Negri e negrieri in terra di Maometto di Renzo Martinelli

Negri e negrieri in terra di Maometto Come nella "Capanna dello zio Tom Negri e negrieri in terra di Maometto ;( DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ) GEDDA (Heggiaz), agosto. Avrete notato con quanta disinvoltura ho qua e là alluno alla schiavitù. Disinvolto e semplice come si converrebbe a chi, per esempio, trovandosi al Polo, s'accorgesse d'avere i piedi sul ghiaccio. La schiavitù, in Heyyiaz, è una delle realtà più visibili e più costanti. Fra tutti i Paesi nei quali è ancora possibile vendere, comprare, vedere uno schiavo, l'Heggiaz s'è ormai ridotto ad essere il solo in cui tutto questo accade senza il più piccolo velame d'ipocrisia. L'Heggiaz non appartiene alla. Società delle Nazioni (ma non è detta l'ultima parola...) e non ha perciò bisogno, come invece ne ha tanto la cara Abissinia, socia effettiva del pio istituto ginevrino, di stendere rosei veli intorno ai più salienti aspetti della propria vita sociale. Un dragomanno prudente Uno di questi trasparcntissimi schermi copre, ovvero cerca di coprire, a Gedda., il mercato degli schiavi. Il mercato, beninteso; non il fatto della schiavitù. Che ri siano in tutte le case schiavi e schiave, da fatica o da sofà — va bene così: schiave e schiavi; non c'è proprio nulla da correggere — è cosa pacificamente ammessa. Però, non è ammesso credere che vi sia un luogo dove gli schiavi si vendono. Contrattazione privata? Può darsi, almeno in qualche caso. Tizio sa che Caio ha uno schiavo o una schiava in più, e s'informa, e ne domanda il prezzo, e si fa mandare l'oggetto a casa, e compra o non compra, a seconda che la cosa gli sembri conveniente. Ma lo schiavo, anche a Gedda, è un genere di troppo largo consumo perchè sia possibile ammettere che non vi sieno spacci pubblici, e parchi d'allevamento, e fiere, come succede per i ciucci ed i cammelli. L'ipotesi più agevole è che Gedda, la portineria dell'Arabia saudia, si contenga, nei riguardi del mercato degli schiavi, come si contengono le bische in tante città del mondo, dove il gioco d'azzardo è proibito. Quando mai le minaccio della questura hanno potuto impedire che la gente giochi? La utilità della intimidazione s'è sempre risolta nel magro vantaggio d'imporro qualche maggiore cautela ai.biscazzieri ed ai loro clienti. Una via un po' fuori di mano, una finestrella al buio, una- parolina d'ordine, un uscio schiuso da un'ombra; e il gioco è fatto. Cioè, incomincia. La questura europea (molto platonica questura, del resto, in quanto non ha hi mano alcun titolo serio per rimbrotti d'ordine morale a un Paese che non chiede, e non dà, confidenza a nessuno; e che è riuscito perfino a liberarsi dal regime capitolare) ha ottenuto nell'Heggiaz un identico risultato. Ha creato, cioè, nei negrieri di Gedda una psicologia da biscazzieri occidentali. Mi son comprato la confidenza d'un vecchio ex giannizzero, o cavas, o dragomanno — chiamatelo come volete ■— d'ima Legazione d'Europa, e gli ho promesso che l'avrei effigiato sul giornale se mi avesse fatto vedere, magari da un bucolino, o anche solo di fuori, il mercato clandestino degli schiavi. M'ha risposto di no, con le braccia alzate come se gli avessi puntato ima rivoltella sullo stomaco. Pei- persuaderlo, gli ho dovuto fare un'altra più grande promessa: quella, cioè, di non effigiarlo affatto, e di non ripetere il suo nome, una volta partito dall'Heggiaz, nemmeno a me stesso. — Va bene. Giuro. — Allora, vieni con me. Ma l'Innominato non ha saputo fare altro che portarmi in giro per una stradetta deserta, tutt'ombra, e ripetermi sottovoce, a testa bassa: « Qui... qui... qui... ». — Qui, dove? — Qui. Zitto! Non ho rifiatato, e non ho visto e non ho