Tra i lebbrosi ad Haràr

Tra i lebbrosi ad Haràr Zalalaca ■ Ossia il Casello al Km. 432 Tra i lebbrosi ad Haràr o e o o e , a , , e e n , a e a (DAI, NOSTRO INVIATO SPECIALE) ADDIS ABEBA, luglio. Avevo in proposito di proseguire da Barar a Dire Dumi, quella mattina, sabato, quattro lugliocol solito automezzo del — postalino. — Ma Sua Eccellenza il Generale Guglielmo Nasi, Governatore dell'Harar, mi fermò fino apomeriggio; che m'avrebbe fornito lui un automezzo particolaree incaricato d'una lettera, confidata ad personal», da recapitare ipiù celermente possibile nelle mani stesse di Sua Eccellenza il Viceré, ad Addis Abebà, Il giovane medico fascistaQuella lettera! ch'io avevo ragione di supporre specialmente importante, nonché riservatissimadi quante preoccupazioni m'avrebbe mai assillato, come il lettore constaterà, durante il viaggio disavventuroso. A certo momentodiventerebbe per me-iin incubo; dieci volte, disperando di riuscira recapitarla, e temendo d'esserper cadere nelle mani dei ribelli, o più precisamente cadere sotto loro colpi — che, vivo, ero ben deciso a non lasciarmi prendere, — dieci volte, fui sul punto di distruggerla, bruciarla. Poi prevalse sempre questo mio ottimismo augurale, con cui n'ho pur scampattante di belle: — Stiamo a vederefesso mio, che tutto finirà per imeglio. — E tiravo via. Approfittai della mattinata libera, ad Haràr, per andare a visitare il lebbrosario, quello già defrancese Dottor J. Férmi, Il nuovo direttore, incaricato dal Governo, è giustamente un amico dlunga data, per quanto lui giovanissimo: il Dottor Mario Vaccàrfiglio del Professor Vaccàri, l'illustre ginecologo di Torino, e tra più rinomati d'Italia; e lui, il fii/lio, mi pare un dei campioni piadegni delle nuove generazioni fasciste. Capo-manipolo della Milizia, già praticante all'Ospedale dNovara, e ottimamente avviato quotato, lasciava allegramente iposto, per venire volontario nell'Affrica Orientale, tra i primi. E compiva la campagna di guerrasul fronte, della Somalia, sottotenente medico presso i reparti indigeni, segnalandosi per capacità professionale, fuor del comuneper coraggio personale, per una volontà un'attività una resistenza a tutta prova. Ultimamente, assegnalo al XLV Battaglione Eritreodopo aver partecipato alla battaglia dell'Ogadèn e dell'IIururghiésempre distinguendosi eccezionalmente, nei combattimenti, spesscome combattente volontario, altrettanto che nell'esercizio specifico delle sue mansioni, entrava udHaràr, all'atto della nostra oc.cunazione Volto maggio VenUquattr'ore dopo, aveva giù istituito faceva funzionare un a m bitlat orlpoliclinico per indigeni-e orqanizPoi l«ava l'ospedale indigeno hanno incaricato del lebbrosaridel Dottor Ferali, ch'era partitpochi giorni dopo la nostra occupazione. Mario Vaccàri, così, s'è trasferito al lebbrosario, vive tra i lebbrosi, si prodiga loro, con tutta lsua bravura di medico, con unspirito umanitario, di abnegazione e di devozione, ch'è insieme supremamente cristiano e fascistaE quei disgraziati constatano giorno per giorno che non hanno niente perduto, e. si sono anzi totalmente avvantaggiati nel cambiodal dottore francese al dottoritaliano. Con la sua faccia chiare sempre gioviale, con il suo slancio giovanile, con la sicurezza dsè e il senso d'autorità, che da luirresistibilmente emana, con lsua benevolenza e la sua volenterosa applicazione, egli se l'è tuttconquistati, a uno a uno. Quei disgraziati. Eppure mendisgraziati di tanti altri, come loro appestati, come loro rejetti daconsorzio umano, die s'aggiranper questa terra, ostentando i loro lebbromi, le piaghe, le deformità, le mutilazioni, le mostruositàtrascinandosi di strada in stradadi siepe in siepe, raccogliendosaddosso un mezzo lenzuolo putrido e