Barcellona contro Madrid

Barcellona contro Madrid LUCl_E_OgREDEaA CATALOGNA ll Barcellona contro Madrid (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) BARCELLONA, maggio. Nel dicembre 1933, pochi giorni dopo la disfatta elettorale dei repubblicani, il signor Azaria, mente direttrice della vecchia Costituente del '31, si recò a Barcellona insieme al capo socialista Prieto e ad alcune altre personalità della sinistra e dell'estrema sinistra. Un'immensa assemblea, alla quale convennero più di centomila persone, giurò, soggiogata dal verbo trascinante dell'obeso tribuno socialista, dalla parola fredda, tagliente, ferrigna dello statista repubblicano, di rivendicare la rivoluzione. Non si parlava, in quell'assemblea, di spirito democratico nè di quel rispetto al suffragio che il 12 aprile 1931 i repubblicani avevano invocato per pretendere e per ottenere, da un regime esausto, la consegna dei poteri. No; della volontà popolare nessuno davvero s'occupò, se .non per proclamare alto e forte la necessità di sciogliere le Cortes limpidamente elette pochi giorni prima, per disperdere, per respingere, per piegare le masse contadine che s'erano impadronite silenziosamente dei potere, per instaurare quindi con la forza un potere repubblicano al cento per cento. Il problema infatti concerneva sopra tutto l'avvenire: si trattava d istituire un ordine di cose tale da rendere impossibili nuovi « tradimenti » come quello che il buon Alcalà Zamora avrebbe perpetrato ricordandosi, dopo due anni d'incontrollato potere delle sinistre, di chieder l'avviso di un personaggio assolutamente sconosciuto dai veri democratici : il popolo. 1 mille roghi repubblicani Cominciò così la controffensiva repubblicana, che si sta ora sviluppando su un fronte molteplice e con grande varietà di mezzi. Azaria ricominciò a propugnare la gran mietitura di teste, rammaricandosi di essere stato schiavo di scrupoli parlamentari che, ritornato al potere, non avrebbe più ascoltato; e, senza ricordarsi di aver affermato che in una Repubblica democratica il Parlamento è dittatore, sostenne la necessità per la « strada » di imporre le sue volontà al Parlamento; se la Repubblica era naufragata in così poco tempo, gli è perchè la rivoluzione non era stata violenta e terrorifica; solo dei fiumi di sangue convincono il popolo che un cambiamento di regime non è stato un cambiamento di facciata. E Largo Caballero si recò a Barcellona e procurò di far la pace coi socialisti catalani autonomisti, che erano stati indisposti dal centralismo ortodosso dei socialisti di Spagna; e si sforzò di attrarre a sè, come già lo aveva fatto a Madrid, le masse anarchiche e sindacaliste fino a pochi mesi prima opposte ai suoi sindacati in una sanguinosa concorrenza, in una lotta nella quale i socialisti al potere si erano comportati assai più duramente che i governi della Monarchia — basti ricordare il terribile massacro di Casas Vicjas. Poi, Azana è andato anche ad Alicante, in quel Valenzano, cioè, che è una specie di Catalogna del Sud, così chiamata, del resto, dai nuovi manuali geografici catalani, i quali non dissimulano il proposito ufficioso di assorbire tutto il Levante di Spagna in una ?. più grande Catalogna'-. E difatti, le quattro provmcie di Murcia, Alicante, Valenza e Castellon de la Plana sono etnicamen: te e linguisticamente catalane. Se si pensa che già le Baleari fanno parte del territorio della Generalità, oltre alla Catalogna propriamente detta, si ha un'idea della grandezza, dell'importanza di quello che potrebbe essere domani il nuovo Stato catalano. Socialisti, repubblicani di sinistra, tutti questi messaggeri dcll'« ieri », ribelli a un « oggi » che somiglia per essi troppo all'* altro ieri », sono stati accolti in Catalogna con onori ufficiali e con grandi manifestazioni di massa ; una notte, tutte le colline catalane sono state illuminate da immensi roghi che da un capo all'altro del vasto territorio hanno gettato al cielo un unico bagliore, simbolo della volontà della Catalogna di restare repubblicana come nel 1931, di riscattare per la Spagna intera il patrimonio spirituale... ma anche le conquiste tangibili e concrete della rivoluzione. « Prima che l'ultimo fondamento della Repubblica sia abbattuto, ha detto un ministro della Generalità, il signor Dencàs, noi faremo dell'Euro una frontiera inviolabile e proclameremo in Catalogna una dittatura proletaria ». Così, ha aggiunto il personaggio catalano, si darà alla rivoluzione del '31 il significato che essa assunse in potenza e che le fu impedito di trasfondere neua pratica. . Abbiamo parlato delle conquiste dcedcbdlpeRnl i e , e o i s è , i i i e : i e e , e o i e, e a o a a a iie. o a à, le tnà o e a e della rivoluzione; bisogna chiarire: conquiste sopra tutto catalane. Sono evidenti. L'unità nazionale è in gioco Per limitarci alla cronaca fedele della delicata situazione presente, occorre seguire i grandi partiti repubblicani e il compatto esercito socialista nelle loro mosse strategiche riguardo alla Catalogna, fi gioco è grave: la posta è l'unità nazionale da una parte, il compimento effettivo, la riuscita forse definitiva nonostante incidenti e urti possibili, della rivoluzione del '31 