Nuova vita nell'Harrarino

Nuova vita nell'Harrarino Nuova vita nell'Harrarino (da uno dei nostri inviati) tHarrar, 20 notte. L'opera di pace, giustizia, veri- tà, si distende ampia e proiettar] ' / ' liberate. Noncu- ranti dell'attività deleteria degli scellerati di Ginevra e dei rinne- gali delle sètte massoniche mter-nazionali, procediamo col compito, tutto purezza e nobiltà, che il de-stino ha assegnato a Roma. Dal-l'altipiano harrarino a quello di Addis Abeba. strade e ponti <fi schiildono all'avanzala della civil- tA- G1> «frumenti della pace seguo >>° <7',e»' della ff'crra: l'aratro s accompagna alla spada, . 1* * 1 1 1 pontieri al JaVOrO Ho la ventura di assistere da vicino, in un settore delicato, dirci quasi' nevralgico, dell'Etiopia a quanto l'Italia intraprende per il riiment0 materìale e «pirif ««. lr, „„„„,„ nrt,ri„itn,.n „M'ab. u rfj 1q precipitato neU>ob. brobrio per la viltà abulica dei di- * i If/GIIfl. Me„tre dalle macerie di un ca- ditto trono emergono i quotidiani segni delle sue esose abominie e delle sue atrocità, sui rottami diquella che fu una delle, più inconcepìbili assurdità storiche inorali.si sta continuando a costruirc te0urilmcnte la vita nuova. Già ;,0 detto dei primi nobilissimi wa,.cJM di italianità impressi dai rappresentanti di Roma nella loro marc\n dl liberazione, dal basso Oaaaew .sino alla linea ferroviaria. L'impareggiabile squadra degli ott(,uta pontieri del colonnello Pa- ;„d|-„0 coì,tinua con ritmo titani-co la creazione di passaggi sugliuadi e sui torrenti. Malgrado la pioggia violenta dei giorni 10, 11, 12, gli uomini ini- mersi talora nell'acqua sino alla cintola, oppure sotto un sole ca-nicolare e durante le rigide nottate montane, costruivano quattro pon- ti permanenti della portata di ven-tiquattro tonnellate, fra Giggiga eHarrar, di una lunghezza dai SS ai 70 metti. Inoltre, con l'ausiliodi due plotoni di zappatori e diminatori, i pontieri della colonna Paladino ripristinavano il tratto di strada fra Giggiga e Harrar, con- sentendo l'afflusso ininterrotto de-gli automezzi recanti viveri, acqua e ogni altro materiale, completali- do così un lavoro indispensabile, senza del quale sarebbe stato umanamente impossibile circolare, da to il terreno argilloso, rapidamente trasformabile in fango. QìwW.0 voKe citati alVordine\dei giorno dal Maresciallo Grazia- j ni, questi meravigliosi artefici del- \ la viabilità si accingono a trasfe Mre altrove, lontano, la loro ope ! rosità, non senza aver prima >iof \tivato i servizi dell'acqua potabi \le d*>l presidio di Horror e ripri yStinatp elettrica ex-etiopica della, stessa macchinari della centrale città, parzialmente sconvolta Brevemente citerò ora i pili recenti episodi dell'insediamento della nostra potenza civile e cristiana in queste terre, non piti ostili, Sono forse piccolifatti che la- storia non ricorderà, ma che sono quelli che crca-no la. storia. Mentre a Diredaua,per celebrare il decimo giorno dc!-la proclamazione dell' Impero, siidiatributeaitosarWeYti di dura nel . !.. if J ?5f. M.* »«Tffl "Cl. ££££ indoeno esultante ^ ttaitai si riapriva)w 1 ospedale e Je SCUole. SI ripristino Va il telefo-\ no e si lihernvn,io i nriaionieri. Il commercio rinasce 110 e si liberavano i prigionieri, Aggirandomi per Horror, la grande città dalle quattro porte. dalle sci tombe di emiri, dalla 'SCUi dai'mille negozi devastati, nel\ie viuzze minuscole, curiosissime.' traboccanti d'interesse, fiuncheg-' giate da un accavallarsi scamposfo di tucul e di piccole costruzio-' Li di vecchia pietra diroccata di1 aspetto balcanico, dai cui muri pendono tralci di vite, ciuffi di fi¬ chi d'India, grappoli di gelsomini, rose olezzanti, vedo rinascere la vita, grazie alle disposizioni oppor tune' e tempiste del Commissario Piacentini; vedo occhieggiare bim betti, che si erigono con la loro personcina per salutare composta mente, vedo file di cammelli e avi\ ni nani che riportano birra, stoffe, suppellettili di vario genere, de notando il ritorno alla normalità; ìvedo i macellai che sferrucchiaiio i coltelli, arrotandoli inillterrotta[mente, attraendo con i rumori strani la clientela dinanzi ai loro bassi banchi intessuti di canne, ve do