Dieci intellettuali comunisti deferiti alla commissione di controllo di Vittorio Gorresio

Dieci intellettuali comunisti deferiti alla commissione di controllo II gruppo del periodico di cultura «Città aperta» Dieci intellettuali comunisti deferiti alla commissione di controllo Il provvedimento adottato dalla Federazione del PCI di Roma per le posizioni politiche assunte dagli scrittori guidati da Tommaso Chiaretti • 11 direttore della rivista risponde: "Intendo sostenere fino alle estreme conseguenze Tannale posizione di indipendenza di giudizio,, Roma, 13 agosto. Dieci intellettuali comunisti, par deliberazione del Comitato direttivo della Federazione romana del partito, sono stati deferiti alla commissione provinciale di controllo, che prenderà in esame « il contenuto del periodico di cultura Città aperta, diretto dal compagno Tommaso Chiaretti e redatto da un gruppo di membri del partito >. Come motivo del deferimento disciplinare, il comitato direttivo federale indica le < posizioni politiche espresse particolarmente nel numero 4-5 di questo giornale >. Superfluo avvertire che, prima ancora dell'esame che dovrà compiere la commissione di controllo, le posizioni di Chiaretti e dei suoi collaboratori sono state colpite da formale condanna da parte del direttivo federale. La frana nell'ambiente della cultura comunista così si allarga e si approfondisce, e questa volta, anzi, la crisi as sume un senso tutto particolare. Città aperta, quindicinale di cultura, era apparso per la prima volta il 25 maggio di quest'anno, e il suo numero più recente è uscito, come fascicolo doppio, il 25 luglio scorso. La sua fondazione era stata consentita dalle autorità del partito su parere favorevole dell'on. Mario Alleata, che è responsabile nazionale del cosiddetto < lavoro culturale > dopo una lunga e defatigante trattativa che il Chiaretti aveva condotto con le superiori gerarchie. L'iniziativa era stata presa, infatti, fin dai giorni imme• diatamente seguenti al ventesimo Congresso del partito comunista sovietico, ed il periodico progettato da Chiaretti avrebbe dovuto offrire agli intellettuali comunisti una tribuna più libera e più spregiudicata di quella costituita dal periodico più ufficioso, che ha per titolo II contemporaneo. Alicata fini per aderire alle sollecitazioni di Chiaretti nella considerazione che un poco d'aria nuova immessa nei chiusi ambienti intellettuali comunisti avrebbe potuto giovare, anche se qualche fronda ne sarebbe stata mossa; riteneva opportuna qualche concessione ai più impazienti, anche per dare la sensazione che nel partito si stabilisse una atmosfera di libertà e di critica. In questo modo, confidava, si sarebbero arrestate pericolose emorragie. Il gruppo degli amici di Chiaretti era composto dei pittori Ugo Attardi, Marcello Muccini e Renzo Vespignani, del prof. Luca Canali, degli architetti Pietro Moroni e Gianzio Sacripante, del critico Elio Petri e dei poeti Dario Puccini e Mario Socrate. Negli ambienti del partito, essi venivano scherzosamente definiti i < bottaiani >, con allusione alle posizioni che furono proprie di taluni amici di Bottai che, alla vigilia della fine del fascismo, ritenevano possibile l'esercizio di una critica dall'interno: analoga illusione ispirava Chiaretti. Costui, nel gruppo, aveva una posizione di animaU.re che era resa tanto più singolare in quanto, egli aveva ben definite responsabilità verso il partito e verso il suo organo centrale di stampa, l'Unità. Già redattore responsabile della terza pagina del quotidiano comunista, nel gennaio di quest'anno aveva mutato il suo rapporto di lavoro in quello di collaboratore ordinario, ma continuava a curare, oltre alla critica cinematografica, due regolari rubriche di un certo successo: Il processo dei veleni, dedicata a spunti di varie moralità, e la assai nota, di carattere satirico, intitolata Il dito nell'occhio. Su Vie Nuove infine, curava