Rapporti col parrucchiere Pescatori di Francesco Rosso

Rapporti col parrucchiere Pescatori Rapporti col parrucchiere Pescatori l o e n i a a i o l è l e o a ù el aini rcai o it hi oeee. Alida Valli si recava ad Anzio a fare dello sci nautico e lì si recava nella succursale estiva, che Bruno Pescatori teneva aperta l'estate per le sue clienti d'eccezione, a farsi asciugare e ondulare le chiome dopo le vertiginose corse sull'acqua. Lì andò a prenderla Piero Piccioni un pomeriggio, e In quell'occasione lo presentò alla moglie del Pescatori, la «signora Piera> che gestiva la succursale di Anzio. Quali rapporti possono esistere tra il parrucchiere romano, Piero Piccioni e Ugo Montagna? Stamane, interrogato dal Presidente, Piero Piccioni ha dichiarato di non ricordare che vagamente l'episodio della presentazione che sarebbe avvenuta nel settembre del 1953. Non fece caso se la signora presentatagli dalla Valli era un parrucchiera o una cliente del negozio, non ritenne nemmeno il nome. Da chi Anna Maria Caglio ebbe notizia di questa fuggevole conoscenza tra Piccioni e la signora Pescatori? Forse lo sapremo sabato, quando saranne messi a confronto i coniugi parrucchieri e l'< indomabile Anna Maria». Per quanto il Tribunale sia piuttosto alieno nell'indagare sui segreti sentimentali del testimoni, questa volta la posta è troppo grossa per arrestarsi, la discrezione sarebbe fuor di luogo. Ha ignorato Piccioni Nessuno dei difensori aveva domande da rivolgere ad Alida Valli, nemmeno sul delicato argomento dei coniugi Pescatori, e l'attrice fu perciò licenziata. Uscendo, evitò ancora di volgere lo sguardo verso Piccioni, uscì dalia saletta come se abbandonasse definitivamente la scena di questa vicenda, quasi si sentisse a disagio, non disposta a recitare oltre una scena che non le era congeniale. Prima di uscire, aveva però risposto ad una domanda che poteva avere una stretta connessione con quanto avrebbe riferito il testimone successivo, Augusto Torresin. La sera del 29 aprile 1953, nel momento in cui, secondo Anna Maria Caglio, Piccioni e Montagna andavano a colloquio con il capo della polizia, Piccioni sarebbe stato a cena in casa di Alida Valli dove, oltre a Licia Sivilotti e Bianca Zingone, c'era lo scrittore francese Félicien Marceau. La data è rlcostruibile, perché la Valli e Piccioni partirono insieme il 30 aprile per Riccione e quella sera s'incontrarono per stabilire V ora di partenza e l'itinerario della gita. Augusto Torresin, che ha preso il posto lasciato vuoto dall'attrice davanti al giudici, fece svolgere la telefonata il 29 aprile, un giorno cioè in cui la Valli era ancora a Roma. L'errore, secondo 1 difensori di Piccioni, non fu dovuto ad una comprensibile confusione, ma al fatto che 11 testimone non avrebbe assistito alla telefonata e fissò la data per dare maggior concretezza alle sue affermazioni, affiancandole al colloquio che Anna Maria Caglio dice si sia svolto con l'ex-capo della polizia. La notizia fu pubblicata da VOnità di Milano, e la Valli la smentì, ma Torresin tornò alla carica cercando prima di collaborare con Silvano Muto, poi con Paese sera che, sotto certi aspetti, aveva ereditato dalla scomparsa Attualità il compito di continuare la campagna. Oggi Torresin ha ripetuto le vecchie affermazioni, ma le domande del Pubblico Ministero e del difensori lo hanno messo a disagio più d'una volta. Presidente — A che ora si è svolta la telefonata? Torresin — Non ricordo bene, mi pare verso mezzogiorno (avvenne Invece nel tardo pomeriggio). Presidente — E che cosa Ua sentito? Torresv>i — Stavo assistendo alla ripresa di alcune scene del film, quando la signora Valli è entrata nel bar della Giudecca per telefonare. Sono entrato anch'io e ho sentito ohe la signora in tono accalorato e concitato diceva: « Che cosa ti è successo con quella ragazza? Che cosa hai fatto? >. Ad un certo momento sentii anche: « Poteva essere uccisa >. Poi la signora Valli aggiunse: «Vorrei sapere che cosa ne pensa lui >, oppure, ma non ne sono certo: < Che cosa ne pensa Ugo». La conversazione fu poi troncata e la signora uscì. Presidente — Senza una fra se di saluto? Torresin — Credo. Fu una conversazione