Le delusioni di Marcello ossia la coltura comunista di Vittorio Gorresio

Le delusioni di Marcello ossia la coltura comunista - - I RIBELLI ALLA BUROCRAZIA DI PARTITO ^ Le delusioni di Marcello ossia la coltura comunista E' un racconto di costume, umoristico e satirico, che ha fatto rumore tra gli intellettuali di sinistra; è un linguaggio che ricorda i Giolitti ed i Muscetta, i Cantimori ed i Calvino - La "ciurma corsara,, sorpresa dalla bonaccia i o i a a o n e a a el ui el¬ (Dal nostro corrispondente) Roma, 9 agosto. Marcello, da ragazzo, era dpoca salute ma studioso. Non riusciva simpatico, però, anzera goffo ed Impacciato, e in uniforme da avanguardista veramente ridicolo. Nelle adunate del sabato gli ufficiali della G.I.L. lo chiamavano marmotta perché era lento e quasi addormentato, e non sapeva portare bene il cappello all'alpina né fare stare su le fasce mollettiere (su quelle gambe magre e senza polpe) ed esse infatti gli calavano agli stinchsempre al momento meno opportuno, quando il manipolo sfilava, per esempio, davantal podio del federale. Però era il primo della classe ed una volta che al Liceo per tema di composizione di italiano gli dettero da commentare, a scelta, una frase qualunqupronunciata dal duce, Marcello ne citò una che Mussolinaveva detto nel 1914, e che era contro l'intervento in guerraSuccesse un pandemonio ma il ragazzo fu salvato per una raccomandazione, da Roma, duh pezzo grosso suo parentePoi, giovanotto, fece la guerra come sottotenente di comple mento, e con la pace ritornò al paese dopo avere gireto mezzo mondo: Cirenaica dapprima e po| Egitto (essendo stato fatto prigioniero) e quindi Kenla e finalmente India. Tornò cambiato, irrobustito, fatto più scuro in volto, forse più uomo, e in ogni modo comunista. Questo Marcello, che è-l'eroe di un libretto di Luciano Bianclardi (« E lavoro culturale », Feltrinelli Ed.), è un personaggio che è comparso già altre volte nella saggistica dedicata al costume contemporaneo: è uno del tanti che, essendo stati giovani sui vent'anni al tempo della guerra e della caduta del fascismo, oggi impersonano la sorte e il senso di una gene- pcvcdnnqfgcprazione che ha già una storia | propria E' stata scettica nella e o I e . sua adolescenza contaminata dalla grossolana stupidità della dittatura; ha poi vissuto ore di speranza; adesso si trova ricondotta sul terreno di una piccola realtà di vita, di nuovo provinciale, di nuovo minacciata dall'eterna sfiducia degli italiani. - La delusione del Marcello di Blanclardt, protagonista di un saggio di costume espresso In forma di racconto umoristico a sfondo morale, viene dalla esperienza comunista che egli ha compiuto nella sua piccola città di provincia, dove ha svolto t lavoro culturale », ossia que'i gerire di ati'.vità patrocinai r.ai comunisti, che dovreb >e portare un'aria nuova nei piccoli centri mediante conferenza, dibattiti, circoli di cultura, cine-clubs, mostre, campagne del libro. Fosse buona l'Idea, fOBBe illusione, è questo ciò che è capitato in pratica: « Mi hanno passato alla stampa. Non sono più responsabile del lavoro culturale. Mi hanno messo al posto di Martini. Martini è al lavoro di massa, ma al posto di Gianni. Gianni va alla pace, e Glorg=tti alle cooperative. All'organizzazione resta Stefani Al lavoro culturale, per ora nessuno. Poi manderanno un elemento dal Meridione, credo». Cosi falliva il procedimento dell'export-lmport della cultura fra il centro o la periferia, per l'instaurazione, dall'alto, di un costume nuovo nella provincia; e perciò non stupisce che, passato .qualche anno, ora Marcello Ma un impiegato della Previdenza Sociale a sessantamila mensili, più gli assegni famigliari. < Un buon posto » avverte Bianciardl. Pa dre di famiglia, ha messo la testa a posto, come si dice, In ciò aiutato dalla Michelina, la brava popolana che ha sposato nel giorni del suoi entusiasmi sociali. Dei furori culturali che lo possedettero al te ni¬ po del lavoro di partito, ha conservato 11 gusto per un lavoro che lo occuperà per qualche anno, e che è lo studio della formazione del latifondo nella sua provincia maremmana* < Infatti ci sono molte questioni che nessuno ha affrontato prima: per esempio gli usi civici. E* proprio vero che i Lorena li abolirono completamente, o non permangono invece, in altri casi? Quante cause civili fra Comuni e privati ci sono state per via degli usi civici? E il principe