Antiromanzo

Antiromanzo LA MODERNA LETTERATURA FRANCESE Antiromanzo PARIGI, luglio. Anche a Henri de Montherlant hanno rimproverato di aver fatto nel suo ultimo romanzo una pittura poco lusinghiera della Francia contemporànea. Effettivamente, due francesi come 1' Elia de Coetquidan e il Leone de Coantré dei Célibataires non li incontri ad ogni passo, e i critici non hanno torto nel voler ridurne l'importanza documentale. Chi ben riguardi, comunque, vedrà che anche queste due interessanti caricature umane presentano connotali psicologici estremamente diffusi nella società cui appartengono. L,' avarizia, l'egoismo, la malignità, la falsità, lo spirilo di contraddizione del vecchio Elia sono difetti che, se bastano a far di lui un originale, non ne fanno in alcun modo uno spaesato. Il romanzo, che non è punto uno studio sui celibi, formicola di osservazioni applicabili con profitto alle regioni più diverse della mappa umana francese. Filosofia amara, la sua, ma spesso quanto acutamente realistica! Senti questo pensiero sulla cattiveria : « A cominciare da una certa età, ogni parola mordace pronunziata, ogni lettera anonima inviata, ogni calunnia propalata ti fa guadagnare mesi sulla tomba perchè esaspera la tua vitalità. La cattiveria conserva, come l'alcool ». Non è questa una massima «europea», un pensiero di valore generale come quelli cui ci avevano abituati Pascal, La Rochcfoucauld o Chamfort. Applicata, per esempio, all'Italia, la sentenza riuscirebbe pressoché incomprensibile. Ma è estremamente sagace ed espressiva se considerata nell'orbita della realtà francese. Gran parte della vitalità innegabile di cui dà prova, non verrebbe oggi per avventura alla Francia dalla trasposizione sul piano nazionale di questa legge della sua psicologia privata? Talora si sarebbe tentati di crederlo. Probabilmente il Montherlant lo pensa, in ogni caso. Giacchè anche ai suoi occhi, come a quelli di Roger Martin du Gard, lo spettacolo della società francese odierna si presenta sotto colori tutt'altro che rosei. Non rivolgiamoci a lui per un giudizio indulgente sul prossimo che lo circonda. Quest'uomo appare ormai senza illusioni come senza speranza. « Da noi solo il falso è bello e amabile» — scrive secco. E senti questa satira dell'uomo caritatevole : « Ho il cuore troppo sensibile ! Un esempio, ecco : quando vedo un povero sul marciapiede passo dall'altro lato della strada, perchè so benissimo che se incontrassi il suo sguardo, non saprei resistere : gli farei l'elemosina... ». Tratto degno di Tartufo, ma che il Montherlant si compiace a svellere dal suo terreno puramente umano per inquadrarlo in una serie di manifestazioni specifiche di nazionale aridità e ipocrisia. La sua scoperta migliore è quella dell'isolamento sociale infiltratosi come una malattia nel popolo fino a jeri più socievole del mondo: «Ai nostri sospiri rispondono, qua e là, altri sospiri : ma non sappiamo dove e nessuno ce lo dice; e restiamo con la nostra sete, e la vita passa. Ah, no! Non è soltanto in guerra che gli uomini vengono abbandonati. Pare una trivialità il dirlo, ma bisogna pur dirlo : la mancanza di relazioni è una delle grandi disgrazie della società ». Ecco una osservazione che non sarebbe venuta sotto la penna di un francese dell'Ottocento. Ma non è appunto questo lo sbocco logico dell'individualismo portato al suo eccesso? Sarebbe così, se il tratto dominante della psicologia francese contemporanea non stesse nell'avarizia non tanto di quattrini quanto di sentimenti, nella paura di fare qualcosa per gli altri, nell'orrore della solidarietà? Sulle manifestazioni di questa curiosa malattia nazionale il Montherlant ha pennellate efficacissime, Quel milionario banchiere Coetquidan che dà del « pessimista » al nipote venuto a confidargli di essere nella più nera miseria e che al fratello in caccia di quattrini si presenta intento a smacchiarsi da sè una giacchetta con la benzina, per economia, è una figura colta sul vivo. Il fratello squattrinato attraversa con in vidia il sontuoso appartamento di cendosi che in tante sale si potrebbe pur trovare un cantuccio dove ospi tarlo: ma il banchiere a prevenirlo, pronto : « Tu sapessi, che apparta mento impossibile! I soffitti cascano a pezzi, niente termosifoni, mai un raggio