breve e concitata. Presideirte — Quando ha visto Piccioni a Venezia? Torresin — Durante la lavorazione del film, il truccatore Otello Fava me lo indicò sotto le Procuratie in compagnia di Alida Valli. Presidente — Badi che Fava nega questa circostanza perché afferma di non avere mai conosciuto Piccioni. Lei ha detto anche che Fava era presente alla telefonata e che deve aver sentito. Torresin — Ricordo che era pccPccfaVPcnlEdttpessgiscmngisdtipggDITtrmttn1aaclmcscgTtltcctsmltuVpsaddpddscTcA a o o è o a o l è a o è ? n : a a o a i a e o di a é o e r a presente e deve avere sentito. Presidente — Fava afferma il contrario. Su questo episodio che. cosa le ha detto Otello Penzo? Torresin — Confermò quello che avevo sentito io. Presidente — Ne 6 certo? Ricorda che Penzo, messo a confronto con lei, ha negato di avere sentito ciò che diceva la Valli? Torresin — Ricordo, infatti. Penzo disse di avere . sentito che la Valli telefonava, ma di non conoscere l'argomento della conversazione. Presidente — Ora lo ricorda. E l'on. Tonetti, che cosa le ha detto? Torresin — Mi ha confermato che Penzo sentì benissimo la telefonata. • Avv. Augenti — Ma lei era presente a quella telefonata? Torresin — Se l'ho sentità, ero certo presente. Avv. Augenti — Non sono stati per caso i suoi amici Bastianelll e Mamprin a riferirgli questo episodio? Pregherei il Tribunale di citare come testimoni questi due signori. Così il processo si è arricchito di due impreviste testimonianze, che non saranno nemmeno le ultime. L'avv. Augenti, difensore di Piccioni, ha insistito su altri particolari, per sapere da Torresin se egli diede dapprima la notizia della telefonata a l'Unità di Milano il 3 febbraio, se riferì poi tali primizie, per farci un piccolo guadagno, a Silvano Muto. Poi, come una mazzata, è giunta la domanda dell'avv. Dentala di allegare agli atti Il certificato penale di Augusto Torresin. Ancora recentemente, egli ebbe scambi piuttosto rudi con la polizia e con la magistratura per certi ricettari di medici di cui era entrato in possesso in maniera non esattamente legale, ea ora 1 difensori di Piccioni se ne avvalgono per inficiare la sua attendibilità come testimone. Con un'ombra di pietosa accondiscendenza, il . Presidente lo ha licenziato. Forse lo chiamerà ancora, per metterlo a confronto con altri testimoni, soprattutto con i due amici che saranno citati tra alcuni giorni per sapere se davvero Torresin sentì quella telefonata o se ne sentì soltanto parlare. Otello Penzo, il proprietario del bar alla Giudecca in cui la Valli telefonò a Piccioni, ricorda soltanto che la telefonata avvenne e potò constatarlo dalle bollette di legamento che egli richiese dopo l'interessamento dell'on. Tonetti. Ma non ascoltò nemmeno una sillaba di ciò che disse la Valli quel giorno. Sempre a proposito della telefonata, la sentenza di rinvio a giudizio accetta pienamente la versione di Augusto Torresin e conclude a questo proposito: «E' superfluo aggiungere che l'attendibilità circa il vero oggetto di detta conversazione dal testimoni dinanzi indicati, e specialmente dal parlamentare Tonetti, non può essere revocata in dubbio ». Il deputato prudente Meno esplicito è stato oggi l'on. Giovanni Tonetti, il quale ha lasciato interamente ad Augusto Torresin la responsabilità delle frasi che la Valli avrebbe pronunciato al telefono. Egli si interessò per ottenere da Otello Penzo le bollette relative alle telefonate interurbane, per incarico di Torresin, ed ebbe l'impressione che il Penzo confermasse quanto Torresin aveva riferito. Presidente — No, Penzo nega di avere riferito a lei di avere sentito quella telefonata. On. Tonetti — Il Penzo nega? Allora può darsi che io abbia capito male. Se lui nega vuol dire che è così. Dopo la salomonica dichiarazione dei parlamentare veneziano, il Presidente ha chiamato Cesare Olivieri Di Venier, aiuto-regista di Mario Soldati nel film « La mano dello straniero ». Egli ha sentito quella telefonata di Alida Valli, stava scrivendo cartoline, nel locale c'era gente e confu sione per cui l'attrice dovette alzare il tono di voce per farsi comprendere da chi stava all'altro capo del filo. L'attrice