Ufi secolo di serena povertà

Ufi secolo di serena povertà LA CENTENARIA CHE NON VORREBBE PAGARE LE TASSE Ufi secolo di serena povertà Allevata a polenta e "saracene,, - Unico orgoglio: la Unente barba del marito, ch'era capo-guardia di San Germano Vercellese (Dal nostro inviato speciale) S. Germano Vere, 19 gennaio. Elisabetta Maffioli vedova Manzotti, la centenaria di San Germano Vercellese, finora non si era mai stupita di nulla: nemmeno delle c diavolerie > — come le definisce, alludendo alla radio, automobili, aeroplani, telefono ecc. — che ai tempi della sua gioventù non esistevano, e che «rovinano la gente e la fanno morire prima >. Adesso che è alle soglie del secolo (lo compirà il 16 giugno prossimo), si stupisce di una cosa sola: che le facciano ancora pagare la tassa di famiglia Ha chiesto allo < Specchio dei tempi >: fino a che età si paga questa tassa? Ed ha ripetuto la domanda a noi, che siamo andati questa mattina a trovarla. Abbiamo cercato di farle capire che per pagare le imposte si può essere troppo giovani, ma non si è mai troppo vecchi. La signora Maffioli ha scrollato la testa, incredula. Abita in un alloggetto che guarda sul cortile, al primo piano di via Cognolio. Una casa antica, malandata. La rallegrano solo i colombi che si po sano sulla grondaia e sui da vanzali. Della casa, la vegliar da gode l'usufrutto: cioè il magro reddito dei loculi aflit tati. « Ma chi volete che ven ga a stare in una casa più vecchia di me — sospira, sconsolati. —, adesso che fanno tante case nuove e comode ?> Nonna Elisabetta, mentre parla sorveglia la caffettiera che si scalda sulla stufa, accanto alla pentola del minestrone. E' golosa di caffè, orgogliosa della caffettiera nuo va che le hanno regalato a Natalo. Ma se dovesse sceglie re tra una tazza di caffè e un bicchiere di vino — uno solo, pur che sia buono — sarebbe imbarazzata. Per il mangiare, nessun dilemma: le piace tutto, dalla pastasciutta alla polenta, dal risotto ai rigatoni con le cótiche. Ci racconta la sua biografia, intessuta di povertà serenamente sopportata. E' nata a Mergozzo, sul Lago Maggiore. In casa, nei primi anni c'era Ipoco da stare allegri: erano Bei le bocche dti sfamare, tutti il giorni polenta. «.Per pietanza, ti n o, e e, toni aea e. a ei con la polenta si mangiava saracehe. Qualche volta mio padre sfregava sulla polenta la sua saracca, per darle sapore; poi metteva da parte la saracca, la conservava per il giorno dopo. In seguito le cose sono andate meglio, mio padre è riuscito a diventare impresario nelle cave di granito dèlia zona. Ma per anni quanti, miseria, quanta polenta >. Più tardi, Elisabetta Maffioli si trasferi con la ìamiglia a Gravellona Toce. Di questo paese le è rimasto un ricordo atroce (nel rivelarlo si copre gli occhi con le mani diafane): un giorno franò la montagna che sovrasta Gravellona, parecchie case furono schiantate, si ebbero morti e feriti. Meglio parlare di cose più allegre. Per esempio, di quando venne a San Germano col marito, Giuseppe Manzotti, che era stato carabiniere e aveva ottenuto il posto di caio-guardia nel Comune vercellese. «E' morto a 72 anni, nel 1931 — spiega la vegliarda —. Lo guardi, in quella fotografia appesa al muro, com'era bello. Lo chiamavamo "barbon" perché aveva una barba da fare invidia a un professore. Di barbe così lunghe e ben curate, a San Germano non se ne son viste più, da allora. Quando era vestito da capa-guardia, sembrava un generale >. Dei sei figli — tre maschi e tre femmine —, Elisabetta Maffioli ne ha oggi uno solo: Carolina, di 65 anni, vedova, Un'altra figlia, Angela, è deceduta nell'agosto scorso a 59 anni. In casa, a tenerle com- pagnla c'è anche il genero, Giovanni Mazzuero, il vedovo di Angela E' inabile al lavo- prudtatj ». ro, tira avanti con una pensione di 10 mila lire (ecco perché, dalla cucina della centenaria, si sprigiona quasi tutti i giorni odore di polenta). L'unico svago della signora Elisabetta è la lettura del giornale. «Intendiamoci: non posso più leggere senza occhiali le parole piccole piccole; ma i titoli 11 leggo tutti, e dai titoli capisco di cosa si tratta. Una volta mi piaceva anche scribacchiare, cosi alla buona. Ma le mani adesso mi tremano un po', m'è costato una fatica grossa buttar giù quelle poche righe per lo Specchio del tempi ". Chissà quanti strafalcioni c'erano, ma bisogna scusarmi perché a scuola ci sono andata poco. Non ricordo se ho finito la terza elementare. Devo ammettere che, da ragazza, voglia di studiare ne avevo poca. Il più delle volte, quando entrava la maestra mi nascondevo sotto il banco per far finta di essere assente. Così non ero ob bligata a fare il compito e a imparare la lezione per il giorno dopo. Quante stupidaggini si fanno, da ragazzi >. Per dimostrarci che sa ancora scrivere svelta, la nonnina allunga il braccio verso la finestra e con la punta dell'indice traccia il proprio nome sul vetro appannato: Elisabetta Maffic' . Vorrebbe aggiungere: ve . Manzotti, ma non c'è più spazio. « Si potrebbe voltare 11 foglio — dice con un sorriso furbesco —, cioè aprire la finestra, ma entrerebbe il freddo e alla mia età non bisogna essere troppo im- *• 1. Elisabetta Mattioli v. Manzotti

Luoghi citati: Gravellona Toce, Mergozzo, San Germano, San Germano Vercellese