capito nulla. Ho fatto una foto grafia alla strada. Pare che una delle porte a destra sia la buona. Alla Mecca è un'altra cosa A La Mecca, Invece, e nessuno ve lo nega, le cose procedono in modo ben diverso. Lì si va al mercato degli schiavi come si va, in tutto il mondo, nei soliti mercati a far la spesa. Ci sono, naturalmente, anche i luoghi di rivendita, dove va a finire la merce di prima scelta. Ma la loro clientela è molto limitata. Lì ci vanno gli Emiri, gli Sceicchi, e in genere tutti coloro che, per qualche dignità che rivestano, hanno'un diritto di primo esame. L'altra settimana, per esempio — tutta Gedda lo sa, e ne parla — l'Emiro Feisal s'è pappato una circassa sedicenne che paro avesse lasciato ciechi, da tanto elio era bella, tutti quelli che l'avevano guardata per più di cinque minuti. E' Sombol che me lo racconta. Speriamo che il Principe Feisal abbia l'accortezza di andare nell'harem, con gli occhiali verdi. In una delle precedenti corrispondenze accennai ai prezzi sbalorditivi praticati attualmente sul mercato degli schiavi di La Mecca e di Taif. Ecco, a conferma, un piccolo estratto dell'ulti ma bollettino. (Orale, si capisce). I maschietti fra i dodici e i sedici anni, robusti, di razza non vile, costano dalle cinquanta alle sessanta sterline oro; un uomo adulto, trenta-quaranta; una vergine del tipo abissino può arrivare fino a cento sterline. Donne giovani, usate ma sempre in buone condizioni, so ne possono trovare anche per venticinque o trenta sterline. Le circasse, quest'anno, sono andate alle stelle. L'adolescente dell'Emiro è costata la bellezza di trecento sterline! Come tratta, l'arabo heyiazziuno, il proprio schiavo e la propria schiavu? Ecco. Anche qui bisogna ripetere quel che scrivevo, alcuni anni fa, da Addis Abeba, a proposito della schiavitù etiopica. Non è assolutamente vero, ed è assurdo crederlo, che gli schiavi sieno trattati con sistematica crudeltà dal loro padrone. Lo schiavo maschio, è nient'altro che uno strumento di lavoro; e come nessuno potrebbe rovinare volontariamente una macchina che gli c utile, e che gli è costata fior di quattrini, così sarebbe parimente sciocco ammettere che vi possa essere un padrone di schiavi così bclordo dainfierire, per puro spirito di prepoten-za, contro gli «strumenti vivi» di suaproprietà. L'offesa, almeno per quelloche appare al nostro occhio e al nostrospirito, è tutta di carattere morale. E' il principio cristiano che risulta ferito a morte. Nove volte su, dieci, ahimè!, lo schiavo sta benissimo; e non si sa rendere conto del suo dolore. Perchè, per lui, la pena, la tregenda, qualche volta il vero martirio, sono finiti appunto il giorno in cui la schiavitù effettiva è incominciata; quando, cioè, ha incominciato a sentirsi protetto dall'egoismo del compratore. La schiava e la casa 71 che vale tanto per gli uomini che per le donne. La. schiava, non è mai, o in casi eccezionalissimi, esclusivo soggetto da harem. Le prestazioni che le si chiedono includono sempre l'obbligo di dividere, con tutti gli altri schiavi e servi, il compito delle più basse fatiche spqfviatnBujcmepar manuali. Le donne da harem e basta, anche se comprate al mercato, appartengono, senz'altro, al ruolo di mogli. Come si contiene Maometto nei riguardi della schiavitù? Molto meglio dei maomettani, al solito. Il Corano autorizza la cattura, la véndita, il possesso di una creatura umana solo come mezzi di propaganda per l'Islam. Nessun mussulmano può tenere in ischiavitù un altro mussulmano. Lo schiavo deve considerarsi come un soggetto da convertire. Una volta avvenuta la sua conversione, gli deve essere restituita, con la libertà, la sua intera dignità di uomo. Se la schiava partorisce per opera del suo padrone, o