disse: «Ma tu la conoscevi? E ora che cosa fai? ». Detta in questo modo, la frase ha un significato totalmente diverso da quella riferita da Augusto Torresin. La telefonata avvenne il 7 maggio, quando già le voci su Piccioni trovavano ospitalità sul giornali e non è improbabile che la Valli abbia voluto sapere dall'amico se c'era qualche cosa di vero in quelle voci e che cosa Intendesse fare per metterle a tacere. E' una versione che si avvicina molto a quella fornita da Alida Valli ed il Pubblico Ministero ha fatto più d'un tentativo per convincere il teste che in altra occasione egli diede una versicne meno addomesticata. Esaurito l'argomento della telefonata, nell'emiciclo è comparso Antonello Picciau, annunciatore della radio, buon amico di Alida Valli. Bi sospetta che egli, innamorato dell'attrice, abbia scritto una lettera firmata evasivamente « dmamTslasdradtlelinndfdsdtAlrhdpdsncpfcgodilcdlszhssHmsnqlbrnsatsldltpflo « Uno della RAI », in cui si diceva che Piccioni, in un momento di atroce sgomento, aveva confessato al suo intimo amico, maestro Armando Trovajoll, di aver trasportato sulla spiaggia di Tor.Vaianica la Montesi colpita da collasso cardiaco per eccessivo uso di stupefacenti, e per avvalorare la tesi della disgrazia aveva fatto scomparire gli indumenti intimi della ragazza. Antonello Picciau ha negato di aver mai scritto quella lettera, anche se 11 perito calligrafo dichiara di aver riconosciuto la sua scrittura, e ha negato rt< aver avuto motivi di rancore verso Piccioni. Egli fu un « pochino » fidanzato della cugina di Alida Valli, la signorina Licia Sivilotti, nulla di più. Ed ecco comparire la minuta, stinta, irrilevante figura di Annunciata Gionni, coi capelli in disordino e il paltoncino rosso stropicciato come di chi ha trascorso la notte sulla dura panca di un giardino pubblico o sul sedile di legno di un vagone ferroviario. Era stanca per il viaggio ed un nostro collega ha fatto una colletta per lei e per il suo piccino che l'ha accompagnata fin qui: ha raccolto una piccola somma, qualcosa per mangiare un po' meno di magro oggi. Era una patetica immagine di un mondo vasto e immenso in cui tutto ha rilievo, anche le circostanze più insignificanti. Proprio per questo veder tutto ampliato, troppo bello o troppo brutto, senza la sottile ragionevolezza dei mezzi termini, Annunciata Gionni ha rischiato più volte di essere incriminata per falsa testimonianza, e il Presidente e H P. M. noi', si sono risparmiati d'invitarla a meditare su ciò che stava dicendo se non voleva rischiare pnche lei qualche mese di carcere. Con ostinata rassegnazione la donna rispondeva invariabilmente: « Ma io dico la verità», e non si stupiva ohe non le credessero, come se fosse abituata da tutta la vita ad essere guardata ed ascoltata con sospetto. DI là, nella stanzina dei testimoni, aveva lasciato il bambino ad attenderla: forse lui solo, il piccolo essere in cui si accentra tutta la malinconia della sua povera esistenza di donna infelice, è disposto a credere alle parole della madre. . Bruttina, col viso duro * opaco, ha ripetuto davanti ai giudici ciò che sa, o crede di sapere, sulla vita di Wilma Montesi: non ha detto nulla che possa suonare offesa alla memoria della ragazza, ma ne ha fatto un ritratto da cui Wilma sorride più vividamente che non da quello, troppo perfetto, che hanno eseguito amici e parenti. Usciva sovente la mattina e* il pomeriggio con la sorella Wanda e da sola, riceveva molte telefonate di uomini, aveva un busto intero, reggicalze e reggiseno uniti, così stretto che doveva aiutarla lei, Annunciata Gionni, ad agganciarlo dietro la schiena. Per non provocare interventi incresciosi, il Presidente ha fatto uscire dall'aula Rodolfo Montesi, il padre di Wilma. La voce un po' sorda di Annunciata Gionni è stata la sola, fino a questo momento, a suonare discorde nell'univoco coro eli lodi tessute sulla movta di Tor Vaianica. Presidente — Quanto tempo è stata a servizio dei Mon tesi? Gionni — Circa quattro mesi, da settembre fin dopo no vembre. Andavo alcune ore la mp-ttina e alcune il pomeriggio a « spicciare » la cucina ed a lavare la biancheria. Presidente — Che facevano