Giuliano l'Apostata di Luigi Salvatorelli

Giuliano l'Apostata Giuliano l'Apostata Dice Gaetano Negri nella In- ntraduzione alla sua biografia .di pGiuliano l'Apostata, che la riso- bnzione di Giuliano di ristabilire cil culto degli Dei antichi fu « il frutto di un ponderato proposito, che trovava nelle condizioni dell'ambiente la sua spiegazione, ed anche, in parte, la sua giustificazione ». Quale sarebbe stato il proposito, e quali la spiegazione e la giustificazione? Il Negri lo spiega più avanti, ma un po' per volta, quasi voglia avviare man mano il lettore all'accettazione di una tesi di cui egli, autore, - intuisce la - scarsa digeribilità. Giuliano, secondo Negri, non era un reazionario, ma un progressista, che voleva salvare la coltura antica, e perciò teucre in piedi il politeismo, cristianizzandolo nella metafisica, nella morale e nella disciplina. Codesta cristianizzazione del paganesimo egli la tentò perché riteneva che il cristianesimo, per se stesso, sarebbe riuscito fatale all'impero. Perciò l'iniziativa di Giuliano fu l'ultimo sforzo, e il solo razionalmente fatto, per salvare la civiltà. E tuttavia, tale sforzo non riuscì e non poteva riuscire, per la doppia ragio ne, che il mondo voleva una religione, e che il tentativo veniva troppo lardi, quando la diffusione del cristianesimo non poteva più essere arrestata. Giuseppe Ricciotti, nella sua recentissima monografia Giuliano l'Apostata (Mondadori), non polemizza contro codesta tesi del Negri, e anzi — salvo errore — non ne fa neppure menzióne, 0 accenno. Inutile dire che il li bro, incluso nella bibliografia finale, non gli è ignoto. Ma l'in dole dell'opera sua non comportava polemiche interpretative, analisi e sintesi di « filosofia della storia ». Sotto apparenze ino deste, con procedimento quasi scolastico, il Ricciotti ha fatto un libro coscienzioso e duttile — e aggiungiamo, leggibile —, in cui sono esposti tutti i fatti di qualche importanza, ed è ri costruita chiaramente, la carrie ra ricca, breve, e fortunosa, del nipote (figlio di un fratello, più precisamente fratellastro) di Co starnino il grande. Quel che i più e meglio, nell'esposizione so no incorporate sistematicamente, in traduzione italiana, citazioni testuali delle fonti (a comincia re dagli scritti di Giuliano), che ne formano la solida spina dorsale. E' un procedimento, codesto suscettibile di qualche critica dal punto di vista sia storiogra fico, sia letterario; ma non mi sento di fare io codesta critica per due ragioni (veramente di carattere assai diverso). La prima è, che con tale metodo il lettore, il quale sia anche sui dioso, è messo in grado di farsi una idea da sé, e ha sottomano 1 materiali. La seconda, che la lettura di un libro storico di co desto tipo, ha evocato per me un ricordo della prima adole scenza, quando mi sorbii gusto samente uno dopo l'altro i vo lumi della Histoire rotnaìne di Rollini Anche se il Ricciotti avesse redatti i il suo libro con diverso metodo, avrebbe potuto ugual mente omettere un esame di quella tesi del Negri — oltre tutto, alquanto contraddittoria — che mi sembra sia rimasta un suriosum storiografico. E' singo lare ed arrischiato definire Giuliano (chiamiamolo semplicemente così, senza quell'epiteto antipatico, e sostanzialmente ingiusto) un progressista. 11 Negri, evidentemente, lo 'chiama così perché egli avrebbe voluto infondere un nuovo spirito nel politeismo ellenistico - romano : avrebbe voluto riformarlo, mo- ' dernizzarlo, precisamente < cristianizzandolo », come dice il Negri. Ma è proprio qui che si rivela l'equivoco, anzi l'abbaglio formidabile — e anche un tantino grottesco — dell'imperatore Giuliano. Se questi riteneva che il politeismo degli avi fosse inferiore al cristianesimo nella me''.risica, nelV. morale e nella disciplina, così da doversi cambiare da curo a fondo, perché si prendeva tanta briga per mantenerlo in vita? E perché ce l'aveva tanto con quel cristianesimo, che prendeva a modello? E' cosa notoria — e gli scritti dell'imperatore ne offrono la prova a ogni passo — che tanto la concezione del mondo, quanto quella della vita, tanto la religiosità quanto la morale e possiamo dire la stessa