Il Maresciallo Hindenburg

Il Maresciallo Hindenburg Il Maresciallo Hindenburg ,, lje. « Tannenberg, una gigantesca battaglia, arrestando defmitivamen M* e respingendo il tremendo rullo ™SSO invasore fu per la citta di ^V°,X?iì_l?fila J™6 J!ì.Ì®?bU5?' i ' I biografi di Hindenburg raccontano che, (piando sulla fine di agosto del 1914 si sparse in Germania la voce che un generale Von Hindenburg aveva vinto sul fronte orienta- saldnHlmtsrquasi ignorato, aveva risieduto ne gli ultimi anni in ritiro, un precipitarsi nei caffè e nei locali pubblici alla ricorca del libro di indirizzi Isella città per trovarvi il nome che a correva già su tutte le bocche. « Di- f cono che risieda qui » dicevano ì m buoni hannoveresi, sfogliando il li- p bro degli indirizzi; ma le loro ricer- [s che dovevano andare deluse: il vec-js!cnin generale in ritiro non vi era se- gnato se non col nome di Von Bene-!p | meno, sul libro degli indirizzi. ckendorff, il secondo soltanto cioè dei due nomi che fin dal 1789, per decreto reale la famiglia era autorizzata a portare dopo la fusione dei due rami di von Hindenburg e di von P>eneckendorff. Il nome di Hindenburg, che si accendeva in quel momento per la prima volta per non più spegnersi come una stella fissa nel firmamento della storia tedesca non qmbi repcnpa fino allora brillato nem-lvvsChe cosa nella vita precedente di Paolo Von Hindenburg nella prima delle sue « tre vite », sembrasse destinare quest'uomo a impersonare tanta storia del suo paese sarebbe stato fino allora difficile dire. Una vita a giudicarla in blocco, senza colore, senza dramma, si direbbe senza pensiero, certo senza parola. Una cosa comune, silenziosa, innocente. Uno « stato di servizio », niente altro. La solita, rude e buona vita di un soldato prussiano o se vo- sl— I lele di tutti i paesi., di caserma in ca Senna, di guarnigione in guarnigio inc 111 una dl queste guarnigioni si a l e i i trova una eccellente signora che allieta la vita e fa sani figlioli, qualche onorevole campagna di guerra; poi si raggiungono i comandi; poi si va con la coscienza del dovere compiuto, soddisfattamente in congedo. Nel 1911 a 64 anni, Hindenburg aveva già finito la sua vita che era stata una « carriera » ed era già in congedo. La giovinezza Nasce a Posen il 2 di ottobre 1847 da una prolifica nobile famiglia di militari della Marca Orientale, fusione di due rami dei Beneckendorff e degli Hindenburg. Ecco come il « tenente aiutante » Beneckendorff Von Hindenburg annuncia nel giornale di Posen la nascita del nuovo figliolo: « Oggi nel pomeriggio alle tre la mia amata sposa signora Luisa nata Schwickart si è felicemente sgravata di un allegro e robusto bambino; mi onoro di annunziarlo ». Un quadro!... Infanzia di guarnigione, ginnasio a Glogau dove il padre è trasferito. Paolo Von Hindenburg a dodici anni diventa cadetto. A 18 è tenente nel terzo reggimento della guardia di Danzica. Campagna del '66: ferito alla testa; ha l'Aquila rossa con Spade. Guarnigione in Hannover. Seconda cama ; ljaSna : il 1870. Combatte a St. Pri, vat. a Sedan, a Parigi. Nel 1873 en-1 tra nell'accademia di guerra. Nel -il878 nello Stato Maggiore. Nel 1879 e!è a Stettino secondo ufficiale di Sta- to Maggiore presso il comando della è [seconda armata. Sposa. Dal 1881 al ù ! 