Onestà delle arti applicate

Onestà delle arti applicate Onestà delle arti applicate La triennale delle arti decorative e applicate all'industria è molto bella quest'anno a Milano, presentata con gusto armonioso e sicuro. Anche le sezioni straniere mostrano progressi d'importanza e dignità, specialmente la ricca sezione ungherese, la curiosa sezione svizzera, la chiara sezione austriaca, la cecoslovacca, e soprattutto la francese. Figurano in questa i principali studi moderni di Parigi con quel sapore di finezza attenta, tanto particolare alla Francia. Vi è, tra altro, una tavola apparecchiata, per osteria o villetta in riva al mare, così graziosamente suggestiva, che in mezzo al parco dell'asfaltata, continentale città lombarda, par di respirare l'odorosa frescura salsa. Una rete funge da tovaglia, la grossa terraglia pittoresca s'incurva a pesciolini guizzanti per i manichi dei piatti e delle scodelle, per i sostegni delle posate rustiche, in nichelio e bambù. Bouillabaisse, brodetto, zuppa di pesce, cacciucco, è una sapida pietanza marinaresca e mediterranea, in sostanza la stessa, che fiorisce lungo tutte le sponde mediterranee, con nomi diversi e sfumature locali di ingredienti e cottura. Piace di ritrovare in questa gentile e gustosa presentazione, tra raffinata e popolaresca, il ricordo del manicaretto solare, che affratella le rive dei nostri mari. La sezione, ordinata da un comitato, a capo del quale e Augusto Perret, il più illustre architetto di Francia, si onora di una statua di donna in piedi, liscia e forte come un albero, modellata da Aristide Maillol, e si accentra intorno al bronzo di Auguste Renoir, La lavandaia : un nudo accosciato, in stupendo viluppo di membra paffute, sovra cui la testa si alza, piccola, tonda, acuta e arguta come quella di una f aunessa, o di una moderna Gioconda. Tanti anni passarono da quando il possente vecchio pittore inventò questa plastica. Tutta la scultura moderna si abbeverò e nutrì della sua novità ; oggi ancora, essa ci appare miracolosamente fresca, ancora non siamo riusciti a logorarne l'apporto creativo. Significativa è anche l'invenzione plastica recentissima di Arturo Martini, L'eroe atterra il leone di Giuda. E' composta, con felice novità di aggruppamento, in due linee verticali convergenti a squadra di compasso, e innestate l'una sull'altra, con la pianta del piede umano a calcare salda e nera l'artiglio ferino, mentre le braccia tese, immobilizzando le zampe anteriori aperte, intersecano nel senso orizzontale la direttiva verticale dominante. Senza cincischiature o bellurie di muscoli sforzati, questo gesto dell'uomo che pare squartare la belva, ha l'impeto del selvaggio stile romanico, ma il dinamismo ne è trattenuto e bilanciato, con meno ferocia, in forme di maggiore equilibrio statico. Venini, Barovier, Chiesa, Fontana, Turina. di Torino, l'Ente Nazionale delle piccole industrie e altri parecchi, espongono a Milano felicissimi, nuovi e talvolta splendidi esempì di vetro, mobilio, ninnoli e oggetti utili. Tuttavia, io amo troppo l'arte moderna del mio paese, anche applicata all'industria, per non sentire il dovere di un grido di allarme a certi altri nostri industriali e capi d'arte. _ La loro responsabilità non è piccola: l'oggetto di uso comune e quotidiano è la testimonianza della civiltà del tempo che lo produce. Non solo, ma contribuisce a formarne l'aura e il clima estetico. Quell'onnipossente atmosfera, presente in nessun luogo e in ogni soffio, penetra ovunque, diffonde e trasporta da per tutto i pollini del buono e del cattivo gusto; plasma nell'oggi ed esprime nei secoli, per il presente e il futuro, la fisionomia, il costume, lo stile di un popolo e di un periodo, che essa ha influenzato. Ora, la nostra arte applicata d'oggi sta fuorviandosi. Da vent'anni, io stessa sono sulla breccia a battermi per alcune poche verità, sicure e fondamentali oltre ogni mutazione di forme e