Fuga di notte

Fuga di notte Fuga di notte Un fischio, e il treno imboccò una galleria. Subito il rombo della corsa crebbe ripercosso dal granito delle pareti e una buffata di fumo entrò acre dal finestrino. Bruno, che seguiva nella notte le masse cupe dei pini, si ritrasse stringendo gli occhi ; quindi in fretta rialzò il vetro. Questo specchiò, magra e fervida, la sua faccia olivastra sciupata un po' dalle preoccupazioni precoci e un po' dai piaceri. Si osservò con malumore, e subito ricordò la figuretta di una giovane donna intravista in uno scompartimento vicino. Allora voltò le spalle al vetro e accese una sigaretta soltanto per il bisogno di far qualcosa. Era indispettito, malcontento; guardava le sue robe, la valigetta il cappotto e il cappello buttati sul divano, e tormentava tra le labbra la sigaretta, che presto si appiatti in cima lasciandogli in bocca i fili del tabacco. Quei fili gli pungevano la lingua, ma egli provò un piccolo crudo piacere perchè ciò gli dava motivo di indispettirsi di più. Il piacevole orgasmo che 1" aveva ininterrottamente animalo i giorni precedenti, quando andava pregustando questa fuga improvvisa, via dal lavoro, via dai pensieri, per una, due settimane, sinché aveva soldi in tasca, era quasi venuto meno subito all'inizio dell'avventura; ma ora rinasceva in lui attraverso un disgusto, un malcontento, un dispetto che proprio allora lo avevano assalito. Ricordava quell'istante di debolezza ; il breve senso di sgomento provato allo sportello della Stazione, davanti agli occhi scuri e interrogativi del bigliettaio. — Vienna, — stava per dire — seconda. — Ma quegli occhi 10 avevano portato all'improvviso 3uasi fuori da un sogno ; si sentì a isagio come per una violenza subita, e avrebbe voluto reagire in qualche modo. — Faccio bene? Faccio male? — Sì sentiva ripiombato nella realta, e Vienna era lontana come un torbido sogno. Ritirarsi? Rinunciare? Ebbe un attimo di svuotamento, e stava già per cedere. Ma in quel momento gli balenarono le immagini in cui si riassumeva la sua vita; prima quella di Giulia, la moglie giovane e già sfiorita ; poi il viso pallido e irregolare di Fausto Martinis. 11 socio da cui si era diviso da poco. Un cieco scontento, un rodimento che ben conosceva gli salì allora dal profondo portandogli come una vertigine al capo. — Indietro, no; — pensò. — Non devo tornare indietro. — E strinse i denti. La grande città sconosciuta gli turbinò come un ricordo che riaffiorasse. — Vienna, — si decise curvandosi verso il bigliettaio, e la voce gli suonò roca; — seconda. Adesso quel rodimento accompagnava sotterraneo i suoi pensieri; egli fumava a boccate rapide e socchiudeva continuamente gli occhi come per fermare un'immagine, ma tosto si scuoteva e guardava qua e là, inquieto. Finita la galleria, un altro fischio lacerò a lungo la notte. Subito il treno s'inclinò in una curva con un improvviso stridore, e parve avesse raddoppiata la velocità. Quello stridore e quel fischio avevano un non so che di angoscioso; Bruno contrasse il volto come per una fitta al capo, e attese che cessassero; poi rapido riabbassò il vetro e si riaffacciò nella notte. Ventate fredde lo schiaffeggiavano, ma egli ne provava piacere per un oscuro desiderio di misurarsi contro qualcosa di avverso. Con amaro compiacimento pensava alla propria giovinezza declinante; e, ricordando i tanti inetti che senza fatica in quegli anni erano riusciti, dalla propria sconfitta traeva quasi un motivo di orgoglio. Gustava la torbida soddisfazione di chi, travolto da una catastrofe, guarda con compatimento alla scialba tranquillità di coloro che ne furono risparmiati. Pensava con ironia a Fausto Martinis. — Un inetto, — si diceva ; — uno sciocco. Eppure... Eppure anche Fausto, adesso che s'era diviso da lui, viveva da signore. Un tuffo caldo lo percosse alle tempie. Strinse la sigaretta tra le labbra, con rabbia. Fausto Martinis! Lo rivide, biondo, e trasognato negli occhi chiari, nell'attitudine un po' ottusa di quando ascoltava qualcuno. China la fronte, che pareva più vasta a causa del grande pallore e dei lobi accentuali, sogguardava l'interlocutore stringendo le labbra sottili, e intanto le mani esili, come estenuate, preparavano una nuova sigaretta. Di tratto in tratto, quegli occhi cilestrini si abbassavano a guardare la sigaretta, che ballava tra le dita gracili; poi si rialzavano in faccia all'altro col prolungato palpito di ciglia di chi stenta a intendere. — Che imbecille ! — mormorò tra i denti, gettando fuori del finestrino il mozzicone della sigaretta, che sparì nella notte con un guizzo di piccole