La Nota dell'Italia a Ginevra

La Nota dell'Italia a Ginevra La Nota dell'Italia a Ginevra // Ministro Ciano precisa le circostanze che condussero alla nostra azione in Etiopia - // dominio italiano è acclamato dalle popolazioni indigene insorte contro Vex negus - // Governo fascista è pronto, rimossi gli attuali ostacoli, a ridare la sua collaborazione Ginevra, 30 notte. Ecco il testo della nota del Ministro degli Esteri italiano S. E. Ciano al Presidente della sedicesima assemblea della Società delle Nazioni che riapre oggi la sua sessione: « Roma, li 29 giugno 1936-XIV. Signor Presidente! In occasione della riunione dell'Assemblea della Società delle Nazioni, ho l'onore di pregare Vostra Eccellenza di voler portare a conoscenza dei delegati degli Stati membri quanto segue: 1. •— Il Governo italiano ha precisato e documentato, in una serie di comunicazioni scritte e orali al Consiglio e all'Assemblea della Società delle Nazioni, la situazione che esisteva in Abissinia, le circostanze che hanno preceduto e determinato l'azione italiana, le condizioni in cui essa, si è svolta, l'alto e civile fine politico a cui l'Italia si è costantemente ispirata. Il Governo italiano, di seguito a tali comunicazioni alle quali ha l'onoro di richiamarsi, tiene a ricordare e a precisare, in relazione anche ai più recenti avvenimenti, i punti che seggono, ai /ini di una serena ed equa valutazione della situazione. Come furono frustrati I tentativi per una soluzione 2. — Il Governo italiano desidera anzitutto ricordare come il suo atteggiamento verso la Società delle Nazioni, nonostante le misure ad esso per la prima volta applicate dagli Stati membri, sia stato caratterizzato dalla disposizione a prendere in favorevole esame ogni iniziativa e a non tralasciare alcuna occasione che permettesse di iniziare trattative per giungere ad una soluzione. Sono noti i tentativi fatti in tal senso. Le proposte Hoare-Laval, comunicate a Ginevra, a Roma e a Addis Abeba VII dicembre 1935, che il Governo italiano si accingeva ad esaminare con la più grande attenzione, non ebbero seguito perchè il Negus le respinse il 12 dicembre, ed esse furono considerate caduche prima ancora che il Governo italiano si fosse pronunciato. Il 3 marzo 1936 il Comitato dei Tredici rivolgeva un appello alle parti per un regolamento di conciliazione. Il Governo italiano rispose l'S marzo a tale appello dichiarandosi disposto ad entrare in negoziati. Dopo l'appello dei Tredici e per tutto il illese di marzo le truppe italiane non presero iniziative di operazioni. Fu il Negus che ai primi di aprile impegnò le sue truppe nella battaglia decisiva della guerra, e dopo, credendo di poter resistere, lanciò un nuovo appello per una mobilitazione, appello che le popolazioni non raccolsero. Nel corso delle conversazioni che ebbero luogo a Ginevra nei giorni 15 e 16 aprile col presidente del Comitato dei Tredici, assistito dal Segretario Generale, il rappresentante del Governo italiano precisò le modalità dei negoziati allo scopo di avviarli in condizioni che permettessero di portare a risultati concreti. Suggerendo come più appropriato alle circostanze il metodo delle trattative dirette, il Governo italiano riconosceva nel medesimo tempo che il Comitato dei Tredici sarebbe stato tenuto al corrente dello sviluppo dei negoziati, restando a disposizione delle parti per ogni collaborazione che avessero ritenuto utile. Il Governo etiopico, il 16 aprile, oppose ancora una volta un rifiuto. In queste condizioni, il 18 aprile 1936, il Consiglio constatava che il tentativo di conciliazione era fallito. Oggi si può anche rivelare che il Governo italiano aveva cercato di attivare contatti confidenziali, che ebbero luogo