È lecito al perito psichiatra svelare le confidenze avute? di Francesco Argenta

È lecito al perito psichiatra svelare le confidenze avute? UN PROBLEMA INESPLORATO È lecito al perito psichiatra svelare le confidenze avute? La legge glie'ne fa obbligo, ma in tal modo è frustrato il diritto di tacere e mentire che è riconosciuto all' imputato. Quando la rivelazione della confidenza cui il soggetto si è abbandonato non si ritorce a suo danno, è fonte, sempre, di lacrimevoli conseguenze per la cerchia dei suoi familiari (Nostro servizio particolare) . Zurigo, agosto ti senso del limite, cui obbedisce in questo paese, di antica e schietta democrazia, l'intervento dei pubblici poteri, ma a cui si ispira, ed uniforma, anche, (quasi si trattasse di un precetto legislativo e non già di una norma morale) ogni rapporto fra i singoli, ha fatto impostare e dibattere dalla sezione zurighese della Società svizzera di criminologia un problema che non è stato slnóra sollevato in alcuna altra sede ed in alcun altro paese. Si tratta del segreto professionale cui dovrebbe o potrebbe essere tenuto il perito psichiatra nell' espletamento dell'incarico a lui affidato. In altre parole, lo. psichiatra che è stato incaricato dalla autorità giudiziaria di compiere accertamenti sulle condizioni psichiche di un soggetto, è tenuto a rivelare all'autorità inquirente tutti i fatti e le circostanze, anche le più intime e delicate, che gli sono state confidate dal periziato e dai parenti? E' tenuto a rivelarli senza eccezioni e senza . /imiti, ancorché là loro rivelazione possa risultare di nocumento per il soggetto, possa aggravarne la posizione di fronte alla legge penale, o — nell'esclusione di questa ipotesi — possa comunque risultare produttrice di effetti e conseguenze funeste per i familiari dell'imputato, ascendenti e discendentit TI codice deontologico, la cui formulazione, in embrione, risale ad Ippocrate, fa obbligo al medico di osservare il segreto nell'esercizio della sua professione. Molte legislazioni hanno sanzionato penalmente qucst'obbligo, segnalandone il fondamento giuridico non solo nell'interesse privato, che esige il rispetto assoluto della personalità umana, ma anche nella necessitò- di tutelare e salvaguardare l'ordine pubblico. Ora, se la norma è comune e si estende alla generalità di coloro che esercitano la professione sanitaria e che, per la specialità che profes- sano, possono essere chiamati come periti in giudizio, la questione che sorge per gli psichiatri si presenta con aspetti diversi e appare di più, difficile soluzione. A cagione dell'interrogatorio approfondito, condotto con tono di estrema confidenza, cui lo psichiatra addiviene allorché deva far luce sulle •condizioni psichiche ài un soggetto, costui è poriato ad espandersi, a rivelare allo psichiatra i « segreti » della sua vita, quei ^segreti che avrebbe taciuto a chicchessia, anche al confessore 0 al medico di famiglia. Ebbene — e la questione sollevata dalla Società svizzera di criminologia si può riassumere in questo interrogativo — non è ingiusto e crudele che il perito psichiatra sia tenuto, m virtù della prassi e della legge, a spiattellare e tramandare in documenti destinati ad essere conservati negli archivi tutto quanto il paziente gli ha confidato? non è legittimo, per lo psichiatra, invocare la facoltà ed il diritto di tacere al giudice i più gelosi segreti confidatigli dal soggetto in esame? La questione non è oziosa, accademica. Oggi, in tema di perizie psichiatriche, l'attenzione del pubblico è richiamata dalla discordanza, assai frequente, che si riscontra nei responsi peritali. Per il perito A., tizio è totalmente infermo di mente; per il perito B., invece, dispone pienamente della facoltà di intendere e di volere. Questa discordanza di .pareri, quando viene da periti capaci e qualificati, è scientificamente spiegabile ed il dissenso fra essi è, anche, suscettibile di composizione. Ma il pubblico coglie solo gli aspetti esteriori del fenomeno e ne ride, grida allo scandalo. Ma non è, maggiormente, motivo di scandalo e socialmente dannoso il fatto che le miserie le tristezze le infelicità dei soggetti sottoposti ad accertamenti psichiatrici siano, col placet deila legge, fatte conoscere urbi et orbe, siano oggetto di commento da parte anche di chi non avrebbe diritto di interloquire, siano tramandate dalla cronaca alla storia, abbiano a