18S9 è a Koenigsberg: accanto al colonnello conte von Schlieffen il futu- l ¬ na vincitore di Tannenberg studia per otto anni il terreno della Prus- snLLdqtvsQrgcèslqnmcsrprhsnscdlumIgsmttnzmcdsaptlnsestg ì i - o | sia orientale. Nel 1896, dopo alcuni -Janni di destinazione al ministero della guerra, è a Coblenza capo di Stalo Maggiore del granduca Federico di Baden. Nel 1900 generale di divisione a Karlsruhe. Dal 1903 al 1911, comandante del secondo corpo d'armata a Magdeburgo. Nel 1911 riceve l'ordine dell'Aquila Nera e va in congedo. Riposo. Viaggio in Italia. La vita si corona. Strano destino! Hindenburg credeva davvero di avere finito la sua vita. Quando si è vissuto 64 anni continuamente lavorando si ha ra- e I gipiìe"e diritto di' parlare dff ine" Di e I ritto e dovere, pensava il vecchio generale. « Considero come un dovere - — scriveva egli chiedendo il suo coni gedo — di lasciare libera la via alle S *»• P» giovani ». E più tardi quan. - i do ormai settantenne lo scoppio della , ; guerra mondiale lo coglieva inerte a nel suo obliato ritiro di Hannover e |e gli domandava il figliolo al servi- l e i i -1 - cora cominciato ». a Ogni condottiero parla e fissa il o tipo del suo volere in qualche sii- luminoso Hindenbure non ar e! Iuml"oso; «maenuuig non ar - ! "colava. Questo eroe che il destino 'ha voluto significativo di un momen- a -icnisT\ì7Ìììnì£iì' a|buul uit,M,I&1 e li zono. il- nunciure perchè si fa, ricorre o tra i- spare in tutte lesue manifestazioni: o dovere. Dovere quando a 18 anni dal- e' _,. .„„,„-, . _ „i.„ i- la campagna di Austria scrive alla ni Imadre per consolarla della partenza n sua e di quella del padre; dovere n- ' quando si ritrae per lasciare la via he • iu giovani; dovere quando, ina",Statalmente ricercato nel suo riti- cmtisirdpfe, una voce sotterranea vincolatrice di tutte le cose che non occorre prò-zio della patria egli salutava il giovane partente con queste parole: « Tu vai; di me la Germania non ha più bisogno ». Ma Dio solo sa perchè metteva in quel momento la mano sulla spalla di quel bambino settantenne dicendogli : « Tu non hai an- to storico supremo della Germania di oggi, era inespressivo. I suoi panegiristi cercano invano col lumicino in qualche sua conversazione, nei nei rari che vi so no, — in un suo ordine del giorno un suo detto il quale possa rimane re acceso come un segno nel cielo tedesco. Soltanto un infinito presen le, una parola che non è propriamente una parola ma una specie di sottinteso indeclinabile di tutte le paro — PO di Hannover, vola verso la suaho ; terra nativa alla fulminea Canne e di Tannenberg... Allora °™<,no PVJlo '.„:,,„ i,, „r,mnr, ji u,, W^oI™^ la iSiotno 1 sul campo, il suo órdine del i- j ore in magli [sto in cui la letteratura non si può dire guadagni qualche cosa: « Abbiamo fiducia gli uni negli altri, compiamo insieme il nostro dovere! »; dovere quando nega nel 1932 il potere a Hitler, e dovere quando nel 1932 — dopo una lun^a dramma i tica e memorabile lotta di ce - :enzn sulla quale è pili che mai confidato malla storia l'estremo giudizio — glie folo da. ocjELa guerra Quando scoppiò la guerra il nome di Paolo Von Hindenburg così come non era nel libro degli indirizzi di Hannover non era nemmeno più nell'elenco dei generali destinati all'immediato richiamo in caso di mobilitazione. « C'erano evidentemente — scrive egli stesso nelle sue memorie col solito senso di incondizionato adattamento al dovere — sufficient forze giovani; e scoppiata la guerra mi ero arreso a questo destino. Ep pure il mio cuore era pieno di nostalgica attesa ». Ma il destino ha le sue vie. In una Germania piena di giovani generali irrequieti e di ancor più irrequieta gelosia in alto, nella quale a un tratto ambizioni lunga mente compresse si articolavano li bere e sogni facinorosi esplodevano, i contrasti portarono naturalmente a rivolgere gli occhi verso il giubilato vtetolasncrdptefissmdqusul'ptre dimenticato generale di Hannover izpressoché ignoto al di fuori dei cir coli militari, al vecchio soldato che non poteva dare ombra a nessuno perchè non sapeva articolare altra voce che l'infinito presente della sua vita di dovere. Ed ecco che il 22 agosto 1914 — siamo già quasi a un me trpsttivvnse dallo scoppio della guerra e il suo-1 slo