La Svizzera scrigno europeo della più discussa arte d'oggi di Guido Piovene

La Svizzera scrigno europeo della più discussa arte d'oggi -= INTELLIGENTE FUNZIONE DI UN PAESE NEUTRALE La Svizzera scrigno europeo della più discussa arte d'oggi Sono necessarie al nostro tempo burrascoso zone di calma esistenza che, anche per le opere dello spirito, compiano quasi l'ufficio di banche e di casseforti - Cosi ben scelti e presentati, artisti tuttora controversi e combattuti, enigmatici e inquietanti, appaiono tra le mura di questi musei come allontanati nel tempo e classicizzati - Il Reno a Basilea: un mondo remoto, impressioni e fantasmi 1 (Dal nostro Inviato speciale) Basilea, 26 agosto. Se viaggiassi dormendo, svegliandomi senza preavviso in questo o in quell'altro Paese europeo, da quale segno specialmente mi accorgerei di essermi svegliato in Francia? Credo soprattutto da uno. Dalla gente che va per strada portando in mano come ceri uno o due bastoni di pane, non incartati, lunghi un metro. Nel Paese più mangiatore di pane (ed anche in questo, forse, europeo per antonomasia), la forma standard è uno sfUatino lunghissimo, che si taglia a fette sul de- ■ sco, capace di sfamare una intera famiglia. Perciò questo alimento fondamentale non s'incarta, non si nasconde nella sporta delle massaie ma si brandisce e porta in giro come in processione. Passando da un villaggio all'altro, da una cittadina all'altra, diventa così a poco a poco un elemento del paesaggio; e si vedono i ragazzini che girano con un bastone di pane più alto di loro. Zio pensavo ancora una volta mentre, per lasciare la Francia, attraversavo gli abitati costeggianti la Senna in direzione dell'Alsazia. Questa è una parte della Francia poco battuta dai turisti, che si accontentano in genere di percorrerla se si trova sulla loro strada, eccettuati gli studiosi dell'architettura romanica, ai quali questa nona offre molto materiale di studio. Ma è una delle parti della Francia che prediligo. La Senna, fuori di Parigi, non è un fiume che dà spettacolo. Non è '•'egante, luccicante come la Loira, che nei suoi scenari rievoca piaceri d'altri tempi, mitologie nobiliari o di corte; e che rivela ancora oggi una sfilata di fondali deserti dagli antichi j offre il viaggio a tutti, d'«n attori. La Senna è appartata, domestica, idillica: la sua bellezza sono i molti boschetti, ed ancor più che i castelli, le vecchie case più modeste, circondate da giardini, che sembrano case e giardini di preti benestanti e floricultori. Si concentrano in quei giardini, con le tinte più vivaci ,e varie, fiori di stelo lungo che fanno pennacchio, come le code di rondine, le digitali, le bocche di leone, altri che si chiamano in Francia gli spé-, roni da cavaliere, le malve tipiche della Francia del nord.- Questo, a dir vero, soprattutto nel tratto della Senna tra Parigi e il mare, e specialmente nelle gole degli andelys, il più bel luogo accanto al fiume che, perché attraversa Parigi, è il più celebre della Francia. Che le sue rive e i suoi dintorni siano adatti a far nascere fiori di colori vividi, dev'essere noto da un pezzo. Anche nei < Miserabili > il padre di Marius, eroe napoleonico rovinato dal crollo dell'Impero, si apparta a coltivare straordinari fiori a Vernon, sulla Senna, non lontano dal ponte, in uno di quei giardinetti in riva al fiume che si scorgono ancora. Sennonché Hugo, dopo aver detto che quel pezzo di terra era piccolo al punto che pareva una via di mezzo tra un giardinetto e un mazzo di fiori, quando poi si mette a descriverlo, preso dall'abbondanza della sua vena, vi enumera tanti fiori e tante coltivazioni diverse che per contenerle tutte ci vorrebbe Versailles. Ma il tratto della Senna che costeggio adesso è quello verso la sorgente, a oriente della capitale. E' un paesaggio pesante e antico, di color cupo: la pianura macchiata da ciuffi di bosco, di mìnima estensione ma fitti, quasi avanzi d'un unico e orrido bosco originario, lasciato indietro come saggio del tempo. E corvi sui prati, matasse di vischio sugli alberi. Nella trattoria di Troyes, dove entro a far colazione, lo spettacolo consueto della provincia francese, specialmente del nord: il panorama delle facce a cui le carni pingui, le salse, i vini ed i liquori hanno tolto il colore naturale, sostituendolo con varie gradazioni di rosso, quasi che i vetri anziché bianchi fossero colorati come quelli dei templi. Dal rosso congestionato, tendente al violetto, si passa a l'^eVo delicato d'una coppia di mezta età, che sembra essersi lavata col succo di lampone. Una famiglia belga diretta a Roma, costituita d'una madre grassa che figlio con la sposa, e figlie brutte, si è tua» rimpinzila che non sa come alzarsi da tavola. < Vorrei respirare un po' d'aria, — si lamenta la sposa, — ma non so come fare, non c'è più posto nemmeno per quella >. Scenette come queste si hanno fino al confine svizzero, che è come un muro divisorio, di là del quale tutto muta. * * Questi passaggi di confine ddnno talvolta l'occasione di veder scaturire, a contrasto tra toro, e talvolta a distanza di poche decine di metri, i caratteri dei diversi popoli. Basta che vi sia un motivo che li obblighi a manifestarsi. Non so se ho mai narrato quello che accadde a me, quando portai dalla Francia in Italia, attraverso la Svizzera, un quadro di De Pisis. Il quadro era un don<o di nozze, affidatomi da un amico per un altro amico; avendolo ricevuto un'ora prima di partire, l'avevo messo in macchina tutto incartato senza nemmeno averlo visto. Lo vidi solamente quando lo dovetti esibire alla prima dogana, che è quella francese. Un curioso dono di nozze. Rappresentava un ?narlnaio francese, col fiocco rosso sul berretto, ma d'aspetto.poco marziale: occhi dolci e bocca a forma di cuore. La reazione del doganiere francese fu quella d'un popolo intellettuale, che legge le riviste di arte. 