ztppo di parassiti, mendicando l'elemosina, che xiien loro gettata fuggendo, contendendo 7'o.s.so il tozzo al cane ringhioso, dissclaudasi alla pozzanghera, presscui, magari, in un vortice ronzalite di mosche color di livido verdein un brulicante pullulare d'insetti necrofagi e necrofori, si mace ra una carogna, già mezzo divorata dalle jene dagli sciacalli dagli avvolto]. Al tristo recinto Scendiamo per un sentiero scosceso, a gradoni, a sbalzi, tra ma-cii/ni tondeggianti, su lastroni le-vivati e scavati dallo scorrere edal precipitare delle acque, trasiep gigantesche di fieli dindioe ; ' , ' Scendono mandre e gregge connoi, zebù pecore capre, che saltano di balza in balza, di dirupo in dirupo; e i pastori ammantati di mantelli bruni, di lana irsuta e il lungo bastone in mano, e unusospese al basto, o carichi d'unzuccain forma di fiasca, che con-tiene l acqua, a tracolla. Vengonogh asmtlli, con bisacce rigoufiegrosso sacco, di farina, forse, o dizucchero o di caffè; e oscillandosotto il peso, tentano la rocciacol piede proteso, a ogni passo. Èle donne, coi poppanti sulle spai-le o in collo, coi bambini che s'ag-grappano alle loro vesti multicolo-rate. I più grandicelli incitano iciucci, rincorrono le bestie che siallontanano, e dietro cui ubbuju-no i c«ni. Una fonte rigurgita emormora, sgorgando di sotto un(.'i»//o eccelso di palme, svettantinel luminoso azzurro. Scena bibli-ca: par di rivivere tra il Vecchioe il Nuovo Testamento. Al fondo dell'aspra discesa, ar-viviamo a un recinto e a un cun-cello. Un giardino, dentro, sgarMgiuntcmente fiorito: e riquadri diWtìcelli, ben coltivati, pettinati; esparsi tra il qiardino e gli orti, nit- """osi tucùl, la costruzióne cUtn-Wica, di graticcio di rami e mal-l« «« "*'•.•«. esternamente imhi„n-cft'« « calce, e il tetto conico, dicannuccc e paglia, che al sole acquista riflessi d'oro brunito. Una villetta di legno è appartata poco più in alto, su mi prossimo grep P0> vestita e adorna di piante ramì"'-l'>,t' nessuno. Due tettucci, degli indigeni, o serir chiamano in Somalia, M'inoltro curioso dalla soglia dì uno dei tucùl. — Sei proprio deciso a entra re t — mi osserva Vaccàri. •<— E' davvero contai/iosa la lebbra ? — Chi lo su? Ci sono parie scuole, disparate teorie. Probabilmente sì. è contagiosa, in certe, circostanze, forse- per date predisposizioni. — Tu immagini che potresti prenderla f ■— Spero di no. Ma bada che il periodo d'incubazione pare possadurare fino a venti o trtnt'anni. Una rivista d'orrore — Un'originalità: portarsi addosso la lebbra per trent'anni, e non superne niente. Poi, un bel giorno... — Anche questo però non è nient'uffatto sicuro. — Ho capito: vojultri medici ne sapete zero: proprio come me. — La lebbra resta ancora il tremendo mistero, peggio del cancro. Nell'interno del tucùl non c'èl'angarèbcome lo costituitoda un fusto di legno, su quattro gambe basse, e da una rete di cor-da, tesa tra le quattro sbarre deì fusto, e che tien luogo del pagliericcio. 3 s'usano identici per tut ta l'Affrica e l'Asia; e n'ho veda-to anche in molte, contrade dell'America Meridionale. Praticocomodo igiènico. Qualche copertaidi pajo ili cassette; un fornello dfj(i!j-s. g dj Jamiera; due pe)ltoje;}clie masserizie. Si notaC0H 0,di„c meticoloso, ma-. f TT Pt f ''r* no che la mia donna di servizio„,„,.„, ,, ,.