tedesco geme sotto il rullo russo1 n— si rende improvvisamente neces- j lasario al Quartiere Generale la nomina di un capo ner la ottava armata. Le cose precipitavano di ora in ora. L'aquila della storia tedesca, roteando per i cieli foschi di tragedia di quei giorni, aveva scorto a un tratto in quell'oscuro angolo di Hannover quel generale dimenticato ed era scesa su di lui e l'aveva ghermito. Quel 22 di agosto alle 3 del pomeriggio Hindenburg riceve un telegramma dal Quartiere Generale in cui gli si domanda se è pronto. Se è pronto Hindenburg? Dovere. Risponde che sì, è pronto. Altri due telegrammi seguono nella serata dai quali Hindenburg apprende che è nominato comandante dell'ottava armata e che nella notte sul 23 il suo capo di Stato Maggiore Ludendorf sarebbe venuto con treno speciale a rilevarlo ad Hannover. Hindenburg parte. E' nel pomeriggio del 23 a Marienburg. Già in treno con Ludendorf hanno studiato il piano, Il 26 di agosto comincia la battaglia. E' Tannenberg. Una battaglia gigantesca su un fronte di cento chilometri. Pochi giorni dopo Samsonow, il comandante degli eserciti del Narew, ha la sua Canne. Dal tempo di Annibale un così perfetto esempio di aggiramento classico non si era più avuto. I tedeschi catturano centomila prigionieri e 350 cannoni. Samsonow si uccide. Incominciava secondo il comandamento di Dio la seconda vita del settantenne. Dove eravamo con lo « stato di servizio » ? Liberatore a Tannenberg. Il crescendo delle annotazioni non si fermerà più. A mano a mano che la pessima condotta politica della guerra trae le cose fatalmente alla rovina la fortuna conservatrice della Germania tira sempre più sul davanti della scena questa suprema saggezza in riserva. Eccolo il 29 agosto 1916 capo del Comando supremo. Quando viene il crollo di tutto il prestigio di questa saggezza è lì pronto; è egli che « non si oppone » — si deve intendere che la consiglia — i'abdicazione del Kaiser; è egli che raccoglie sul campo nelle sue mani la Germania boccheggiante che Colui lascia. E' in quel momen sntevrsttqlilrlnppaEcocumcpdgnsstszmgslptGlnsepdgstcto che Hindenburg si trova già al hl o - : - „ a a e a - colmo della sua grandezza, morale; mentre tutto il suo passato è crollato e sono a terra crollate tutte le idealità e le istituzioni con cui il suo spirito è collegato, questo vegliardo, il quale non ha più nulla da sperare (fallace disperazione!) se non il definitivo buio del ritiro, compie per puro sentimento il suo dovere di fronte al suo popolo e trae a termine quella memorabile ritirata dell'esercito sconfitto durata un mese che è il fatto provvidenziale il quale salva la Germania e le permette di ricominciare. Il « Liberatore » è diventato così il « Salvatore » il « Retter » che è il nome con cui egli passa alla storia. Il dopoguerra Ricondotto in salvo l'esercito, scriveva al Presidente Ebert : « Io sono rimasto, nel trapasso dei tempi, a capo dell'alto comando dell'esercito, perchè consideravo come un dovere servire ancora la patria nel momento del suo massimo bisogno. Conclusi ora i preliminari della pace, considero adempiuto il mio dovere. Il mio desiderio di ritirarmi a vita privata deve essere compreso da tutti per l'avanzata mia età, e anche perchè deve essere chiaro quanto mi debba essere difficile con la mia personalità passata continuare a esercitare nei tempi presenti il mio ufficio ». Ancora e sempre il Dovere. E Hindenburg otteneva il secondo ritiro della sua vita, ritornandosene un'altra volta come un Cincinnato ad Hannover. Ma non vi è più quiete ad Hannover. Il popolo tedesco riconosce ormai in Hindenburg, « l'unser Hindenburg » (il nostro Hindenburg). La folla gli muove incontro quando egli compare. « E' un impedimento alla circolazione », commenta un biografo. E quando