Dallo schermò alla realtà di Francesco Argenta

Dallo schermò alla realtà j&a ueimUvquenza nm minori^— Dallo schermò alla realtà Non è un'ubbia dei moralisti che i cattivi films inducano al delitto - Il cinema è, per i fanciulli, il più potente mezzo di suggestione - E, per recarsi al cinema, talora, rubano ai parenti ed ai vicini (Nostro servizio particolare) j Roma, settembre. C'è ancora chi sostiene — a dispetto di tante prove in contrario — che i films d'avventure, dove la sequenza degli episodi/ di cui è intessuta la vicenda, lascia, così spesso, sospesi e senza flato, ma, soprattutto, i films che hanno per isfondo le gesta dei gangster s, siano destinati ad avere sul pubblico, in genere, e sul pubblico giovanile in ispecie, un'azione che si potrebbe dire catartica. Di questa opinione sono, naturalmente, anche i produttori di films, per i quali le pellicole ohe sì alternano sugli schermi hanno sempre una finalità educativa. Se, talora, questa finalità non è manifesta o sfugge alla generalità degli spettatori, nessun pericolo per costoro, giovani od adulti che siano: i films, così come sono stati concepiti e realizzati, non sono mai portatori di virus, non possono mai fare male ad alcuno. E' una tesi che gli studiosi del fenomeno della criminalità minorile contrastano decisamente. Ma non sono solo gli psicologi ed i sociologi ad avversarla. Provatevi ad inerpellare un giudice addetto ai tribunali minorili e ne avrete una risposta come quela eh* ha dato il magistrato ohe istruisce i. processi al tribunale della Senna, dinanzi a cui sfilano, annualmente, quasi quattromila minori: < Dopo tante indagini sulla personalità ,dt. questi teneri esseri che sono giunti inspiegabilmente al delitto; dopo aver tanto frugato nell'ambiente familiare in cui sono stati allevati e sono. cresciuti; dopo aver indagato sul loro comportamento in scuola e fuori delia scuola; dopo avere raccolto, infine, da questi giovanissimi delinquenti, confessioni spesso drammatiche, ma sempre improntate ad u't tono di veridicità assoluta, io non ho alcuna esitazione od esprimere il parere, che, nella maggior parte dei casi, siano stati il cinema e le letture a dare la spinta al delitto. Il cinema e le letture sono i fattori precipui della criminalità minorile ed è quasi inutile ricercare per altre vie le cause determinanti del fenomeno criminoso che allarma ed angoscia, II M oggi, l'opinione pubblica in lutti t paesi ». Odette Philippon, una ardita studiosa che si è avventurata in cinque continenti ed ha percorso decine, di paesi per dare alla sua indagine sulla criminalità minorile la completezza cui ha da uniformarsi una nchiesta che aspira a definirsi < mondiale», è giunta alle stesse conclusioni dopo il suo lungo periplo per il globo. Ella colloca in prima linea, fra i fattori determinanti della delinquenza dei minori, il cinema, i fumetti ed i romanzi polizieschi. Ma il cinema ha una responsabilità che si manifesta sinanco in anticipo sui nefasti effetti che è capace di produrre il film sullo schermo. Per recarsi al cinema, per procurarsi i denari onde recarsi al cinema (<Amate il cinema f», è stato chiesto a 1200 scolari, e le risposte affermative sono piovute pronte e calorose nella misura del 91 per cento!) i ragazzi che non possono contare sulla acquiescenza dei familiari si volgono al furto, c Pierre C, un frugolo di 13 anni — racconta Odette Philippon. — che andava al cinema otto o dieci volte la settimana, è arrivato a rubare ben 110 mila franchi per poter soddisfare la sua indomabile passione >. Il caso di questo piccolo delinquente antelettera è venuto alla luce per circostanze meramente fortuite, ma quanti altri casi analoghi sfuggono ad ogni rilievo, rimangono ignorali od incontrollati, per la mancanza di denunce e segnalazioni da parte dei familiari? Si calcola, negli Stati Uniti, che su 77 milioni di frequentatori settimanali delle sale di proiezione, 28 milioni siaiiO ragazzi al di sotto dei vent'anni: in Francia, la proporzione, fra