'Egli commentò solamente il valore della pittura. Come si fa con i doganieri, gli avevo detto che era un quadro d'artista poco conosciuto e comperato per poche migliaia di franchi. < Ma sa lei — disse il doganiere dopo averlo guardato a lungo — che questo pittore ha talentot Sa dipingere, glielo dico io. E' un giovane che farà strada. Se è sconosciuto adesso, non 10 sarà fra qualche anno. Non merita di restare oscuro. Mi congratulo per il suo acquisto, vorrei che il quadro fosse mio. Guardi che pennellata, che sicurezza*. Chiamò i colleghi a condivìdere la propria ammirazione, indicando, come fanno i critici, guest» o quel punto della tela, non senza un'aria di gravità e d'importanza; e mi restituì il quadro com molto "ispetto. Alla dogana svizzera, pochi passi più in là, la stessa cerimonia, ma molto più rapida. 11 doganiere gettò l'occhio sul quadro, lo distolse rapidamente con espressione di disgusto morale che comprendeva il pittore ed anche me, e con il gesto della mano con cui si allontana un insetto, disse: < Non posso rallegrar7ni con lei del soggetto della sua compera >. La terza reazione, ancora diversa, fu alla dogana italiana, dove tutti mi conoscevano. Appena il quadro fu scoperto il doganiere scoppiò in una grande risata e, guarda questo, guarda quello, convocò tutti i suoi compagni, non però come il collega francese, per ammirare la bontà del dipinto, ma per divertirsi alle spalle del marinaio. Il quadro provocò una chiassata collettiva, un. vero florilegio di frizzi e di lazzi. * * Questa volta, non avendo quadri, passai tranquillamente dalla Francia alla Svizzera e a Basilea, una tra le più belle città di media grandezza d'Europa. Sotto la mia finestra vedevo il Reno scorrere, veloce ed impetuoso, in un paesaggio gotico. Calato il buio le acque scintillavano forse per il riflesso delle luci sui ponti. Era una vista che faceva risorgere in me il ricordo di un mondo appena sfiorato, quello anteriore al 1914: un genere di fantasmi ohe in Italia, il Paese meno tradizionale e meno conservatore che esista, non risorge più in nessun luogo; ma che risorge in queste terre dove il fondo del tempo sembra avere un corso più lento. Mi sono fermato a Basilea per vedere un'esposizione di opere d'arte delle collezioni private che abbondano nella città, e che in gran parte erano ignote al pubblico. Nonostante alcuni bei Cranach, tra i quali due ritratti di Martin Lutero, e una buona scelta di quadri moderni, la mostra non è eccezionale. Il collezionismo privato in Svizzera è fiorejitissimo, ma in genere le collezioni, morto chi le ha costituite, si riversano nei musei e diventano pubbliche. Il vero monumento del collezionismo privato è perciò a Basilea il museo cittadino, così ricco e spazioso, così ben ordinato, che percorrendone le sale mi rammaricavo di averlo conosciuto soltanto adesso, perché è veramente un modello. Straordinaria è la parte antica, con la raccolta di pittóri tedeschi, culminante nella stupenda serie di quadri e disegni di Holbein; Basilea è necessaria per conoscere Holbein come lo è Monaco per conoscere Rubens. Non meno straordinaria e selezionata è la raccolta di opere d'arte moderne con il più fantastico tra i quadri di giungla esotica tra quanti ne ha dipinti il doganiere Rousseau, col già classico adolescente nudo di Picasso, giù giù fino ai surrealisti e agli astratti. Non scrivo certo questo per i competenti, che lo sanno da un pezzo, ma per la maggioranza, che in fondo non ha mai guardato alla Svizzera corno a una Nazione specialmente famosa per le sue ricchezze artistiche. Ma questo Paese bancario, chiam,ato dalla sorte a ■custodire tanti capitali altrui, sembra assolvere oggi una missione analoga di fronte all'arte moderna e contemporanea e farsene il conservatore e il banchiere. Tanto è vero che ha sviluppato al massimo l'abilità di sceglierla e presentarla nei musei; e questo specialmente nella parte tedesca, a Basilea, a Zurigo, a Berna, in quella specie di Valdagnn svizzera che è Winterthur. Certo è che la Svizzera, molto più della stessa Francia, è ormai diventata lo scrigno europeo di quell'arte moderna, da noi poco o male rappresentata, al ri-, paro dalle intemperie; per un curioso effetto d'ottica, accade poi che gli artisti più controversi appaiono tra queste mura come allontanati nel tempo,'e come già classicizzati. Un buon servizio giornalistico, ripeto, non ad uso dei competenti, ma del pubblico soltanto ' colto, potrebbe essere quello che ci ripresentasse la Svizzera in questo scorcio e non solta7ito nello scorcio turistico e alberghiero. La Svizzera come Paese che collabora grandemente a custodire, conservare e preordinare per la storia, l'arte moderna. Il nostro tempo burrascoso necessita di zone neutrali che, anche per l'arte, compiano quasi l'ufficio di banche e di casseforti Guido Piovene

Persone citate: Cranach, De Pisis, Holbein, Martin Lutero, Picasso, Rousseau