aO Atene e Gibuti fra delegati delle due parti. La fuga del negus e il disordine del paese 3. — Due settimane dopa il rifiuto del Delegato etiopico a Ginevra, il Negus fuggiva da Addis Abeba, seguito da membri del suo governo, riparando all'estero, conscio di non essere sorretto, ma anzi minacciato dalla sollevazione delle popolazioni e degli stessi armati da lui già mobilitati, sollevazione che nella ritirata da Dessie costò la vita ad alcuni personaggi del seguito imperiale. Prima ancora che le truppe italiane giungessero ad Addis Abeba, la rudimentale organizzazione statale dell'Etiopia aveva cessato di esistere. La capitale dell'Etiopia era stata deliberatamente abbandonata al saccheggio ed agli incendi, cosicché l'intervento italiano fu invocato a tutela delle stesse Legazioni estere. L'Italia trovava il paese nel più spaventoso disordine. Poche volte nella storia dei popoli il crollo di un regime e di una. dinastia ebbero una così chiara e precisa sanzione per atto proprio e per volontà delle popolazioni. L'Italia si trovò così costretta ad assumere le responsabilità che la situazione le imponeva, in conformità al desiderio ed al bisogno delle popolazioni di un ordine nuovo che asàictaasse la pace ed il progresso. Sono questi gli elementi che pongono nella sua luce definitiva la azione dell'Italia. 4. — In un esame della situa- sione non può evidentemente pre- scindersi dalle speciali condizioni della maggior parte del continente africano e soprattutto dal bisogno incontestabile delle popolazioni etiopiche di essere tutelate nei fondamentali diritti alla vita, alla libertà personale e religiosa, alla integrità della famiglia ed al godimento dei beni, come pure di essere avviate, come tutte le altre popolazioni dell'Africa, verso quelle forme di ordinamento civile e di progresso economico, sociale e culturale, che l'Etiopia ha inconfutabilmente dimostrato di non essere in grado di raggiungere con le sole sue forze. In appendice al memorandum del 4 settembre 193~> è citata una lunga serie di pubblicazioni documentarie dovute ad autori di nazionalità e di credenze politiche diverse, che provano in modo inequivocabile quali fossero le condizioni dell'Abissinìa. Recentissime e significative sono state in questi ultimi tempi le testimonianze di personalità di differenti paesi, che dopo aver risieduto a lungo in Abissinia ed aver talvolta accompagnato le truppe etiopiche durante le azioni di guerra, hanno spontaneamente fatto dichiarazioni circa le reali condizioni dell'antico regime e messo in luce le cause intime di dissoluzione che ne hanno accelerato la fine. Le cronache dei giornali ne registrano ogni giorno. i in il ut i i L Italia liDeratriCe5. — Il bisogno di elevarsi verso un più umano livello di vita è profondamente sentito e reclamato dalle popolazioni etiopiche, che lo hanno inoppugnabilmente dimostrato con l'insorgere contro il regime del Negus e con l'accogliere le truppe italiane come liberatrici ed apportatrici di giustizia, di civiltà e di ordine. Tutti i capi religiosi e civili dei paesi attraversati hanno dato al governo italiano immediata adesione e collaborazione; dopo la fuga del Negus sono venuti spontaneamente a fare atto di sottomissione quasi tutti i principali Ras dell'ex Impero etiopico. Anche dalle più lontane regioni dell'ovest e del sud etiopico pervengono continuamente sottomissioni di capi civili e mili-. e apportatrice DÌ CiViltarari. Questa disposizione delle po-polazioni ha avuto la più solenneconferma nella manifestasionesvoltasi il 9 corrente, nella qualetutte le notabilità civili, fra leinistri, e le auto-d'Italia Imperatore d'Etiopia. Questa manifestazione costituisce una inoppugnabile testimonianza della