L'annivarsario di San Martino e Solferino celebrato dal Quadrumviro De Vecchi sehncle

L'annivarsario di San Martino e Solferino celebrato dal Quadrumviro De Vecchi sehncle L'annivarsario di San Martino e Solferino celebrato dal Quadrumviro De Vecchi sehncle Le parole dell'Ambasciatore francese De Chambrun • —(DAL NOSTRO INVIATO)— (DAL NOSTR_ ,—,. J.Df?.!"za.no' ,25 mattino. L Italia di Vittorio Veneto e dellaURivoluzione: fascista ha celebrato ieri ili.ì.o annuale di San Martino e Solfe-l'ino La celebrazione è stata tenuta da Cesare Maria de Vecchi di Val Ci-smon, Quadrumviro e Ambasciatore, integro campione della Patria guerriera e condottiera, oratore designato da ]\'ussolini. „n LaJp? £™ah»™PtT "C"° F,erao- ?i v r ator°?Ae ch?m*™n'dtlC.ne,r?le dl ?orpo ^Armata Jean- pièrre, del console generale Dollot, del l'addetto militare colonnello Pariset, di un Battaglione di Cacciatori dei Vosgi comandata dal col. Lalet. Un drappello di soldati, con fanfara, comandato dal cap. Ratei formava la scorta d'onore alla bandiera del lO.o Reggimento di Cacciatori. La rappresentanza militareitaliana era composta dal generale diWCorpo d'Armata Bobbio, dai generali general Guidi e Testa e da un battaglione del 79.o Reggimento di Fanteria, con bandiera e fanfara, comandato dal col. Binelli. Poi v'era la schiera illustre delle Gerarchie e delle personalità: i senalori Alberti, Longhi, De Capitani, presidente del Comitato degli Ossari, Borlotti, Orsi, Cini, Giusti, S. Bonardi, Felici, i deputati Buttafuochi, Giarratana. Gorio, Italo Bonardi, Alfieri, Genovesi, 1' ! asso » colon. Cassinelli, il Prefetto di Brescia Siracusa, i generali Montagna e Malavasi, il Segretario federale Vicari, il podestà di Brescia Lochi, il podestà e il segretario del Fascio di Desenzano conte Malfatti e ing. Lozzi, la madre di Damiano Chiesa, il conte Pallotta in rappresentanza del Segretario Federale di Torino Comm. Piero Gazzotti. Con S. E. il conte De Vecchi erano giunti da Torino gli onorevoli Giorgio Bardanzellu e Alessandro Orsi, il magnifico Rettore Silvio l'ivano e il figlio di Sua Eccellenza, conte dottor Giorgio. Poi v'era, mirabile a vedersi per l'entusiasmo onde tutta vibrava, la folla immane e ano nima, tutte le stagioni dell'età umana: i • t. un ■ e i- dai balilla infanti agli avanguardisti a- dolesccnti ai Giovani Fascisti ed ai Go- bardi, manipoli innumerevoli dattorno alle insegne svettanti sulle brune lande, alle Camicie Nere veterane e nuove, ai Reduci della guerra del mondo, ai vecchi superstiti delle ultime guerre del Risorgimento. E non costoro soltanto, già enorme nereggiante distesa umana sulle ampie strade e per i sentieri e i colli dove l'antica gesta fu consacrata dalla vittoria, ma un'altra sterminata moltitudine di donno, madri e giovinette, accorse da tutti i paesi e luoghi del Garda, dopolavoristi e turisti, un'intera popolazione convenuta, quasi per un'intesa comune, a vivere in armonia di spiriti, con giusto e sereno orgoglio, con pia reverenza, quell'ora dedicata al ricordo del passato ed alla certezza del futuro. All'apparire del Quadrumviro gli mossero incontro l'Ambasciatore di Francia e le supreme Autorità, mentre le truppe presentavano le armi, e da Rivoltella tuonavano tratto tratto a sai ve i cannoni, e la folla acclamava al Re e al Duce con cosi alto clamore da coprire le note solenni e patetiche del l'Inno del Piave. Il discorso Dopo la celebrazione della Messa e dopo l'omaggio delle corone all'Ossario — offerte dal Governo e dall'Esercito italiano, dal Governo e dall'Esercito francese, e dal Comitato « San Martino-Solferino > — S. E. il conte De Vecchi di Val