sarti peripatetici con la loro macchina da cucire portatile spo- starsi per la città, costruendo bau-. die re tricolori, vedo venditori di | sale, di dura, di frutta, vedo offrire mazzi di « ciat », misteriose, ciba harrarina che racchiude virtù energetiche e. che masticata centuplica il movimento di questa umanità nera, rendendo gli occhi sfavillanti e il piede leggero. Ho assistito alla liberazione dei prigionieri. Erano ammassati Iìlm »n campo alle porte della, citta. Qnando il generale Nasi accom-, V^O^Mn^m^^ :nieri lo salutarono romanamente Da una parte erano allineati i soldati, chi a capo nudo, chi con un elemetta, chi \\con un passa- montagna o addirittura col cap- potto. Dal lato opposto erano i capi dal volto incornicialo di zazzere bianche o nerissime, dai copricapi messicani, dalle mantelle grigie con il bavero di velluto azzurro e le fibbie d'ottone lucidato. ,0;e del generale: I prigionieri liberati Un interprete, avvolto nel barraccano eburneo, traduceva le pa- * Nel nomc deììa M"cstà del Rcd'Italia, Imperatore d'Etiopia """""' ImP^"torc l'Etiopia, vi Uberi. Libererò pure i prigìonieri destinati a rientrare, ': ajj- ., . 'i,m Add,s Aheb"' « Tornate ai vostri villaggi, all'affetto delle famiglie c tranquillizzate il paese; riprendete i vostri town. Di sicuro non manche <ete a questa opera di pacificazione. Il Governo italiano è forte ma giusto e clemente. « Chi oggi si è sottomesso avrà\salva la vita e gli averi, Terremo lconto dei servigi che avrete resi.\« Viva il Re.' Viva il Duce.'». \.. ,. . Un grido di approvazione coro- ■ naca queste parole, mentre ogntt no levava- il braccio nel saluto fa scista e il decano dei prigionieri ncioè il grazmat Bizau già capo;della gendarmeria di Harrar, dai : movimenti gravi e dai capelli gii-, </i. si recava con grandi inchini ai stendere la mano in segno di sug-\ gellata amicizia al generale NasiJ\imitato dal grazmat Meremi, ca.\po della polizia del municipio di,Dire Dona c incaricato della acn-'darmerìa dal fiume Anasc sino'i alla frontiera francese. ! I soldati liberati si baciavano -.siille gote scambievolmente, men-<"' affettuosa riconoscenza, Durante la mia sosta a Diredaua tre i capi portavano di frequente i lembi dello sciammo agli occhi umidi di pianto di contentezza e ho visto due personaggi importanti: cioè il cagnasmac Ali Nur, ex-\ sindaco di Dagabur, già comandante di mille uomini a Bircut.; Humanlei. Dagabur, e Gabre Cri-, stos. consigliere e istruttore capo al servizio di Nassibù. Parla Ali Nur Ali Nur, abissino vestito all'cu-\ ropea. saluta romanamente. E' snello, fortemente stempiato, i rari capelli ondulati e incipriati di grigio, ha un anello d'oro nella mano sinistra e d'argento nella destra. Egli afferma che aveva ai suoi ordini il famigerato Omar Sa-l montar, di cui smentisce la notizia della morte, asserendo invece che è partito da Dagabur insieme con i suoi compagni per destina zione ignota. Tale testimonianza sembra fondata infatti dai registri dell'ospedale di Dagabur, dove è scritto che « Ottici/- Samantar, anni sessanta, professione guerriero, ferita al braccio e al torace, causata da proiettili; cagnasmac Maktal. ferito alla mano da proiettile; soldato Munii Mohamed, presentante larga piaga ad un piede; tutti curati l'otto maggio ». 'Ali Nur mi dice: « Volevo molto bene a Nassibù; ma ho visto che anzichc combattere sino all'ultimo e fuggito: lo considero un vigline- co. Io ho preferito rimanere in P'-hia e ho scritto all'autorità italia-\ no, in data quattro maggio, su un s ■pezzo di carta*qualsiasi, con il tapis copiativo, avvertendo che rendevo nuore olili Nozione vittoriosa, e che abbandonavo le unni oc cettando la sovranità d'Italia ». . -, Effettivamente, il nove maggio. quando le. truppe di Piero p' - a ri ni entrarono a Diredaua, egli ni costituiva prigioniero, affidando hi o evo. lettera e le mie, armi alle Va-\mtcieNere *** volontàri all'estero. a] Ho scambiato qualche parola j con Gabre Cristos, ufficiale Man¬ -',™ d> *'•«»'"* 'asiana, ma nato ad -|~,Jr*r,Quando.questa città èra co-i'0'"" d Egitto. Si trovava in Elio-'P'" d(l Piccino e l'ex-imperatore gli \fu padrino. Nominato generale, as- i' smise il nome abissino di Gabre . 