dar luogo ver il disgraziato protagonista della vicenda ed i suoi più stretti parenti, ad una sinistra e malevola ipoteca nei loro rapporti sociali? Sappiamo: il perito riferisce al giudice, rassegna al giudice le sue conclusioni, i suoi elaborati. Ma i dibattimenti, dove le conclusioni del perito vengono in esame, sono pubblici. Guai se non lo fossero! Sennonché la pubblicità dei giudizi conduce, spesso, all'assurdo. Ed è proprio quello che si verifica per i responsi e le relazioni peritali degli psichiatri. Prendiamo un caso clamoroso: l'infezione luetica contratta dal padre della protagonista, all'epoca del suo concepimento, era un segreto di famiglia: oggi è un fatto in dominio di tutti, che pesa, come una sinistra tara, su di lei e, per i malevoli, si riflette anche sui suoi discendenti. Ma a sono tanti altri casi meno clamorosi e, forse, più 1 drammatici. 1 La ricostruzione dell'ana¬ mnesi, da parte del perito, conduce talora a mettere in rilievo un episodio giovanile, compiuto inconsideratamente, e che non è ■ stato generatore di conseguenze: un tentativo di suicidio, un gesto irragionevole che determinò l'internamento temporaneo in una casa di cura, ecc. Ebbene, portati alla ribalta giudiziaria, questi episodi — che, forse, lo' stesso periziato si è indotto ad esagerare, nella persuasione di rincalzare la propria tesi difensiva —, st ampliano, si ingigantiscono; assumono contorni paurosi e sinistri; acquistano, per il pubblico, una portata che induce a giudizi grossolani e definitivi, assurdi e sommari! Un caso di pazzia fra gli ascendenti o i collaterali, porta, inevitabilmente, il pubblico a generalizzare: tutti pazzi in quella famiglia, anche le tenere creature dà poco sbocciate alla vita e che non sanno, ancora,'della loro sventura. Come deve comportarsi, dùnque, lo psichiatra nel dar conto all'autorità giudiziaria dei suoi accertamenti peritali? Il «groupe de travail» di Zurigo della Società svizzera ■ di criminologia, ha dedicato alcune delle sue riunioni all'esame della questione. Ed alle riunioni han partecipato, in folla, psichiatri e giuristi. E' ovvio che gli uni eÉ gli altri han dibattuto il tema avendo riguardo alle norme contenute nel codice penale della Confederazione, le quali non collimano, sempre, con quelle sancite dai codici ih-;ili altri paesi. Comunque, fra psichiatri e giuristi, sul tema ancora nuovo ed inesplorato, si è verificato un netto contrasto di pareri. Mentre gli psichiatri lian sostenuto che non esiste un obbligo assoluto per il perito (il quale è medico e non cessa di essere tale, anche se investito di un incarico giudiziale) di venir meno al segreto professionale e di riferire all'autorità inquirente tutti i fatti che gli sono stati confidati dal paziente, in virtù, proprio, della confidenza che si stabilisce fra psichiatra e paziente e costituisce il presupposto clie condiziona ed agevola l'espletamento dell'incarico peritale, i giuristi — pressoché unanimi — han sostenuto che lo psichiatra ha l'obbligo, secundum lego? di riferire all'autorità inquirente tutti gli elementi di cui è venuto a conoscenza. Qualche giurista è andato oltre ed ha sostenuto che il perito non deve cercare di ottenere la confidenza del soggetto sottoposto al suo esame: se un rapporto di confidenza viene a stabilirsi fra lui ed il soggetto, può nascere legittima la presunzione ed il dubbio che egli abbia ad essere parziale nei giudizio che è chiar mato ad esprimere. Il dissidio potrà essere composto nelle discussioni eh. seguiranno. Intanto, anche come orientamento per i dibattiti che su. questo tema potranno avere luogo da noi, vai la pena di riferire le conclusioni cut é giunto il relatore, ti prof. EruHn Frey, docente di diritto penale a questa Università e già presidente della Società svizzera di criminologia. L'imputato — egli osserva — può tacere, se vuole, e non è tenuto a dire la verità. Ma questa facoltàj che è accordata all'imputato, non deve essere annullata o fesa illusoria dall'obbligo per il perito, di smascherarlo dinanzi al giudice. Né il perito ha l'obbligo di rivelare al giudice tnguirente i fatti o gli elementi che egli — come medico — sarebbe tenuto a tacere, in virtù del segreto professionale, salvo che i fatti medesimi abbiano uno stretto e immediato rapporto con l'indagine peritale che gli fu affidala. Francesco Argenta

Persone citate: Frey

Luoghi citati: Ippocrate, Zurigo