La cueca, danza del popolo cileno ne esprime gli umori e la fantasia

La cueca, danza del popolo cileno ne esprime gli umori e la fantasia PASSIONI, CARATTERI E FIGURE DELL'AMERICA- La cueca, danza del popolo cileno ne esprime gli umori e la fantasia E' un'autentica rappresentazione nella quale uomo e donna disegnano con eleganza e brio un incontro amoroso - La si balla nelle taverne, nelle sale, sulle piazze, tra l'entusiasmo degli spettatori - E' gente innamorata della libertà, capace di godere la vita; il vino, amico di tutti, scioglie la lingua, suggerisce battute piccanti, confidenze sorprendenti; da apparenze spesso tredde e riservate prorompe una natura festosa che cerca la felicità (Dal nostro Inviato speciale) Santiago del Cile, agosto. ' Nessun visitatore del Cile dovrebbe mancare di vedere la cueca. La cueca non è soltanto il ballo nazionale, essa è il simbolo più vivace e più vero dell'anima cilena: è stata chiamata < l'espressione Urica, amorosa e satirica del Cile », < la sua stessa storia », < la testimonianza di un ottimismo sano, robusto, forte di salde energie spirituali ». La cueca si balla ovunque, nelle taverne, nelle sale, nelle piazze e non vi è, credo, un cileno o una cilena che qualche volta almeno non si sia abbandonato a questa danza. L'uomo e la donna stanno l'uno dinanzi all'altra, ciascuno con un fazzoletto bianco in mano; il cavaliere s'inchina davanti alla dama agitando il fazzoletto, lei si ritira battendo velocemente i tacchi, l'uomo Vlnsegue con un ritmo furioso, si mostra impaziente, la ballerina gli sorride ma continua a ritirarsi. A poco a poco, attraverso un sottilissimo mutar di atteggiamenti, di mosse del braccio, di ondulazioni del corpo, le parti si invertono: adesso è la dama che circuisce il cavaliere quando questi accenna a mostrarsi stanco, gli gira intorno sempre più svelta in cerchi sempre più stretti, lo intenerisce, lo commuove, i due ballerini finiscono per roteare vicinissimi finché non si gettano l'uno nelle braccia dell'altra e volteggiano uniti per gli ultimi giri della danza: in questo istante la musica, secca, martellante, della cueca, cessa di colpo. Come spettacolo non vi è danza gitana di Granada, non esiste ballo cubano dell'Avana che possa competere con la cueca, per ritmo, eleganza, passione, forza rappresentativa; nessun'altra danza riesce a scatenare sentimenti tanto vivaci c profondi. Raramente la cueca viene ballata da una sola coppia in un salotto, è soprattutto un ballo collettivo che si può danzare per le strade o in sale pubbliche e vi parteepano aristocratici e gente del popolo talora confusi tra loro. Gli spettatori si accalcano intorno ai ballerini, battono mani e piedi seguendo il ritmo della danza, scherniscono i cavalieri per la loro timidezza o esaltano la bellezza di una dama con termini spesso graziosi, talvolta indecenti. La cueca viene veramente vissuta da tutti: più che un ballo è una sintesi di sentimenti generali. Assistendovi si beve molto placo, la gelida acquavite cilena, si beve molta ciccia, specie di mosto generosamente rinforzato da alcool puro, naturalmente si beve molto vino. Intorno le burle diventano spesso acri, serpeggia la gelosia o la passione insoddisfatta, qualche cueca finisce a pugni o a seggiolate, talvolta si vede brillare la lama sottile e ricurva del coltello cileno e, fra gli urli di paura e di sgomento, un uomo si accascia a terra. Fortunatamente i casi di risse e di omicidi sono molto più rari di una volta, ma la cueca riesce ancora a soddisfare ti bisogno di sfogo e di violenza chiaramente radicato nei cileni. Ballandola l'uomo si sente veramente uomo, libero da-; vincoli e soggezioni di sorta: qui fino al secolo scorso l'ideale virile era impersonato da quei proprietari agricoli che usavano risolvere a coltellate le dispute con i propri contadini. Quando il padrone, che poteva ricorrere al tribunale o farsi giustizia con il fucile, gettava l'arma da fuoco che lui solo possedeva nella fattoria, e scendeva nell'aia con il pugnale per contendere al villano un sacco di grano o le grazie di una contadinella, poteva esser completamente certo che da allora avrebbe goduto della soggezione assoluta dei suoi sottoposti in caso di vittoria, o di un funerale veramente mirabile in caso di sconfitta. Ancora oggi la spavalderia rusticana è una caratteristica fondamentale di questo popolo, anche se con il tempo l'antico gusto della violenza ha ceduto il posto a quello della beffa: è recente il caso di un vecchio proprietario di molte terre raggiunto, mentre sorbiva ^'aperitivo al lussuoso Club dell'Unione di Santiago, da un telegramma di un suo fattore, speditogli da una località lontana, dove era scritto: « I contadini mi hanno rinchiuso nel pollaio e minacciano di uccidermi se entro sèi ore non aumentiamo loro la paga ». .Rispose subito il vecchio padrone: «Dica pure a quei comunisti da strapazzo che delle loro minacce io me ne rido-?. La cueca non va mai disgiunta dall'alcool. Al pari della cueca il vino vince le inibizioni, distrugge ogni senso d'inferiorità e infrange qualsiasi spirito gregario, permette a operai .e a impiegati delle città cilene di sentirsi simili al huaso della campagna, l'eroe contadino, misto di gaucho, di bandito e di cavaliere errante, del quale