Piroghe esquimesi e rivolte messicane di Mario Gromo

Piroghe esquimesi e rivolte messicane SULLO SCHERMO DELLA BIENNALE Piroghe esquimesi e rivolte messicane Il primo film danese, sploratore Rasmussen -tazione di Wallace Beery con la collaborazione dell'evia Villa, l'ultima interpre- Un disegno animato italiano y inttorPoun cene ctilemedi sogsisd'udopnonvi p\a «ito intforLziolianmatecd'asoncanfusle b\dn ( DAL NOSTRO INVIATO ) Venezia, 21 notte. Il chioma riattese risorge, il cinema danese si riprende, ha già cominciato, ha eominrinto con un capolavoro. Era questa una delle notizie più ghiotte, e più o meno interessate, che in questi ultimi mesi era giunta a quanti seguono queste vicende in ogni Paese. E nell'elenco dei film della Biennale, accanto a quel « Danimarca y> ci aveva dapprima impensieriti quel titolo « Verso il matrimonio »; ma poi, gira e rigira, vai a vedere bobine e cataloghi, ecco quesio titolo diventare la libera traduzione di « Le nozze di Palo », Palos Brudefaerd: proprio quel « capolavoro » del quale ci eran giunte notizie. Ci era stato comunicato, ed era vero, che tale film, per l'eccezionale valore artistico e culturale attribuitogli dal governo danese, aveva avuto esentate le sue rappresentazioni dalle solite tasse erariali; che una copia ne doveva essere conservata negli archivi di Stato (e anche questo era vero); e che promotore dell'impresa cinematografica era stato il noto esploratore danese Knud Rasmussen (e anche questo era verissimo). Il Rasmussen ne aveva anzi scritto il soggetto, aveva collaborato non poco alla sceneggiatura; il dot-\chetor Dalsheim, il capo della spedizione lutche già riprese Bali, l'isola dei demoni, i di era poi stato il regista del film, tutto liainterpretato da esquimesi dell'estrema ■ ser,u : ottantamila metri di pellicola, lo sfor [maggiore è compiuto. Si torna verso ' nord della Groenlandia; e si diceva che Palo e 8amo e Navarana, i protagonisti, fossero destinati a suscitare quella curiosità già destata da altri interpreti esotici, dalla Reri di Tabù a Mala di Eskimo.. Le nozze di Palo è un Eskimo fatto olla buona, in famiglia. Vi sono identità evidenti d'inquadrature, persino di sequenza: ma vi manca ciò che a Eskimo dà tot l'ero rilievo, la forza dell'arte. Questi bravi esquimesi pare sovente che siano tutti contenti di fare del cinema; e ridono, e ridono, assai più del necessario, e guardano curiosi nell'obbiettivo, come in uno specchio. Il film è molto ingenuo, lineare di trama, assai gracile di tono; vi sono tuttavia alenili scorci sorprendenti, parecchi sfondi felici. Credo però che tutto ciò sia soprattutto merito del buon Dio, che creò quegli sfondi, e Palo e Santo e Navarana abbiano ad accontentarsi di essere celebrità locali, anche se nella seconda parte del film appaia una bella pagina, che giunge quasi alle soglie del dramma. *** Due anni or sono, alla prima Biennale, il grosso Beery partecipò alla parata finale con II campione; ora, con Viva Villa, apre la nuova parata che si concluderà con l'ultima e stupenda interpretazione di Greta Garbo, La regina Cristina; e ci riappare con il sombrero di Poncho Villa, questa specie di sanguinario .Robin Hoad del Messico, che al sud del Rio Grande ancora s'aureola d'una leggenda da eroe nazionale: il bandito patriota che, alla testa dei peoni rivoltosi, abbattè il presidente Diaz. Per rievocare queste vicende, fu necessaria la partenza di una spedizione cinematografica d'un centinaio di persone; facevano parte dello stato maggiore Wallace Beery, Leo Carillo, Lee Tracy, Fay Wray, Mona Marris, Donald Cook, George Stane. E la par tenza della spedizione fu salutata dai migliori auguri dei soliti pessimisti. « Il Messico, il vero Messico, non paese da scampagnate; clima micidiale, indigeni ostili, e tanto più ostili quando sapranno del vero carattere del film; ricostruitene qualche scampolo in istudio, siate lieti del dolce tepore di Hol lywood ». La spedizione jìartì. Il primo obbiet tivo era Tetlapayac. Vi fu trovata una vecchia fazenda abbandonata da anni, e nulla jriù. Mancanza