Consuntivo della seconda Biennale del film

Consuntivo della seconda Biennale del film QuLa,:n.d.o lo schermo si spegne Consuntivo della seconda Biennale del film Predominio europeo, rivelazione cecoslovacca ~ Arte e industria - Svolta del cinema russa -- In casa nostra L'organizzazione di oggi e quella di domani Alcune proposte Venezia, 27 notte. Questa sera gli applausi più lièti hanno salutato il Dòn Giovanni del Korda (Inghilterra), da porsi tra l'« Enrico Vili » e la « Caterina sdello stesso regista ; domani sera lo schermo della Biennale si spegnerà su di un primissimo piano di Onta Gar- bo; e l'attrice che Ferdinando Martini avrebbe definito s quella poso6ai conchiuderà così la sfilata de La Eegina Cristina di cui già diffusamente dicemmo la settimana scorsa ; e al ripensare a questi settanta film, dipanati di sera in sera, di bobina in bobina, ci sembra ora di scorgerne ognuno in una sua luce, come un susseguirsi di colli dopo una giornata di pioggia. lfsltmnChi sia pensoso delle espressioni1 dclello schermo s'abitua ben presto a'qvederle nettamente divise in due re-'Cgioni: quella del mestiere e quella ! mdell'arte. Immensa la prima, esigua ' la seconda. Nessun'altra forma arti- Etica è troppo sovente asservita, come quella del cinema, a pratiche esigen ze. Un tempo si sogghignava, fra i puri di cuore, di fronte al teatro, a quel complesso spurio che si chiama spettacolo; ma il copione di un dram- ! ma esiste, quando è poesia è tutto il dramma- ed i sempre perfettamente| recitato r>er il lettore che sannia in- recitato per n lettole cne sappia in tenderlo. Il « soggetto > del film, in- vece, non è il film ; che altrimenti fcut-1ti i benpensanti finirebbero per ]eg-|gersi il loro cinematografo. Se lo spet-1 tacolo per lo spettacolo, propinato da I • •«..'•«. 1 , . , un industria mù o meno notente de- un mausuid più omino polente, ut ve essere seguito dalle cronache quo- 'dtidiane, che hanno soprattutto il compito di una puntuale informazione, nell'esame di una mostra d'arte, della Biennale, i prodotti di quell'industria devono essere .posti « fuori concorso » da chi, di quella mostra, voglia riassumere alcuni significati, additare alcune tendenze. E allora il campo si fa subito sgom- p bro. Di tutta la produzione america uà. che dovremo ricordare? Tre nomi d'interpreti, la Garbo, il Beery, la Hepburn ; e il nome di Walter Disney, iche quando è poeta lo è per davvero, uno smaliziatissimo poeta-jiuer, estro j so e delicato, candido e sbarazzino, in1 diavolato e patetico: forse oggi il so- lo artista degli schermi d'America, forse domani l'Esopo del cinema. Rimane l'Europa (degli orientali sarà meglio tacere) ; e rimane ancora la Russia, fino a ieri isolata da frontiere cinematografiche non meno net- qte e profonde di quelle politiche. 11 cinema dei Soviet era come un'ombra | misteriosa e affascinante, in un alo-1 ne di leggenda. Orbene, buona parte 1 di questa leggenda, i russi, l'hanno ; 'questa volta sfatata con le loro mani. I 'Con un Lenin del Vertoff ci hanno' ! mostrato quanto mediocre sia la prò- ; ' duziòne ispirata dalla propaganda j per la propaganda (e si sa ormai che; di film come il Lenin laggiù sene sia- no prodotti e se ne producano a biz-ì zeffe) : con un Gulliver del Putshko a ci hanno dato un saggio squisito dija un'arte non immune da preziosità| ! decadentistiche ; ed è soltanto l'Ivan del Dovcenko che ci ha fatto ritrova- e| re^arte possente die ^^\ russo lece il cinema dei soviet. JYla i '- 1 Ivan e di due anni or sono; e !o: -1considerer |serie non breve, un pu 1 fermo al quale altri dovrebbero con emmo un capolavoro di una™breve, un punto solido ej I giungersi, "se la delegazione russa «I„: „..„™„ ,.fl,„_+„ ,i;-„; „,,„„; ;m„„i„ t C1 avesse otìerto, direi quasi imposto, .'T 7',,,„„,.,, ,1 'due altri film molto recenti, h uragano} del Petrov e Notti di Pietroburgo del Boscial. due film che sono soprattut-!to due sintomi, e ci danno un Ostro*-1ski e un Dostojewski divenuti « soggettisti « sovietici. Fino a ieri i registi russi avevano potuto creare le loro opere liberi da qualsiasi vincolo che non fosse quello politico. Oggi una realtà ben dura si affaccia, quella economica ; s'impone lveechia antilesi « Mosca contro JTo quindi la necessità di varcare le frontiere, e di superare, se non altro con un sei meno, l'esame delle varie censure. Produrre, esportare opere che possano fruire dei benefici di un minimo commi denominatore. Che la lywood >, solita a racchiudere in se quella dell'arte contro l'industria, che la vecchia antitesi si debba