esistono sempre nelle regioni più sperdute gli ultimi epigoni, ancora vestiti con il grande cappello a tese rigide, gli stivali attillati con il tacco alto, ornati con enormi speroni d'argento, l'alta cintura di cuoio nero coperta di monete e il farsetto a colori vivaci. Il vino in Cile è amico di tutti, dei ricchi e dei poveri, tranquillizza i primi e distrae i secondi, e ad ognuno scioglie la lingua: il cileno è considerato il popolo più chiacchierone del mondo, chiunque, appena vi conosce, si affretta a raccontarvi i fatti suoi, compresi i segreti più intimi e scabrosi, beninteso dopo avervi raccontato i segreti degli altri. Il vino è finito per divenire un baluardo della democrazia, padre effettivo di quella infinita libertà di stampa, di cui i cileni me¬ nano vanto e che a noi sembra soprattutto sfrenatezza: ma se i giornali non pubblicassero ogni giorno notizie- e articoli da querela o da duello risulterebbero troppo inferiori alla c voce della straday, la più maligna, la più velenosa, ma anche la più spiritosa e puntuale agenzia d'informazioni che si conosca in Cile. Anche se le istituzioni, i principi, i governanti, quotidianamente debbono subire attacchi acidi dalle vociferazioni di piazza e dagli scritti sui giornali, questa critica sferzante e demolitrice impedisce il sorgere di ogni avventura totalitaria fin dalle prime radici. Talvolta essa dà origine a inconvenienti sconosciuti in altri Paesi: non ci risulta che fuori del Cile sia avvenuto mài il caso di un ministro ufficialmente costretto alle dimissioni perché ritenuto hablador, cioè pettegolo, scoperto a riferire al caffè segreti di Stato e soprattutto malignità sul conto del Presidente della Repubblica. Forte bevitore, conversatore malizioso, innamorato del ballo e della libertà, nemicissimo della solitudine, il cileno cerca tuttavia di nascondere queste qualità che lo rendono così amabile. La apparenza ce lo mostra riservato, freddo, cortese, elegante e distaccato, ma la sua vera natura fa presto a rivelarsi sotto la superficie. Ricorderemo a lungo una festa di nozze all'albergo dove fummo alloggiati per qualche giorno, offerta un sabato sera in onore di due fidanzati, per festeggiare i quali convennero, secondo l'uso, molte persone, certo più di trecento. Dapprima più che a una festa ci sembrò assistere a una cerimonia di un collegio, tanto composta era la gente e tanto castigate e quasi monotone apparivano le musiche e le danze. Dovemmo cambiar parere dopo qualche ora, quando le note clamorose della cueca ci raggiunsero anche nella camera al quarto piano, tenendoci svegli fino alle sei del mattino, quando finalmente cessò la sarabanda nei saloni, nei pianerottoli, nei corridoi, ailorché anche gli invitati più resistenti non ne poterono più di quella loro bolgia allegra. Mi dissero che in questa stagione, stagione appunto di matrimoni, ogni sabato in tutti gli alberghi di Santiago si ripetono cerimonie identiche. Ma il luogo dove maggiore si manifesta il contrasto tra formalismi e natura di questo popolo è la vasta piazza Bulnes, posta dietro il palazzo presidenziale, da tutti chiamato la Moneta, dove due volte all'anno, in occasione delle maggiori feste nazionali, si accalca una gran folla, sfilano con rigidezza impeccabile truppe addestrate alla tedesca, e ragazzi delle scuole, tutti in divisa, tuffi in fila, tutti al passo. La banda suona inni marziali e severi, la gente appare disciplinata, impettita, talvolta irrigidita sull'attenti. A un tratto si apre una vetrata sul balcone della Moneta e compare il Presidente attorniato dai suoi ministri. Lo salutano applau¬ si fervidi ma contegnosi, si leva qualche voce: « Viva il Presidente ». Il Presidente fa ampi gesti con le mani, si inchina, sorride, esclama: « Bravi, bravi », allora dalla folla parte un gran grido ritmato: « Ladro, ladro ■>, il Presidente replica urlando al microfono: ^Mascalzoni, briache, e subito si ingaggia una incredibile gara di burleschi insuZti fra governanti e governati (ai tempi del presidente Arturo Alessandri era sempre il governo ad avere la meglio) fra le risaie generali e con notevole sfoggio di spirito maligno ma sinceramente affettuoso. Questi dialoghi con la folla finiscono sempre con un chiasso infernale, le fanfare cambiano musica ed una cueca gigantesca s'intreccia nella piazza e vi regna fin molto dopo iì tramonto, cioè finché, se non saranno scoppiate risse tragiche, ciascuno sarà tornato ebbro e felice alla propria casa. La civiltà moderna impone all'uomo un lavoro metodico e continuo, e una certa regola nei momenti di riposo. Il Cile è sicuramente un Paese civile, ma i suoi ■ abitanti amano lavorare pochissimo e vivere il più possibile un'esistenza esente da regole di qualsiasi genere, costi quel che costi. Anche se il prezzo che paga è una sicura povertà, fra il costruirsi un'esistenza prospera, ma indubbiamente noiosa, e il cogliere' sfrenatamente l'attimo che fugge, il cileno non esita e sceglie le feste, la cueca, il vino, la baraonda, sceglie cioè consapevolmente le cose che lo rendono immediatamente felice. Di questa scelta sembra perfettamente soddisfatto: personalmente non siamo tanto sicuri che abbia torto. Paolo Pavolini

Persone citate: Arturo Alessandri, Paolo Pavolini

Luoghi citati: Avana, Cile, Santiago