Cismon, che aveva alla sua destra S. E. il conte De Chambrun, salito sul palco eretto a sommo del piazzale, tenne, fra l'aspettazione vivissima e l'attenzione raccolta del popolo, il discorso celebrativo. Che qui gioverebbe integralmente riprodurre per la mirabile efficacia e la nutrita sostanza delle idee e la sintesi luminosa dei fatti, per la dignità fiera e gentile che lo distinse, per l'acuta rappresentazione della situazione politica e militare del tempo e delle fasi dei combattimenti, e per il suo costante sottinteso ideale, colto subito dalla folla, e dalla folla espresso poi con l'evviva all'Uomo che, fattosi conduttore d'un popolo che ancor 75 anni addietro combatteva per liberarsi a pur modesto dominio, oggi lo avvia al fastigio della potenza. Ancóra: la parola devecchiana non solamente esaltò il sacrificio dei nostri noninvano compiuto e il valore degli allea-ti e il valore dei nemici, ma servì anchea raffigurare al nostro spirito il geniopolitico della Monarchia. Chi, se nonla Monarchia sabauda, così esperta ecosì audace, avrebbe saputo conciliarele ambizioni guerriero della Franciatradizionalista con i motivi ideali del-IV Impero liberale»? A Solferino l'Im-pero del terzo Napoleone giustifica se stesso e acquista diritto di cittadinanza nell'Europa giovane. E che l'aiuto sia stato sì largamente compensato, e subito e dopo, non certo attenua il nostro reverenziale ricordo — ma lo rende anzi più pieno perchè disinteressato — verso i valorosi stranieri che caddero al fianco dei nostri valorosi. Il Quadrumviro ha cosi cominciato: Correjgm a settantacinquesimo on.invasarlo della Grande Battaglia com-battuta su questo suolo dagli Eserciti^aliano e francese contro l'Esercitadell Impero Amtro-Vngarico. L'Ese,-cito italiano aveva allora poco più deldo nucleo eentrale: l'armata del Re-gno di Sardegna provata nei secoli aguerre continue per conservare ai dc-slini futuri le porte d'Italia. Colle sei divisioni Sarde Piemontesi era il Re Vittorio Emanuele II che aveva raccolto il « grido di dolore » delle membra divise della Patria e voleva riunirle col solo cemento adatto a queste imprese che è il sangue. Era coll'Esercito Garibaldi, capo di volontari, guerriero nato di quella for-■tua di guerra nostra per la quale ilcanto lavora come la baionetta o come il fucile o come il cannone e la sere- «ita è la madre dell'eroismo. Era ilPiemonte, tutto proteso in ciucilo 8/or- r.o creativo per il quale la grande ma- trice dei 2'npoli saldamente uniti creail destino imposto dalla storia, non «(sa bene se più fra il tragico od il cindo, ma certamente nello stato dir stillazione per il quale il sacrificio del sangue creatore di grandezza e accolto con la consapevolezza dei fi- ve. Era uno stato d'animo simile o.s-.vai a quello col quale la madre gene- ut la creatura ed essa ed il padre; laaccolgono. Tutto il popolo aveva lo spi- rito del suo esercito in marcia verso la gioì Ut. Non II solo Piemonte ma l'anima \d'Italia seguiva quel piccolo esercito. Ulte ho chiamato italiano non soltanto i perche proveniente da terra italiana ' I che tutta la p^i^a'cralpMtua"l 1 ■ e dai finii di una parte d'Italici vìa perni ente presente alla guerra di salvazione, e tratteneva i palpiti nella attesa della sorte delle armi fatte sacre dal fine. Il piccolo esercito era formato su dici ci brigate di Fanteria con venti rea flimenH oltre dieci battaglioni di \ Bersaglieri, nove reggimenti di Cavai- >s„ tf ^Onmt, 18 batte- . „ ,,. W™m™ f 8°t VTi\ ^ ^It™ ?.msi0n1' chè ,l ref° ÌcUe fwJf tta' rie di Artiglieria a cavallo e da battaglia e due battaglioni del Genio su cinque compagnie ciascuno. Sopra