del figlio del suo padrone, o comunque di chi appartenga al casato padronale, automaticamente deve ritenersi riscattata. Essa è libera, e il nascituro condivide tutti i diritti degli altri figlioli di suo padre. La mamma può andarsene; o rimanere nell'harem,moglie fra mogli. Purtroppo, sotto il cielo di Gedda, di La Mecca, di Medina, di tutta l'Arabia, credo, ognuno dì tali comandamenti del Profeta è soggetto a tante interpretazioni personali quanti sono i caratteri dei padroni. Senza contare la ma Ugna influenza che su di questi hanno le più legittime inquiline dell'harem La schiava che resta incinta — i figli di papà hanno l'assoluto diritto di valersene tutte le volte che vogliono suscita sempre le più grandi ire delle mogli ufficialmente costituite — orgoglio, egoismo, di tutto un po' — e allora, che è che non è, la ragazza scompare per qualche giorno di circolazione; e non c'è più bisogno di liberare o di legittimare nessuno. La conversione... Anche sotto questo aspetto, che dovrebbe essere quello saliente del rapporto fra padrone e schiavo, le cose procedono in modo lontanissimo da quello che al Profeta premeva. Lo schiavo acquistato da un mussulmano, diventa mussulmano subito. Come volete che un povero diavolo, o diavolessa che sia, razziati in Africa, nove volte su dieci gente senza fede, o con una fede senza convinzione e senza costrutto, si metta a resistere al nuovo clima religioso nel quale l'hanno portato? Il convcrtimento è automatico. Solo che, il padrone, se ne infischia allegrissimamente. Non lo doynanda e non lo vuol sapere. Novecentonovantanove casi su mille, lo schiavo muore schiavo. Precetti e interpretazioni Maometto indicò anche, come opera di bontà sommamente accetta all'Altissimo, la volontaria liberazione di uno schiavo. Un atto simile compiuto in punto di morte, non so quali benefizii è capace di produrre nel conteggio finale dei peccati. Ma nemmeno questa promessa è molla sufficiente per generalizzare l'uso del bel gesto. Se un moribondo, qualche volta, ci pensa, gli eredi, quasi sempre, resistono. Perchè ormai, il concetto radicato nel fondo di questi cervelli è che non si tratta di uomini o di donne, ma di « cose ». Cose che son costate fior di quattrini. Non è nemmeno quistionc di cattiveria. E' una persuasione ereditata dai secoli; e, a sua modo, innocente. C'è a Gedda, per dirne una, la casa Banagia. Gente ricca., stimata, e che fa anche del bene. Possiede più di cento schiavi, dis- gpetvampdv«ClpbnpvGcpc eminati fra le vark famiglie, discese er li rami. Ora. di essa, si racconta uesto edificante caso successo di resco. Tra, le molte schiave ce n'era una, ecchia sessantenne, che era arrivata n casa Banagìa quando aveva sedici nni. Aveva tirato su, da balia asciuta, da seconda madre, tutti i ragazzi ati nel fornitissimo harem; e il vecchio Banagìa era, andato a dire a tutti che na schiava come quella non era mai otuta esistere, nè in Arabia nò in alun altro luogo. Ma era vecchia, ormai; e le fatiche che poteva durare si ran ridotte pressoché a zero. Morto il atriarca, i figli di lui, i figli che essa veva tirato su maternamente, appaivano molto addolorati per il pensieo di « esser costretti a rivendere la overa donna ». La quale era afflitta iù di loro per tale, evidentissima, neessità. Un giorno, un paio di mesi orono, si viene a sapere che un ricco aabo, trovandosi vicino alla resa dei onti, cerca una schiava da liberare. Però che sia una cosa da spender poco. Banagìa gli offrono la loro vecchia er quindici sterline. Affare fatto. Sono ostretti a separarsi da lei. Ah. quanti nascosti dolori, anche nell'Arabia feice! II contrabbando sui sambuchi Ma, si dirà, o i rifornimenti di dove vengono? Sempre, e tutti, di «fa»? Dalla solita