Wilma e Wanda la mattina? i a a a e i e a n , i a a a o a. a o o n eo a ga o ? Gionni — A volte erano già uscite quando arrivavo io, a volte erano pronte per uscire, talvolta insieme, talvolta da sole. Lo stesso accadeva nel pomeriggio. Presidente — La portinaia ha dichiarato che non le ha mal viste uscire sole. Gionni — La portinaia dice anche di non avermi mai conosciuta. Presidente — Avevano molti abiti? Gionni — Non so quanti, ma si cambiavano spesso, anche due volte al giorno. Presidente — Avevano boccette di profumo estero? Gionni — Se fosse estero non so, certo che se fosse stato italiano avrei potuto leggere l'etichetta. Presidente — E s'incipriavano? Gionni — Io le ho sempre vedute uscire profumate e incipriate, con le unghie rosse. Presidente — Veniva gente In casa? Gionni — Io non ho mal visto né uomini né donne. Presidente — Lei ha conosciuto il fidanzato di Wilma? Gionni — L'ho veduto un paio di volte: 1 familiari dicevano che Wilma non voleva bene al fidanzato. Presidente — Lei afferma di aver alutato Wilma ad agganciare un busto Intero di reggicalze e reggiseno? Gionni — Era di seta nera, tutto In un pezzo. Presidente — Gionni, la esorto a dire la verità. Gionni — Ma io dico la verità. Presidente — Si direbbe che abbia servito In un'altra casa. Lo sa che 11 cadavere è stato trovato con un reggiseno diverso e senza reggicalze? Gionni — Io so che ho veduto soltanto quello. Segreto della cameriera PresWe»ite — Era grassa o magra la Wilma? Gionni — Era giusta. Presidente — Che bisogno aveva- di mettere quel busto intero? Gionni — Non lo so. Presidente — Lei ha parlato di litigi in casa Montesi. Gionni — Accadeva Bovente, ma non so per quali ragioni. P. M. — Non possiamo accontentarci di queste dichiarazioni, Invito il Presidente ad ammonire la teste. Presidente — Qui non stiamo scherzando, Gionni, dica la verità. Gionni -T- Ma lo l'ho sempre detta. P. M. — Perché ha lasciato il servizio dal Montesi? Gionni — Per andare al Policlinico, dovevo avere il bambino. P. X, — Perché non l'ha detto il Giudice istruttore? Gionni — E perché avrei dovuto svelare 11 mio segreto? I genitori di mio marito non sapevano nulla di questo, ora I giornali ne hanno parlato e non c'è più motivo di tacerlo. Questa frase ha destato una accorata sensazione fra il pubblico, un senso di malinconica solidarietà con quella piccola figura informe, infagottata di rosso che, se mentiva, forse non sapeva nemmeno di mentire perché vedeva tutto da angolazioni diverse da quelle a cui siamo abituati a considerare noi le cose. Le sorelle Montesi ricevevano molte telefonate in un giorno, ma quante? Tante, e la voce era sempre d'uomo, grave, bassa, gentile. Balbettava quell'uomo? No, era gentile, con voce grave. Dunque, non era Piccioni, che balbetta. SI andava avanti su questo schema, con una testimone che probabilmente non conosceva il significato delle parole e uomini abituati a guardarle con la lente della critica prima di accettarle. Non era possibile un punto d'incontro, e non servivano le frequenti invocazioni del Presidente per esortare quella cocciuta abruzzese a dire la verità, tanto era convinta di essere nel vero. L'hanno messa a confronto con Rodolfo Montesi, ma è rimasta ferma sulle sue posizioni, ed anche quando il Presidente le ha detto: «Vada, ma dovrà tornare per essere messa a confronto con altri testimoni, vedremo se ha detto la verità», la servetta ha risposto: «Ma Io, signor Presidente, ho sempre detto la verità ». Era patetica ed irritante, ma ci commosse quando, entrata nello stanzino dei testimoni, abbracciò il piccino. Fuori dell'aula c'era una gran folla per vedere Alida Valli e tutti seguirono la diva fino al motoscafo che l'attendeva per condurla nel suo albergo sul Canal Grande. Nessuno vide Annunciata Gionni uscire con in braccio il suo piccino, ed avviarsi alla stazione con le poche migliaia di lire messe insieme per lei con una frettolosa colletta. L'udienza è stata rinviata a domani per la deposizione di Tommaso Pavone, ex-capo della polizia, e del questore di Roma, comm. Musco. Francesco Rosso Il teste on. Tonetti del P.S.I.

Luoghi citati: Anzio, Milano, Riccione, Roma, Venezia, Wilma