d'acqua, dissenteria. Dopo tre settimane, si ripiega verso la ferrovia, ci si installa in un treno, vi si dorme in dieci per scompartimento. E poi si ritenta. Ed è il sole acciecante, un polverone rovente che pare un ghibli, e la pellicola non può restare nella « camera » più di dieci minuti, e si deve organizzare il rifornimento dell'acqua con otri a dorso di mulo. Malgrado tutto si lavora, e con grandi masse di peoni, nei domini che furono di Poncho Villa, da Dwango a Chihuahua a Teotihucan, non lontano dalle piramidi atzeche. Si girano cin- zo la delnodenasultalhaavCoNamedi filmLaquco nofilmniogliziodoprVe« Ariacha liadele)filterKiprAl«Rte(Afin\costà. E allora interviene la censura messicana, che naturalmente si era riservato il diritto di verificare ogni bobina. Tagli inesorabili. Messico e messicani, nei film di Hollywood, erano stati sempre non poco tartassati, dai vecchi Wcsterns ai disegni animati (Il bandito messicano, per Culver City, è il bandito per antonomasia). Figuratevi che soddisfazione, poter inferocire di forbici fra quei presuntuosi che avevano creduto di poter speculare sulla memoria e le gesta di Poncho Villa. Ed ecco l'incidente Tracy. Grande ^sgomento in ogni ambiente cinemato\grafico americano, quando vi giunse ila notizia che Lee Tracy, appartenente ìalla. spedizione, era stato arrestato liei i ...oltraggio al pudore. Lì per lì parve luna risorsa pubblicitaria, quella noti i^ia. Era invece il sintomo più grave idi ruffa ima situazione d'ostilità; e le di tuffa conseguenze che ne derivarono furono ìtali da indiare la Casa editrice a mutare, e di non poco, il piano originale {del film, a rifarne buona parte in (Studio. Come vedete, se il film vuole nari rarci il romanzo di Poncho Villa, vi è stato indubbiamente, in quel romanzo, quasi un altro romanzo. Ricco d'una vita movimentata e truculenta, d'un pittoresco talvolta violento, d'un dinamismo esasperato, il film vuole avere il ritmo della biografia, ispirandosi infatti a quella romanzesca di Wallace Smith. La regìa di Jack Conivay è accorta, predilige sovente il colore per il colore, ed ha sempre saputo dominare l'ampia tessitura {il Conicai diresse fra l'altra, il recente « Arditi del mare »). Una sorpresa è forse offerta dti un certo ritorno a toni delle vecchie pellicole d'avventure, dei vecchi westerns che fecero la fortuna del primo cinema americano; ma il ve[rq significato de! film è pur sempre nel- Sdi scceè tedel'ogatotrderodopicaMRCdiRRR« techa nacusimap12121313tumniCa17tiDgùRe21talidaGStdiRdi«LeasaBBPvainDatsiI.A«at—glleraRdamhtelackKge2li'tutte le sue doti; e chi ricorda l'ottima nterpretazione del Beery ne II lottaore, chi ha ancora dinanzi il povero Polakai, troverà in questo Poncho Villa n attore ancor più esperto e convinente, /i?to ad oggi II Beery più iiicisiro complesso che abbiamo veduto. Infanile o violento, credulo o impulsivo, temerario od eroico, timido o aggressiva, i volta in volta, l'attore giunge alle oglie della bravura, quasi del virtuoismo: e sempre rimane nel suo respiro 'una massiccia umanità. Veramente, opo aver veduto quest'ultimo Beery, on sapremmo dire quali altre sorprese i possa serbare: che da « Grand Hotel» «Il campione », da «Pranzo alle olo » a « Il lottatore », l'ascesa di questo nterprete appare perseguita con una orza quasi inesorabile. *** L'altra, sera abbiamo avuto la proieione anche di un disegnò animato itaano, Varietà, dovuto al Ristori di Roma. Avremmo preferito trovarvi una ecnica meno diligente, ma un po' più 'autonomia. Purtroppo gli clementi ono i soliti dei medii filmetti ameriani del genere: con fina statira prousione di balletti d'arbusti e d'animali; balletti e arbusti e animali tutti venti da un'Hollywood. di maniera. An- he qui, se si vuol fare, bisogna anziuto aver qualcosa da dire; e qualcosa i tipicamente, inconfondibilmente itaiano. Perchè non dedicare una breve erie di disegni animati alla creatura del Collodi e di Mastro Geppetto, a Pinocchio? Tutto sta nel cominciare. Mario Gromo II il dl CtpdnaDadgsndmatpzzdsmlgEpZteolezgdqbfaatinepm