volontà delle popolazioni già soggette al Negus Ailè Selassiè di ripudiare e dichiarare decaduto il suo dominio e di manifestare laquali molti ex-mimsi.ii, v it. »«tu-■t- 7- ,• <-o n ramMora rial rita. ? engiose, a cominciai e aa -^!lZr ,S n ^iffLSZTTJiì',, wTZZ nnZi depositali della traditone na.,w-naie, hanno giurato fedeltà «I BeEtiòpia La riprova deiTa^ducia edellaspontaneità di adesione sì ?iapropria devozione e il proprio tea-Usino al Re d'Italia Imperatore dìspo nella pacifica ripresa della vita civile, nell'affollamento dei mercati, nelle prestazioni di lavoro, nel concorso di tutti i ceti dellapopolazione al grande P'o.orammadi attrezzatura civile e di opere stradali iniziate dall'Italia. La volontà delle popolazioni e la loro collaborazione al nuovo regime sono elementi di cui non è possibile contestare o sottovalutare il significato e l'importanza. L'Italia da parte sua ha preso il solenne impegno, di fronte alle popolazioni dell'Etiopia, di instaurare tra esse la pace, la giustizia, la sicurezza, di promuovere in tutto il paese la più feconda opera di elevazione morale e materiale in conformità alle proprie tradizioni di civiltà. Gli indigeni esclusi dalle prestazioni militari6. — L'Italia considera l'impresa, alla quale si è accinta in Etiopia, come una missione sacra dcivilizzazione, nel compimento della quale essa intende ispirarsai principii del patto della Società delle Nazioni e degli altri atti internazionali che hanno definito compiti delle Potenze civilizzatrici. L'Italia assicura l'equo trattamento delle popolazioni indigenecurando di promuovere il loro be\ nessere morale e materiale e d\ favorirne il progresso sociale. Al! lo scopo di associare le popolazioni interessate a questa opera di elevamento civile, personalità in; digene parteciperanno ad un CorI po consultivo già istituito presso \il Governo generale. Sono garanI titi il pieno rispetto delle creden\ze religiose ed il lìbero eserciziodi tutti i culti che non siano contrarii all'ordine' pubblico ed abuoni costumi, A ciascuna delle stirpi che abitano l'Etiopia è garantito l'uso della propria linguaLa schiavitù ed il lavoro forzatoche costituivano un'onta dell'aliti co regime, sono soppressi. I tributi che saranno prelevati dagli abitanti saranno esclusivamente destinati ai bisogni del territorio \ L'Italia è disposta ad aderire per parte sua al princìpio che gli indi geni non siano assoggettati a pre stazioni militari che per assicura oofossinpgsre la polizia locale e la difesa del fii praìterritorio. Saranno prese le disposizioni necessarie per garantire la libertà delle comunicazioni e del transito, come pure un equo trattamento del commercio di tutti gli Stati. Sarà per l'Italia un titolo d'onore d'informare la Società delle Nazioni sui progressi che verranno realizzati nell'opera di elevazione civile dell'Etiopia della quale l'Italia ha assunto la imponente responsabilità. AsluènpivVnlnntprn«a Pnllahnra7ÌnnpgVQIOnierOba CUIIdD0rdZI0nB!5snnr rlonlunro ! nrnhlnmì nurnnni srci libimele I prUUienil eUlupei [ld7. — Il Governo italiano è in- ìctomamente persuaso che una leale' med effettiva cooverazione fra ali mStati risponde alla profonda alpi drazione dei popoli verso un migliore e più alto avvenire. Mentre attende che da parte della Società delle Nazioni la situazione che si è prodotta in Etiopia sia apprezzata con spirito di giusta comprensione, il Governo italiano dichiara che esso è pronto a ridare la sua volenterosa e pratica collaborazione alla Società delle Nazioni in vista della risoluzione dei gravi problemi dai quali dipende l'avvenire dell'Europa e del mondo. E' in questo spirito che l'Ita- sL 'ta> lra l'"l'''°j aderito al trat-:\ i f"to di Rio de Janeiro