Polemica contro certi metodi di Francesco Rosso

Polemica contro certi metodi Polemica contro certi metodi Era un'interpretazione arbitraria, derivata da quella telefonata al direttore del giornale concorrente. Già ieri il dottor Perrone ha smentito tale interpretazione, con maggior vigore l'ha smentita oggi Renato Angiollllo dichiarando che mai egli avrebbe tradotto in notizia giornalistica una voce senza fondamento. Sulla linea dell'ex-senatore liberale, si sono schierati tutti gli altri giornalisti, liberali, indipendenti, comunisti e missini sostenendo che le notizie da loro diffuse si basavano esclusivamente su voci incontrollate, che le loro polemiche non erano dirette contro Piero Piccioni, ma contro i metodi della Polizia. L'improvviso mutamento di rotta non deve stupire, oggi le cose sono mutate di molto dal 1953( l'on. Piccioni non è più una figura da attaccare; che la Giustizia se la sbrighi con le prove contro suo figlio. Nessuno, oggi, vuole assumersi la paternità di quelle voci dalle quali, però, è nato questo processone. Allora faceva comodo sfruttarle,^ oggi non serve più. Persino 1 più accesi accusatori hanno ripiegato su posizioni meno intransigenti, lanciano ancora strali: ma contro Montagna, ignorando, il più delle volte, che il maggior imputato è Piccioni. Come gli spettava di diritto, il primo a comparire nell'emiciclo, oggi è stato Riccardo Giannini, corrispondente del quotidiano monarchico Roma, di cui è proprietario Lauro, e direttore del Merlo giallo, pe- Mglriodico dì estrema destra coni venature neofasciste. Dopo di I lui sono sfilati altri undici giornalisti, direttori di quotidiani, capi cronisti, redattori, semplici r.eporters, e ognuno di essi, più o meno intensamente, ha posto l'accento sull'aspetto politico che a quel tempo rivestiva il caso Montesi. Riccardo Giannini ha dichiarato di aver varato la notizia in maniera generica, senza riferimenti al fatto di cronaca, considerato una banale disavventura, ma come critica ai sistemi della polizia di' chiudere le.indagini ancor prima di cominciarle, per far tacére le voci che già circolavano. Quando scrisse del « Piccione viaggiatore >, con il reggicalze nel becco, egli era convinto si trattasse di Leone Piccioni, fratello dell'imputato. Il nome di Piero venne fuori più tardi, diffuso dall'agenzia < Cronos >, di notoria ispirazione comunista. Che in quel momento si fa- l a . cesse confusione fra ì due figli dell'on. Piccioni, è risultato da altre testimonianze, ed è anche un indizio della leggerezza con cui furono lanciate ed accolte le < voci > a cui si attribuiva esclusivamente un'importanza politica, senza pensare alle conseeuenze penali che potevano derivare. Secondo testimone, è stato Marco Cesarini Sforza, autore dell'articolo « Troppe voci perché non ci sia qualcosa di vero», apparso sulla comunista Vie Nuove < In quell'articolo, ha dichiarato il testimone, facevo considerazioni di esclusivo carattere politico sulla consistenza delle voci che circolavano e su chi aveva interesse a diffonderle Fui querelato da Piero Piccioni e con mia meraviglia, perché nell'articolo non vi erano intenzioni ed espressioni diffamatorie, ma soltanto valutazioni politiche. Cons'gliato da mio padre, anche perché non avevo la possibilità di provare ciò che avevo affermato, accettai la remissione di querela » Presidente — Da chi aveva raccolto le voci che le sono servite per l'articolo? Cesarini Sforza — Se ne parlava con insistenza negli ambienti giornalistici. In un primo tempo si parlò vagamente del figlio di una personalità politica, poi di un figlio dell'on. Piccioni, quindi di Leone e, infine, di Piero. Depone Angiolillo E' quindi la volta di Renato Angiolillo direttore del Tempo. Per quanto pugliese, egli si esprime con il più puro accento napoletano. Presidente — Da chi ha saputo le voci che circolavano su Piccioni? Angiolillo — Il mio capo cronista, Ettore Della Riccia, mi disse un giorno che alla vicenda Montesi era legato il nome del figlio di Piccioni. Era una notizia grossa. Io sono molto amico di Attilio Piccioni. Dissi a Della Riccia: «Andiamo piano, accertiamo prima i fatti >. Della Riccia mi rispose che l'Unità aveva preparato un'edizione straordinaria con centomila copie pronte e allestiti migliaia di manifestini pubblicitari sulla vicenda. Risposi che dovevamo