Primo a Firenze Guerra aumenta il suo vantaggio

Primo a Firenze Guerra aumenta il suo vantaggio Di tappa in tappa si riafferma la superiorità della "maglia rosa Primo a Firenze Guerra aumenta il suo vantaggio -CDeti nostri inviati )- Firenze, 4 mattino. Se mi dicessi insoddisfatto come ieri del comportamento dei corridori in questa tappa correrei il rischio dì confermarmi la fama di giudice eccessivamente severo e incontentabile; se sciogliessi un inno a base di termini laudativi ed esaltativi per le imprese che sono state compiute da Rimini a Bologna apparterrei alla schiera di coloro che, per gusto o necessità, dicon sempre bene di tutto e di tutti. Terrò, quindi, la via di mezzo che questa volta davvero è la più giusta. Inizio promettente L'inizio e stato brillantissimo e promettente. Basti dire che i primi ventinove chilometri sono stati fatti a più di guarani uno di media. La bellissima via Emilia e il vento in favore invìiavano alla velocità e vivacità sull'asfalto pianeggiante. Tutti gli arrivati a Rimini' avevano appena preso il via dal podestà, conte Mattioli, oltre il ponte sul Mareechia, che si son sentiti frustare da ■una sfuriala del lungo e calvo Sieronski, parlilo come se avesse dovuto disputare un gran premio di velocità. Rinaldi, l'addetto da Guerra alla guardia del corpo di coloro che fan fuoco solo al principio della corsa, non si lasciò sfuggire il tedesco e gli si attaccò a ruota come una mignatta. Sieronski/, quindi, si poteva considerare solo e fu presto ripreso da Menili, Pavesi, SracchetU, Zuechini e Vervaecke, meno pronti a rispondere all'attacco fulmineo, mentre il grosso si metteva progressivamente in azione sotto il tiro ìli Sella, mi altro grìgio, per piombare addosso ai scile nell'attraversare S. Arcangelo. Mia appena fuori del paese Salàzard fece il suo primo vano tentativo. Lo ripete poco dopo, e questa volta Guerra con Sieronski/ e Mealli fece ro comprendere al francese che era tutta fatica sprecata. Ma Salazan'... parla un'altra lingua, e tornò a scattare. Cedette alle reazioni di Battesini c Guerra. Rinnovò la fuga e dovette lasciare il passo a Cazzulani, che sembrò animato dall'intenzione di continuare da solo. Era una finta, mentre cercò di fa re sul serio Galateau, partendo a suo turno in volala. Sulle orme del fuggitivo si gettarono subito Vervaecke, Scacchetti e Pavesi e, più indietro, Cazzulani, Guerra, Scorticati e Bertoni. Il vivacissimo episodio durò sino alle porte di Cesena, dove questi anelli si rinsaldarono e tutti si riattaccarono alla catena più lunga. Il cronometro dirà che questa prima fase è stala bruciata a 41 di media. A Cesena si aprì la fase meno interessante della corsa. Passato il Savie, ne risalimmo la valle pittoresca sulla quale il sole, apparendo e nascondendosi fra le nuvole che ci promettevano un po' di refrigerio al caldo e alla polvere, faceva giochi di luce sui pendii boscosi, sulle rive rocciose, sulle acqioe chiare e lente. Era tornala la calma; si facevano appena i 27 all'ora pensando alla salita che s'avvicinava. E' curioso questo fatto: che gli organizzatori, in Italia, e non solo quelli del Giro, includono nei percorsi le salite, nella speranza di rendere più animata la corsa, e la salita, invece, oggi che non c'è più chi la può prendere sottogamba, calma i bollenti spiriti, prima nella marcia di avvicinamento e ■induce voi a prudenza quando si presenta con l'aria di continuare un pezzo. Ed è ancor più strano che di essa non. si spaventino proprio quegli stranieri che sanno che la montagna non è pane per i loro denti. Così Bulla diede una fortissima tirata verso Mercato Saraceno, continuò a prodigarsi sulla strada che saliva dolcemente, per poi impennarsi sulla rampa di Sarsina, sul cui traguardo l'austriaco fu passato da Trueba e Bertoni, in continua lotta per ì premi sulla strada Vinse anche questa volta l'italiano Rinaldi condusse in tono minore la salita che portava sul lago di Quarto, il serbatoio d'acqua per que ste campagne, creato sette anni fa dal Fascismo, uno specchio verdolino sui cui il fondo rifletteva striature chiare e lucenti. Il vento cominciava a presentarsi di fronte. A Bagno, dopo 86 chilometri, la media era discesa a 28 e mezzo. Una brusca voltala