dall'altra. L'esempio tipico della mancanza di ogni preoccupazione nazionale l'hanno dato, in questo caso, i socialisti, che continuano a costituire l'ossatura sindacale e operaia della Repubblica. Contrari all'autonomia per essenza e per definizione, i socialisti spagnoli hanno modificato il loro atteggiamento tradizionale non appena hanno visto che la rivoluzione, vinta nel centro della Spagna, si trincerava alla periferia e che la Repubblica diventava sempre più, secondo l'espressione dello scrittore fascista Gimenez Caballero, un negocio cataìùn, una faccenda d'interesse catalano. La Repubblica tendeva cioè, per la forza delle cose, a identificarsi, come ieri coi socialisti in Ispagna, così oggi coi repubblicani avanzati e separatisti in Catalogna. E benché il dissidio coi socialisti catalani non avesse potuto esser sanato neppure dal viaggio di Largo Caballero a Barcellona, i socialisti di Spagna si sono affrettati a incoraggiare le aspirazioni della Generalità di Barcellona, e a coadiuvare questo potere locale e fazioso nella sua offensiva contro il potere centrale, ben sapendo che ogni colpo dato a Madrid poteva, sia pur passando attraverso delle rovine, rafforzare per contrapposto le posizioni avanzate, il rivoluzionarismo legale del governo catalano. Essi non si sono limitati a svolgere nel Socialista una accorta campagna a favore della Generalità, presentata come vittima del reazionarismo spagnolo, ma hanno fatto qualche cosa di più importante e di più grave per le sorti future della Spagna. In una delle ultime riunioni, il Comitato esecutivo del partito, che è oggi strettamente fuso con l'Unione Generale dei Lavoratori, deliberava di sostenere le aspirazioni tradizionali dei Catalani e di aiu tare la Generalità nella lotta volta a consolidare le nuove libertà e a procacciarsi quelle che le mancano. Era la notificazione ai sindacati e alle milizie socialiste del cambia mento di posizione e di tattica del partito di fronte al fatto catalano. Che cosa è stato pattuito ? Ci si può domandare fino a qual punto questa tattica corrisponda, più che a speranze e a calcoli subdoli per il domani, a un reale accordo immediato fra le forze repubblicane spagnole e il governo catalano. I socialisti non si impegnano che a ragion veduta e non hanno l'abitudine in Ispagna di abbandonarsi al primo impulso. La cautela con cui assunsero una posizione legalista e di collaborazione verso la Dittatura, riuscendo in tal modo a conservare intatte le loro organizzazioni e i loro quadri, mentre i monarchici liberali e i repubblicani da un lato, e gli anarco-sindacalisti dall'altro, erano dispersi, perseguitati, schiacciati, è eguagliata oggi dall'abilità e dalla freddezza perfino perfida con cui i socialisti ordinano il succedersi degli scioperi generali nell'una e nell'altra città, stancando la folla, addestrando le masse, mettendo a dura prova il debole governo liberaloide dei radicali e accertando di passaggio le possibilità e la forza della polizia in ciascuna provincia. Se essi hanno compiuto il sacrificio di prepararsi a sostenere le aspirazioni degli estremisti del catalanismo, che la buon'anima di Macia si era dato tanta pena a contenere, lo fanno non solo con la certezza d'un compenso più che rimuneratore, ma altresì con fondate speranze di vittoria effettiva. Non è un segreto per nessuno qui ' a Barcellona che negli edifici pubblici, nelle caserme della polizia, nelle case comunali, la Generalità accumula e concentra mezzi difensivi ( offensivi che potrebbero servirgli i' una prossima occasione. Un mili tante socialista generalmente ben informato m'assicurava a Madrii che le notizie che hanno destato tanto scalpore nella stampa di destra a proposito d'un continuato contrabbando di armi alla frontiera francospagnola a beneficio di organizzazioni repubblicane con sede in Catalogna sono sostanzialmente esatte. Da altre notizie concordanti, dalle stesse allusioni velate del Socialista-I tinforconhatortemè cti ioncobalii cocadisnaStlatavei/ncL'Stdetozoagmanechracisoscprdidizataviorgimhacis24pagngrdigrdul'uzaoril turalesatapiMLgmtasaNaapt indi Gibilt&rFa^i, ~&£&ZZ^Z Orano alla preparazione in corso, si sa che non passa giorno senza che un sin-l dacato, una sezione socialista, un'or- i ganizzazione locale qualunque non sia armata. Ed è inutile dire che codesta importazione clandestina di materia esplosiva non avviene attraverso San Sebastiano o Canfranc, ma attraverso i Pirenei catalani, dove la frontiera è ormai solo nominalmente sorvegliata dalla polizia spagnola, poiché tutti sanno che la sorveglianza in questione si fa principalmente nei paesi precedenti la linea di confine, e che sul confine stesso rimane solo la piccola forza necessaria per un controllo materiale e immediato; ora questa piccola forza simbolica è spagnola, ma tutta la polizia della zona interna di frontiera è catalana. C'è tuttavia da tenere in conto, non dimentichiamolo, la tradizionale «siesta espanda», quel pessimismo innato che uccide le iniziative. E anche oggi, come quasi sempre, la maggiore speranza della Spagna in un avvenire tranquillo è forse una speranza negativa. RICCARDO FORTE

Persone citate: Alicante, Caballero, Casas, Cortes, Gimenez, Prieto