teoria politica di Giuliano, sono cristiane, p almeno cristianeggianti. Che cosa, dunque, si trattava di conservare, rinnovando? Non rimaneva che il culto degli Dei, puro e semplice: i templi, le immagini, 1 cantici, i sacrifici: proprio la parte più esteriore, più generica, più caduca. Ancora una volta: non valeva la pena. E' uno dei passi più caratteristici, per un giudizio su Giuliano, quello di Ammiano Marcellino (scrittore pagano) in cui si riferisce che l'imperatore «assii frequentemente bagnava con molto sangue di vittime le are, immolando talvolta cento tori, innumerevoli greggi di vario ge- palbapLcteoscluc« sulafedDvcinnsGcrslpilcalcntpbNesbzvppdcMtzdacsrsplllt nere e candidi uccelli ricercati per terra e per mare»: ecatombi a cui seguivano banchetti sa crificali pantagruelici, con larga partecipazionc dei soldati, i quali alla fine, rimpinzati di cibo e di bevanda, dovevano esser portati alle loro caserme sulle spalle dai passanti (Ricciotti, p. 237-238). Letto ciò, quando poi troviamo che Giuliano si lamentava che i templi — quelli rimasti aperti, o riaperti da lui — erano trascurati dai credenti pagani del luogo, ci vien voglia di dire che costoro erano molto più « progressisti » di lui. E più dei suoi lamenti ci riesce simpatica la tranquilla testimonianza — riferita da lui stesso — del sacerdote del tempio di Apollo a Dafne, presso Antiochia : « Arrivo portando da casa mia un'oca come offerta al dio: ma la città, in questi tempi, non prepara nulla ». ! * * Parlare di razionalità a proposito della politica religiosa di Giuliano, sarebbe veramente una cantonata. Non temperamento razionalistico, ma religioso-mistico-isterico, fanatico era Giuliano. Un fanatismo cresciuto a poco a poco nel suo spirito, per il risentimento, anzi l'odio (per lettamente comprensibile) verso coloro -che avevano procurato al padre e ai fratelli di Giuliano la morte, e su lui avevano esercitato, per anni, la compressione, lo spionaggio, la calunnia, tentando alla fine di liquidarlo, proprio perché faceva troppo bene il suo mestiere di Cesare Nessun dubbio che fra Giuliano e il suo cugino, l'imperatore Co stanzo, quello moralmente più basso era il secondo. Ma la rea zione morale non fu l'unico mo venie di Giuliano, e forse nep pure il principale. Altrettanto e più agì su Giuliano l'attrazione della teurgia neoplatonico-magi ca di un Massimo d'Efeso, e dei Misteri, a cominciare dai mi triaci. Giuliano era un superati zioso, che si sentiva circondato di mistero : il mistero pauroso e affascinante dell'ultrasensibile. Il cristianesimo non soltanto non si accordava abbastanza in teo ria con le rappresentazioni e sentimenti suoi di fronte a co desto mistero; ma metteva in pericolo e minacciava di annui lare in pratica i mezzi che Giuliano riteneva validi, e unici va lidi, per entrare in rapporto vitale con il mistero medesimo. 1 cristiani negavano e deridevano certi valori a cui Giuliano ri mtJ 1111111111111111111111111J11111 f 11J111111111 ■ 11111111111 maneva disperatamente aggrappato; e al tempo stesso sembravano sbarrare a lui, e ai pochi spiriti simili a lui, la via della salute eterna. Di qui, necessariamente, il suo disastroso passaggio dalla libertà religiosa sancita nel primo inizio del suo reggimento alla lotta morale fanatica e alla persecuzione subdola verso la nuova fede. Giuliano come tipo del fanatico, che porta il suo fanatismo a criterio e metodo di governo: ecco uno studio che non ci sembra effettuato sufficientemente ancora. A farlo, può giovare il libro del Ricciotti che, mentre fornisce direttamente gli elementi di giudizio, ha il merito di esporli con un linguaggio freddo, equanime, che più di una volta sembra animato da simpatica comprensione e compassione per Giuliano. Uomo, aggiungeremo terminando, di moralità indubbiamente elevata, di vita pura quasi di asceta, di idealismo innegabilmente sincero, e altresì di capacità non comuni di governo: e che tuttavia ci appare uno dei più tipici « falliti » della storia. Luigi Salvatorelli TCllll!IIUnillllllllllMi[lllllinillllllfll1II<MIIIIMUI

Persone citate: Ammiano Marcellino, Antiochia, Gaetano Negri, Giuseppe Ricciotti, Negri, Rollini