Corsini'? E' vero che il granduca, in cambio di una sella, gli concesse in dono una tenuta di seimila ettari? E' vero? E la bonifica allora? A prò di chi è stata fatta? Chi l'ha vo- | luta? Chi era il Fossombroni, o lo Ximenes? Chi c'era die- e a n a n a ¬ tro di loro? Che atteg>-'amento tennero? E, le colmate? Perché proprio le colmate? Una questione solo tecnica?». Come si vede, c'è uno spunto di satira contro i modelli della vecchia erudizione, e non è posto a caso. Come reduce da una fervida esperienza culturale marxista, Marcello, è ormal finito sul piano del vecchio bibliotecario comunale Chellini-Sforzi, delle notabilità intellettuali del paese, professori e avvocati del genere di quel Tamberi che si dedicava a studi di topografia medioevale sui confini tra- Montiano e Scerpenna negli anni dal 1317 al 1319, o su una sòccita nel Comune di Montepascali. Ugualmente, Marcello ora trascorre il tempo libero dall'ufficio a studiare le carte e le scritture del secoli, i contratti agrari, gli opuscoli rarissimi che si pubblicarono durante I primi tentativi di comunità agricole a Perolla e Cotone. Il libro ha fatto molto rumore fra gli intellettuali comunisti, sia quelli ancora nel partito, sia quelli usciti recentemente. Al caso di Marcello, che Bianciardl racconta letterariamente, Dario Puccini, dell'Unità, ha riconosciuto vera importanza politica dato che un libro di questo genere è una < gustosa, anche se parziale, autocritica della cultura di sinistra nei suoi più scoperti e non ancora sconfitti schematismi. Come negare che di questa ottima ironia, appuntata ni uno degli oggetti che più ci stanno a cuore c'è bisogno contro l'assenza di ironia di certi chierici con l'ovatta agli orecchi? >. E' un linguaggio che ricorda quello già usato per il c disgelo > di Ehrenburg, ed è il discorso molto diretto che fan no i Giolitti ed 1 Muscetta, Cantimori ed i Calvino, ormai tutti ribelli alla condotta bu¬ rtttdacgqtgpmnnnc o o e a i ù o i i l i ¬ rocratica del partito. Su Città aperta del 25 luglio è uscito un racconto di Calvino, Intitolato <La grande bonaccia delle Antille», che è la più atroce satira che conosciamo contro l'immobilismo di Togliatti. La sua nave, che è quella del corsaro protestante rivoluzionario opposta ai galeoni spagnoli armati dai papisti conservatori, rimane ferma e inerte nel cospetto del nemico. Racconta uno zio Donald, vecchio pirata: < Su altre navi della flotta c'erano stati cambiamenti di ufficiali e anche ammutinamenti, sommosse: si voleva ormai un altro modo di andar per 1 mari, c'erano semplici uomini della ciurma, marinai di quarto e pure mozzi che ormai s'erano fatti esperti e avevano da dir la loro sulla navigazione». La ciurma corsara, altre volte terrore degli oceani, era obbligata dal capitano (TogliaA.i) a ristudiare 1 piani delle grandi battaglie navali dell'ammiraglio Drake (Stalin) e il regolamento del maneggio delle vele, e il manuale del perfetto timoniere e l'istruzione per l'uso delle colubrine, e atlanti e carte nautiche c Cosicché, la bonaccia non accennando a finire, si prese a lanciare dei messaggi, con le bandierine, da una nave all'altra, come si volesse aprire un dialogo. Ma non si andava più in là d'un: buon .giorno! Buona sera! Neh, che,fa bel tempo! E cosi via...».jL'allegoria ci sembra già abbastanza scoperta, ma gioverà citare ancora l'ultima battuta di Calvino, dove è espressa la angoscia di tutti 1 suoi amici non ancora rassegnati all'erudizione astratta come il Marcello di Bianciardl c anzi terrorizzati dal racconto del Marcello-zio Donald: < E allora, zio Donald! Ci buttammo in ginocchio ai suoi piedi, lo supplicavamo a mani giunte, lo scuotevamo per le spalle, urlando: Diteci come andò a finire, in nome del cielo! Non possiamo più aspettare! ». E' un avvertimento a Togliatti, e non è da tacere che Città aperta che lo ha pubblicato, è un periodico comunista diretto da Tommaso Chiaretti, che è l'Asmodeo de l'Unito, compilatore della nota rubrica polemica < Il dito nell'occhio ». Ciò infatti prova che non vogliono aspettare più nemmeno i rimasti nel partito, anch'essi appartenenti a quella generatone culturale che in questi giorni ci sta offrendo sofferte e aspre testimonianze di un suo tormento che dobbiamo riconoscere come sincero e veildo. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Cirenaica, Comune Di Montepascali, Egitto, India, Lorena, Montiano, Roma