scintille rosse. — Che testa di imbecille !. Con soddisfazione sentiva traboccare tutto un sordo scontento a lungo trattenuto. Gli pareva che Fausto fosse in qualche modo responsabile dei suoi dissesti, ed evitava di schiarirsi questa impressione per il timore di doversi confessare che Martinis, al contrario, ci entrava assai poco. Egli desiderava, ciecamente, che colpa di tutte le sue disgrazie fosse Fausto. A convincerlo che Fausto lo aveva rovinato, gli bastava il ricordo del suo viso sbiadito e irregolare, sul quale gli occhi cilestrini, attediati dal palpito troppo frequente delle ciglia, mettevano una nota, più smorta ancora, di irresolutezza infida. — Con una faccia come quella non può essere che un uomo falso — si ripeteva con persuasione e piacere. Convintosi che Fausto era la caliga di tutto, si sentì soddisfatto comecistiltarngflavssclatvqs vnlmlcCeprtInlftcvttlrtsgmaducsgme se gli fosse riuscito di invertire le parti, e in cattive acque si trovasse Fausto anziché lui. Senza rallentare, il treno oltrepassò un fitto incrocio di binari. Nel buio Bruno distinse alcuni punii rossi, che subito disparvero; e ricordò le fugaci apparizioni notturne di qualche stazioncina in zona di guerra, lungo il percorso del convoglio che lo portava al fronte. Poi gli restò nell'orecchio soltanto quel rumore dei binarli incrociati, mentre l'occhio si aguzzava verso una macchia che in fondo pareva chiudere la valle. Quella massa, man mano che si avvicinava, faceva crescere in lui un'oppressione; si sentiva incalzato da un'ansia, e avrebbe voluto che quell'ostacolo sparisse. Ad un tratto, quando la montagna già pareva incombere, il treno ebbe un guizzo, e scivolò via verso un'apertura dove la notte era quasi chiara, di una diffusa luminosità azzurrina. Finalmente a Bruno parve di udi¬ re una voce alle spalle. Lasciò il finestrino e vide un controllore. Estrasse il biglietto; e tosto si chiese se non era meglio scendere alla prossima stazione e tornare indietro. A Giulia aveva scritte poche righe, senza dirle dove andava, e non le aveva mandalo nemmeno un soldo. Il controllore gli restituì il biglietto e proseguì affacciandosi ad ogni coupé. Bruno lo segui un istante con l'occhio, poi scrollò le spalle e accese una sigaretta. — È' tardi — si disse; — che lutto vada come deve andare! Si riaffacciò ed udì uno scroscio d'acqua, subito soverchiato dal suono cupo di un piccolo ponte di ferro. Quei rumori svegliarono in lui una oscura inquietudine, quasi il presentimento di un ricordo che non riaffiorava. Poi, all'improvviso, rivide lo scompartimento del treno che lo aveva portalo al fronte, e ricordò che in un angolo ardeva una lanterna verde. Allora gli parve che nel suo orgasmo ci fosse qualcosa che c'era in lui già in quella notte del '15. Si andava a combattere l'Austria, tutti i suoi compagni di treno andavano a combattere l'Austria ; ma in ini c'era un'ansia come di chi sta per misurarsi da solo col proprio nemico. L'avvenire era una grande macchia oscura, ed egli l'aveva davanti, sempre. Nel sonno diventava un peso, un'inquietudine nel dormiveglia. Il nemico non era più l'Austria, ma quel buio, quel peso, quell'inquietudine. Gelide, lo schiaffeggiavano nuove ventate; ma egli provava un crescente piacere a resistere. C'era in lui quasi una tensione per giungere al dì la di qualche cosa. •— Non posso, non devo lasciare fallire tutta la mia vita così! — ripeteva stringendo i denti. E allora? Non era meglio tornare indietro? — Cinquemila lire ! — borbottò. — Cinquemila lire : — e si tastò il portafoglio — quante ne avrò al ritorno? Sentì allora il rimorso di aver lasciata Giulia senza un soldo, ma presto lo assalì un rancore anche contro di lei, che gli pareva imbruttita e stupida. — Che si levi d'impiccio da snlalNon ho diritto a un po' di respiro?_. , . r 1 Si volto in quella con un sussulto, udendo un riso di donna. Quel riso,limnirln m-i hpffarHn crii tnmvn limpido ma nettarci , gii toccavaqualcosa nel fondo della memoria. Siricordò della giovane donna che ave-va intravista'in un coupé vicino; e,■ • r 1 • • t insieme, gli parve che quel riso riaf-fiorasse, come in una ventata, daigiorni fervidi dell'adolescenza. Tul-t-ivit Ir, nitrir. nmlrriM Hi unirò tavia lo punse qualcosa ai amaro,quasi fosse tornato davvero in que-gli anni, ma con la consapevolezzadclla sconfitta che lo attendeva. . . jj .— E se non ritornassi? Se non ri-tornassi mai più: stringendo i pugni ; e si riaffacciò al finestrino, al vento della notte. P. A. QUARANTOTTO CAMBINI. si chiese allora,

Persone citate: Martinis

Luoghi citati: Austria, Fausto Martinis, Vienna