Opinione di un "fuori corso,, divenuto dirigente d'azienda

Opinione di un "fuori corso,, divenuto dirigente d'azienda IvA SCUOLA J>I INGEGNERIA La prima lettera che mi è giunta a seguito dei miei articoli su < La Scuola di Ingegneria» è di un fuori corso il quale, invece di logorarsi nella interminabile serie di esami, ha preferito lavorare ed è divenuto un dirigente industriale. Egli mi esprime in termini accorati d'amarezza di riscontrare, dopo una carriera d'officina ed una certa attuale responsabilità di un'azienda moderna, l'inutilità pratica di alcune materie, la deficienza di altre e la distanza che intercorre fra lo studio ed il continuo progresso industriale, mentre l'esperienza di ogni giorno avrebbe dovuto essere (per me) un'agevolazione a quegli studi che a quest'esperienza devono preparare >. < Ben venga — egli mi scrive — la realizzazione dei due corsi con il conseguimento di qualunque titolo, che come primo vantaggio porterebbero (ne sono certo) allo sboccamento dei fuori corso, e permetterebbero ai regolari di dedicarsi presto al lavoro con più fresche energie e con più profonde, anche se più limitate specializzazioni ». Ed aggiunge: « Le dico questo perché, per le mie incombenze, mi son trovato nella necessità di frequentare speciali corsi in Italia e poi presso una Università degli Stati Uniti». < E là ho trovato la realizzazione, nelle Università americane, delle Undergraduate e Graduate School analoghe ai corsi da Lei proposti. In queste ùltime ho visto uomini coi capelli bianchi, contenti di tornare a scucia a perfezionarsi per ulteriormente migliorare le loro conoscenze, in un ambiente di reciproca stima e comprensione fra insegnanti ed allievi, le spese scolastiche dei quali, oltre lo stipendio, erano sostenute dalle Ditte presso cui essi si eraso già affermati ». Il mio corrispondente mi incita ad insistere nelle mie proposte che, a buo avviso, < rappresentano una improrogabile necessità, di cui il nostro Po¬ Opinione di un "fuori corso,, divenuto dirigente d'azienda litecnico trarrà maggior prestigio ». Ma il compito trascende decisamente ì limiti di una iniziativa personale. Quando alcuni anni or sono, in occasione di un'agitazione di studenti, io proposi una drastica riduzione del numero e del programma degli esami, il Consiglio di Facoltà del nostro Politecnico si pronunciò unanimemente favorevole. Ma poi non se ne fece nulla perché da una parte non è facile trovare il docente che sia disposto ad ammettere che il suo esame possa venir soppresso; e anche perché d'altra parte gli allievi (che avevano cessata l'agitazione proprio in considerazione di quella deliberazione) temevano, e forse non del tutto a torto, che una riduzione del numero degli esami, non accompagnata da un radicale mutamento dei criterii dì giudizio del profitto, si risolvesse tn una maggior difficoltà degli stessi. Eppure sarebbe cosi facile organizzare le esercitazioni, che sono parte integrante dei nostri corsi fondamentali, in modo da permettere al decente, ed ai suoi assistenti, di farsi nel corso dell'anno un sicuro, maturato giudizio del profitto di ciascun allievo, si da rendere del tutto inutile l'esame finale! Né meno gravi — se pure, a mio giudizio, del tutto ingiustificate — sarebbero le difficoltà che sicuramente sorgerebbero quando, per rendere possibile la selezione a fine del terzo anno, si dovesse attuare quel radicale riordinamento dei piani di studio a cui ho a suo tempo accennato; riordinamento che dovrebbe rinviare all'ultimo biennio le matematiche superiori anticipando gli insegnamenti tecnologici, ed introducendo — secondo le giudiziose proposte del mio corrispondente — < lo studio dei metodi e dei tempi di lavoro, perché solo con la conoscenza degli schemi sia del flusso dei materiali che dulie operazioni di lavoro sì può pensare di affrontare problemi di progettazione; nonché lo studio delle relazioni sul lavoro e dei costi, perché chiunque debba occupare un posto di responsabilità in un'azienda, deve non solo saper realizzare qualcosa, e certo in collaborazione con altri, ma realizzarlo a costi che ne permettano la produzione ». Dicevo che l'impresa trascende i limiti di una iniziativa personale. Il singoio può, tutt'al più, impostare il problema, metterne in evidenza l'improrogabile urgenza, può richiamare su di esso l'attenzione dei competenti e dei responsabili, e provocare la loro discussione su le ' possibili vie da seguire. Ma è solo sotto la spinta di .un'opinione pubblica — illuminata da tutti quelli che, per la loro personale esperienza, possono avere qualche cosa da dire in argomento — che il problema potrà venire effettivamente affrontato e risotto. Gustavo Colonnetti Presidente emerito del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Persone citate: Gustavo Colonnetti, Iva Scuola

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti