L'Incorruttibile di A. Galante Garrone

L'Incorruttibile L'Incorruttibile Per molto tempo gli storici francesi dell'Ottocento (a cominciare da Thiers, se non erro) sentirono il bisogno di dichiarare quale sarebbe stato il loro posto, se avessero dovuto' scegliere fra i rivoluzionari della fine del Settecento. Gli uni accanto ai Girondini, gli altri a Danton o a Robespierre: ma in un modo o nell'altro si sentiva di dover parteggiare, militare; tanto era ancor vivo e presente il ricordo della grande Rivoluzione, il ribollire delle opposte passioni. Non si pensava neppure che compito dello storico fosse di porsi al di fuori e al di sopra di quelle aspre contese. Ancora sulla fine del secolo scorso, con quel suo piglio vigoroso e colorito che ricordava non poco le impennate di Michelet, Jean Jaurcs proclamava in tono di sfida: « E' a fianco di Robespierre, che io andrò a sedermi al club dei Giacobini ». Ed erano davvero parole di sfida, lanciate all'indirizzo dei positivisti, degli « opportunisti », dei radicali della terza Repubblica, che proprio in quegli anni facevano di Danton un eroe nazionale, e gli erigevano il monumento che tuttora si vede al carrefour dell'Odeon, mentre lasciavano Robespierre — « il gelido, il livido tiranno » — sotto il peso dell'antica, rabbiosa esecrazione. Oggi ancora, non si può dire che quella passionale avversione si sia del tutto placata. A me è accaduto, in taluni ristretti ambienti della provincia francese, di sentire parlare di Robespierre come del diavolo, come di una potenza malvagia ancora in agguato: quasi che le propaggini della famigerata « coda di Robespierre », di cui tanto si era favoleggiato, si prolungassero fino ai nostri' giorni. Quel che è più strano, nell'anno di grazia 1057 non è dato trovare in tutta Parigi, dove a ogni passo ti balzano incontro i grandi nomi dell'epopea rivoluzionaria, una via, una piazza, un busto dedicato alla sua memoria. Una recente notizia, di cui anche i nostri giornali hanno largamente parlato, sembra tuttavia preannunciare che a questo singolare e, diciamolo pure, in giusto stato di cose verrà posto fine. Molti parlamentari francesi hanno chiesto all'Assemblea nazionale d'invitare il governo a commemorare solennemente Robespierre nel 1958, che sarà il duecentesimo anniversario della nascita. Ed è significativo rhe l'iniziativa sia partita da diversi settori della Camera francese; come a testimoniare che quel nome non può più essere assunto a bandiera, idoleggiata o esecrata, di un solo partito, ma appartiene ormai a una comune c non contestata traditone nazionale. Questa evoluzione non sorprende, sol che si pensi alla lenta azione chiarificatrice e rasserenatrice del tempo, e specialmente alla grande revisione storiografica intrapresa da Albert Mathiez: uno storico partigiano e acre come pochi altri, ma che, dal suo stesso intenso e a volte perfino astioso fervore (polemico di « riabilitazione » di Robespierre e di demolizione dei suoi avversari (primo fra 'utti Danton), era stato sospinto a un accanito frugare nelle pieghe più riposte della storia rivoluzionaria, giungendo così a risultati nuovi e importantissimi. La raffigurazione oleografica di un Robespierre frigido, astratto, crudelmente ipocrita, giffo e invidioso, è andata per sempre in frantumi: e al suo oosto si è visto l'uomo vivo e vero, l'intrepido e « incorruttibile » difensore della resistenza rivoluzionaria all'aristocrazia Francese ed europea. La sua 1 virtù » è apparsa per quel che veramente era, non un abito ostentato, ma un effettivo ascendente moole, suscitatore di energia. Chi voglia rendersi conto di questa realtà, può ricorrere alla pub blicazione, tuttora in corso, dei Discours di Robespierre (Paris. Presses Universitaires. Ne *ono già usciti tre volumi, h partire dal 1950), a curi Hi Georges Lefebvre, Marc Boulois-eau, Albert Soboul; oppure all'agile volumetto