a destra e cominciammo a salire verso i Mandrioli, con Cazzulani al comando. Ma Mealli sembrò atera1CnpfuVCpdCtpleNl'GGMpmvevofCcmpczsggmcltnpteiMnotvuèfnmqGMnnrMrpriadlclcccgalCsBc animato però dalle più bellicose intenzioni. Partì, con quel suo piccolo rapportino, come una saetta, e prese 150 metri, ma Vervaecke, Guerra, Camusso, Cazzulani, Olmo e Gotti non, si fecero cogliere di sorpresa e prima degli altri agguantarono il fuggitivo. L'irrequieto corridore di Valdarno tornò alla carica dopo che Cazzulani aveva ripreso a condurre pacificamente e il gruppo fu immediatamente ridotto a venti unità. Ma Cazzulani rimise il freno e i ritardatari riaffluirono dalle retrovie. Bertoni regola Trueba in salita Poco alla volta, però, senza strappi, senza intenzioni aggressive, la selezione si, produsse automaticamente. Ne rimasero salvi solo Cazzulani, che l'aveva prodotta. Guerra, Bertoni, Giacobbe, Olmo, Barrai, Camusso, Gotti, Vervaecke, Mealli, Vignoli e Merlini. Con un richiamo alle più riposte energie si rifecero avanti Piemontesi, Morelli e Trueba. L'ascesa, verso la fine, si faceva meno dura, e Guerra cambiò rapporto, ma Vervaecke lo sorprese durante la breve operazione con uno scatto, subito fronteggiato da Bertoni, Barrai e Camusso e, poi, dagli altri. In cima c'era da disputare il premio della montagna. Si vide saltar fuori « la pulce » con quel suo arrancare dinoccolato che squassa la bicicletta a zig e zag. Bertoni, composto ma risoluto, rispose alla volata dello spagnolo e lo battè sul traguardo. Seguivano Barrai e Vervaecke ; a cento metri era rimasta la « maglia rosa », che non interviene mai a questi galoppi finali. Il Passo dei Mandrioli era raggiunto senza che la situazione si fosse neppure chiarita. Non c'era da stupirsi. Chi aveva dato veramente battaglia? Nessuno. Il tiro delle vedette era stato moderato, regolare, quasi innocuo. I pochi strappi iniziali di Mealli non avevano trovato seguito nelle intenzioni dei migliori, più preoccupati di non farsi staccare che intenzionati a staccare. E non mi si vorrà mica dire che i Mandrioli sono una salita da ridere, sulla quale non è possibile che venga nettamente fuori il migliore di cinquanta uomini! In discesa forarono Trueba e Piemontesi, e si formò un gruppetto con questi quattordici uomini: Mealli, Guerra, Bertoni, Barrai, Camusso, Morelli, Cazzulani, Gotti, Giacobbe, Olmo, Merlini, Vignoli, Zanzi e Teani, pattuglia che precedeva di un minuto mi rincalzo di una dozzina al rifornimento al bivio per Bibbiena. Mentre i primi misero mano alle loro provviste consumandole in santa pace, gli altri faticarono poco per ricongiungersi e mettersi anclie loro a tavola. A farla breve, all'attacco della Consuma, dopo Borgo alla Collina, sì erano raggruppati trentotto corridori. Mealli e Orecchia aprirono la scalata, ma in tono così riservato che intervenne a sveltirlo, sapete chi? il non illustre Merlini, un isolato che è anche ieri si è distinto, ma che oggi ha voluto dar lezione ai signori della montagna. Al « brioso » attacco del bel corrìdorino lombardo la fila andò a pezzi, e al suo capo rimasero soltanto Guerra, Camusso, Cazzulani, Olmo, Gotti. Vignoli, Giacobbe, Barrai, Rogora, Wervaecke, Camusso, Mealli, Teani, cioè tutti i selezionati dai Mandrioli, meno Morelli e Zanzi, e più Rogora. Più su, diede un energico strappo Bertoni, passò in testa Guerra, lo sostituì Merlini, finché forzò Cazzulani portandosi dietro Camusso, Wervaecke, Bertoni e Mealli. Un momento di incertezza ebbe Guerra, che fu lasciato anche da Olmo e Vignoli, ma si riprese subito, mentre Merlini si accaniva contro di lui nell'illusione di mortificare la- « maglia rosa ». Sull'altipiano, battuto da un ven¬ ttOMtii ssntfIRqrtregm to di bufera, tornarono insieme Bertoni, Cazzulani, Giacobbe, Guerra, Olmo, Camusso, Wervaecke, Vignoli, Mealli, Gotti, Teani, Barrai c Morel- ti. Le ventate erano così furiose che]i corridori ne erano sventagliati qua- i \ nsppdsi fuori strada. Il cielo si incupiva sempre più di un carico di nuvole minacciose che ci galoppavano incontro. L'ultima parte della salita fu fatta in questo scenario d'uragano. Il comando di Cazzulani permise a Rogora.' Piemontesi, Zanzi, Ghesquière, Trueba e Como di