ora risolvere nella nuovissima « Mosca contro Mosca »? I film del Petrov e del Roscial ci furono presentati con tutte le cure e gli accorgimenti riserbati ai o campioni » di una merce. Certamente pregevole, sotto alcuni aspetti | pregevolissima ; ma merce, nei con1 fronti di quello che fu il ppriodo eroi co del cinema russo. Ci sembrano que ; ste le due parole esatte: periodo eroi- I co, quello "dei Putìovkin, degli Eisen 'stein. dei Dovcenko, un periodo che ; trac le sue più profonde ragioni di j vita dal travaglio immane che som; muove il Paese, e di quel travaglio vuole l'epopea, e la crea nella forma ìpiù popolare. Che ora, come sempre dopo i periodi eroici, debba sopragjgiungere l'ordinaria amministrazione? | ^ - me già in altri tempi li diede al tea- La mistica della messinscena, tipi- ^\^t^i^/SJ^£ a e ... 1 , ., .. , , 'tro, non piccoli contributi anche al o: ' 1 a™™ europeo; ma con o< ej l'ihta saranno contributi, n spillamenti. Perchè ogni probaon più inla più vera pa- «I^S^^ t 1?jf f' t ritmo-montagtno), ci pare cne a , . „ 66 ,, 1 1 vecchia Europa, nelle sue opere più o} l «g^ncative, 1 abbia ormai ascoltata. -!^11^,"'1^"* «>n L uomo di Aron -1^f1 ,* Cecosl°Vacchia.con h stasi del Machaty e con parecchi ca- o o piloli di Amore giovane del Bowenski, hanno stupendamente difese le ragioni dell'arte. S'aggiunga ancora la Germania, non tanto con Giovinezza del Froelich quanto con Fuggiaschi dell'Ucicky ; chiamate di rincalzo alcune pagine del tedesco Basse, del cecoslovacco Plicka, degli olandesi Ivens e Rutten, e avrete un gruppo di opere e di frammenti che basterebbero da soli a dare un significato vittorioso a una mostra, ma che soprattutto dichiarano la pura visione divenuta un cànone, subordinato a quello del ritmo-montaggio. Ne L'uomo di Aran si odono sì e no mille parole; ben poche in Estasi; e altrettante nelle pagine migliori di Amore giovane e di Fugijiasehi. Il principio affermato da pochi, e sempre difeso da quanti nel cinema hanno creduto, trova ora la sua vera conferma non in tentativi di estetiche o di profezie, ma nelle opere. E son queste che contano. Dopo il periodo dell'interpretemattatore, e dopo quello del regista, qualcuno ha auspicato l'avvento del... soggettista, chiamando questi « poeta del cinema ». (Tanto varrebbe, per le fortune del melodramma, auspicare l'avvento del librettista). Sciocchezze. Poeta del cinema è quegli che s'affida a un ritmo di visioni come alla forma necessaria della sua arte,, e 'quelle visioni e quel ritmo persegue ejraggiunge, note della sua musica, paIrole delle sue strofe. L'uomo di Aron i s'apre e si conchiude con due brani sinfonici, due tempeste formata ognuna di mille tempeste; l'ora e venti di ! proiezione trascorre in una mirabili' ! unità e fusione di toni ; il film è stato ripreso in due anni. Estasi è costato un anno e mezzo di tenace lavoro. E' molto più difficile ofi %re belle immagini dal proiettore, che non sfornare brutte parole dagli altoparlanti. *** E' questo il jirinoipio che deve gui- dare ohi voglia fare del cinema, e non e e o e i del teatro filmato. E poiché le cose di casa nostra ci stanno straordinariamente a cuore, faremo un'eccezione a questa sintetica rassegna per ricordale i (piatirò film italiani. A quel principio fondamentale, chi s'è maggiormente accostato? Se Stadio ha alcune belle pagine sportive, e Seconda li ci ha dato la lieta sorpresa di conoscere nell'Alessandrini un temperamento schivo e delicato d'artista, nobile e sincero, Teresa Gonfalonieri ci ha mostrato in Marta Abba un'interprete, ma rientra nei domiliii del teatro filmato; mentre La signora di tulli, dell'Opluils, affronta un ampio e non facile tentativo più schiettamente cinematografico, superato con abile sicurezza malgrado le storta-1 re della vicenda. In questi giorni, a proposito dei film italiani, la domanda più frequente era se si fosse « più in su «oa più in giù » di due anni or sono. Ne su, nè giù. Progressi non se ne sono fatti, regressi nemmeno ; e non siamo certo finiti agli ultimi posti. Ma ciò che è indispensabile è di continuare per una via che è la sola, faticosa e difficile, quella del cinema vero, creando immagini in un ritmo, e non recitando parole, non perpetuando l'errore di considerare lo | schermo come la tipografìa della ribalta. Fra altri due anni, allora, potremo essere ai primissimi posti. Basterà un film, un film solo. *** Questa Biennale è apparsa talvolta pletorica o stanca. Ora, tirando le | somme, si deve invece riconoscere che Ile opere d'arte non sono mancate. E | parliamo allora