questo terreno stavano 91.842 pionoiitesi con 48 camion! a San Martino e 13.760 piemontesi co?i 32 cannoni a Madonna della Scoperta: in tutto liane era impegnato altrove. Stai-tino loro di fronte a San Martino VVII1 Corpo d'Armata imperiale del Maresciallo Bcnedck, forte di 20.1G0 «omini con 80 pezzi, ed a Madonna della Scoperta tre brigate del V Corpo d'armata Imperiale e due squadroni d' ulani, della forza complessiva di 8512 «omini con 32 cannoni; in tutto 28.675 imperiali con 112 bocche da fuoco. Alleato all'Esercito italiano era l'Esercito franeese il cui Sovrano av-ev-a stretto alleanza col Re di Sardegna come in altre contingenze della storia- era già avvenuto per le fortune dei. due popoli vicini e fra loro legati da tanti interessi. I quattro Corpi d-'Ar. mata francesi presenti il 24 giugno del 1859 intorno alle alture di Solferino erano forti di 82.935 uomini con 240 bocche da fuoco, contro i quali stavano 91.111 imperiali su due Armate con sci Corpi d'Armata e forti di 309 bocche da fuoco. Se consideriamo San Martino, Madonna della Scoperta e Solferino, tanto facilmente oggi rivelate ai vostri nardi, come episodi e fazioni di una s?'*' stessa arande ìiattaalia veuiamo y„JZ „ f.„„w.i Jgg -g* gSi^ntro^' j fi/.j vittoriosi che tornano a svento. ' iure al vento del Garda su questo suolo -sacro alla Patria italiana; noi ■ sappiamo di avere non meno presenti I tutti i nostri morti di allora e di poi: !./? ,Vono presenti non soltanto nelle ! hTanclie ossa ma negli spiriti rivi consacrati nel ci?lo degli Eroi! | So)!0 p,.esew« ed ammoniscono che 119 mila e 786 austriaci forti di ben 411 cannoni. A questo punto S. E. il Conte De Vecchi di Val Cismon illustra con espertissima potenza rappresentativa e rara competenza, l'azione varia e complessa degli Eserciti, la condotta ed i fini dei Comandanti, la natura del combattimento frazionato già in fazioni isolate fino alla fase risolutiva che impegnò a fondo le forze contrastanti nella « battaglia d'inccntio», indi i motivi del successivo noto atteggiamento di Napoleone III e il forzatamente mancato inseguimento delle truppe imperiali da parte delle nostre vittoriose. Coz mancato inseguimento — concino, il Quadrumviro — rimaneva in piedi, se pur battuto, l'esercito imperiale. Gli rimanevano le formidabili posizioni che raggiungeva senza sforzo e dietro a quelle rimaneva in piedi, più potente die mai, l'Impero austro-ungarico, che soltanto poco più di cinquantanove anni dopo l'Italw compiuta ed unita doveva distruggere a. Vittorio Venno. Alla battaglia di San Martino e Solferino segni una pace che parve sventura e fu fortuna, anche perchè preparava l" condizioni per nuove alleanze che i governanti non poterono o non vollero allora conchiuder?. Segnando il cammino fatale della Storia che ripudia le ipotesi noi poniamo la data del 24 giugno 1859 rome ima di quelle fondamentali p'r la raggiunta unità nazionale. E' questa- là'base della Patria Romana ritrovata dagli italiani ed anche di quella romana grandezza e potenza che soltanto altre volte, svenandosi, il popolo italiano doveva raggiunge, re per l'oggi e per il domani al comando di un altro Vittorio Emanuele e più tardi sotto la guida di un uomo che romanamente sente, pensa ed agisce, di Benito Mussolini. Ricoi dando il 75.0 anniversario della grande data presenti le fiere rappresentanze dell'esercito francese, alleato di allora e di poi., presenti il nostro Esercito nel quale tutti ci riconosciamo come figli e gregari, presenti le gloriose bandiere dei due coo¬ la pace è il dono più prezioso che la Divina- Provvidenza faccia alla umanità ma che senza la gloria militare