di mode. Grazie anche a questa nostra opera di collaborazione, ispirazione e incoraggiamento intellettuale, disinteressato e assiduo; grazie alla tenacia intelligente dei capi d'arte e operai e allo sforzo dei direttori, capitalisti, azionisti, presidenti di manifatture d'arte industriale, abbiamo visto le nostre industrie artistiche per mirabile modo fiorire, progredire, e nel pubblico radicarsi il gusto e l'amore della buona, sana, schietta arte moderna. Tutto ciò è basato su alcune verità estetiche tanto semplici e profonde, che hanno radice nell'onestà e nella probità morale dello spirito. Non bisogna stancarsi di ripetere, credere, e praticare, che il ferro va trattato, concepito, lavorato e mostrato come ferro. Così il vetro; il legno; il mobile; la stoffa; la ceramica. Due sono le probità fonda¬ glastsuzedcsfstaspfpcc—czlaoslRgdmposbcmdtmrngigrgdcsubadmtclrn1mbztldeunrdsgvmmtttrpqdL1dg-q-mc mentali dellarte applicata, come di ogni altra arte : probità della materia e probità della funzione. Per l'edificio, l'opera d'arte e l'oggetto inanimato come per l'uomo, le ragioni della sua funzione, e della sua utilità, le ragioni del suo servizio formano la sua dignità : sono le ragioni stesse della sua esistenza e della sua vita. Oggi, si vedono vetri a pezzettini multicolori, come toppe di stoffa o ricamo a punto in croce; ottone a lamine sottilissime, sfrangiate e arricciolale in forma di bestie; ceramiche, smaltate come vetro o picchiettate come pietra ; ferro che sboccia in fiori di mollica di pane; legno pitturato o camuffalo di vernice, o tappezzato di pergamena; la stoffa che pare cuoio, e il cuoio velluto; oggetti che celano la propria funzione —• cioè la propria dignità — come una vergogna; forme arzigogolate ; teiere, zuccheriere, lattiere, affettano forme di liuto o si fingono lucerne. Le buone cose di pessimo gusto del 1S50, fatte in serie, peg¬ r e n , e i i e i e — , o ¬ giorano come gusto, ma non rimangono più « buone ». Questo novissimo «barocchetto», finto moderno, e una specie di finto Luigi Filippo o Secondo Impero; stili, o per dir meglio mancanze di stile, che non furono se non deliquescenti e goffe contaminazioni di finto Luigi XIV, finto Luigi XV e Luigi XVI, e finto Impero. In realtà, il così detto « barocchetto moderno » — orribile persino il nome! — rappresenta la deviazione corrotta e morbosa di un nostro bisogno : umanissimo bisogno, indispensabile e insito in tutti, di lince morbide, ricche, curve, voluttuose; dove si adagi il nostro occhio e il nostro spirito. Questa necessità fu incompresa e repressa dalle inibizioni di un così detto « razionalismo » portalo agli eccessi di una schematicità aspra, troppo nuda e troppo puritana per essere ragionevole, cioè razionale sul serio. Della eccessiva repressione l'istinto si vendica, deviando in questo ibrido sfogo. L'arte moderna deve uniformarsi invece al genuino e pro¬ [! fondo istinto nostro, e appagarlo pur mantenendosi fedele alla veracità della materia, alla legittimità della tecnica netta e della forma pura. Di ciò danno bellissima prova, anche qui a Milano, alcuni fra i migliori artigiani e industriali delle arti applicate, e alcune opere d'arte pura, che pur oltrepassando i soli fini decorativi, formerebbero anche la più nobile e solenne delle decorazio ni per ambienti di nobile e solenne destinazione. Oltre le statue già citate, mi piace nominare in modo particolare, fra questi lavori esemplari, i vasti pannelli a tempera di Corrado Cagli, La battaglia di Solferino; il mosaico di Felice Casorati, Maternità, e lo stupendo mosaico L'Italia trionfante, dove Mario Sironi dà la misura della sua vocazione all'opera monumentale; una composizione di mosaico, che è una architettura in se stessa, nella armonia delle linee e negli accordi del colore, grave e serena, degna di un maestro. Margherita G. Sarfatti.

Luoghi citati: Francia, Italia, Milano, Parigi, Solferino, Torino