La Rumenia, terra di crisi eterna

La Rumenia, terra di crisi eterna DOVE LE DEMOCRAZIE TRAMONTANO La Rumenia, terra di crisi eterna -('DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)- B^CAREST, giugno, (|tLe opinioni divergono. Alcuni dicono: «Non è vero che abbiamo]troppi partiti. Ai, contrario, ne ab-1 Diamo pochi, perchè sui sedici che attualmente s.i contano, solo due so- BBrnSaaass&Tgiliberale. Bisogna dunque far cresce re il numero dei, grandi partiti e ridurre quello dei minori ». Altri risponde: «Occorre un gabinetto di coalizione ». Altri ancora: « La dittatura militare ». Ma, nel fondo del1,-nimo, chiunque non abbia legato le proprie sorli ad una frazione politica — e maga ri chi le abbia legate -V riconosce che i partiti hanno deluse, che il popolo ne è stanco e che meglio sarebbe fare piazza pulita. Quanti iffermano che i mali della Vita pubblica rumena derivino dalla esistenza di duo soli grandi partiti, e ne vorrebbero un terzo e un quarto, dimenticano un dettaglio semplicissimo e cioè c he nessun partito ha mai pensato, nascendo, ad ammalarsi di rachitismo, bensì a svilupparsi in maniera tanfo rigogliosa da superare alla svelta gli anziani. Dato ciò, la facoltà e l'intenzione d'ingrandirsi potenzialmente esistono per tutte le quattordici frazioni rimaste a rispettosa distanza dai liberali e dai nazionali-zarai listi. Noi siamo, viceversa, dell'avviso che non il ristretto numero, ma il fallimento dei grandi partiti sia Ita fonte dei mali : avendo i liberali sbancato il popolo,.il potere passò ai.nazionali-zaranisti con larghissimo consenso e col risultato che la seconda grossa organizzazione politica non s'è dimostrata migliore della prima. Bisogna cìunque insistere negli esperimenti, o smetterla? Se si vuole smetterla, il gabinetto di coalizione va fino ari un certo punto, e forse non va ac'.dirittura : un gabinetto di coalizione si suole comporlo con personalità iscelte in questo ed in quel gruppo, e che per essere delle « personalità » sono sature di vecchie idee, e per provenire da gruppi non si possono del tutto sottrarre alle influenza degli amici. La dittatura militare è un palliativo, un ripiego momentaneo che offre l'inconveniente di tradire l'intera gravità d'una situazione e serve solo a ritardare la decisione definitiva. La pulizia radicale della piazza, infine, va fatta da gente coraggiosa, che sappia quel che vuole. E siccome l'inizio d'una fa.tica simile è paragonabile ad una dichiarazione di guerra — guerra a un'ideologia, a un regime — è evidemte che fino a quando si continui a parlamentare con gli avversarii, consultandoli sull'opportunità della dichiarazione stessa, la dose di con aggio non è raggiunta e la coscienza dei propositi non è completa. La malattia inguaribile del sistema segue intanto il suo corso. I mali iche conducono alla tomba parlamentarismo e democrazia variano a sieconda dei climi e degli uomini sui .quali il germe deve agire. L'esito è immutabile, mentre variabili sono i^li aspetti del fenomeno. II parlamentarismo rumeno s'è ammalato quattro anni addietro, per effetto della nuova atmosfera determinata dalla restaurazione carlista: la bontà io meno di quell'atmosfera non imparta, importa il fatto che il parlamentarismo non ha potuto tollerarla. .All'obiezione che sia stato il Re a volere demolire i partiti, si può replicare che se tale fu davvero l'intendimento del Sovrano, il tradurlo in atto sarebbe riuscito impossibile Be i parlamentari non si fossero prestati al gioco, lusingandosi di ricavarne vantaggi personali. Ma è dettaglio anche questo: essenziale è che, oggi come oggi, il parlamentar! smo indigeno respira a stento e corre rischio di dividere la sorte di due fratelli balcanici. Nel disagio economico s'è dimostrato per ogni verso