del 10 ot- ;tobre 1933: Il Governo italiano |PImfferma la convinzione ormati c1 generalmente accolta che la So-|ucietà delle Nazioni abbia bisogno I £di una adeguata riforma, ed é!npronto a partecipare al suo studio ne alla sua realizzazione. Conscio,*della parte che gli spetta e della ! lpropria responsabilità nella riso- tluzione dei problemi da cui dipen-1 gde il futuro dei popoli, il Governo j pitaliano non ha preconcetti nè ri- ! iserve pregiudiziali circa le forme j ge gli strumenti internazionali da [padottare all'uopo, intendendo di i rvalutarli soltanto alla stregua del- ! tla loro più efficace rispondenza pagli scopi di comune accordo per- j pseoititi. Il Governo italiano non [hpuò non ricordare male situa. Ts^XV^^ coli che si sono frapposii e tut-^\tor" s' frappongono alla realisza- o\~ione dell'opera di cooperazione p [internazionale che 1 Italia sirice-1 s\ramente auspica, ed alla quale e; \P™««J„ d™„™l™«n™? co»-j \cre}° P°'' 0araìUirc *» P»c/- l a Ginevra, 30 notte. Alla nota indirizzata dal Mini-: semblea della Società delle Nazioni seguono cinque allegati. Il primo è costituito dalle se- ' Granisca, sianor Presidente, , consideratone, n F.to: CIANO,. , c i t e QJ| allegati alla N()ta rdstfo degli AffaTiWteri italiano" al : Presidente della sedicesima as-'dnGcqe ! tanniche in a',a Moniing Post di Londra dell'Ili n guenti dichiarazioni di un mem ì bro del servizio di ambulanze bri a , giugno 1936) : « Quei sei mesi mi hanno fatto completamente mutare opinione. Io andai colà per aiutare ciò che consideravo una lotta ineguale impegnata contro | ostacoli^tropp^^forti, jcome molti e o e l a e a l rapaltri fecero. Ed assieme a molti'altri alla fine ero contento che gli ' deaiUcr" lo^^^ ratore è semplice. Ognuna delle numerose nazioni con le quali era stato composto il paese era satu-: ra di odio e di diffidenza verso le "altre ed alla prima occasione slagettarono l'una contro l'altra. | Inoltre vi erano viveri insufflcenti ! per gli eserciti e per conseguenza! essi vivevano sul paese più cornei orde di briganti che come forze .morganizzate. Inoltre vi era il prò- dfondo sospetto fra i soldati abis- dsini di essere traditi dal loro stes-|Aso governo. Questo sentimento era]dintensificato dall'assenza di aero-1 Hplani etiopici. Si credeva che il lagoverno intascasse il denaro de-^stinato ad acquistarli. Verso la[ia fine scoPP}? !a guerra civile ed il ri paese andò in pezzi. Mi fu rife- crito che 1 imperatore nel ritorno | gad Addis Abeba fu attaccato piutQì^-fOSS ^f.se^Ltr»_- Affiliano wnside^t" ^soldati semp1[?cemen"e - «-idlusso, èra nessun^èsiSerio" disusarle 'é1'nessun sentimento di gratitudine lis.j d-> un noqtn dove Dotevano1 pé qualcosaVn^UafS 2„,,„ j„„;5„_.„ a-, „„„,.i« «rpoiché essi erano completamente'dinsensibili nel loro atteggiamento ;dverso i feriti » ì gL'allegato numero 2 comprende i hgli elenchi di principali Capi ei™!5,otabili che hanno fatt0 atfQ ^ dsottomissione alla sovranità ita- !1 sottomissione alla sovranità ita-l" [liana nelle varie regioni d'Etiopia; adall'inlzio delle opefazioni. Nel se-1i ìcondo elenco sono indicate lejl' maggiori Notabilità cristiane e n mussulmane che hanno firmato | sdichiarazioni di sottomissione allajcsovranità italiana nelle regioni!n .meridionali dell'Etiopia dall'inizio delle operazioni: Tra i firmatari' di Harrar sono: Haggi Ahmed'|Abdi, capo comunità mussulmana ]di Harrar; Haggi Yunis Cadi di,1 Harrar; Suffian Ibn Emir Abdul- j latti figlio del defunto ex-Emiro ^i Harrar; Aleca Desta, capo del-l[ia chiesa copta di Harrar; Fitau-l rarl Ali Imamu; Grasmac Igzau chetama; Bigerondi Bagascio. Se- | gu0no i firmatari di Dire Daua, di tQign Giga, di Dagabur, di Segag, Buslei e di