'Cristos, ma in realtà si chiama As- - san Usui. Egli ha un figlio di no- o me Nicola, che studiò a Parigi e che ora si trova in Italia. Gabre. racconta: «Il negus pensava di vincere la guerra. Egli si 1 illudeva. Coloro che, come me. hanno qualche istruzione, sapeva\no benissimo che, gli italiani a' vrebbero trionfato. Il negus, non dimenticando che avevo un figlio ■in Italia, di cui tuttavia ignoro to: talmente la vita, voleva in questi i ultimissimi tempi farmi uccidere Vistomi a Diredaua, decise che io ■ seguissi, le sorti di ras Ailù. condannato a morte. Sono sfuggilo | per miracolo al rogo o al palo ». a ù i Le idee del « turco » I Poiché questo vecchio egiziano abissino, allampanato, dal cranio ìcalvo, dalle fattezze solenni di Bo¬ lge veneziano, mi parlava con una m certa insistenza di Wehib Pascià a. deì smisllruti di , „„ ,0 -,mn foHire n>,ch iesta sul ^ : « ,,eneZe 1 turco ». come ,0 cfci„. e i n \mavano comunemente gli abissini. \ Questa persona, che vive in Etiopia da oltre mezzo secolo, mi fornisce l'interpretazione dei recon- - din pensieri di Wehib Pascià, che - i ze o. - riporto in termini esatti, premettendo che il sessuagenario turco, vinto dalle armi del Maresciallo Graziani, era ossessionato da una ambizione rasentante i limiti della m egalomunia. Egli si attribuiva la gloria di aver fermato le squadre francesi e inglesi al momento dell'attacco ni Dardanelli. Era venuto in Abissinia al solo scopo di impedire che la latinità penetrasse in Africa. Lo c''" iett0 " Parecchle Versone. La i sua 1 i politi e, >nnss 'i 11 I stia idea consisteva nel fare una ca orientale arabo-islamicamussulmana, contro l'occidente. personaggio mi traccia la seguente figura di Wehib Pascià: « Se si fosse avuta una vittoria abissina, ignoro se gli inglesi, nia certamente gli italiani e i francesi sarebbero stati respinti al unir a Rosso e si sarebbe ristabilito ovuli q»e il governo del gran turco. à\Non credo che Wehib Pascià aveso lse dietro di sé la fiducia della Tur.\cnia- mn certamente godeva le \"imP("ic All'Egitto, essendo com presa nei suoi obiettivi una allenii- - ■ ,a EUopia.Egitt0i ro„trn r7„,/)n,. terra. Giova infatti considerare che Wehib Pascià era ini personaggio a parte, e non si confono;deva ncl penMonc ttbissino> in i : croaioiavano interessi disparati se -, ' conoordanti su qU(,irhc «tolto. ai -\ 11 f"'to C''C Wp/iio era antiinJ\glese « spiegato con l'ideale, .\esclusivamente islamico, mitrilo i,d"< 1"™'° vecchio militare antioc-'c,dc"t"lc- o'i L'imperatore non si rendeva ! conto di nulla. Non rifiutava alcun o -.appoggio straniero, pur di resis'e-<re aBU italiani: ecco la sua politi- a e r"- L'Inghilterra, clic fino a podi i e -\ .; -, -\ ' i a i -l e te quale uomo per bene, e quando e fra governatore di Harrar. Iraianni fa era ostile all'Etiopia, ne diventava alleata sperando di con-seguire le sue mire sul lago Tanae sul Nilo Azzurro. 0 la padronali-za assoluta indiretta dell'immensoterritorio dell'impero. Per giunge-re a tali fini, i britannici erano riusciti ad insediare in Etiopia un blocco protestante americano,svizzero, inglese, svedese, norie-gese, tedesco, alle dipendenze del dottor Lambic. uomo sinistro, go-dente di vasta influenza in Addis Abeba. giunto in Etiopia salto lespoglie di medico verso il t!)>0, attualmente riparato nella regione dei grandi laghi. L'unico amico del Pascià '•raNassibù. che era anch'egli infar-Cito di un poco di cultura europea ma il cui cuore non era diritto. Nassibù si mostrava esteriarmcn- a i è o, c ; lava gentilmente anche il console Giardini, ma effettivamente era un individuo pericoloso, somigliante ai rivoluzionari francesi, educati nei salotti ma poi carnefici spietati ». Il mio interlocutore cosi concia'de: «La vittoria di Mussolini ha salvalo ancora una volta l'occidente. La guerra italiana mi pare r"ticertata. diretta, vinta contro un popolo solloposlo alla barbarie, ma o anche contro mene infedeli, vale a e dire islamiche da una parte, proo testanti dall'altra. Il Duce. Man- t„„dn, salvaguarda la causa della -. civiltà e del cristianesimo», -\ n Dante Pariset AUTOCARRO CHE FATTO MOLTA STRADA: FORLÌ' . NASSAU A ADDIS ABEBA. i