accertare la notizia. Telefonai a Piccioni, e mi dissero che era a Rieti. Telefonai ai Ministero, mi misi in contatto col capo gabinetto, dr. Zingales,. perché mi facesse parlare con l'on. Piccioni alla prefettura di Rieti per una notizia importante e grave. Mi serviva anche per controllare la verità e per comunicarla a questo degnissimo uomo, r < Telefonai alla Questura e il comm. Polito non sapeva nemmeno come era composta la famiglia di Piccioni. Me lo disse due ore dopo. I figli erano due, quale era legato alla vicenda l Montesi? Telefonai al Messaggero, volevo sapere se avevano la notizia per accordarci se pubblicarla o meno. A Perrone dissi soltanto che al fatto Montesi era legato il nome del figlio di una personalità politica, ma non gli svelai che era Piccioni, però non posso giurare di non averlo detto. Presidente — Ricorda il giorno della telefonata? . Angiolillo — Deve essere stato nei primissimi giorni di' maggio. P. M. — Ricorderà se fu lo stesso giorno in cui la notizia comparve sul Bontà e sul Merlo Giallo t Angiolillo — Credo sia il giorno prima. P. M. — Quando il dott. Zingales venne da lei, che cosa gli disse? Angiolillo — Gli dissi che dovevo parlare a Piccioni perché correva,voce che suo figlio fosse legato al caso Montesi. P. M. — Ma quando avvenne l'incontro con Zlngales, disse se si trattava di Leone o di Piero Piccioni? Angiolillo — Non potevo fare tale distinzione, il questore Polito potrebbe ricordare la mia telefonata, ma lui non sapeva nemmeno quanti figli avesse l'on. Piccioni, né sapeva delle voci che circolavano. Presidente — Ricorda se dopo l'incontro con Zingales ha litigato con Curzio Malaparte? Angiolillo — Curzio Malaparte è molto malato, in Cina, forse morirà. Dice che non vuole tornare a morire in patria. Mi ha mandato un testamento sp i rituale molto bello. Fu in un I ristorante, dopo cena. MI dis- u i e a o i . e e . i a a à il mae e, a se: «E via, in un regime come questo, dove un figlio di un vice-presidente del Consiglio è accusato di omicidio,..». «Come ti permetti di dire queste cor se?» gli gridai. Litigammo in maniera violenta. Quando mi recai dal dottor Sepe, mi fu contestata una ignobile calunnia: il dottor Sepe mi disse che 10 avrei telefonato al Messaggero per indurre Perrone a iniziare con me una campagna scandalistica in vista delie elezioni lanciando la notizia che 11 figlio di Piccioni era responsabile della morte di Wilma Montesi. «MI rifiuto di credere ad una così Ignobile affermazione», risposi al dott. Sepe. Fatto un corretto inchino al Tribunale, Renato Angiolillo è uscito dall'p.ula seguito dal suo avvocato. Nell'emiciclo è entrato Emilio Frattarelli, del Paese Sera, quotidiano d'ispirazione comunista: non sa nulla sull'origine delle voci, né sulla loro consistenza, si limita a riferimenti ad altri colleghi. Alto, pettinato alla Giulio Cesare come l'attore Galeazzo Benti, di cui imita anche le inflessioni vocali un po' leziose, Giuseppe Mori, redattore del «Giornale Radio», tra una risata e un sospiro, ha dichiarato che alla Sala Stampa del Parlamento si scherzava sui « piccioni viaggiatori ». < Prima che apparisse la notizia sul Merlo Giallo, si facevano i nomi dei figli di Rebecchini, di Tupini. di Spatarc. Ebbi l'impressione che si andasse per via di esclusione e si cercasse un nome qualsiasi, visto che non si poteva colpire 11 figlio di De Gasperi », ha detto. P. M. — Le sue impressioni non c'interessano. Il lungo collega della radio, sorpreso dalla incisiva interruzione, si è alzato per cedere il posto a Guglielmo Evangelisti, redattore dell'organo democristiano II Popolo e segretario dell' on. Andreotti quando il giovane parlamentare della D.C. era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ha detto che le voci relative al delitto non interessarono immediatamente gli ambienti democristiani; la morte di Wilma Montesi era considerata un fatto di cronaca; l'interesse si destò quando la vicenda assunse un carattere politico. La signora Clelia DTnzlllo redattrice a sua volta del Popolo, fu la prima, almeno ufficialmente, a portare in caliga Piccioni la poco lieta novella il 5 maggio 1953.