiti della legalità e della giustizia. L'on. Angelino del p.s.i. ha sostenuto infine che il progetto governativo è lontano dallo spirito delia Costituzione in quanto non attua la vera autonomia degli Enti locali, ma tiene in piedi, appena attenuandolo, il controlio centrale esercitato attraverso i prefetti. Il dibattito continuerà domani. «■iiiiiiiiitiiMiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii II proiiiiiiiiiiii rof. Domenico Filipo, docente universitario (Telefoto) iiiiifiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHa

Luoghi citati: Ostia, Pavone, Roma, Sicilia, Venezia