Intervistiamo le dive ?

Intervistiamo le dive ? ALLA BIENNALE DEL FILM Intervistiamo le dive ? La « Zarina del cinema » e l'eroina di « Mancia competente » sulla spiaggia del Lido - La più vera diva, in incognito -- Serata d'attesa - Corruccio di Eva Venezia, 14 notte. Come già la cronaca vi ha fatto sa-pere, sono dunque e finalmente giunte aZ Lido due dive, Marion Davies e Kay Francis, ognuna con cinquantotto va lige. (Le stelle non sono di primissima grandezza, ma le valige lo erano). Qui, diciamo pure la verità, pareva che tutti avessero un po' perduta la testa. « Arrivano, stonilo per arrivare! » era il grido che quasi ovunque s'udiva; insomma, pareva d'essere ai tempi di Gìrardengo, a una tappa del giro d'Italia. Impossibile, però, avicinarle. Ma è proprio necessario? Un collega misi e-riosamente mi confidava: « Ho manda-to in camera, alla Francis, un biglietto con due orchidee-». (Diceva «due or- ; w con pudibonda modestia; eppu re, povero biglietto, povere orchidee, non avevano avuto alcuna risposta). Un altro s'era appostato per ore e ore, asorprendere la Davies; caro figliolo, ina bastava scendere alla Taverna, a far colazione alla solita ora. Eccola, bionda, come nei suoi film, forse un po' meno; il volto un po' più stanco, d'un fragile pallore innaturale, come di sapiente preziosissima cera. Subito dopo i miei occhi mortali hanno veduto Marion tracannare un bicchiere di sugo d'arancia. Istanti storici, lo so; ma io ero alle prese con un'insalatina di pomodori; e avreste voluto elle m'alzassi, e sfoderassi uno smagliante sorriso, per chiederle, come s'usa nelle interviste, qual'è il profumo che preferite, quando contate di divorziare? Ma si metta il profumo che vuole, divorzi quando le pare; e beva, beva in pace il suo sugo d'arancia. Ecco la Davies Ogni tanto qualcuno dei più scalma-nati, dei più entusiasti, s'appartava con un altro dei più scalmanati, dei più entusiasti: — Dimmi un po', ora che non ci sente nessuno: ma chi è, questa Davies? Veramente, nella vita di tutti i giorni, è Mrs. Hearst, la moglie quindi dello « zar del cinema », il dèspota di Hollywood. Con un marito di tal fatta, direte, è assai facile diventare una diva. Un momento. E' facile diventare la za-rina del cinema: ma In Davies era già la. Davies prima di essere Mrs. Hearst. Giovanissima chorus girl, s'accostò allo schermo fin dai primi tempi del film muto. Già nei drammi di cappa e spada, fra acrobatici duelli e cavalcate a briglia sciolta, si vedeva apparire quella biondina irlandese; e per lo più, vi appariva nelle vesti d'un audace adole- scente che, poco prima dell'abbraccio finale, si trasformava in una trèpida giovinetta, un po' impacciata dalla lunghissima gonna. Ma soltanto più tardi, quando l'epopea del Far West ebbe compiuto il suo ciclo, doveva rivelarsi la vera Marion, in parecchie commediole dove la comicità più spinta e il patetico più lacrimogeno andavano abbastanza teneramente d'accordo : e quell'infaticabile ardore, e quella viva- ci<à sbarazzina, e quelle virtù parodi stiche, dovevano farne un «enfant terrible » degli schermi americani. Chi non ricorda, in Blondie of the Follies, ìa sorprendente parodia della Garbo? E, nei due film precedenti, dei quali ora mi sfugge il titolo, quelle non meno sorprendenti, e forse più difficili, deHa Swanson e di Pala Negri? Biso gna guardarla con molto rispetto, quest'attrice; non soltanto perchè sia qua&i la sola, fra quelle di Culver City, a sopravvivere alla scomparsa del film muto (le altre, dalla Pickford alla Swanson, di giorno in giorno ormai si allontanano); ma anche perchè fu la sola — Za sola, capite — a essere ri- \ sparmiata dagli epigrammi di G. B. Show, nella sua recente visita a Hollywood. (Ma forse fu elementare prudenza. Quella, per vendicarsi, sarebbe stata capace di mettersi una barba, finta, un paio d'occhiali, e di dedicare tutto un jilm a gì bi esse). Ora è (gii, con lo zar, e le cinquantotto valige. Forse ci presenterà il suo ultimo film, Viaggio ad Hollywood, forse ne ha lo bobine nella valigia numero cinqnantatre. Lasciamola, lasciamola bere in pace il suo sugo d'arancia. Ed ecco la Francis Kay Francis, invece, nella sua vita di tutti i giorni, non sarà mai una « stella ». / suoi capelli hanno il colore che diede loro il buon Dio, il suo volto ignora bistri e cinabri, ogni suo gesto non è il frutto di studi tremendi. Allo scorgerla, c'è a tutta prima da es¬ . seme incerti, quasi increduli. Ma poi,d'un tratto, risorge nella memoria una visione ormai lontana: quella d'una colina e dignitosa ragazza, non certo aiutata da una pettinatura un po' goffa, che apparve in una particina di uno dei primi film parlati — Gentlemen of the Press. Erano i tempi in cui la nuovissima