„.,. . . . potrebbe venire a imparare qui, inquesto tucùl d'un lebbrosario. Non c'è nessuno'!' nire adesso Tllttl ; tucùl Scono essi stessi alle proprie fac-Gli ammalati li ho fatti riu-■ quaggiù, all'aperto;„"-:i;eai"m er tucùI> Uoeri ai accompagnarscome vogliono, tra loro. Accudì-cende domestiche, il cibo, le vestiU bucato, la pulizia dei rispettivtucùl; e coltivano il quintino; e acoppie, un proprio appezzamentodi orto, con qualche pianta da frutta. I prodotti vengono colisamuti qua dentro, nel lebbrosarioper la mensa di ciascuno. Il lavo-ro tiene impiegati gli uomini, e altempo stesso allevia la spesa delmantenimento dell'istituto. Andiamo a vedere gli appe8ta-ti. Sono un venti, venticinque, chepassiamo in rivista. Orrenda rivi-Std. Vaccàri mi mostra, in un iu-dividuo, il primo studio della ma-htMa, l'efflorescenza dei lebbro-"ti- negli altri, le piaghe, leMeformasionl, il tipico volto leo- « forme di elefantiasi, humput«zioni: mostruosità atrociCostui, una maschera inumananon m mola umana, ma tutto"" lionfiore color di sangue rap-l"'e«0' c°n e™-"»" P>">^le escrt-scense, dal paonazzo all indaco: eli naso che scompare nell'insiemedella tumefazione, e gli occhi cheappena trovano uno spiraglio tra''!'l,/f'7.!IO,™,7I"!"Li'!''L,.'!":9''e1st'altri, la fronte e le tempia, gli avambracci e i polpacci, come ustionati profondamente, il tessu- to cutaneo scoperto sanguigno, edirel sfibrai,i. L'altro, che solleva il lembo dei càmice, a rivelarmidal basso ventre una macerazionte, un disfacimento da non si de-scrivcre L'altro ancora che ttrascinà su piedi e caviglie tnor-mi, spropositati, che veramentesembrano di un pachiderma: e lapelle nera, d'un nero fuligginósosi vede ■minutissimamente striatadi rughe, grinze bianchicce. Emutilo mi sono cadute, morte ledita della mano; e quello cui Wpiaga (■•Ulcerosa divora lo stincoE quello che non ha più naso, chenon ha più labbra; ma due fornerastrì in mezzo al volto, e dachì si spreme uno scolaticcio draneo; ma » denti e le gencive^r'!^^ gito alieniate immondo. PI , . erCIie Senza risposta t„ ;;..„,•;• <,„,.„ ,-,,,-r. efticrì neVmì,te neiandèzze di Sépe,qu7t, n lande,.e - — Qitesto sì, almeno in parteper moltissimi casi. E Vaccàri mi spiega il rombinato sistema di cura, la doppiaserie di iwjeiioiii endovenose, rtlternau in varia guisa. ■ — Ma si guarisce? — Tutto sta nell'ini e adersi suche cosa siynificu — guarire. —Quasi sempre si arrestano i féno meni, con la cura: quest'è certoSoprattutto, quando si possa ini'ziare la- cura sùbito, dalle pn'memanifestazioni. E m>jnda.tl un gruppetto d'indi vidui. quasi sani.'all'aspetto; e ,,„fa controllare /, tracce dei Ìtb^..: ..- scomparsi, le maghe rimargi no casi di figli, nati 'da genitorsani, almeno presumibilmente, enate, le tumefazioni rientrate. — E' ereditaria, la lebbra/ — Anche qui. non si può asserire di preciso. Si citano casi cheda ,ienit0ri, l'uno infetto di lebbra e j-altl.u n0i 0 entram- Z'Z.LfJLu? X*il*7cl ,tli % rita . '" V" P™tt*nimo si sviluppava i"1??' Di >V!"h''}a lehl'.™-vo'" rebbe conside™rìa ereditaria: ma non abbiamo nessuna prova e nessuna certezza. Nessuna certezza. C'è, intorno a noi, intorno a que-at't appestati, c'è questo paemggio stupendo, la prosperità l'idolidante della campagna ferace, perU'on<lolea giure ameno dei collisterminatamente; e gli armentplacidl al pascolo, e i fiori chesbocciano e odorano, e l'api chesuggono il polline, e le frutta chesi colorano tra il fresco verde, «gli uccelli che cantano, e quest'orbette che ci stendono ai piedi »Mtappeto smeraldino, e la farfallache vi trasvola. C'è una bellezzainfinita, nel mondo. < ineffabile- nella terra, e un cosi smagliante splendore di sole ne„iMa cielo. E c'è questa miseriasenza nome, questo martirio inaliaito, questa sconcia cosa abomi,levole Perchè'' Sein'u risposta, sempremai sri,--« risposta, a terribile perchè miicade, come una pietra, sul caporia bontàfvlario Bassi , l , l , e , e e e o i PRESSO HARAR: CIMITERO COPTO NEI SOBBORGHI DI HARAR

Persone citate: Addis, Dottor Ferali, Dottor J. Férmi, Guglielmo Nasi, Mario Vaccàrfiglio, Mario Vaccàri

Luoghi citati: Addis Abeba, America Meridionale, Asia, Haràr, Italia, Somalia, Torino