nessun popolo conserva il diritto di vita e di grandezza nel consorzio virile degli altri popoli. Nel nome dei morti comuni e dei comuni eroismi saluto l'Esercito francese alleato di allora levando il brac- 1 rio nel segno di Roma nostra e com munta Patria _ viva ix Re, '- Parla S. E. De Chambrun i Quando ebbero fine j lunghi, fervi uissimi applausi e gli alala al Re e al Duce che hanno accolto il forte discor| so del Quadrumvh.0, ha preso a parlare \ l'Ambasciatore di Francia presso la |Real Corte. Con bella e calda eloquen- za, S. E. il conte De Chambrun ha ringraziato S. E. il eonte De Vecchi per i nobili accenni al concorso dell'Esercito francese ed ha proseguito, fra i vivi applausi, esaltando l'amicizia delle due Nazioni e osservando come la storia ammonisca non doversi aspettare l'ora del pericolo per affermare la comunan- \za di pensiero, d'animo e di interessi i fra i popoli della schiatta latina, ma j doversi sempre coltivare — specie nei j periodi di pace — tali sentimenti ed ' aspirazioni comuni ai nostri due popoli stretti insieme dall'antica comune ori gine. i Chambrun ha concluso auspicando che l'amicizia italo-francese, così pre 1 ziosa, possa svilupparsi nella pace, sot.to la forma di una collaborazione fc ' conda, più che mai necessaria all'av venire dell'Europa. Alla sua volta il generale Jeanpierre ,ha reso grazie per le dimostrazioni di ■ simpatia ricevute in Italia durante il , suo viaggio, ed ha celebrato l'amicizia \ italo-francese che come a Solferino ed a San Martino fu un'altra volta cementata sulla Marna e sul Piave dove i due valorosi Eserciti hanno con pari eroi- smo combattuto per le libertà nazionalie per la civiltà del mondo. L'oratoreha concluso, fra molti battimani, ineggiando all'Italia e alla Francia. Più rapida, non meno toccante, lacerimonia di Solferino, dove — presentile più alte Autorità — le truppe, dopoessersi scambiati gli onori militari, intanto che le fanfare suonavano la Marcia Reale, Giovinezza e la Marsigliese, hanno sfilato dinnanzi all'Ossario e il parroco ha detto la Messa. Il Podestà ha pronunciato un'eletta allocuzione cui ha risposto brevemente, con commosso e fervido linguaggio, l'Ambasciatore De Chambrun. Quindi i Bersaglieri dell'8.o, i Giovani Fascisti Mantovani e i Cacciatori dei Vosgi hanno nuovamente sfilato in parata fra gli interminabili applausi del pubblico. A Desenzano Più tardi, a Desenzano. dinnanzi alla morbida azzurra distesa lacustre, è stata offerta dal Comitato promotore una colazione agli illustri ospiti. Alle frutta S. E. De Chambrun ha alzato il calice alla salute delle loro Maestà ilFvhbVaRGmebfDlshl smcgmtQvi l Re e la Regina d'Italia, della Reale Famiglia e di S. E. il Capo del Goerno italiano Benito Mussolini di cui ha ricordato il fulgido passato di combattente trincerista. S. E. De Vecchi di Val Cismon ha, alla sua volta, brindato alla salute di S. E. il Presidente della Repubblica Francese e del Capo del Governo di Francia. Telegrammi di omaggio sono stati inviati al. nostro Re d al Duce, al Presidente della Repubblica ed al presidente del Governo rancese. Prima di lasciare Desenzano. il conte De Vecchi, accompagnato dal colonnelo Cassinelli, ha visitato l'aeroporto e la scuola di alta velocità. Sua Eccellenza ha particolarmente ammirato i nuovissimi tipi di apparecchi e quello del comandante D'Annunzio che è fregiato con la prodigiosa insegna della squadriglia Serenissima. Alla stazione, insieme con le autorità, una folla di citadini s'era raccolta per salutare il Quadrumviro. Questi, alle rinnovate, vibranti acclamazioni, ha risposto con l grido: — Viva il Duce. C. A. AVENATI