riprendere. Per due volte Merlini scatenò l'ultima offensiva nella smania di essere primo in vetta. Ma il suo sforzo era stato intempestivo. Al momento buono vennero fuori Camusso, Wervaecke, Barrai, Guerra e Olmo a togliere la più grande soddisfazione al modesto quanto coraggioso isolato. I cinque uomini passarono nell'ordine, fra gli applausi della folla che stava lì imperterrita a sfidare l'imminente temporale. Questo scoppiò furibondo all'inizio della discesa e fu quello che, si può dire, decise del finale di corsa. L'audacia di Piemontesi Lo scendere per quelle svolte, acciecati dalle frustate d'acqua e sbat-1 t-uti dai turbini di vento, mise paura a Wervaecke e Trueba, al solito prudenti in discesa. Merlini e Teani caddero; Barrai, Giacobbe, Zanzi e Como perdettero contatto. Chi, invece, si trovava a suo perfetto agio in questo mezzo finimondo fu Piemontesi che, staccato in salita, si diede ad inseguire in discesa con un'audacia pazzesca, e fu proprio questa sua sfida alla morte, non esagero, che portò' all'epilogo illustrato dall'ordine di arrivo e alle conseguenti ripercussioni sulla classifica. Perchè, una volta raggiunti Guerra, Mealli, Vignoli, Cazzulani, Rogora, Camusso, Olmo e Gotti, egli fece il conto e pensò che era l'occasione buona per far guadagnare a Guerra un minuto di abbuoiu). Erano, infatti, in nove, e bisognava che non se ne aggiungessero altri per cogliere questo buon frutto della giornata. Ecco, dunque, Piemontesi al lavoro, tirare alla disperata fino a Firenze. Non fu possibile a chi era in ritardo farsi rivedere. Anzi, Rogora, con una gomma afflosciata a tre chilometri dallo Stadio Berta, dovette perdere contatto ed entrò in pista quando gli altri avevano già fatto mezzo giro con Piemontesi in lesta, alla cui ruota volevano andare tanto Olmo che Guerra, seguiti da Cazzulani e Camusso. Alla campana Guerra prese prepotentemente il comando e Olmo lo seguì. L'ultima curva obbligò il bianco celeste a fermare la pedalata e Guerra entrò sul rettilineo con una macchina e mezzo di vantaggio. Olmo tentò attaccare il mantovano, ma questi reagì con sicurezza e vinse con una buona macchina di precedenza. Vignoli fu il primo degli isolati, Gotti secondo. Rogora giunse da solo. Dopo mezzo minuto tagliarono 1cFto5g6ssRniil tramiàrdn dieci nomini viti nurilì\^lrr?~rTyy_ J*°m^ì' s'il_ (7»«'.' ebbe ragione Demuysère. Bertoni,1che a premio della sua bella corsa è stato appiedato in discesa, perse im- meritatamente più di quattro minuti. Il ritardo e l'indicireggiamento di Bertoni in classifica è la conseguenza più notevole del turbinoso e travolgente finale di questa lappa, insieme al guadagno di un minuto che ha fatto Guerra su tutti coloro che ancora possono nutrire l'illusione dì togliergli la « maglia rosa ;>. E dico appositamente illusione, perchè se i due minuti e mezzo di ritardo che ha Camusso, ì men che (piatirò che ha Cazzulani, gli undici che hanno Olmo e Borioni non sono poi niente di incolmabile, mi pare davvero una cosa ogni giorno più difficile il poter battere Guerra in (pasto Giro. Anche oggi, come in dodici giorni che si combatte questa lolla, il campione d'Italia è parso pronto e potente in pianura, signore nello scat- to, pari ai migliori in salita, inimitabile per padronanza di posizione e freschezza di velocità, I valori che sono affiorati nella Rimini-Firenze sono, in fondo, quelli che la classi fi ca mette in mostra: più i brillan ti Mealli e Merlini e il risorto Rogora. Non è necessario, (pandi, ripassarli in rivista. Come è superfluo dire che se Guerra continua nella stupefacente regolarità che ha mante nulo finora è se contro di lui, che individualmente sovrasta, non sarà messa in opera la forza del numero e l'ardimento del sacrificio, egli può \già considerarsi vincitore del XXII Giro d'Italia. La tappa di domani non può spaventarlo; nè la salila di P rat olino, nò quelle della. Futa r della Ralicosa, ne lo strappo di Cà Nova possono piegare la sua resistenza. E' motto probabile che Bologna saluti la sua decima vittoria. GIUSEPPE AMBROSINI Fotografie di VITTORIO ZUMAGL1N0 Passo di Mandrioli •a v> 1023 » La Consuma Km.o faenza o Forti o i.MARIHO -.pBdiRp'magna_^ /7""f Jrsocii //Ti ! ******* Poppi ® \ Arezzo