anche di questo CoImitato ordinatore, Cireneo di sussurri e di proteste, di consigli non tutti disinteressati e d'esortazioni non tutto benevole. (Le prime due Biennali sono state due felici esperimenti. Occorre entrare nella fase veramente costruttiva, più meditata e serena. L'idea è altissima, ha già destato non poohe invidie oltre i confini, persino qualche tentativo di disguido o di variazione. Bisogna resistere ; e per resistere occorre trovare una formula efficace. Una scelta più rigorosa delle opero si impone. E' indispensabile una sede autonoma per le proiezioni. Per i premi, una giuria internazionale. « Collocare » le varie opere con un criterio che non sia quello della varietà per la varietàNon trascurare una o due mostre retrospettive, dedicate a un regista o a un interprete. Non dimenticare le cosidette mostre minori, dal documentario al disegno animato. Non chiamare a giudicare tutti i film un vasto pubblico, ma distribuire in visioni determinate quelle opere che per intenderei si potranno chiamare «d'avanguardia » (ciò eviterà parecchi fischi idioti). Presentare ogni film non soltanto con un semplicistico riassunto della trama, ma anche con un cenno, rapidissimo ed essenziale, sul regista e lo stile dell'opera (ciò potrà evitare altri fischi, non meno idioti)Assegnare alle proiezioni un ordine prestabilito, fedele al criterio di « collocazione », e non mutarlo per ness]llniimo|!vo (qui non si ha il terrore dell' indisposizione improvvisa del grande tenore, basta allineare in bella fila bobine e bobine; chi vorrà, potrà partirsene da New York o da Tumbuctù e giungere a Venezia per quella sera, per quel determinato film, ed essere sicuro di trovarcelo, anziché striscioni di rinvio e di controrinvio). Non accogliere opere che non siano giunte entro il termine stabilito daccettazione. E istituire sistematiche visioni private per la critica (si desidera, e giustamente, ohe della Biennale si parli molto; ma il critico mu-sicale e quello drammatico hanno a a i loro disposizione copione o spartito, e poi le prove, e la prova generale; perchè costringerci ad acrobazie e a sotterfugi per vederci i film un po' prima, o costringere altri, e ce ne sono stati, a scrivere dei film prima ancora di averli veduti?). *** Ma se gran parte di tutto ciò non è che oculata preparazione; il vero scoglio è pur sempre quello della formula da adottare per la scelta dei singoli film. C'è chi propone l'invito all'opera, certo il criterio più severo, e quindi il più lodevole. Ma ehi farà quest'invito? Una commissione, e una commissione internazionale ? (Già si scorge una serie di compromessi). Un uomo? E dov'è, quest'uomo, in Italia, che abbia la competenza, la sicurezza e le virtù di sacrificio che tale duro e altissimo compito comporterebbe? Dal dire al fare c'è sempre di mezzo la solita laguna. E allora? E allora, per la terza Biennale, nella fidente attesa di questo taumaturgico Commissario, seguire, ma fino in fondo, la yia già delineata per la secon- da. Quest'anno si sono interpellati e Camere sindacali, e consolati, e ambasciate. Continuare: ma per la qualità, non per la quantità dei film partecipanti. Che ogni Governo sajipia quale carta gioca la sua cinematografìa presentandosi a Venezia. Che le scelte più rigorose avvengano proprio nell'ambito nazionale. E che il Comitato ordinatore si riserbi sempre il diritto di respingere inappellabilmente opere di scarsa dignità artistica. Il regolamento già lo sancisce,' ma bisogna trovare il coraggio di applicarlo. Una o due esclusioni, alla vigilia della mostra, saranno scudisciate benefiche. Qualcuno si ritirerà, infuriato, spergiurerà di mai più ripresentarsi alla Biennale. Lo vedrete tornare, non dubitate. E se non tornerà, tanto peggio per lui ; gli assenti hanno sempre torto, là dove è aperta una gara. Venezia deve mirare all'arte, non alla fiera campionaria del film. Che questa fiera se la organizzino per conto loro i singoli produttori, ai margini della Biennale, sarà inevitabile, e anche benefico. Ma il nome di Venezia, la sigla della Biennale, devono essere un altissimo mònito e uno sprone. Una corriva indulgenza potrebbe tradirli. Mario Gromo Una scena del «Don Giovanni » del Korda (Inghilterra) Da «Viva Villa» di Jack Couwag (Stati Uniti), Buster Phelps, il piccolo efficace attore di «Sogni infranti» del Vignala (Stati Uniti). Da «Verso Hollywood-» (Stati Uniti), Douglas Fairbanks in «Don Giovanni» (Inghilterra) Una primizia di «Notturno», il nuovo film di Machaty, il regista di «Estasi», uno dei trionfatori alla Biennale