di sole... ». I critici dei giornali borghesi, a cominciare da quello del Temps, hanno arricciato il naso davanti a un libro squadernante con tanta malizia, difetti nazionali, sui quali gli scrittori ammodo ordinariamente sorvolano. Un uomo il quale osa parlare di « quelle grandezze cristiane che non mancano mai d'essere oggetto di derisione in una società cattolica » è un individuo pericoloso. Se l'Accademia di Francia ha premiato Les Célibataires è stato forse per rabbonirlo. Il Montherlant non se la piglia, però, soltanto con la nobiltà o con la borghesia : ai suoi occhi il popolo minuto non vale meglio di quelle. Perfino i domestici, quei simpatici domestici che brillavano nelle commedie e nei romanzi francesi del secolo scorso incarnandovi la fedeltà a tutta prova, sono diventati, a sentirlo, il cattivo genio della casa, lo specchio dell'acidità circostante. Ai padroni tocca pregarli anziché comandarli. Rispondono col congedo immediato, l'ingiuria, il furto, la calunnia e il ricatto alla mansuetudine tremebonda della famiglia che li alberga. Ad onta di ciò, smancerosi e dogliosi, eccoli restare a letto tre giorni per un mal di capo, strillare podtrdsmimnnsstipnnmnscrMnreinnctal'tofcrfpmacvtinfgddrdgnpsdfl«sfgvitmmsissdtbcnPrMqtfifllsdcgnlGbtmasslactsclUtlzclDptsvpsntqgltrdlmvaas per un furuncolo, e guadagnare tre o quattro volte di più di un maestro di scuola. E che ti pare di questo ritratto di un'infermiera? «Mangiava di continuo, difetto comune a tutti i salariati chiamati al capezzale dei moribondi, ridomandando del vino, mpazientendosi perchè l'inferma non spirava abbastanza presto... ». Con infermiere, domestici, portinaie, operai, fornitori, col popolo insomma, le classi superiori francesi si fingono umili, remissive, striscianti : ma nulla serve. Se i nobili sapessero quanto poco conio vien tenuto loro della fatica che fanno per non sembrare superbi, se la risparmierebbero davvero e resterebbero naturali ! ». Verità tagliente, di cui solo chi ha vissuto a lungo in Francia può apprezzare il peso e il sapore. E i giovani? A quanto pare, il Montherlant non ha grande opinione nemmeno di loro. Maleducati, ignoranti, venali, cinici, privi di slancio : ecco quel che ne pensa nel suo foro interno. « La signorina De Bauret non aveva ricevuta la menoma educazione : ma l'epoca nostra è cosi fatta, che nessuno se ne stupiva ». Gira e rigira, quella Parigi che nell'Ottocento aveva destato negli scrittori francesi senza eccezione tanta felice meraviglia, nel Montherlant come nel Celine e in dieci altri autori d'oggi non sembra suscitar più fuorché impressioni ingrate, spesso penose. La stessa animazione della metropoli sembra vana e artificiosa all'autore dei Célibataires : « Gente che fino alle sei del pomeriggio aveva stretti i denti dalla fatica perchè tinte is money, perdeva ora bighellonando tutto il tempo risparmiato a forza di tassi, di segretari e di stenografe ». La folla che riempie le strade gli appare bruttissima : « C'erano dei francesi, non belli (lasciamo correre) e delle francesi, di aspetto mediocre (perchè poco donne). E, fra gli uni e le altre, la feccia di tutte le nazioni, di cui i primi non sentivano punto fastidio, anzi che non ricono scevano punto per feccia ». Tutto, della citta, gli spiace. « Case grigie, faccie grigie, sangue grigio». Sa lendo verso Montmartre, trova che « non c'è nessun impulso vivace verso il bene nè verso il male, in una folla dove la stessa gioventù non è gioventù; nulla di istintivo, nulla di vigoroso, e financo nulla di naturale in una folla piena di volti di prostitute, dove i più maschi degli stessi maschi si uccidono tra loro con l'arma delle femmine: massa esangue simile a formicolio di vermi bianchi in un frascato». Quale differenza da certe voluttuo se descrizioni di Parigi del Maupas sant di Bel Ami o magari dello Zola di Assomoiri Zola, il quale non esitava di certo a calcar la mano sul brutto, ma ristabiliva poi l'equilibrio con l'inno della speranza, con la finestra aperta su un domani migliore ! Parigi non è soltanto piaghe e verruche: lo sa anche un Montherlant. Ma il grave sta nella tendenza di questi scrittori a non vederci più altro, come se avessero perduta ogni fiducia nell'importanza del resto e fossero ormai persuasi che