-La sera precedente aveva cenato con i colleghi Ceroni e Procopio, del Messaggero, i quali le avevano raccontato la telefonata di Renato Angiolillo ai loro direttore, Perrone. I due giornalisti le dissero che si stava montando una trappola per creare lo scandalo politico e che era necessario avvertire la famiglia Piccioni. Preside?tfB — Cosa che lei ha fatto. D'inzillo — Esatto. La mattina del 5 maggio comperai una copia del Merlo Giallo e andai in casa Piccioni. Piero non voleva dar peso alla storia, diceva che fi trattava di uno scherzo. Gli n„posi di non far sempre l'autore di musica leggera e di pensare all'aspetto politico della faccenda. La campagna elettorale era in pieno svolgimento, a suo padre non avrebbe fatto piacere sentirsi continuamente rinfacciare il cadavere di quella po- zAfvfinsnccfiplamPpRmsfsntPbMvDrspcgMgsqncmpsassrisutnagzvera ragazza su tutte le piaz- ze dove si facevano comizi. Alla fine Piero si decise, telefonò al capo della polizia Pavone di cui era amico, ed Infine andò a trovarlo. Guglielmo Ceroni, capo-cronista del Messaggero e consigliere comunale democristiano a Roma, ha parlato del convegno a Salsomaggiore dei cronisti, dove si parlava del figlio di una nota personalità politica come responsabile della morte di Wilma Montesi, ma non si fece mal il nome di Piero Piccioni. Dapprima si parlò dei figli di Tupini, di Rebecchini, di Spataro; il nome di Piccioni egli lo apprese soltanto dalla telefonata fatta da Renato Angiolillo al suo direttore. Anche Pastore, del Popolo, non è più informato degli altri sulle voci che indicavano Piero Piccioni come responsabile della morte di Wilma Montesi: la senti per la prima volta dal suo collega Sergio Del Bufalo, del Tempo, e la riferì a Leone Piccioni, che s'indignò, ma senza dare un peso eccessivo alla faccenda, considerandola una malignità giornalistica. Notizie sbagliate Carlo Sarti, capo-cronista del Momento, lesse a Salsomaggiore la relazione: «L'autodisciplina del cronista», ed in quell'occasione disse che i cronisti, pur conoscendo fatti e circostanze sulla morte di Wilma Montesi, non le avevano pubblicate per. un senso di rispetto alla morta. « Si sapeva, ad esempio, che la ragazza era stata seppellita con l'abito da sposa e che dall'autopsia era risultato che si trovava in stato interessante. Poteva essere un suicidio la sua morte o anche una disgrazia provocata da tentativi contro la maternità, ma non si è mai scritta una parola a questo riguardo. A Salsomaggiore, durante il convegno dei cronisti, non è mai stato fatto il nome di Piero Piccioni». Tre giorni dopo, nonostante le inesattezze contenute nella relazione di Sarti, tutta Roma sapeva di Piero Piccioni ed i giornali romani si preparavano alla grande cavalcata attraverso la più fantastica storia giudiziaria d'Italia. Prima di chiudere l'udienza, il Presidente ha chiamato Renzo Trionferà, dell'Europeo. Sul capitolo voci, Trionferà sa po- co, egli è entrato nella vicenda più tardi, contemporaneamente ad Anna Maria Caglio. Sarà sentito, perciò, ancora sabato venturo, dopo che avrà deposto l'ex-amante di Ugo Montagna. La esplosiva figlia del notaio è stata citata per giovedì prossimo, e le è stata riservata una intera udienza. Può darsi che nell'aula succeda 11 finimondo, specie se avverrà il confronto tra lei e il marchese di San Bartolomeo, ma potrebbe anche non succedere nulla. Questo processo può riservare ogni sorpresa, persino un'udienza placida con la Caglio in scena. Tanta calma non ci sarà, quasi certamente, venerdì, giorno in cui dovrà comparire Enzo De Sanctis, noto sotto il nome di < Mago Orio ». Tempo fa egli scrisse di avere ospitato per un consulto Anna Maria Caglio, Ugo Montagna, Piero Piccioni e Wilma Montesi, triti in una volta. La Caglio lo aa già smentito. Vedremo il < mago » e la « figlia del secolo » uno di fronte all'altra venerdì, e non è escluso che la ureve vicenda termini con una incriminazione per falsa testimonianza, del mago, s'intende. Prima di rinviare l'udienza a mercoledì prossimo, il Presiden te ha consentito all'avv. Augenti di rivolgere una domanda a Renzo Trionferà. « Ha scritto lei — ha domandato il difensore — l'articolo intitolato: " Piccioni, delfino di De Gasperi?" », < No — ha risposto il teste — l'autore è Luigi Barzini jr. ». Sembra una domanda da nulla, ma è satura di veleno. Si riferisce alla seconda ondata d'interesse politico che ha Investito questo processo. Francesco Rosso

Luoghi citati: Cina, Italia, Pavone, Rieti, Roma, Salsomaggiore