Neghelli. |^I/*K*Wu5^ l'in-idirizzo di devozione e di omaggio 1'1110 sottoporre a S. E. il Mare- lis.ciaLl0. Graziani che reca le firme j dirizzo di devozione e di omaggio 1 pubblicato a suo tempo che le no- sTVm^p" rato sottoporre a S. E. il Mare- Etiopia, 'dc Metropolita copto di I ;del caP° del clero etiopico, dei ì glandi abati dei conventi di Ba- i hata' di San Giorgio di Teclehaj-i™a£°V dl fldan Michele, di Abo, di Rafael dei capi delle prmcipa- !11 chiese di Addis Abeba, di alcuni l" """" "■"••"»> ■">-"" ; amministratori di chiese dei più1importanti capi e funzionari del-jl'ex-regime, di numerosi funzio- nari e sottocapi, di notabili mus- | sul mani e di numerosissimi altrijcapi di moschee e scuole cora-!niche. Nell'allegato quarto è l'estratto dal R. Decreto Legge 19 giugno l936 XIV N. 1019 concernente lo ordinamento e l'amministrazione dell'Africa Orientale Italiana che comprende l'istituzione di una consulta alla quale partecipano anche sei capi e notabili indigeni; la garanzia dell'assoluto rispetto di tutte le religioni e delle tradi- zioni locali in quanto queste non contrastino con l'ordine pubblico e coi principi generali della civiltà. La disposizione che gli atti uf- ^cialt ^'redatu"e fucatiI nelle lingue scritte dai sudditi del-1 ve essere impartito nelle lingue locali, le disposizioni relative al- nelle lingue scritte dai sudditi del l'Africa Orientale Italiana, la di- sPosizione che l'insegnamento de ve essere impartito nelle hneue la amministrazione della giustizia tra le quali quella che ai sudditi si applica la legge propria della loro religione del loro'paese e del la loro stirpe. L'allegato quinto riproduce il telegramma in data 1» aprile 1936 telegramma in aaia i» aprue isoo|XIV diretto dal Governo italiano | al Segretario generale della S. d N. per partecipargli il testo del bando emanato il 12 aprilo c. a. da Macallè da S. E. il Maresciallo Badoglio concernente l'aboli- zione della schiavitù. di Trieste, dott. Carlo Ciucci del Corriere della Sera e del .Resto del Carlino, il comm. Giovanni Engely del Lavoro Fascista, Vit- torio Pascetti della Gazzetta del Popolo, Marco Marchini, della cantano « Giovinezza » vengono I vfatti uscire. ddi arrestati sono: il comm. Li-: lno Caiani, del Popolo d'Italia, se- j ngretario del Sindacato fascista del giornalisti di Roma, il prof. j sGiulio Caprin, del Corriere della | tSera, Aldo Casutto, del Piccolo I dAgenzia Stefani, Paolo Monelli della Gazzetta del Popolo, il comm. Eugenio Morreale, corrispondente da Vienna del Popolo d'Italia, il comm. dottor Alfredo Signoretti, direttore de La Stampa. Passano ben dieci minuti prima che la calma possa ristabilir. fispppTllcnrdnpssi nell'aula e prima che Tafari 1 l possa cominciare la sua concione, j zpronunziata in amarico. Per me-1 lglio dire, si tratta, anzi, di una ! itraduzione in amarico di un testo lfrancese, preparato ad uso di Tafari dai suoi vari consiglieri Jèze, Colson e Auberson, tutti presenti oggi nell'aula dell'Assemblea. Come risultava dalle indiscrezioni, il discorso di Tafari è tutto un insulto per l'Italia e l'Esercito italiano. Il vigliacco disertore cerca di giustificare la sua ignominiosa fuga, offendendo gli stessi uomini che l'hanno rappresentato nsdctnfinora alla tribuna societaria: es-]si — egu dice — non avevano j nessuna competenza per illustra-' -o. -no t „„o -i Ì7 l"u->LId jre alla Lega il carattere atroce j della guerra svolta dall'Italia; io solo — Tafari dichiara in sostanza — io solo, il grande combattente, posso esporvi la verità. Frattanto, più che sul discorso di Tafari, l'attenzione dei delegati e del pubblico è concentrato sulla magnifica manifestazione della stampa fascista. Da parte dei funzionari del