una malattia abbatI te il primo Presidente della nuova ree pubblica Ebert, il popolo eleva Hin-!denburg alla suprema carica dello | Stato, ristabilendo così un'altra vol' ta il rapporto soldatesco col suo capo naturale. Il 12 maggio 1925 giù a i o o Ip«cnrnvHctzftcutra fedeltà alla nuova costituzione. ?UUr S^ar^^^ela Germania, attraverso la saraban da dello «Stato dei partiti»; e si deve davvero unicamente al prestigio indiscusso dell'autorità morale a-, e ai questo Capo, in cui tutta la Lrer-J mania istintivamente si riconosce, se laS° di Wei si riconosce, se el | ™^™?.f™.?? .^^^Tx^ ò i, 2 o mar. Sull'uomo del Dovere si appun tano ormai — come già i ferrei chiodi di ogni tedesco sul suo colossale feticcio di legno — tutte le opinioni, e vi aderiscono. Nel suo sguardo di legno senza espressione si placano tutte le vellei- n là. Contro la sua costituzionalità massiccia e ineloquente, come una forza della natura, si spuntano da ora in poi fatalmente tutte le anti- costiluzionalità diverse dei partiti. jEgli è il « limite » inesorabile al pre- valere delle parti, e la sua ineloquen te parola si accende, di tanto in tanto, soltanto per pronunziare la parola dell'unione di tutti i tedeschi. Così, ogni giorno di più, a mano a mano che la rissa dei partiti si va accentuando e va determinando la paralisi e il disgregamento progressivo dello Stato, ecco che per una compensazione naturale, la personale potestà di Hindenburg va prendendo figura e lineamenti, sbozzandosi quasi dal blocco neutro ed eguale della sua costituzionalità del primo momento, e avendo tuttavia cura di mai definitivamente abbandonarla. E' questo il processo che si compie, con una serie di interventi presidenziali, sul terreno costituzionale, a base dell'art. 48 della costituzione, contemporaneamente al progressivo indietreggiamento del Parlamento e avan izare della potestà del Presidente, at- traverso i due Gabinetti Briining e poi con l'autoritario congedo di quest'ultimo, attraverso i due Gabinetti « presidenziali » von Schleicher e von Papen, l'ultimo dei quali non doveva essere che il pronubo del Governo di Hitler. E' così che, guidato dal 1 suo istinto, il quale altro non era se 1 non collegamento col popolo, e dal j la sua coscienza del dovere, egli rie sce, senza mai rompere la costituzione, ad essere il vero e necessario introduttore della rinascita nazionale e salvare la Germania una terza volta. L'uomo politico E' sommamente istruttivo rifare rapidamente per sommi capi la storia dei principali di questi interventi presidenziali, che furono tanti colpi maestri di comando, i quali poterono arginare e incanalare la lunga crisi. L'intervento iniziale fu quello della memorabile lettera rhe egli improvvisamente rivolse all'allora cancelliere Muller, socialdemocratico, si noti bene, energicamente fissandogli i capisaldi ben maturati di una urgente politica di rilievo e di sollievo della agricoltura delle Provincie orientali. Era una formidabile stretta alla socialdemocrazia addormentata nella organizzazione del proletariato di città a tutto profitto del comunismo; un rude indice teso verso la fondamentale realtà politica e morale dei campi, che doveva servire da ora in poi di guida a non pochi Governi tedeschi, e che si può credere abbia segnato senz'altro il momento culminante e risolutivo della crisi tedesca. Con quell'indice Hindenburg suscitata e chiamava alla riscossa, contro lo sfrenato esercito rosso dell'asfalto e della barricata, le sane pazienti riserve dello jugero e del limite rurale, l'esercito dei piccoli e grandi proprietari della terra, da cui solo la redenzione poteva venire e l'equilibrio essere ristabilito. Dal punto di vista formale poi, quella lettera hindenburghiana segnava al Governo responsabile un compito politico