Il soggetto nell'arte di Marziano Bernardi

Il soggetto nell'arte Il soggetto nell'arte li grande quadro Dogali 18S7 \esposto da Felice Carena alla'Biennale di Venezia, esempio indiscutibile di « pittura slorica », ripropone di colpo alla critica d'oggi — e con un impeto polemico che deriva in parti uguali dal nome insigne dell'autore, dalla gravità dell'assunto, dalla clamorosa reazione d'al¬ cuni ambienti « di punta » della Igiovane pittura italiana — la sempre scottante questione del «soggetto» nellarte. Del qua-Ldro scrivemmo trattando della, Biennale. Senza riserve segna- lammo quelle che ci parvero le 5Sgi?" traduzione plasticale con pan convinzione applaudimmo al coraggioso intento. Non tornere- sue manchevolezze nel passag gio dall'immagine poetica alla|mo quindi ora sull'argomento se pure l'opera continui a sembrarci la pm importante della Biennale. Teniamo invece a richiamarla alla memoria di chi ci legge perchè in essa scorgiamo soprattutto un sintomo : iprincipio, cioè, anche nella pratica artistica, di una reazione quella corrente estetica che furia di considerare quadri, statue e persino architetture unicamente come una combinazione di elementi figurativi (forme, colori, riflessi luminosi) al di sopra di ogni contenuto iconografico, psicologico, narrativo, Sa finito a fare dell'arte un mero gioco stilistico. Pratica artistica, diciamo | perchèìn quella "critica," se non \ci inganniamo, già da tempo , &, • •' 0 r • ìanaloghi segni qua c la appaio-\no; e se anche le arti figurative non denunciassero la volontà diriaffiorare su dall'acqua morta |cui le precipitò la negazione, da parte dei più, di qualsiasi impegno rappresentativo di cose, di fatti, di sentimenti, già sarebbe di buon augurio veder ora un accenno di pentimento cominciare a farsi strada nella critica per ricondurci finalmente alla smarrita cordialità dei rapporti coi pittori, con gli sculto-1ri, con gli architetti, vale a dire a quell'aperto e comprensivo colloquio fra l'arte e il pubblico. rla, lanti anni che purtroppo tace. Non è molto infatti che su una rivista d'avanguardia e sottoscritte da una firma certamente I\, ■ ■ 'non sospetta di soverchie sim-\patie per una critica d'arte in tesa principalmente come biografia e storia iconografica, leggevamo queste parole: « I cosi detti elementi figurativi puri sono anch'essi nulla più che un linguaggio; un mezzo cioè di espressione dell'arte ; non l'arte stessa ». La rivista era CasabcT la, ben nota per la sua propaganda di un modernismo architettonico avanzatissimo; e lo scrittore — Guglielmo Pacchioni —- seguitava : — Per i « molti critici che si danno l'aria di iniziati privilegiatissimi al sacro mistero dell'arte, tutto ciò che non è riducibile a puro elemento figurativo è elemento sovrapposto ed estraneo che allontana dalla intima comprensione dell'opera d'arte e tende a fuorviare e distrarre il giudizio dell'osservatore dissolvendo, o, nella migliore ipotesi, attenuando, la intensità emotiva della pura contemplazione estetica. Cosi che l'ufficio del critico o del mae-stro dovrebbe, principalmente, es sere quello di liberare l'opera d'ar te figurativa da tutti gli elementi non figurativi che eventualmente vi si accompagnino, isolandone in una specie ài cristallina purezza stratosferica, soltanto gli elementi della pura visibilità i quali soltanto possono determinare valori e rapporti. Attenti poi che attraverso qualche pertugio di questo ideale crivello non riesca a trovare un varco qualche ideuzza che abbia una lontana possibilità di riferimento a valori della letteratura; che l'epiteto di letterario, affibbiato a una pittura o ad una scultura, per gli artisti d'oggi (che hanno poi di fronte alle astrazioni pseudo-filosofiche un coraggio da leoni) è tra i rimproveri che fan più paura e una delle più terribili minacce di cui possa disporre contro di loro il critico d'oggi ». Già queste parole ci avevano allargato l'anima avendo noi sempre diffidato, in arte, sia della gente troppo « pura » che di quella troppo « di gusto », e più ài una volta rimpianto il gestofaunesco di Carducci chiedentea gran voce nella poesia odor dimaschio meglio che effluvi di raffinate astrazioni. Non è forse attraverso l'interpretazione dell'arte e della critica condannala dal Pacchioni che si giunse agli ermetici linguaggi della così detta pittura astratta, cioè all'esasperazione del concello del puro colore, del puro ritmo, della pura musicalità e delle altre multe consimili «purezze».ti che dell'arte? Sapes-prelibate assaporazioni per chinon ha stomaco ai cibi vigorosi?Non è torse l'orrore il terrorelìe] concreto delle cose certe i_: .