Segretariato, ammettendo implicitamente il carattere provocatorio della presenza di Ta- farI si dichiara che ci si limite ; rebbe a togliere ]a tess ^ alle sedute societarie ai 1 giornaliaU coIti in flagrante. Ma nostro Direttore — la fervida e fiera solidarietà delle Camicie Nere de La Stampa. °"a insenatura antitaliana dei tafanar» — ed in modo speciale al ■ rassemblea odierna j. , , _ commentato con tavore in francia l , Parigi, 30 notte. In attesa dei primi resoconti suli corrispondenti francesi da Ginevra sembrano voler farsi interpreti di una certa impazienza ufficiale di vedere l'Italia rientrare attivamente diversa sembra la situazione per quanto riguarda la Svizzera. Si sa, infatti, che, subito dopo la seduta, il signor Motta ha avuto un lungo colloquio col vice-Pubblico razione, deciso giornalisti italiani. Gli arresti, per a momento, sono mantenuti. Guido Tonella Ai giornalisti fascisti arrestati in terra straniera per la loro indignata reazione contro la provoca¬ li memorandum „ italiano nell'orbita dell'attività societaria. ì;Da parecchi Iati si osserva che, ' abolite le sanzioni, nulla più do-j ! vrebbe impedire al governo di I; Roma di inviare alla Francia lalettera di conferma della garanzia locarnista che in linea di principio esso le promise il 19 marzo, ma di cui sospese la spedizione finché le sanzioni non fossero state tolte. In altri termini, questi in-formatori insistono nel sostenercche qualunque possa essere inproposito il pensiero del governo inglese, non è vero che Parigi consideri con indifferenza il ritorno dell'Italia al fronte di Locarno. Il memorandum italiano, conosciutoper via ufficiosa nelle sue linee ge- nerali, è commentato, al contrario assai favorevolmente come quello in cui si riconosce uno sforzo con- -! siderevole di buona volontà e dii j adattamento per facilitare nella i I maggior misura possibile alla lega- i l'incresciosa necessità di smentir--1 si. Perfino la massonica Oeuvre rileva che l'Italia con la redazionedi questo documento ha fornitouna nuova prova della sua tradì-e i . e zionale abilità diplomatica. Una voce di buon senso Il Temps, deplorando le inizia- live inconsiderate del ex negus e consigliando 1 assemblea di evita- a re qualunque gesto o parola atti - : a ferire le suscettibilità dell'Italia,- scrive che lo scoglio della presen- l za di Tafari dovrebbe essere su- - perato senza difficolta troppo gra- vi per poco che si tenga conto • che a uno Stato il quale non esiste o ha - cessato di esistere sia pure sotto la forma di un governo in esilio, . non può essere validamente rap - presentato a Ginevra. Non esistene do un governo abissino nè in Etioe,pia nè all'estero, il problema della validità o meno dei poteri della delegazione di Ginevra sembra al¬ l'organo repubblicano di quelli che non si possono eludere, In generale, dunque, l'impres sione dominante a Parigi è che tanto tale questione quanto quella del riconoscimento dell'annessione finiranno col venire rimandate a settembre e che ciascuna Potenza provvederà a risolvere la difficoltà per conto proprio come si fa oggi per le sanzioni. Quello che 11 Temps vorrebbe vedere evitato è l'errore di una manifestazione collettiva che ponga l'Italia nella necessità di riassumere una posizione intransigente. Circa il memorandum di Roma, anche l'organo del Quai d'Orsay lo giudica idoneo a facilitare le cose. « Concepito In uno spirito conciliante — scrive — il documento informa la Lega delle Nazioni delle condi¬ zioni in cui l'amministrazione ita- liana è stata stabilita e funziona in Etiopia, condizioni simili a quel le dei mandati controllati da Gi- nevra, cioè soppressione della schiavitù, mantenimento dell'ordine e della pace interna, accordi