legislativo preciso e determinante, aggiungendo l'ingiunzione di seguirlo « con ogni sollecitudine ed energia », e costituiva un fatto sorprendente nella storia costituzionale della Germania repubblicana: bisognava infatti risalire soltanto ai mes saggi dei Presidenti americani per trovarne precedenti e paragoni che calzassero Ma non era che il primo passo del l ha decisa iniziativa hindenburghiana. l r i e a , e, e. a te mi rrfnie d orn). o o oteno laù Il secondo venne ben presto e fu, dopo il fallimento della cosiddetta « grande coalizione » di sinistra al comando della socialdemocrazia, il netto intervento per la formazione rapida, a termine fisso di 48 ore, del nuovo Gabinetto Briining — che venne subito battezzato Gabinetto Hindenburg — anche questa volta con l'incarico e compito ben precisati, procedere cioè alla riforma finanziaria, nonché a quella agraria ; e — fatto unico che sta a denotare la continuità di una volontà programmatica — con l'imposizione precisa di un ministro agrario. E venne poi il terzo passo dell'iniziativa presidenziale, sulla via di un rallentamento del prepotere parlamentare, e cioè lo scioglimento del Reichstag e l'imposizione della riforma finanziaria a mezzo delle ordinanze dittatoriali sulla base dell'art. 48 della costituzione. Nove anni or sono, quando si sparse la notizia che la lotta presidenziale tedesca si era chiusa con l'elezione del Cancelliere von Hindenburg, del Maresciallo dell'impero e del vincitore di Tannenberg, un vero panico e un giustificato allarme si sparsero per il mondo per i gravi conflitti di politica estera a cui la gio vane repubblica, non ancora risanata dalla piaga della Ruhr, pareva imminentemente esposta e votata. Non fu vero nulla. Il saldo e massiccio Maresciallo dimostrò ben presto infondati questi timori, deludendo le segrete speranze di coloro che gli avevano dato un voto così pieno di sottintesi. All'interno, egli prese infinitamente sul serio il giuramento dato alla costituzione repubblicana, e funzionò da inesorabile castigamatti dei partiti, compresi i suoi, acciuffandoli senza riguardo per i capelli tutte le volte che accennavano a levare troppo la testa ; e in quanto all'estero, non c'è bisogno di ricordare che è stato il suo periodo di presidenza quello in cui potè svilupparsi e fruttificare quella politica di ripresa a mezzo dell'adempimento e dell'intesa che andò sotto il nome di Stresemann e le cui tappe furono Locamo, nnplapdpndspnszpdddl'l'cLscnmclidpVtmgCptccmcdCddfiispbq1naagacctSsptdclssvvftcdtpdCcdttpdpstflcPllnHzsppe. ^elv-gresso a_Gi n si ile r-, . „ f dJ sinistra che sette annj se1 u i se j0__ ffij davano a loro volta il voto ^ ' con un sottinteso inverso. Ciò fu quando Hindenburg, nel marzo del n ole oei- à Presidente un vero fncròciamentodelfe forze nazionali: le forze delledestre che allora lo avevano eletto si bero anticipato della Renania Quella delusione di allora delle forze di destra che gli avevano dato il voto con un sottinteso, doveva avere il suo equivalente nella delusione 1933, fu rieletto per il suo secondo settennio con i voti diametralmente opposti a quelli con cui era stato eletto nel 1925. In sette anni era avvenuto nei confronti del Maresciallo o o a i erano ritratte alla loro base e in luogo di esse erano subentrate le sinistre weimariane che allora lo avevano combattuto; e con i voti quasi esclusivamente di esse egli fu rieletto. Una tale inversione era dovuta non tanto alla delusione restaurazionista inflitta alle destre dall'ineccepibile lealismo di Hindenburg verso la Costituzione giurata quanto alle profonde modificazioni di rapporti e di valori politici arrecate dalla comparsa della nuova grande formazione nazionalsocialista, la quale, mentre da un lato divise e scompigliò col suo