Una cauta politica di Enzo Forcella

Una cauta politica Una cauta politica Roma, 12 settembre. Nella breve dichiarazione con cui il Presidente della Repubblica ha commentato stasera la sua visita a Teheran c'è una battuta di tono lievemente polemico, che riassume bene lo spirito dei colloqui e pone, al tempo stesso, un punto fermo alle discussioni che hanno preceduto, ed accompagnato il viaggio. « Lasciamo parlare i fatti — ha detto Gronchi. — E' questo un atto di saggezza che troppi, e troppo spesso, dimenticano ». Non c'è bisogno di ricordare a chi è diretto il consiglio. E non ci sembra neppure che ci sia bisogno di molte parole per dimostrare che esso è stato dato a buon diritto, sulla base di ciò che sono stati in concreto i colloqui italo - iraniani. Il primo « fatto » cui il Capo dello Stato avrebbe potuto rifarsi per rispondere alle preoccupazioni che nei giorni scorsi sono state espresse per i ventilati nuovi indirizzi di politica estera è proprio nel comunicato diramato ieri sera al termine dei colloqui. C'è in primb luogo ribadita con inequivocabile chiarezza la fedeltà delle due nazioni ai sistemi di alleanza difensiva nei quali sono da tempo inserite (il Patto Atlantico ner l'Italia, il Patto di Bagdad per l'Iran), insieme alla convinzione che « la solidarietà e 1^ cooperazione del mondo libero costituiscono la garanzia più so* lida ner il mantenimento della pace ». In questo quadro è concepita l'esortazione alle nazioni occidentali perché volgano tutti i loro sforzi al la ricerca di una politica unitaria che valga ad assicurare un « equilibrio durevole » nel Medio Oriente, e per questo scopo si adopereranno le due Nazioni attraverso le regolari consultazioni bilaterali che hanno messo in programma. Anche degli accordi petroliferi, dei famosi accordi che hanno già fatto versare tanti fiumi d'inchiostro, si parla con molta misura e prudenza come di un avvenimento del quale i due Capi di Stato si sono compiaciuti — e non poteva essere diversamente — per l'avvio che essi danno ad una più ampia collaborazione economica tra i due popoli. Qualcuno potrà obiettare che l'accenno al « nuovo spirito » degli accordi, e cioè al punto di contrasto con il « cartello » internazionale, è già un giudizio di merito troppo preciso per un documento che impegna, sia pure indirettamente, la responsabilità del Presidente della Repubblica. Ma formalmente occorre ricordare che il comunicato è firmato dal Ministro degli Esteri, il quale ne assume quindi tutte le responsabilità a nome del governo. E sostanzialmente l'appunto può toccare tutt'al più il problema dei « poteri presidenziali », non quello dell'ipotetico « nuovo corso » della nostra politica estera. La verità è che su questo viaggio — e ci è già capitato di notarlo — si è parlato troppo, sulla suggestione di elementi non pertinenti, e si è parlato senza elementi precisi, senza che nessuno, da una parte e dall'altra, riuscisse a identificare in che cosa consistevano le auspicate o temute novità. Il risultato ha poi dimostrato che timori e speranze erano eccessivi perché in realtà non vi era molto da innovare. I primi e più significativi riconoscimenti sono venuti proprio da coloro che erano stati'i più aspri censori del ventilato « nuovo corso ». Pacciardi ha riconosciuto che a Teheran si è parlato « un linguaggio di serietà e di buon senso ». E Malagodi, pur insistendo nel denunciare « non precisate ma inquietanti alterazioni della politica estera », ha annunciato che i liberali non prenderanno le iniziative di mctcsEptplotdqlLnRMl'rhlintGila: beltqm«sas mozioni o interpellanze di cui si era parlato e si contenteranno delle occasioni che offrirà la prossima discussione del bilancio degli Esteri per illustrare il loro pensiero. Polemica rientrata, quindi. O per lo meno polemica rinviata a quando lo sviluppo degli avvenimenti fornirà come materia di discussione e di giudizio quei « fatti » di cui ha parlato Gronchi. Enzo Forcella

Persone citate: Gronchi, Malagodi, Pacciardi

Luoghi citati: Iran, Italia, Medio Oriente, Roma, Teheran