Per un criminale di guerra

Per un criminale di guerra Per un criminale di guerra La petizione di grazia a favore di Reder inoltrata da exmaresclalli e generali hitleriani al presidente Gronchi non avrebbe, presa in se stessa, nulla di scorretto. Sembra che Reder, condannato da un Tribunale italiano all'ergastolo con regolare processo quale criminale di guerra, e attualmente detenuto a Gaeta, sia ormai in condizioni di cronica degenza in seguito ad una paralisi che lo ha colpito, ed a residui di antiche ferite. Che dei suoi vecchi camerati intervengano per lui, invocando clemenza, può anche essere comprensibile. Chi dovrebbe, in definitiva,-pronunciarsi sull'opportunità di questo condono sono le popolazioni che portano ancora impressi non soltanto nel ricordo, ma nelle mura delle povere case e sovente nella loro stessa carne, i segni ferali del suo passaggio. Ma poiché in un certo senso il Presidente della Repubblica rappresenta tutti, egli può anche considerarsi autorizzato ad anticipare il loro cristiano perdono, stendendo sin d'ora sullo sciagurato Reder un velo di oblio. Nulla da eccepire, dunque, sulla petizione. Purtroppo, però, se si passa a esaminarla da vicino, quelle buone disposizioni cominciano subito a sbollire. Intanto i nomi. Nessuno dei firmatari, diciamo pure la verità, è un simpaticone. Non certo quell'ammiraglio Doenitz, opportunista se ce ne fu uno, che tentò in extremis il colpo gobbo del governo provvisorio dì Flensburg, per gabbare gli alleati e creare un alibi a sé ed al suoi amici. Non quel maresciallo von Manstein, col suo perfido doppio gioco per cui per un pezzo, senza mai compromettersi, lasciò sperare ai colleghi che preparavano il complotto che potevano forse contare su di lui, e poi, pur nutrendo la più profonda disistima per Hitler, tradì von Tresckow che dovè togliersi la vita (vedi l'interessantissimo libro di Wheeler Bennett sulla Nemesi del potere). Ma quel che fa bollire il sangue è trovare, in calce ad un indirizzo diretto aj Presidente della Repubblica italiana, la firma di Kesselring. Ma come, quel signore osa ancora riaffacciarsi in Italia. Quel signore, che ha il suo diploma di infamia, inciso per sempre nel marmo sulla piazza di Cuneo, ha la spudoratezza di pensare che il suo nome possa essere una raccomandazione per gli italiani! I quali possono dir di no a tutti, ma mai a Kesselring: come potrebbero rifiutare qualcosa a questo vecchio, caro, servizievole amico? Se io fossi il ministro a cui tocca esaminare la petizione, esigerei per prima cosa che fosse cancellato quel sinistro nome. Non basta: ancor più strabiliante è il contenuto del messaggio. Impertinentemente opponendosi alla sentenza di un Tribunale italiano, impertinentemente perché non hanno né la competenza né la veste per farlo, essi pretendono che Reder non è un criminale di guerra, perché ha obbedito agli ordini ricevuti. Conosciamo l'antifona: è il sofisma col quale 11 popolo tedesco è riuscito a risparmiarsi sinora quel coraggioso e virile esame delle responsabilità che avrebbe potuto liberarlo per sempre dal passato, affrettando in . Europa un nuovo clima di fiducia e di fratellanza. Quello però che passa ognt segno, non si sa se di indelicatezza o di balordaggine, è quando hanno 11 fegato di presentare Reder a Gronchi come «un camerata in armi del soldato italiano ». Indelicatezza perché, nel momento In cui chiedono un atto dì clemenza, tentano di insinuare implicitamente che questa clemenza è dovuta. Ma balordaggine somma, se sì riflette che essi sì rivolgono al capo di uno Stato che è uscito dall'antifascismo e dalla Resistenza, e che fu antifascista e resistente egli stesso. Proprio a lui vengono a raccontare adesso che Reder, lo scannatare di Marzabotto, di Vince, di Sant'Anna, è un buon camerata' in armi del soldato Italiano. Bisogna avere delle belle facce di bronzo. La grazia verrà o non verrà, non tocca a noi né avversarla né sollecitarla. Ma quell'incredibile documento non poteva passare senza una replicaFilippo Sacchi

Luoghi citati: Europa, Gaeta, Italia, Marzabotto