inferiore all'altezza del compito, in materia politica ha creato condizioni insostenibili e per ultimo nor. ha saputo imoedire che l'esercito risentisse del primo e del secondo malessere. Le situazioni rumene si esaminano ponendo mente, in primo luogo, al contadino, che dalla guerra e dalla paura del comunismo ha avuto la terra ed il. suffragio e dalla propaganda democratica svolta ai fini dell'accaparramento di questo suffragio il dono d'una caotica ideologia. Assimilato ha però soltanto le idee che egoisticamente lo interessavano: lo hanno pierciò colpito i discorsi degli oratori instancabili nel dirgli che il padrone- è lui e lui è l'eroe, e più tardi la frase, rimasta famosa, d'un Presidente del Consiglio, che assillato da, questioni di natura finanziaria disse ai villici di imitarlo, il che significava di non pagare. Infatti, nel periodo in questione, gli stipendi degli impiegati e degli ufficiali furono corrisposti con ritardi di mesi, con dvgrave danno per l'etica della Duro-crazia e dello spirito di disciplina dell'esercito. Danno non minore ha però cagionato al credito del Paese (intendiamo dire alla sua organizzazione finanziaria interna) l'esortazione ai contadini di non pagare: adottando principii simili, non c'e più fiducia che tenga. Banche e valuta ne hanno s offerto. In un secondo tempo si sono sistemate le cose procedendo ad una riduzione e conversione dei debiti dei villici, ma essendosi convertita la somma risultante dal capitale più gl'interessi maturati, le terre sono pur rimaste gravate, ne i loro proprietari hanno ottenuto dall'operazione la cosa di cui avrebbero avuto maggior bisogno: danaro. Per il contadino rumeno — e lo stesso si può dire del bulgaro, dello jugoslavo e dell'ungherese — il problema fondamentale è uno: vendere il prodotto del suolo a prezzo che lo temuru.'ri delle sue fatiche. E dal punto di vista politico, pur avendo, nei quindici anni di godimento del a levare la testa contro coloro che per generazioni videro in lui il servo della gleba, il contadino ha tuttavia l'impressione di Voto?imparato ' • p i! perchè gli avevano troppo promesso, ora è deluso: è stufo dei partiti, ha indulgenza per lo zaranista perchè e la sua creatura. Certo è, in ogni caso, che se non vede in pericolo il suo pezzo di terra, il contadino rumeno, non impugnerà armi per aiutare nella difesa delle conventicole i politicanti di città, ai quali è, per numero, sette volte superiore. Quanto all'esercito, dire che esso già si trovi sulla strada da tempo infilata dal greco e recentemente dal bulgaro non risponderebbe a verità; erroneo sarebbe anche congetturare sul caso Precup, il colonnello finito in fortezza per avere complottato contro la Corona: a prescindere dal rincrescimento degli ufficiali per la maniera teatrale e ruvida in cui sono stati trattati dei loro colleghi, quel caso s'è esaurito non lasciando altro seguito che il dubbio che il complotto non fosse diretto contro la persona del Sovrano. L'esercito è malcontento perchè i Governi che vanno e vengono trascurano la difesa nazionale, perchè gli stipendi sono pagati a sbalzi, perchè molte promozioni e assegnazioni di sedi tradiscono favoritismo. In un paese ben governato, la frase che « l'esercito è malcontento » non si deve poterla sentire, nè deve esser possibile che un paio di migliaia di ufficiali consegnino contemporaneamente dei ricorsi al Presidente del consiglio in carica, Tatarescu, ed al presunto successore, Averescu, con preghiera di farli pervenire al Re. Non si giova allo spirito dell'esercito formando gabinetti con due ministeri militari, affidati a generali che rappresentano due diverse tendenze politiche e quasi quasi hanno il compito di controllarsi a vicenda. Lo stato d'animo del popolo rumeno è per ultimo indicato