biografico dello :tcsso Bouloiseau ( Robespierre, Presses Univ., Collezione 'lue sais-je?, Paris 1957). Occorre anche dire che ,jiiesta riabilitazione propugnata da Mathiez è andata al di là del segno, trascinata dal suo stesso empito passionale; e. per fonvincersene, basta metterla a ,onfronto con la rigorosa cautela dei giudizi di Georges I efe'ivre. il maggior storico vivfnte d-lla rivoluzione francese. Un equi¬ lbdnvrdueutstzstddcn librato esame dell'» Incorruttibile » ci svela, accanto ai pregi di cui si è detto, un carattere nervoso, bilioso, pessimista (« La virtù è stata sempre in minoranza sulla terra » : è un no detto famoso), altero e timido a un tempo, irritabile e mneunier; e soprattutto — cosa grave per un uomo politico — esasperatamente sospettoso, al punto da scambiare i più vaghi mdizi con tenebrosi complotti e macchinazioni infami. Se pur egli spesso non mancava (connarianiente a quel che di solito si dice) di un certo realismo politico e di una pronta intuizu ne cH'a cangiante realtà, quella sua panini diffidente e ombrosa fini per creargli intorno la solini iine. Fu errore gravissimo — incile se non soltanto suo — l'aver progressivamente ristrato, con le dure repressioni, la base, già di per sé esigua, dei rivoluzionari. Sarebbe diventato fatale, alla fine, l'affievolirsi dello spirito rivoluzionario, e il sopravvento della reazione. Anche sua, come d'altri, fu la responsabilità dell'inconsulta legge del 22 pratile, che scatenò l'ultima e più cruenta fase del Terrore fino a Termidoro. E si porrebbe continuare a lungo nelle critiche e nelle riserve suila grandezza dell'uomo, e dell'opera sua. Ma quel, che importa qui rammentare, è la necessità di una valutazione finalmente equanime e serena di Robespierre, fuor d'ogni risentimento o pretesto polemico. Quante volte, si è detto e ripetuto, da un secolo e mezzo, che il suo era un procès jugé et non plaidé; che era giusto riaprire e discutere il processo spicciativamente deciso dai Termidoristi! Questa os sessione di un processo vero, e proprio, davanti a cui fossero da portare gli argomenti di accusa e di difesa, è durata fino ai nostri giórni. E' dunque tempo che alle troppe sentenze, di condanna o di assolutoria, sottentri il giudi zio storico. Forse, l'iniziativa parlamentare di cui dianzi si diceva è il segno di questa finalmente raggiunta serenità critica. Ma diciamo forse, perché del tutto sicuri non ci sentiamo di essere. Basta pensare all'op posizione suscitata, negli ambienti politici della vicina repubblica, da quella innocente iniziativa. C'è stato chi si è inalberato, e ha proposto di celebrare, invece di Robespierre, Vorganisateur de la victoire, Carnot. E nei giornali, com'era da attendersi, si è accesa una vivace discussione sui rispettivi meriti dell'uno e dell'altro ri¬ vppdntcDmditspgrgpsnscmrdisctf voluzionario. Anche gli storici più illustri sono scesi in campo. E cosi le passioni si riaccendono, e studiosi e politici sentono il bisogno, ancora una volta, di scegliere il loro posto, vicino o lontano da Robespierre. Di contro allo schieramento dei moderati e dei conservatori, vediamo esaltato, nel nome di lui, il « fronte popolare » dei Montagnardi, dei giacobini e dei sanculotti, e la democrazia popolare dell'anno II. Gli stessi grossi avvenimenti in corso, dal rapporto Kruscev in poi, aggiungono esca al fuoco divampante. Ed è vano obiettare che si deve reagire a ogni distorsione polemica, e, che non si può disdegnare, o ciecamente esaltare, ciò che dell'opera di ogni uomo, e così anche di Robespierre, si è trasfuso nella storia. Vedrete che, anche questa volta, il suo monumento, a Parigi, non si farà; e invano andrete a cercarvi una via o una piazza intitolata al suo nome. A. Galante Garrone f ] I ^ 11 i ! ] E11111 k 1111 [ : 11 ! E1 ! 1 i 111111 ! 11 i 11 ! ! 11 ! 1 i 11 ! I

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