quello solo conti. Quando gettati l'occhio sullo scenario che li circonda, è con un senso di distacco o di avversione. I difetti nazionali di cui i loro prede cessorì ridevano, fanno loro digrignare i denti. Tendenza ancor più significativa nel caso di un altro scrittore: l'Arland. Giacchè in Roger Martin du Gard o nel Celine il biasimo potreb be essere effetto di rozzezza, in Mon therlant di irritabilità aristocratica ma che dirne quando lo ritroviamo anche in un poeta tutto mezze tinte, scrupoli e discrezione? Les vivants sono una raccolta di novelle die nell'Ottocento avremmo intitolate idilli agresti. Il Novecento ne ha fatto dei componimenti di una tristezza cocen te. Villaggi che si vuotano, case'de serte : « Non resta più nessuno, nel casale. E' troppo fuori del mondo e la terra si è fatta troppo povera Una volta, sì : le case erano abitate tutte : ma i tempi non son più quelli ». Una contadina sente due ragazze a cantare : « Cantino pure : non canteranno sempre! I figli, la casa, l'uomo che non è mai contento Davvero che si vive senza sapere perchè. Si vive per abitudine, ecco ». Ci sono stati pessimisti, malcontenti, ribelli, nella letteratura francese : ma il fatto nuovo è quest'aria di freddo che sale dal fondo delle Provincie dove vien meno la vita, pompata dalle città e dalle guerre ; questo senso di malanimo che si installa nei cuori, questo dilagare del sospetto e dell'antipatia fra uomo e uomo, questo litigare senza bisogno. L'allegria bonaria di Alfonso Daudet è dileguata. Persino l'umorismo frizzan^ te di Anatole France sembra fuori registro. Crisi interna, ma anche qualcosa di più. Tramontato quell'amore dell'uomo che aveva fatta la popolarità mondiale del romanzo francese, il valore umano di questto diminuisce a vista d'occhio. Non è più possibile al lettore straniero sentire l'autore francese come lo sentiva trent'anni fa. Fra il pubblico italiano, per esempio, e la produzione letteraria di Francia il contatto si allenta. Le due sensibilità hanno cessato di coincidere. Un Mauriac, un Montherlant, un Celine, un Martin du Gard, un Marcel Arland, non ci portano più una parola buona per tutti : ci tengono discorsi che sanno di fatto personale, di problema domestico. Leggiamo questi autori pressappoco come nel secolo scorso leggevamo i russi : per trovare nei loro libri il quadro di una umanità diversa e lontana, reazioni psicologiche anormali. Dal cosmopo¬ dssldtectsslspucpcVnardtcsslcsrpcmemLzssssd litismo, mediocre se vogliamo, ma universale come un biglietto di banca, di un Bourget, la Francia va verso un'arte strettamente locale. La stessa popolarità di Parigi comincia a soffrire del mutamento. Dopo un libro quale Au bout de la unii del Celine, che cosa rimane per noi del fascino dolce, fragrante, spirito- so e insinuante della metropoli de-scrittaci dai romanzieri della fine del- l'Ottocento? Chi avrà ancora desi-derio di prendere il treno per con templare lo scenario di tante miseriee di tanta asprezza? 11 governo frati-cese si preoccupa di intensificare la tahta torse superiore ad ogni volere ri-urli cii.cci (,..,„ -sua propaganda all'estero: ma nessuna distribuzione di quattrini o di lesti apologetici varrà mai a compensare l'opera di allontanamento compiuta giorno per giorno, per una fa¬ utnano, cesi. I paesi die attraggono sono tpaesi ottimisti. Ora in Francia, ancorché vanti tradizioni luminose e diritti indiscutibili, l'ottimismo subisce oggi l'assalto di una specie di sazietà di benessere, della crescente difficoltà di interessarsi a una esistenza che offre sempre minor pondo di problemi concreti, di una specie di noia privata e pubblica, di un difetto di religiosità e di slancio. « Mangiarono e misero eia parte»: ecco l'epigrafe proposta dal Mauriac per un tipica coppia d" Francia* bofehesi di]a degli individui, i'periodi vcramen he felici sono probabilmente quelli in cui la fortuna è ancora da fare: Nella vita dei popoli come in quel-la ricchezza, può rimanere intatta: ma della generosità, della bontà, del sorriso che l'accompagnavano al tetri- in ■ , < po della creazione non resterà più se cili quando la fortuna è falla, carattere e felicità vanno a rotoli. La forza nazionale, aiutata dalla scienza e dal- non il ricordo, rnurcTTn dcttiu a ta CONCETTO PETTINATO