Africa'! Per nove decimi ì. Su cento schiavi dei due sessi, scaicati in Arabia, novanta sono di provenienza africana. Inutile ricordare che si tratta d'una sportazione del tutto contrabbandiera. Da Porto Said al Capo non c'è un solo palmo di terra africana orientale dove ia lecito imbarcare schiavi in piena uce. Ma il fiotto è ugualmente vasto continuo. La rete della polizia inernazionale, terrestre e marittima, è a maglie troppo rade; e non v'è alcua maniera per ripararvi. Ci vorrebbe n reticolato di ventimila miglia, con ette od otto milioni di sentinelle a fu ile spianato. Ci vorrebbe, e non basterebbe. Il maggior contrabbando d'«avorio nero» fatto, benché possa sembrare uno cherzo, sotto gli occhi medesimi delle utorità, e coi timbri dei porti più riorosi. E' l'annuale pellegrinaggio a La Mecca che stende sui contrabbandieri n manto di complicità incalcolabile. Un Tìzio s'imbarca per Gedda con un assaporto, mettiamo, dov'è scritto che iaggiano con lui la moglie e quattro, inque, sei figlioli. Chi gli può contetare che non sono figlioli ma schiavi, estinati ai mercati dcll'Heyyiaz? Su ove decimi di terra africana gli indieni non hanno altro documento di tato civile che la loro parola; sempre aghissima. L'osservazione (così appaentemente logica) che gli schiavi porebbero davanti alle autorità europee ibellarsi, non ha, in effetti, alcun seno. Lo schiavo che vien dall'interno è tato, non di rado, venduto dai suoi tessi genitori, lui consenziente. Se poi on è così, il sito silenzio, la sua sma nìa di andare in un'altra terra, dove ia possibile mangiare tutti i giorni e dormire una notte intera, saranno anhe più sicuri. Perchè sarà freschissimo in lui il ricordo delle sofferenze paite presso i negrieri di prima mano, ungo strade infernali senz'acqua e enxa cibo, fra alti sibili di curbasc. Ma il contrabbando più vero, quello lassico, lo fa il sambuco; il vecchio ambuco a lumi spenti, caricato preso una spiaggia deserta. Ci sono i samuclii fatti apposta per questo traffico ericoloso. Le navi europee non scherano: sparano. Sambuchi, alcuni, a oppio fondo: come le valigie dei trafcanti clandestini di tabacco e di coaina. Nella parte più bassa della stia s'ammucchiano gli schiavi; e, sora, si rovesciano sacchi di dura o di ale. Come respirano? Eh, quante sotti- gliezze! Prima di tutto un po' d'aria passa sempre, da qualche spiraglio; eppoi, per dieci o dodici ore di tragitto, che bisogno c'è di respirare? Una volta raggiunte le acque territoriali arabe, la paura passa. Sulla costa yemenita, riposo. Riposo e, se capita, una partitella di caccia a tutto benefizio dei sambuchieri. Fra le tribù nomadi dello Yemen, verso il mare, ce n'è una, quella dei «Kkcddcm», che non appartiene nè a Cristo nè al diavolo; e neanche ad Allah. Il nome stesso con cui la si indica pare voglia dire: « i rifiutati ». Gran bazza, quando i contrabbandieri di curne limitila riescono a scoprire, nel loro primo sudato riposo sulla costa asiatica, qualche bel branco di questa selvaggina! E' vero che, sul mercato di Gedda, essa è tenuta per merce da poco. Ma a non averla pagata nulla, un po' di guadagno c'è sempre, no? Ho visto un giovanissimo «kkcddem» intorno a un pozzo. Aveva una faccia così soavemente addolorata che vorrei proprio paragonarla a quella di Gesù crocifisso. M'ha guardato a lungo, e non so cosa m'abbia voluto domandare con gli occhi. «Nessuno schiavo — ammonisce il Profeta — per quanto spregevole sia. può esser venduto a un cristiano ». Renzo Martinelli Una schiava convertita, e una bimba che può ancora sorridere a chi passa. A Gedda — assicurano — il mercato degli schiavi è nascosto. Uno dei beni informati dice però che si trova in questa strada.

Persone citate: Profeta, Tom Negri