adulti, e ragazzi, sembra la stessa: in Inghilterra, su un totale di 1 milioni di ragazzi fra i 5 e i 1B anni, è stato calcolato che 1.250.000 vanno al cinema due volte la settimana e SSO mila almejio tre volte, ciò che rappresenta per ognuno dei piccoli spettatori una < razione > annua di 156 spettacoli, della durata di due o tre ore. Di questa sterminata ampiezza è, nel mondo, il territorio di persone in età tenerissima o giovanile su cui il cinema è destinato ad agire attraverso l'esaltazione di una società falsa e fittizia, la glorificazione di falsi e spesso empi sistemi di vita, ma, soprattutto, attraverso i canoni cui sembra obbedire la produzione cinematografica nell'in¬ tento di legare l'interesse degli spettatori e che si traducono nei tre motivi che ispirano così spesso le immagini muoventisi sullo schermo: tecnica del delitto, suggestione erotica, utilità del crimine. Ora, anche ' senza voler generalizzare; anche ammettendo che solo in un non stragrande numero di casi può riconoscersi una relazione di causa ed effetto fra i tipi di reati e di azioni immorali rappresentati sullo schermo e fatti pressoché analoghi o similari compiuti da minorenni e portati al giudizio dei tribunali minorili, è indubitato — per l'universale ammissione di quanti si occupano di questi problemi — che l'immagine cinematografica colpisce l'immaginazione del fanciullo, ed ha conseguenze largamente turbatrici. Odette Philippon ha dispiegato la sua indagine fra creature di tutte le età. Ed è giunta alla conclusione che tutti i films, anche ì migliori, presentano delle scene di terrore o di violenza che possono essere generatrici per il bambino di turbe psichiche, gravi e fatali. Un bimbo di tre anni — ella racconta sull'attestazione del Servìzio so dai", di 'Marsiglia — fu così sconvolto dalla apparizione sullo schermo della strega di Biancaneve, che si nascose sotto la poltrona e rifiutò di uscirne par seguire il resto della rappresentazione. Questo senso di terrore cagionatogli dalla visione (la prima e più grande emozione della sua vita!) non si è più dileguato: ha inciso sul suo sviluppo, lo fa tremare convulsamente ancora oggi, a distanza di tempo, appena gli si evoca quella Disione. Ad una rappresentazione di Bambi, preceduta, purtroppo, da alcune scene, a titolo di saggio, di un film di avventure che si prole** iva in una sala associata, un bimbo di i anni fu preso da un panico indescrivibile, che lasciò conseguenze durevoli sulla sua psiche. « Noi abbiamo perduto il rispetto dell'infanzia », sostiene Odette Philippon rievocando questi episodi. Ed ella conclude che tutti i films anche quelli che nei cartelloni si fregiano dell'avvertimento: valevoli per tutti, non sono adatti ai fanciulli. Ciò che in un film colpisce l'immagi nazione e la coscienza del fanciullo influisce sulla sua psiche in forma decisiva, ne condiziona il divenire, la formazione, massimamente sotto l'aspetto morale. La generazione di oggidì, usa a frequentare i cinema nella misura che si è visto, non potrà che produrre esseri nervosi, sensuali, edonistici, apatici e violenti, sognatori ed avventurie ri: degli esseri, anche, fatalmente scossi da squilibra mentali, inclini alla violenza, al banditismo ed al terrore. E' una prospettiva assai fosca, ma che non è contrastata da quanti, quotidianamente, vanno interessandosi a questi problemi. A Ginevra, in uno dei convegni indetti dalV02TU, il dott. Strauss, che rappresentava la Qran Bretagna, ha proclamato, con l'assenso dei delegati di altre nazioni, che la giovane generazione di oggidì è stata avvelenata dagli égouts di Hollywood. E' l'opinione, anche, di quanti — in veste di giudici — si curvano sui fanciulli per comprenderli e giudicarli. Le volte in cui la spinta al mal fare è venuta dal cinema non si contano: la casistica — ed è meglio non evocarla — senza fine! Francesco Argenta

Persone citate: Odette Philippon, Strauss

Luoghi citati: Francia, Ginevra, Hollywood, Inghilterra, Marsiglia, Pierre, Roma, Stati Uniti