tecnica del sonoro faceva ricercare elementi che. fossero soprattutj to fonogenici ; ina la nuova recluta par| t:e sùbito destinata a fare qualcosa. E i vi è riuscita, pur non avendo mai subito le rime obbligate che Hollywood suole imporre alle giornate dei suoi divi. E' stato detto di lei: «Ha la rara qualità di saper apparire intelligente; I e quella, ancor più rara, di esserlo veramente ». E oggi, al vederla sulla ter, razza, mi pareva di scorgere la lonta\na Kuy Francis del 1929. Allora, sullo schermo, truccatori e sarti non erano '.ancora intervenuti a farne un tipo alla [Francis; ma quando poi ci si son mes\si, hanno dovuto seguire i desideri di lei, soltanto di lei; che ha usato senza parsimonia tutta la sua intelligenza perchè l'eleganza e la grazia aiutas serò l'attrice a diventare un mterpre- te almeno di secondo piano — desti nata a essere un po' sempre sulle orme di una Stanwyck, senza però poterla raggiungere mai. Ora potremo dare un guizzo ai lettori. Guardate questa fotografia. Nulla di più facile che lo scrivervi sotto, in un bel grassetto, « Kay Francis al Lido ». Nossignori, è un mezzo primo piano della Francis in una sequenza inedita d'un film di Lubitsch, Mancia competente. Sì, proprio Madame Colet. (Telefono subito al giornale, perchè sotto la fotografia mettano « Kay Francis » e basta. Ma poi tanto si sa, come queste cose vanno a finire). La vera diva Ma la diva che più m'interessa è qui davvero in incognito. E' una dolce, buona signora, che ormai più non cela le sue rughe. Procede quasi timorosa, lo sguardo a terra, temendo — c talvolta forse sperando — di essere riconosciuta. Ma non la riconosce nessuno, non le giungono richieste d'interviste da rifiutare sdegnata. E' qui « al seguito », la curiosità è per le altre; ed è la stessa che un tempo accompagnò i suoi passi. Vive sulla scia di quei mormorii che la sfiorano e non la toccano, in una malinconia che ancora la fa soffrire e della quale non può fare a meno. Se oggi avesse bisogno del set per campare, gli sguardi crudeli d'un regista, di troppi registi, forse lo assegnerebbero, come un'elemosina, una particina. di generica e nulla più. Ella In sa, e ha un brivido di timore e di gratitudine pensando a quella casscttina di sicurezza che ha in una banca, laggiù. Il suo nome apparve per l'ultima volta, sui cartelloniquattro anni fa. Destò qualche sogghigno, qualche sorriso, parecchi sbadigliLa diva già era scomparsa, l'ultima luce della stella già si era spenta. Ah, se questo bastasse a riportarle un po' dletizia sul volto stanco, come volentierle chiederei quale profumo preferiscaquando conti di divorziare: sarei anche capace di sfoderare matita e taccuino .per se<inarmi accuratamente ogni ri-\sposta' Sftrehbe certo un'opera buonaun'intervista avrebbeghi di Milano e concluso dai disegnanimati di Francesco Cerchio di Torino. La Biennale ha così avuto un'al. tra battuta d'aspetto; ma si avvi lstano àlVortetsonte La signora duna volta tanto servito a qualcosa. Ma non se n'avvedrebbe? E allora, tutto ciò, non potrebbe apparirle come una beffa, forse la più atroce? Battuta d'aspetto Questa sera la. pioggia è giunta un'al-S^S^aS ^SSin questi giorni si lamentavano di do-ver sempre e soltanto vedere dei filmhanno incominciato a sospirare: « Cijosse almeno un po' di cinematografo »;pareva che da anni non avessero ve-duto uno schermo; e allora, questi bra-vi ragazzi del passo ridotto, li hannosubito accontentati, nel grande salonea terreno. Mai pubblico più elegante efestoso si adunò dinanzi ad un piccoloproiettore da sedici millimetri; e lospettacolo lietamente trascorse, inizia-to da « Dieci sintesi » di Ubaldo Magna-tutti, c/ie s'annuncia come il più importante film italiano, e la serata interamente dedicata al cinema sovietico, con Celiuskin e Notti di Pietrogrado. Intanto, per finire la sfilatina delle dive, ecco anche l'eroina di Estasi, ibel film del Machaty. Ieri era nell'atriostava, sorbendo un'aranciata; quando un amico quasi mi stritola un braccio— Guarda Eva. (Nel film, l'uomo, si chiama Adamo)La sbirciai. Quella se n'accorse; e mfissò incollerita, già pronta, forse, alla fuga. (La dicono tremendamente sdegnosa, insofferente d'ogni pubblicità; però, il giorno seguente al trionfale successo del film, eccola giungere al Lido)Sempre guardandola esclamai: — Macché, non è lei . L'amico addirittura si scandolezzava— Ti dico di sì! Ribattei ancora, con una risata: — E ti dico di no! Il nostro « no » è chiarissimo, anche per orecchie cecoslovacche; e mai mgiunse uno sguardo d'un disprezzo cosprofondo, quasi d'odio. Era lei, proprio lei, Mario Grumo. MARION DAVIES E KAY FRANCIS AL LIDO...

Luoghi citati: Culver City, Hollywood, Italia, Milano, Pietrogrado, Torino