dalle forti simpatie di cui gode la Guardia di ferro, verso la quale si dirigono gli sguardi di diecine e diecine di migliaia di rumeni. L'indizio della grave debolezza del Governo attuale l'ha dato appunto l'esito del processo contro i capi della Guardia di ferro, usciti a fronte alta dall'aula del tribunale militare, mentre i tre autori materiali dell'assassinio dell'infelice Presidente del Consiglio Duca venivano condannati ad una pena che per intero non sarà certo scontata: anche in Germania si ebbe, alla vigilia della vittoria dello hitlerismo, un processo analogo, e i condannati sono da un pezzo a piede libero. L'idea di far l'esaltazione del delitto politico è lontana da noi più che la luna, ma nessuno può chiederci di chiudere gli occhi davanti al fenomeno di generali che assolvono contro volontà ed interessi del Governo, d'una popolazione che si compiace del verdetto assolutorio e d'una gioventù che saluta il Sovrano come usa la Guardia di ferro e si vede ricambiare il saluto allo stesso modo. A due mesi di distanza dal processo, la studentesca ha potuto fare alla polizia la beffa d'una serenata suonata dalle bande del presidio sotto le finestre del capo della Guardia, Cornelio Zelea Codreanu. S'era poi stabilito per legge di licenziare tut ti i funzionari governativi che aves sero militato nei ranghi della Guar dia di ferro, o che per essa avessero soltanto simpatizzato, ma a proces so finito licenziamenti non ne sono avvenuti Tutto questo perchè il Governo democratico è debolissimo. Una prova palese la diede nel dicembre, quando alla vigilia delle elezioni non 1 1 ~ — A^fnHn l'nr.ìp|Ani,n /l'ini rlì_ YotRscDfBrècdpi cutsnmtizmLptedcei«ldddlslulmncetdzrcccrdcztsvpepsipSsdgasdolpcogliere duecentomila voti e dodici mandati. Ora un Governo debole è inadatto a fronteggiare gli stati d'animo descritti, nè a salvare il parlamentarismo basta impugnare la legge Antonescu che proibisce di criticarlo: ci fu nell'immediato dopoguerra un ministro delle finanze austriaco il quale voleva fissare per legge fino a che punto la corona potesse cadere. La forza d'un Governo emana dalla pubblica opinione, non dal continuo vociferare che il gabinetto sia lì lì per cadere, e che se non è caduto oggi scivolerà domani. Alla fine di maggio il mutamento di regime pareva assicurato: i nomi dei successori erano noti. La pausa imposta dalla morte della moglie del maresciallo Averescu ha consentito lo spiegamento delle forze dei vecchi partiti e interventi stranieri, a fra questi l'intervento, dicono, di un Sovrano, il quale avrebbe sconsigliato di ripetere l'esperimento fatto proprio da lui. Pure Averescu avrebbe ostacolato la soluzione, mo. dificando certi accordi e Titulescu si 1 sarebbe aggrappato alla necessita volle permettere l'esistenza d'un di-! ciasettesimo partito e soppresse la [ pGuardia di ferro, che apertamente;Cconfessava di potere al massimo rac-1 sche la Rumenia non si diparta dalla politica antirevisionista (argomento per nulla contestato da coloro che dovrebbero succedergli) e all'inopportunità di esautorarlo mentre egli negozia a Ginevra. Ma con la conferma del gabinetto Tatarescu la situazione non è mutata: vuol dire che sarà risolta nell'estate o nell'autunno, o magari nelle prossime ventiquattro ore, se il signor Tatarescu riuscirà lui a trovare la formula che assicuri l'auto- j rità di cui il suo Governo ha biso-; gno, a simiglianza d'ogni altro. El questa autorità non può trovarla I che sulla strada dominata dagli avversari. Un morto ed un ferito non saranno, nel conflitto, da evitare. Poco male: si piangerà sulla tomba della democrazia e si daranno gruccie al parlamento. ITALO ZINGARELLI.

Persone citate: Antonescu, Cornelio Zelea Codreanu, Voto

Luoghi citati: Germania, Ginevra, Rumenia