una rubrica che firmava con lo pseudonimo di Arouet. Come moralista ed umorista ufficiale del partito, Chiaretti, che si firmava Asmodeo, ha fatto le sue ultime prove fra il 3 e il 4 agosto di quest'anno, occupandosi del caso di Red Skelton, attribuendo la famigerata qualifica di « fesso del giorno > all'ex ministro fascista Alberto De Stefani, per una sua proposta in materia di pensioni. Da allora la firma di Asmodeo è scomparsa dalle pagine dell'Unità e forse non è un caso che la data praticamente coincida con l'uscita del citato numero doppio, 4-5, di Città aperta, apparso con l'indicazione de) 25 luglio, e con l'annuncio che il fascicolo successivo sarebbe stato pubblicato nel mese di settembre. Probabilmente lo aspetteremo invano, e mette quindi il conte di esaminare adesso il fascicolo incriminato, per l'indubbio valore politico e bibliografico che esso è venuto ad assumere dopo la condanna del partito. Esso si apre con un editoriale, siglato da Tommaso Chiaretti ed intitolato: Dopo Giolittì. La tesi che vi è esposta, è che la condanna di Gìolitti da parte del P.C.I. è fondata su < un falso sillogismo », e vi si avverte che casi come quello di Cìiolitti su no fatalmente determinati dalla carenza di una efficace e chiara linea politica del partito. Il fascicolo ospitava inoltre un racconto satirico di Italo Calvino intitolato: La granbo naccia delle Antille, del quale abbiamo già avuto occasione di segnalare il significato polemico nei confronti dell'immobilismo togliattiano; una lunga intervista concessa da Renato Guttuso a Renzo Ve¬ spignani sui problemi della pittura contemporanea (ed in essa erano aspramente condannate tutte le forme di burocratismo e di settarismo in materia d'arte), e finalmente una recensione di Dario Puccini al volume di Luciano Bianciardi, dal titolo: Il lavoro culturale. Anche di questo libro ci siamo recentemente occupati, ma gioverà ricordare il positivo apprezzamento di Puccini per l'ironia che Bianciardi appuntava contro gli schematismi della cultura ufficiale della sinistraAnche Puccini era un collaboratore dell'Unità; ed anzi proprio oggi, nello stesso numero che porta la notizia del suo deferimento alla commissione di disciplina, il giornale comunista pubblica in terza pagina traduzioni da luì curate dì versi di due poeti venezuelani, Vicente Gerbasi e José Ramon Medina. Probabilmente è questo il suo canto del cigno sul giornale ufficiale del partito, anche se oggi non è ancora possibile prevedere gli sviluppi della azione disciplinare intrapresa a carico dei dieci deviazionisti. I componenti del gruppo sono, del resto, sparsi: Vespignani è a Berlino, Petri in Jugoslavia, . Attardi in Sicilia, molti altri in ferie. Quando potranno riunirsi decideranno la linea da seguire e si concerteranno sulla possibilità di continuare a dare vita al giornale. Chiaretti ha detto, in ogni modo, ad un redattore dell'Agenzia Italia che personalmente egli intende « sostenere fino alle estreme conseguenze l'attuale posizione di indipendenza di giudizio quale è stata espressa negli articoli cui l'Unità si riferisce. Di questa posizione discuteremo con gli organi del partito, perché la nostra intenzione è di rimanere comunisti. In nessun testo marxista è negata la libertà di espressione ed a me pare che le questioni su Città aperta meritino d'essere difese >. L'episodio ha comunque un'importanza che supera le stesse personalità dei nuovi condannati, riflettendo piuttosto lo stato generale di disagio in cui si trova la cuilui», comunista in progressiva fase di soffocamento per la sempre più stretta disciplina alla quale i dirigenti cercano di sottoporla per impedire ogni espressione di in dipendenza e libertà di giudizio. Il problema è pertanto largamente politico e non si escludono più larghe e profonde ripercussioni. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Antille, Berlino, Cìiolitti, Jugoslavia, Roma, Sicilia