- ,.• 1; l'nei uni spirituali pillisi, c \^predilezione immancabile per^loincompiuto e 1 allusivo, a lar della scrittura di tanti giovanissimi critici d'arte (per lo più essi stessi pittori e scultori « incompresi »j una specie di commi «ergo fumoso che tende, sì, a spaccare il capello in quattro ma intanto perde assolutamente il conlatto con ogni realtà sia della sero costoro quanto male possono fare a chi s'inizia alla pratica artistica, almeno tacerebbero. Ma no; vien su e sta a galla per sei mesi un pittorucolo, uno scul orello che poco ha da dire ma s'agita per dieci e pro- clama che da lui comincia il rinnovamento dell'arte; ed ecco codesti corifei non solo acclamare alle opere ma raccòglier nel crivello i suoi giudizi quasi fossero pepile d'oro fino all'ultima briccica, e poco dopo ci vediamo quelle parole profeti \che stampate e commentate, 'Magari tanta gloria dura quan to la rosa di Malherbe, e allora i nostri finti ingenui confessano « coraggiosamente » l'errore, dichiarano che conviene « riveder le posizioni ». Non importa : che tali palinodie semestrali sono all'ordine del giorno, e per di più coi loro artificiosi Iclamori giovano a chi le ostenta, 0ra intanto, per rifarci al noslro ^omento, da piu tj L; torna alla car|ca Si continua , ?iustamente _ a rnnibaUcrc i>erronea concezione del « sfi getto;> in arte qua]e l'intende la critica empirica e cioè connesso |a„a maggiore p minore dÌRnita delle cose raffigurate; ma si riconosce insieme (G. A. Dell'Acqua in C(isabella di aprile) cog che « c'è insomma nella pittura e nella scultura un'insopprimibile esigenza che le fa differire dalla pura decorazione, ed è in fondo adombrata nell'idea vecchia quanto il mondo dell'arte imitazione della natura»; ed anche più recentemente Nino Berlocchi, un critico coltissimo ch'è anche tiri raffinato pittore, sempre in Casabclla ammonisce di non esagerare sul conto della pittura pura : « Essa, come il cubismo, è legittima manifestazione di un concetto parziale dell'arte, come frutto di mera sensibilità. E' stata in antico, è tuttavia e sarà sempre lo specchio in cui si riflettono temperamenti scarsamente dolati di virilità e di spirito costruttivo. Il suo carattere può dirsi decorativo, attribuendo al termine di decorazione un significato opposto a quello che il Berenson gli ha dato ». Riprender contatti solidi e sensati con le realtà più chiare ed evidenti, con le necessità, con gli scopi, persino con i li¬ miti delle arti figurative, ci semra dunque, ad evitare ingegnoi sproloqui, uno dei compiti iù urgenti della critica. Dallanto loro, sgombrati i cervelli ai fumi di misteriose inizia- ioni, pittori e scultori potran- o avvantaggiarsi di un ri-|orno a maggior semplicità nel onsiderare la funzione rap: resenlativa dell'arie. Non si imentichi che lo scopo pnmo,dèlia pittura e della scultura di rappresentare cose, senimenti, uomini. Quesla rappresentazione è appunto, in are, il « soggetto », cui si può giungere anche coi mezzi meno ealistici, più allusivi e variamente suggestivi e persino in pparenza distaccati dal soggeto medesimo, ma che tuttavia eve sussistere e rimaner conrollabile sui dati forniti da* un enso universale di umanità: — quel soggetto che si è voluto bolire sia nella pratica poetica, ia nella dottrina critica per sotituirlo, nel giudizio estetico, on quegli clementi (pure for¬ I me, puri colori) che sono semplicemente il vocabolario, la grammatica, la sintassi per ■ la sua espressione. E ciò con il risultato che tulli sappiamo. La grande pittura, la grande santura intesero sempre darci, con lc sintesi più potenti possibili, entità morali e spirituali: peri questo, sia pur confusamente,furono e sono di intuizione uni- versale. Se a Masaccio un ipo- letico etilico avesse domandatoIse nel Tributo della moneta aveva Voluto subordinare la linea al piano o creare un rapporto di plastica con lo spazio, egli avrebbe risposto che aveva voluto prima di tutto rappresentare il Tributo della moneta cioè rievocare plasticamente un miracolo, e che tutto il resto riguardava semplicemente i mezzi della sua particolare espressione. Perchè, artisti e critici, abbiamo dimenticalo una verità tanto elementare? Marziano Bernardi.

Persone citate: Berenson, Carducci, Dell'acqua, Felice Carena, Guglielmo Pacchioni, Malherbe, Nino Berlocchi, Pacchioni

Luoghi citati: Venezia