commerciali salvaguardanti legittimi interessi delle altre Potenze, impegno di non reclutare truppe nere e di non formare un esercito indigeno >. Secondo il Temps, la Lega delle Nazioni non potrà rimanere indifferente a un complesso di condi- ]zioni < suscettibile'di favorire nel j ' jzione prima della sessione di set j la più larga misura la conciliazione prima della sess jtembre dell'assemblea»» Contro le sanzioni Infinite ciarle hanno suscitato anche qui per riflesso le incertezze sorte circa l'accettazione o meno da parte di Schuschnigg dell'invito di recarsi a Ginevra. Dal linguaggio degli informatori diplomatici sembra risultare che il senso della chiamata stia nel procurargli l'occasione di una tirata di orecchi in rapporto con le voci che continuano a correre, specie negli ambienti della Piccola Intesa, circa la possibilità di una restaurazione degli Absburgo. Il rBdde rationem sarebbe stato reclamato da Titulescu il quale, analogamente al suo collega jugoslavo, specula quanto può sul timore francese che la Piccola Intesa entri nell'orbita dell'influenza tedesca. La chiamata a Ginevra risponderebbe inoltre al desiderio di mettere in evidenza che le sorti dell'Austria non dipendono soltan. to dall'Italia e che il Cancelliere, il quale ha dato alla Lega una nuova prova della propria indipendenza procedendo per primo al riconoscimento implicito dell'annessione etiopica in occasione della presentazione delle credenziali da parte di Berger von Waldenegg, ha torto di darsi l'aria di ignorare Parigi e Londra. La risposta negativa di Schuschnigg ha però tagliato corto con queste inutili ciarle. Gli echi qui giunti di questa prima giornata ginevrina tradiscono insomma, in via generale, la tendenza all'euforia che in Blum l e in Deioos avrebbe provocato ia , constatazione che il governo di a e Londra, non ostante le sue prevenzioni circa la situazione interna francese, non intende allentare la cooperazione franco-britannica. Vero è che i rapporti fra i due paesi non si potranno dire messi alla prova fin tanto che il proble. ì ma di Locarno e della militariz- ; zazione renana non sia stato ri- , -j solto; ma nelle circostanze attuali i In governo francese non può aca, cordarsi il lusso di essere difficile , e e la prospettiva della collaborazione dell'Inghilterra e della Russia ancorché non precisata e più teorica che pratica, è sufficiente a ridargli animo e a fargli contem- -1 piare l'avvenire sotto colori meno ci foschi, n| o o All'ambasciata d'Italia ha avuto intanto luogo oggi — meglio tardi che mai — la consegna da parte di una delegazione dell'Inl j stitute de France dell'album reoj cante ie firme raccolte in adesio- ne all'appello anti - sanzionista o lanciato or è un mese. Le firme o raccolte ascendono a circa 250 - mila. Assistevano alla cerimonia i: i signori Farrère, De Broglie, Maa | delin, Chaumeix e Gillet de'll'aca[ cademia di Francia, D'Arsonval, -1 Lumière, Vincent, D'Ocagne, Le e Chatelier, Claude ed Helbrunner e; dell'Accademia delle scienze; De o] Labriolle, Jamot e Diehl dell'Ac-! cademia delle epigrafi e belle let- o - tere; Maurizio Denis, Hue, ammiraglio Lacazc o Devambez della Accademia delle belle arti; Bardoux, Berthélemy e Rissler della Accademia di scienze politiche e e moraH Giorgio Claude, presidente - dei comitato, rappresentava l'ex ti ; presidente Doumer»ue EetIì ha a,, pronunciato un bre°ve 'discorso in - nome dell'opinione francese con- j traria gj sanzionismo. Gli rispose - ; con la COnSUeta sobrietà l'ambae | sciatore rjerruti riconoscendo nel a t gesto degii accademici una nuova o prova del valore che gl'intellet, j tuali di Francia attribuiscono al- a le relazioni di amicizia e di fraternità con l'Italia. C P.