rivoluzionarismo sociale il campo di destra, dall'altro indusse le sinistre weimariane a rifugiarsi pelsalvamento sotto le ali del costituzionalismo hindenburghiano che rappresentava per esse il normale. Hindenburg fu così rieletto. Ma immediatamente appena rieletto, ubbidendo a un imperativo categorico dell'elettore visibile già nelle cifre dell'elezione stessa ma del tutto esplicito, ben presto nelle elezioni al Landtag prussiano immediatamente seguite, egli congedava dal governo, con le autoritarie dimissioni di Briining, le forze di Weimar inesorabilmente battute in tutte le elezioni locali. Lo changez-croisez delle forze politiche compiutosi nel settennio suddetto, mette in sufficente luce la imparzialità dell'opera presidenziale di Von Hindenburg che mirava soltanto alla nazione e al popolo comprimendo i partiti. Ma nulla serve meglio a illuminarla della sua lotta col Centro, impresario di Weimar. La presidenza di Hindenburg appare tutta, dal principio alla fine a cominciare dalla sua lotta di candidatura con un antagonista del Centro, come una lotta appunto col Centro, conduttore mallevadore e « chiave » come esso stesso amava definirsi di Weimar per lo svincolamento dello spirito nazionale di rinascita. Ciò fu Hindenburg. La lotta fra i due principii è stata estremamente drammatica e appassionata e fu definitiva fino all'ultimo sangue. Dopo il primo agitato periodo del primo settennato essa si manifesta ben presto nel primo tentativo di Hindenburg di trarre il Centro a destra quando impose al Cancelliere Marx 1 esperimento con i tedesco-nazionali. Non riuscì. Il Centro cominciò a mostrare la pelle. Il Presidente è allora un istante costretto dalla logica stessa del suo costituzionalismo a spingersi fino a un Cancelliere socialdemocratico che fu il Muller, il cui acefalo governo si regge soltanto per la presenza e l'opera di uno Stresemann. Ma scomparsa una personalità di questo calibro, non si può più scherzare col fuoco; il Presidente ritorna al tentativo di trarre a destra il Centro. E' il momento del cancellierato Briining. Ma nemmeno l'uso dittatoriale dell'articolo 48 riesce a fare del Centro una forza conservatrice o anche « media » al servizio della statalità. Il Centro si rivela ben presto per quello che è, una forza cioè extra-statale e anti-statale, una democrazia puramente sociale senza statalità come la socialdemocrazia, anarcoidizzato per giunta dal suo carattere extra-politico perchè religioso. Hindenburg desiste definitivamente e lascia la presa sul Centro il quale da questo istante cessa la commedia rappresentata per decenni nella storia tedesca di partito medio per entrare definitivamente nella cornice che gli spettava di partito di sinistra. Ma anche esso, durante la drammatica lotta col principio nazionale e statale rappresentato da Hindenburg, cerco di trarre il Presidente a sinistra; e lo fece in una forma addirittura di violentamento, in quel tentativo di ri conferma del settennio a mezzo del Parlamento capolavoro della subdola arte politica centrista che isolò la presidenza dal movimento nazio naie traendo il nazionalismo contro Hindenburg in una lotta presidenziale che esso non si proponeva e scavando fra i due quel vuoto che parve per un momento mettere troppe cose in pericolo. Ma anche questa volta l'istinto del « Salvatore » doveva funzionare. E funzionò al momento opportuno uscendo dal ginepraio degli uomini logori del passato con quella soluzione Von Papen che doveva essere la introduttrice dei tempi nuovi e a cui a un tratto Hindenburg si rivolse, al di fuori di ogni consultazione parlamentare, tutti sorprendendo unicamente dal profondo nella sua istintiva ispirazione costituzionale che ancora una volta apparve — come fu — di una virtù quasi delfica. GIUSEPPE PIAZZA Iqnifi